Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria – Dipartimento Dastec, Arte Scienza e Tecnica del Costruire
Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana (XVII ciclo) - Il progetto dell’esistente - 2004/2005 -
Lo spazio della liturgia nelle chiese di Ludovico Quaroni
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(1949), della Chiesa della Martella a Matera (1951), della Sacra Famiglia a Genova
(1956) e, a distanza di quattordici anni da questa, nella Chiesa di Gibellina nuova
(1970).
A questa sequenza vanno aggiunti una prima esperienza accademica su una cappella
a Roma (1931), il progetto per una cappella votiva a Dhera Dun durante il periodo di
prigionia in India (1943), la partecipazione al concorso per una chiesa a Roma
(1967), progetto non arrivato a maturazione, che introduce il tema della figura
sferica poi sviluppata a Gibellina, e nel 1975 il concorso per la Moschea e l’Istituto
Islamico a Roma.
Anche se differenti per tensioni emotive, i momenti del suo percorso progettuale
segnano una condizione univoca: il continuo sdoppiamento dell’uomo-architetto,
che rimarca la sua personalità caratterizzata da ripensamenti, contrappunti, deroghe,
in un processo di continuo mutamento del rapporto dell’uomo verso il sacro e
dell’architetto verso la città e l’organismo ecclesiale.
Forma e disegno, laicismo e religiosità, idea di città e di monumento: queste
appaiono le componenti della poetica di Quaroni, espresse in maniera a volte
differente ma sempre mescolate tra loro con un equilibrio personale e una
irrequietezza intellettuale che palesa la voglia di riscatto dalle difficoltà (nei termini
di linguaggio e di pensiero), proprie anche dell’architettura e dell’urbanistica del
Dopoguerra.
Il lavoro d’esplorazione e il confronto fra le vicende personali e progettuali di
Quaroni, ha portato a suddividere, per criteri scientifici, la produzione
dell’Architetto in fasi.
La prima può considerarsi quella in cui la dimensione del sacro viene esaltata
mediante uno spazio simbolico, dove le dimensioni del trascendente e
dell’immanente vengono separate (Uomo che tende a Dio). Esempio ne è il progetto
di Francavilla dove la riproposizione del dato strutturale della chiesa del Prenestino;
la carica dialettica che instaura col paesaggio circostante, la forza basamentale delle
mura esterne, la contrapposizione tra l’alta aula e il basso deambulatorio e l’effetto
di luce cadente, plasmano una forma Barocca per segni e significati.
La seconda è quella in cui il sacro appartiene al luogo, e si manifesta attraverso il
dialogo tra interno ed esterno caricandosi di una forte cristianità popolare (legame
tra spazio umano e spazio divino). La Chiesa della Martella e le due Chiese
Genovesi con la loro complessa e tormentata volumetria, primo esplicito riferimento
al Neoplasticismo nel Dopoguerra italiano, si legano alla città attraverso una mimesi
progressiva tra dimensione urbana, sue parti, e dimensione sociale.
La terza, in cui il sacro è un’entità lontana ed astratta, riprende lo spazio simbolico
della prima fase invertendolo nel suo significato (Dio che si distanzia dall’uomo). La
2
Introduzione
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Chiesa Madre di Gibellina, conclude il percorso di ricerca sul tema dell’Architettura
religiosa cristiana affidando al tema del monumento e a quello di una “illuminista”
simbologia ecclesiale le espressioni formali della sua architettura.
Da queste prime considerazioni lo studio proposto si articola attraverso alcuni
capitoli tematici, che hanno il compito di inquadrare il rapporto dialettico tra
Architettura e Liturgia nell’opera ecclesiale di Ludovico Quaroni, e si suddivide in
due parti: una che indaga il “caso quaroniano” e i suoi sviluppi, l’altra, più generale
ma propedeutica, che delinea il quadro d’azione.
La prima parte della ricerca è distinta in quattro capitoli tematici.
Nel primo capitolo si descrive la relazione che lega l’Architetto al rapporto tra
Liturgia, Forma e Spazio attraverso le indicazioni che, tra le righe o in modo
esplicito, si possono rintracciare nei suoi testi riguardanti il tema dell’architettura
ecclesiale.
Nel capitolo emerge che l’architetto, nella prima e seconda fase, mantiene la
spazialità coerente con le indicazioni liturgiche pre-conciliari anticipandone, in
alcuni casi, quelle conciliari (Francavilla), mentre nella terza fase si avvicina ad una
forma più “pagana”, quasi un tempio fuori dal tempo e dallo spazio.
Quaroni, laico nella prima fase, per “atteggiamento verso il problema religioso”,
progetta un “monumento” estrapolabile dal contesto, laico, nella seconda fase, per
coinvolgimenti diretti ai problemi della ricostruzione post bellica e al valore
dell’uomo, progetta un “monumento del quartiere”, non estrapolabile dal contesto (il
quartiere diventa monumento attraverso la chiesa) e laico, ancora nella terza fase per
configurazioni formali, consegna una spazialità più vicina al tempio (l’Altare non è
più cuore dello spazio ecclesiale, come per volere del Concilio, ma lo è il
Tabernacolo.)
L’insieme di queste riflessioni ha condotto, attraverso analisi e riletture critiche e
testuali, a formulare una prima ipotesi sul percorso della progettazione dello spazio
sacro in Quaroni che segna una progressiva laicizzazione culminante, quasi
paradossalmente, nella configurazione di una piena spiritualità, che nella prima fase
appartiene tutta all’oggetto, nella seconda al soggetto-uomo, e nella terza al simbolo
della divinità.
Il secondo capitolo, attraverso la lettura dei disegni originali e delle fonti
iconografiche disponibili e mediante le ricostruzioni tridimensionali computerizzate,
individua nella definizione spaziale dell’architettura (lo spazio architettonico come
forma simbolica) e nella definizione formale della liturgia (il rito come forma dello
spazio) le distinzioni di lettura relative allo spazio sacro quaroniano, evidenziando le
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Lo spazio della liturgia nelle chiese di Ludovico Quaroni
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attuali condizioni delle chiese realizzate e le variazioni avvenute nel corso del loro
utilizzo.
Dal capitolo emerge che la prima fase si caratterizza per una verticalità ascensionale
dello spazio, in cui quello umano, compresso e buio, viene racchiuso da murature in
pietra locale e quello del divino, slanciato e fortemente luminoso per le aperture in
sommità, viene configurato attraverso la plasticità delle forme del cemento. Lo
spazio umano rimane distinto da quello divino e partecipa di questo solo durante la
celebrazione eucaristica. (Chiesa del Quartiere del Prenestino e di Francavilla a
Mare).
La seconda fase dichiara una forte dilatazione dello spazio dedicato all’uomo,
orizzontale e sempre basso, come nella prima fase, che fluisce verso la torre di luce,
detentrice della presenza del divino. La spazialità dell’Aula, dunque, converge verso
il Presbiterio, legandosi fortemente ad esso quasi per orizzontalità ascensionale. La
matericità litica, in alcuni casi, contamina anche lo spazio dedicato al divino,
suggellando la cristianità laica. (Chiesa del Borgo La Martella e le due chiese di
Genova). Quaroni affronta il tema dello spazio interno e ne indaga i rapporti con la
città e con gli spazi della vita collettiva concependolo come centro parrocchiale e
servizio pubblico, piuttosto che come “monumento”, così come avveniva per la
prima fase. Rappresentativa di questa logica progettuale e costruttiva è la chiesa
della Sacra Famiglia, che, sviluppandosi su vincoli di contesto li traduce in
opportunità funzionali ed espressive mediante un elemento capace di integrare
l'edificio e la città: la torre campanaria. Dunque, un solo elemento riconoscibile per
lo spazio sacro e funzionale per lo spazio civile.
La terza fase, definendo una netta separazione tra gli spazi dell’umano e del divino,
sembra segnare una verticalità di tipo discensionale data dall’incastro della sfera nel
quarto di quadrato dedicato all’Aula, uno spazio sferico che comunque rimane
separato dal resto e impraticabile. La luce artificiale, elemento caratterizzante lo
spazio del divino, si contrappone a quella dell’Aula poco illuminata, caricando di
significati simbolici duali il volume puro: la cupola come espressione della divinità
distante e degli influssi della cultura islamica in Sicilia. Ancora una volta Quaroni,
come nella prima fase, distingue i due spazi anche attraverso l’uso dei materiali: la
pietra per l’Aula, il cemento armato per il Presbiterio. (Chiesa a Gibellina Nuova).
In questa fase Quaroni sembra riportare, superando per configurazioni formali e
spaziali, i due processi progettuali della prima e della seconda fase, permettendo una
duplice misurazione dello spazio: quadrato per la dimensione della perfezione
immanente e sferico per la dimensione della perfezione trascendente.
4
Introduzione
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Nel terzo capitolo si presentano dei casi studio sulle chiese di Ludovico Quaroni
sulla possibilità di adeguamento alle nuove forme rituali conseguenti alla nuova
normativa liturgica.
Lo studio, rintracciando alcune mancate corrispondenze con la normativa liturgica
odierna, propone di adeguare, con spostamenti e/o modifiche, gli elementi non
conformi alla norma nelle chiese che, per criteri scientifici, si sono individuate come
appartenenti alla prima e alla seconda fase, e a riconfigurare la spazialità persa nella
terza fase (chiesa di Gibellina).
La chiesa di Francavilla a Mare , restaurata con la supervisione dello stesso Quaroni,
nei primi anni Ottanta e ridisegnata negli arredi liturgici da Cascella, pur
continuando a conservare l’intenzionalità delle idee del progetto originario
quaroniano della fine degli anni Quaranta, evidenzia una non corrispondenza alle
indicazioni della Nota Pastorale del 1996, rintracciabile nella oscurata posizione
dell’Altare da altre emergenze e nella posizione di secondo piano della Custodia
Eucaristica.
La chiesa del Borgo La Martella, restaurata da Mauro Saito nel 1989 con
l’intervento ancora una volta di Cascella per il disegno dei nuovi arredi, evidenzia
l’inopportuna posizione del confessionale posto su una parete dell’aula e risultante
poco dignitoso rispetto allo spazio che l’accoglie.
La chiesa della Sacra Famiglia di Genova, unica opera ad oggi non interessata da
complessi restauri, salvo quello proposto recentemente dall’Arch. Braghieri, che
però tralascia l’adeguamento dei poli liturgici, è stata oggetto solo di aggiornamenti
liturgici post-concilio. Tuttavia, nel caso specifico, pur restituendo nel complesso le
potenzialità spazio-liturgiche prospettate da Quaroni, l’aula presenta alcuni punti di
incongruenza nell’eccessiva “distanza” tra fedeli e celebrante, nella configurazione
dell’Ambone mobile, che dovrebbe essere fisso, nella disposizione gerarchica tra i
poli liturgici.
Discorso a parte deve essere fatto per la chiesa di Gibellina Nuova in quanto la
normativa da considerare non è relativa all’adeguamento bensì alla progettazione dei
poli liturgici. L’idea del dare forma progettuale al nuovo intendere liturgico si
scontra in questa chiesa con la sua condizione attuale di rudere. A questo va
aggiunto come anche la minima operazione che ne modifichi la particolare spazialità
della sfera incastrata col quarto di cerchio, potrebbe far perdere l’intrinseco valore
simbolico.
Un’indagine diretta con architetti a Lui molto vicini ha fatto emergere inaspettate
informazioni secondo le quali Quaroni avrebbe voluto esaltare le potenzialità della
sfera come parte dell'Aula, utilizzandola come parte integrante dello spazio
praticabile intero. Ipotesi rileggibile chiaramente nel concorso del 1967 per le
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Lo spazio della liturgia nelle chiese di Ludovico Quaroni
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Chiese di Roma. L’intervento proposto nella ricerca sullo spazio di Gibellina
comprova perciò l’idea quaroniana dello spazio mistico della sfera e allo stesso
tempo il significato simbolico di spazio sacro adeguandolo alle recenti prescrizioni
liturgiche.
Il quarto capitolo, dedicato alle conclusioni del lavoro di ricerca, restituisce il
risultato dello studio attraverso una verifica di rispondenza fra le configurazioni
dello spazio sacro originarie e le disposizioni normative correnti, rivelando, ove
possibile, i caratteri di estrema aderenza ad un senso di religiosità “in nuce”,
trasformato in spirito laico per la socialità.
La seconda parte della ricerca è sviluppata in due capitoli.
Il quinto capitolo distinto per paragrafi tematici, intende segnare l’evoluzione
dell’architettura sacra muovendo dalla disamina delle evoluzioni spaziali
succedutesi nei periodi storici più significativi, con particolare attenzione al Concilio
Tridentino e al Concilio Vaticano II sino a leggere i caratteri principali dei poli
liturgici e le loro reciproche relazioni.
Il rinnovamento liturgico emerso dalle indicazioni del Concilio Vaticano II
(1962/65), con le normative contenute nel documento «Sacrosanctum Concilium»,
pone l'accento su due punti sostanziali: il rapporto tra architettura e liturgia, e il
dialogo con le correnti artistiche e le diverse culture, mantenendo però il richiamo ai
valori della tradizione con la contestuale riconferma dell’importanza dell’esperienza
artistica. Successivamente, più di un documento post-conciliare ha trattato, con
alterne interpretazioni, il rapporto architettura/liturgia, limitandosi, a volte, a
riprendere alla lettera il testo dei documenti conciliari, spesso introducendo lezioni
sulla configurazione dello spazio sacro con interpretazioni a volte teologiche, a volte
rituali, con evidenti ricadute funzionali e distributive. La lettura analitica di questi
testi consente di rilevare indicazioni di carattere normativo riguardanti alcuni poli
focali delle chiese: altare, ambone, sede, tabernacolo, con qualche accenno riguarda
al battistero.
Va rilevato che nel 1993 la CEI ha elaborato una Nota pastorale relativa
all’argomento che restituisce in forma organica le connessioni e le concrete
applicazioni del rapporto architettura/liturgia nelle chiese di nuova edificazione,
ribadendo e completando la normativa liturgica precedente. Successivamente, nel
1996, la Commissione Episcopale per la liturgia, redige una ulteriore Nota dal titolo
“l'adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica”, documento che illustra le
ragioni e i metodi dell'adeguamento delle chiese esistenti, puntando al rinnovamento
celebrativo secondo le esigenze della riforma liturgica.
6
Introduzione
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Il sesto capitolo raccoglie gli apparati della ricerca, proponendo in maniera organica
la raccolta dei testi sull’architettura religiosa di Quaroni e un regesto iconografico
delle opere contestualizzate nel periodo in esame. Sono presenti inoltre, alcuni
contributi scritti concessi da collaboratori e amici di Quaroni e una raccolta delle
attuali norme liturgiche.
Le fonti dirette ed indirette
L’antologia, curata durante il primo anno di attività e confrontata con gli scritti dei
maggiori critici che si sono occupati dell’autore, rappresenta un significativo
strumento di indagine che consente di analizzare gli elaborati progettuali originali
delle chiese realizzate ed i disegni delle chiese non realizzate.
Le fonti dirette, relative ai testi redatti da Quaroni sul tema dell’architettura sacra,
sono state lette parallelamente a quelle concernenti il rapporto tra città fisica e città
sociale, tra tessuto urbano e nell’edificio, tra forma e disegno della città. A queste
sono state affiancate, mediante una lettura comparata, le pagine critiche degli autori
che hanno trattato in maniera diretta il tema dell’architettura religiosa di Quaroni, i
testi specifici che affrontano il problema del rapporto tra Architettura e Liturgia e le
norme liturgiche.
Importanti per comprendere la figura di Quaroni e il suo approccio metodologico
alla progettazione sono state le indicazioni espresse durante alcuni incontri con
Lucio Barbera, Antonio Quistelli, Roberto Maestro, M. Luisa Aversa, Rocco Ferrari,
Angelo Sibilla, che hanno contribuito a delineare le complessità dell’autore.
Inoltre, dal punto di vista grafico, per argomentare in maniera più chiara la tesi, sono
state utilizzate le ricostruzioni digitali delle chiese realizzate e non, che, permettendo
una lettura virtuale di spazi non realizzati o mutati nel tempo, suggeriscono le
diverse soluzioni proposte dal lavoro di tesi conservando le differenti spazialità
configurate da Quaroni.
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Lo spazio della liturgia nelle chiese di Ludovico Quaroni
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L’identità dello spazio sacro negli scritti di Ludovico Quaroni
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1. L’identità dello spazio sacro negli scritti di Ludovico Quaroni.
«(…) Che cos'è la liturgia per un architetto? È la possibilità di sviluppo
plastico di una idea religiosa. Il meccanismo, la successione dei tempi nella
realizzazione architettonica dovrebbe, in uno schema semplificato, essere
questo: formazione d'una idea liturgica legata al titolo della chiesa ed alla
realtà sociale del luogo; formazione di un'idea spaziale derivata da quella
idea liturgica; realizzazione concreta, in forma spontanea quindi coerente,
dell’idea spaziale.»
1
(L.Q., 1955)
I caratteri rilevanti riguardanti il tema dello spazio sacro nell’architettura e nella
produzione ecclesiale di Ludovico Quaroni delle prime esperienze, sono fondati
sulla ricerca di una complessa espressività nella quale tutte le componenti culturali
personali e acquisite possono leggersi alla luce delle sofferenze umane e sociali del
periodo del fascismo e della guerra. A questo forte senso di adesione sociale,
Quaroni associa la presenza costante di un interesse per un'architettura che rifletta
una costruttività come «fare» artistico, mantenendo sempre il ruolo di “intellettuale”.
Inoltre il suo approccio all’architettura del sacro non prescinde dalla struttura
costruttiva che, per riferimento diretto all’uomo, rappresenta la dichiarazione del suo
costante trasferimento della dimensione umana in quella religiosa
2
.
Nel suo scritto del 1949 pubblicato su Metron, Quaroni fa una chiara descrizione su
quale sia il rapporto che lega l’architetto alla questione della religiosità: «(…)
spesso, se l’architetto non è religioso, e non vuole trattare la cosa come un semplice
«affare» professionale, si aggiunge il disprezzo per un’opera che considera fuori del
campo d’interesse dell’architettura — della civiltà — moderna, e per un edificio
1
L.Q., La Chiesa: lo spazio interno, in “Casabella”, n° 208, 1955 – Intervento al I Congresso di
Architettura Sacra di Bologna nel settembre 1955 pubblicato anche su: L. Gherardi, P. Giordani, L.
Lullini, G. Trebbi (a cura di) Dieci anni di architettura sacra in Italia, Luciano Gher Editore, Bologna,
1956
2
“(…) È’ a partire dagli anni cinquanta che l'idea di una stretta e necessaria correlazione tra dinamica
liturgica e configurazione architettonica, da secoli sottovalutata, comincia ad affermarsi, accogliendo gli
echi del dibattito attivatesi in Europa, sin dalla prima guerra mondiale, e sviluppatesi, soprattutto in
Belgio e in Germania. Nel 1947 Pio XII emana l'enciclica sulla liturgia "Mediator Dei", con la quale i
nuovi materiali, in uso nell'architettura profana moderna, sono dichiarati accettabili pure in quella
sacra….”
Cfr. Nota in Gemma Belli, Luigi Moretti. Il progetto dello spazio sacro, Alinea editrice, Firenze 2003
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Lo spazio della liturgia nelle chiese di Ludovico Quaroni
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che, a torto o a ragione, porta all’idea della monumentalità. Se invece è religioso, si
troverà di fronte all’enorme difficoltà di esprimere, con una architettura d’oggi, il
senso che oggi dobbiamo avere della religiosità; e gli parrà quasi impossibile
raggiungere questo sormontando le terribili barriere della ufficiale estetica
ecclesiastica, senza l’aiuto di nessuno e senza una preparazione che riesca a
prescindere dai semplicistici criteri del funzionalismo puro e degli estetismi
astrattisti.»
3
. Quaroni esprime la sua posizione sul tema commentando il suo
progetto per la chiesa del quartiere Prenestino: «(…)Io non appartenevo né alla
prima, né alla seconda categoria: forse per questo ho accettato. C’era un’occasione
ecco tutto, un’occasione per fare qualche cosa: non un’opera d’arte, ma solo un
progetto, una esercitazione. Misi quindi da parte ogni mio atteggiamento verso il
problema religioso, ed accettai a priori tutti i dati ufficiali del committente: tutti
quei dati che non possono essere nemmeno discussi, se non si riesce a trovare
veramente che cosa debba essere la chiesa d’oggi.»
4
Questo atteggiamento di astensione nel collocarsi in una specifica “categoria”, fa si
che Quaroni rivolga la sua attenzione prevalentemente sulla relazione tra l’uomo e
l’edificio, tra l’edificio e il suo spazio interno e, ancora, tra l’edificio e il paesaggio
esterno, «(…) attraverso le “forme”, attraverso quindi quelle opere strutturali le
quali sole – pienamente giustificate nell’essenza e nell’apparenza – hanno il potere
di «creare» l’architettura, costruire materialmente quel tale spazio funzionale,
interno ed esterno, che ci interessa.»
5
Nella ricerca di una forma espressiva, dunque la “forma” per Quaroni rappresenta il
trait d’union tra dimensione mistica e laica del sacro e della liturgia, tirandosi fuori
delle questioni prettamente di fede. Il trasferimento dei principi sopra espressi si
ritrova nelle chiese del Prenestino (1947) e di Francavilla a Mare (1948), attraverso
l’uso del cemento armato, ritenuto da Quaroni materiale eletto per esprimere il
“desiderio” di continuità plastica
6
.
3
L.Q., Perché ho progettato questa chiesa, in “Metron”, n° 31-32, 1949
4
L.Q., Perché ho progettato questa chiesa, in “Metron”, ibidem
5
L.Q., Perché ho progettato questa chiesa, in “Metron”, ibidem
6
“(…) L’occasione mi si presentava, quella che accettavo, era quella di studiare nell’edificio religioso la
struttura di una fabbrica in cemento armato, per sfruttarla come mezzo plastico chiaramente denunciato,
impostazione di tutta l’idea. Perché era mia convinzione che la « continuità » fosse la caratteristica base
della struttura in c. a., e che — legati come eravamo alle strutture « montate » della pietra, del legno e
dell’acciaio — dimenticavamo di sentire quelle possibilità di libertà che offrivano insieme il ferro ed il
cemento, e seguitavamo a modellare il conglomerato sulla base della obbligata rigidezza delle
casseforme economiche, appoggiando la sua estetica al classico rapporto costante fra dimensioni
apparenti del cemento e sforzi apparenti. Desiderio di continuità strutturale che coincideva col desiderio
di un’architettura più plastica, che « reggesse » alla luce del mediterraneo…”
L.Q., Perché ho progettato questa chiesa, in “Metron”, ibidem
10
L’identità dello spazio sacro negli scritti di Ludovico Quaroni
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In quei decenni, a cavallo degli anni quaranta e cinquanta, Pier Luigi Nervi, con le
aviorimesse per l'Aeronautica italiana (1936-1941, andate distrutte) e il Palazzo
delle esposizioni di Torino (1948-1950), e Riccardo Morandi, con i viadotti e i ponti
dell’autostrada del sole (negli anni ’50)
7
, puntano a ricavare dal cemento armato
grezzo forme linguistiche innovative capaci di restituire la civiltà del tempo,
plasmando forme, organismi, e spazi partendo proprio dalle potenzialità plastiche
espresse dal materiale
8
.
Dunque il “modello” messo in atto per la chiesa del Prenestino, come derivazione
teorica delle chiese gotiche d’oltralpi, denuncia una componente linguistica,
volumetrica e spaziale sostanzialmente di marca espressionista, che culmina nella
successiva chiesa di Francavilla. Nelle due chiese Quaroni assume come punti di
partenza l'assialità, la monumentalità, la teatralità dell’edificio religioso
tradizionalmente riconosciuto, concentrando la ricerca sul linguaggio e sul legame
espressivo tra forma e struttura.
I grandi pilastri di cemento vengono curvati disegnando le volte che definiscono le
campate e il soffitto della navata centrale, esibendo uno spazio plasmato attraverso
le deformazioni delle strutture che modulano la sala – con un passo regolare nel
Prenestino, con un sistema dissimmetrico a Francavilla – mentre le travi oblique, che
aggettano all'esterno dei pilastri, schiacciano verso il suolo le navate laterali; bassi
ambulacri che girano attorno e diventano sagrestia dietro l’altare maggiore
goticamente memori del «(...) dialogo, fra l'umano e il divino, tra l'io materiale e l'io
trascendente, fra la realtà bruta e la possibilità umana di sfuggire a questa
dimensione materiale, che forma la ragione prima di tutte le religioni, rivelate o
meno, e che ha trovato nella religione cristiana, così come è stata elaborata
nell'Europa medievale, le sue punte più elevate»
9
In entrambe le chiese l’ampia spazialità luminosa e ascendente della sala e il
contrapposto deambulacro, buio e basso, diventano “enunciato strutturale” che
7
Negli anni della ricostruzione, Pier Luigi Nervi e Riccardo Morandi rappresentano in Italia i massimi
esponenti del costruire in cemento armato. Le superfici strutturali di Morandi studiate per i ponti, trovano
applicazione anche nella costruzione delle volte; altrettanto avviene con gli elementi lineari prefabbricati
progettati da Nervi, che, applicati agli edifici pubblici, consentono di raggiungere nuove concezione
spaziale.
8
“(…) Dunque, in fin dei conti il cambiamento in qualche senso è relativo... Le chiese che io ho fatto in
quel periodo, sia quella di Francavilla, che quella del Tiburtino, che quella di Genova.., non sono poi
tanto «Paese dei Barocchi»... Quindi, evidentemente c’erano due aspetti in me, due piani sui quali mi
muovevo. Uno era quello dell’architettura maggiore, in cui io sperimentavo questo cemento armato, il
«tutto cemento», dietro Nervi e Morandi, «tutto cemento» che poi ha fallito...”
LQ, Storia segreta delle immagini, in “Controspazio”, n° 1-2, 1983.
9
L.Q., "Premessa", in Antonino Terranova (a cura di), Ludovico Quaroni. Architetture per
cinquant’anni, Gangemi Editore, Roma, 1985
11
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Lo spazio della liturgia nelle chiese di Ludovico Quaroni
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associato alla sacralità della presenza del Cristo e alla intuizione simbolica e formale
della “Luce-grazia” discesa nel mondo, viene celebrato attraverso l’esaltazione
monumentale delle cadenze costruttive e spaziali
10
.
La progettazione dell'edificio sacro, così come anche quella di molti edifici di
Quaroni, deriva non da astratte esigenze formali ma dalla corrispondenza della
geometria architettonica
11
al valore spirituale dello spazio, leggibile attraverso la
“sproporzione”
12
tra gli ambienti. Nel progetto dell’edificio di culto Quaroni include
una “spazialità mistica” legata ai sentimenti popolari della ricostruzione e alimentata
dalla ricerca tra forma, struttura, quartiere e città, che animava il dibattito
architettonico della fine degli anni Cinquanta a cui Quaroni partecipa attivamente
13
.
10
“(…) Ludovico Quaroni, attento alle conquiste dell'architettura tedesca esterna al razionalismo
radicale, con la chiesa di Francavilla al Mare (1948-60) raggiunge subito un vertice del suo percorso
creativo: reso particolarmente ricco dalla sagace coniugazione di suggestioni spaziali desunte dai
parabolici e "trascendenti" spazi di Dominikus Bòhm, e dalla vibrante proposta della "croce di luce" che
si disegna nel cielo della grande cupola oblunga. La quale emerge dalla caratteristica "invenzione" della
tipologia a losanga longitudinale: vera e propria novità italiana pre-conciliare offerta al dibattito sullo
spazio sacro…”
Sandro Benedetti, L’esperienza religiosa nell’architettura italiana dell’ultimo cinquantennio, in Arte
Sacra tra memoria e progetto, CISCRA Ed. – Rovigo, 1996
11
Ci riferiamo alla corrispondenza tra struttura e significato liturgico già denunciata nel Prenestino e
messa in atto a Francavilla: “(…) L’occasione…era quella di studiare nell’edificio religioso la struttura
di una fabbrica in cemento armato, per sfruttarla come mezzo plastico chiaramente denunciato,
impostazione di tutta l’idea. …”
L.Q., Perché ho progettato questa chiesa, op. cit.
12
“(…) La sproporzione forzata fra questo ambiente e la navata centrale accentua quell’effetto di
rapporto fra l’uomo e lo spirito assoluto che già caratterizza alcune fra le più antiche chiese cattoliche, e
rende vivo l’organismo architettonico di effetti prospettici, di contrasti di luce, di improvvise nuove
inquadrature…”
L.Q., Perché ho progettato questa chiesa, op. cit.
13
Dopo gli anni di intenso dibattito architettonico successivi alla fine del conflitto, nel 1949, subito dopo
la vittoria elettorale della destra, il senatore Fanfani elaborò il "Piano incremento occupazione operaia.
Case per lavoratori", con l'obiettivo di risolvere una parte dei problemi occupazionali e abitativi della
popolazione. Per la gestione del Piano venne istituita l'INA–CASA che progettò e realizzò dal 1949 al
1963, coinvolgendo una vasta schiera di architetti, urbanisti e progettisti, diversi quartieri popolari e
numerosi interventi di edilizia minore, in tutta Italia. Il Piano venne varato secondo due orientamenti:
l'applicazione di una precisa linea tradizionalista garantita dalla presenza di un articolato sistema di
controllo e verifica del carattere di omogeneità e organicità delle realizzazioni, e il coinvolgimento di
imprese locali e di piccoli imprenditori in modo da favorire l'occupazione e la ripresa economica del
Paese. Se queste due linee di sviluppo favorirono in molti casi, come quello forse più noto dei cantieri
romani, la nascita di interessanti fenomeni come il "neorealismo architettonico", dovuto anche alla
presenza in cantiere di manodopera a bassa specializzazione di provenienza artigiana, le stesse
intervennero in modo decisivo anche nella definizione dell'intera vicenda. Il costante richiamo alla
tradizionale prassi costruttiva, infatti, e il conseguente divieto di sperimentazione, la scarsità di
meccanizzazione, la forte ingerenza delle imprese private, segnarono indubbiamente, elementi di ritardo
dell'architettura italiana nell'ambito delle coeve esperienze europee di ricostruzione.
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L’identità dello spazio sacro negli scritti di Ludovico Quaroni
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Già in queste due esperienze Quaroni dichiara attraverso lo spazio, il senso di
profonda spiritualità laica, mediante «(...) un’azione…di carattere
culturale…insieme spiritualità, carità, morale e coerenza moderne, e moderno
misticismo»
14
, facendo rivivere dall'origine i valori della civiltà cristiana attraverso
un percorso che testimonia la stretta saldatura esistente tra procedure formative,
figurazione architettonica, spirito religioso e valori dell’uomo, coesistenti nel suo
fare architettonico.
L’esperienza progettuale di queste due chiese, induce Quaroni ad
apprezzare il tema dell’architettura religiosa, poiché suggerisce la possibilità di
curare gli aspetti spaziali dell'architettura, consentendo di restituirli in rapporto alle
possibili interpretazioni psicologiche dello spirito religioso, «(...) perché la libertà
d'interpretazione concessa…all'architetto in questo settore da allo stesso possibilità
d'esprimere se stesso — se almeno accetta l'idea di spazio e l'idea d'una religiosità
come creazione umana, anche di primo rango — e insieme l'idea della "comunità",
intesa nel senso religioso, non necessariamente applicata ad una particolare
religione rivelata, d'una popolazione presa come un'anima collettiva»
15
In “Architettura per Cinquant’anni”
16
egli evidenzia la possibilità che,
confrontandosi con questa tipologia d’edificio, sia possibile distaccarsi da una
concezione prettamente funzionalista, basata sul controllo degli “oggetti d’uso”
materiali, per avvicinarsi al concetto di religiosità come valore più alto dell’uomo.
Muovendo da queste logiche di progettazione degli edifici per il culto, Quaroni
individua come problema generale del tema quello di: «(…) arrivare a nuove forme
liturgiche e a nuove forme architettoniche che siano la diretta espressione moderna
dello spirito della religione cristiana, senza il “medium” di un passato troppo vivo
allora, ma troppo lontano oggi, e troppo diverso nelle sue filosofie, sociali e morali,
perché ci possa servire a risolvere il problema dal fondo. Se un simbolismo ci deve
essere, esso dovrà scaturire, fresco, direttamente dal pensiero cristiano moderno, e
non potremo servici dei suggerimenti di figurazioni costruite, con la parola col
marmo o coi colori, per gli uomini dell'antichità giudaica, dell'ellenismo romano,
del medioevo europeo, né potremo considerare ancora valide per noi, oggi, le forme
liturgiche della controriforma.»
17
14
L.Q., La Chiesa: lo spazio interno, op. cit.
15
L.Q., "Premessa", in Antonino Terranova (a cura di), Ludovico Quaroni. Architetture per
cinquant’anni, op. cit.
16
Antonino Terranova (a cura di), Ludovico Quaroni. Architetture per cinquant’anni, Gangemi Editore,
Roma, 1985
17
L.Q., La Chiesa: lo spazio interno, op. cit., pp 173
13
Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria – Dipartimento Dastec, Arte Scienza e Tecnica del Costruire
Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana (XVII ciclo) - Il progetto dell’esistente - 2004/2005 -
Lo spazio della liturgia nelle chiese di Ludovico Quaroni
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In questo senso appare dominante la determinazione dello spazio dell'architettura
sacra come aspetto sintetico tra identità collettiva popolare ed espressione simbolica
dell'opera architettonica. Nel 1951, infatti, Quaroni disegna per il Borgo La
Martella, un edificio carico di passionale rappresentazione dei valori di semplicità e
umanità riscontrati negli abitanti dei Sassi utilizzando nuove soluzioni figurative,
rispetto alla precedente produzione di architettura religiosa.
Dalle navate “dichiarate” della chiesa del Prenestino e dall’ambiente unitario di
Francavilla, si passa ad uno spazio fondato sulla distinzione tra aula e tiburio.
Nell’Aula è lo spazio destinato ai fedeli, basso, poco illuminato, scarno ed essenziale
nella forma e nelle decorazioni: il Tiburio è il luogo della luce e della
"trascendenza", uno spazio staccato e più alto e illuminato dall'alto. La torre della
chiesa della Martella diventa traduzione, nel linguaggio popolare, del realismo, dei
valori dell'architettura religiosa di Quaroni.
18
Cupola, tiburio e campanile allo stesso
tempo sono espressi in un unico elemento che, come rivelazione dello spazio divino,
si confronta con quello dell’uomo: una sala rettangolare, coperta da un tetto a tre
falde inclinate e disposte in modo tale da creare una spazialità orientata verso il
presbiterio.
Lo spazio sacro acquista un suo valore intrinseco e una sua concreta presenza in
grado di emozionare con forme e metafore il fedele. La variazione compositiva,
dalla sproporzione tra l'alta sala e lo schiacciato ambulacro di Francavilla alla
"caratterizzazione duale" di Matera, segna un punto di passaggio nella progressiva
modificazione dell'edificio religioso di Quaroni, da “monumento mistico” a “sistema
urbano”.
Le successive ricerche sulla città e sull’architettura, la scoperta della dimensione
territoriale, l’esperienza del Borgo La Martella e la realizzazione della Chiesa
(1951), sono le vicende attraverso le quali Quaroni rinnova le riflessioni fatte
precedentemente sull’architettura religiosa. Dal paesaggio rurale lucano e dalla
semplicità popolare del villaggio La Martella, alla disorganica periferia della "laica"
Genova, attraverso la comprensione dell’organismo urbano, Quaroni restituisce una
nuova espressività all’architettura, legata al concetto di uomo e sociale.
18
Così si esprimerà Quaroni presentando la chiesa del Borgo La Martella, a confermare quella ricerca
nella direzione del “fare”, ancora legato alle esigenze della ricostruzione.:
“(…) Il tema era quello di realizzare una chiesa sinceramente economica per un borgo rurale, che non
fosse troppo distante, nello spirito e nelle forme, dalla semplicità degli altri edifici pubblici del luogo, e
che purtuttavia raggiungesse la dignità necessaria alla sua funzione, e potesse rappresentare, colle sue
masse, il perno centrale della composizione urbanistica, come appunto era richiesto dagli Enti che
sopraintendevano. ...”
L.Q., La chiesa del villaggio La Martella, in “Casabella”, n° 208, 1955
14
L’identità dello spazio sacro negli scritti di Ludovico Quaroni
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Questo passaggio è riscontrabile nelle indicazioni espresse dal Congresso Nazionale
d’Architettura Sacra, tenutosi a Bologna nel 1955.
In questa sede viene avviata una riflessione sulla situazione dell'edilizia sacra nel
decennio successivo al secondo conflitto mondiale, affrontando il tema del progetto
dello spazio interno e indagando i rapporti che esso istituisce con la città e con gli
spazi della vita collettiva in un ragionamento sul tema dell'edificio per il culto come
centro parrocchiale e servizio pubblico, piuttosto che come monumento all'interno
del contesto urbano.
Quaroni col suo intervento traccia espressamente le sue posizioni in merito: “ (…)
Questo congresso è anch’esso una delle tappe, una delle date storiche, di questo
nostro lungo cammino, giacché è naturale che una volta esaurito l’esame dei fatti
materiali, della funzionalità fisica diciamo, e una volta impostato il problema d’una
funzionalità psicologica che ha poi trovato la sua più giusta definizione nelle istanze
politiche, economiche e sociali dell’urbanistica, è naturale che si ponga finalmente
il problema spirituale dell’architettura…”
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Spiegando il rinnovato interesse per l’architettura religiosa, nel rapporto e nella
interdipendenza determinati e realizzati da un legante, che è appunto la spiritualità
della vita stessa manifestata indipendentemente dallo spirito religioso tout court
degli architetti, Quaroni spiega “ (…) Non sempre…chi ha fatto meglio è stato più
religioso degli altri, e non sempre la spinta verso un senso più profondo dell’edilizia
sacra è venuto dal clero… E più che parlare di valori spirituali nella nuova
architettura delle chiese, vorremmo si parlasse di valori spirituali nell’architettura
in genere, e di valori spirituali, o religiosi addirittura, nella nostra vita stessa. Sarà
difficile, infatti, ottenere, come pretende qualcuno, una architettura delle chiese che
esprima qualche cosa, se questo qual cosa non è contemporaneamente espresso, sia
pure in altra chiave, in altra misura, anche nell’architettura non religiosa: c’è una
unita nell’arte, sacra o profana che sia, unità che è data proprio dallo spirito.”
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L’occasione di mettere in pratica i principi del Convegno si presenta nel ’56 quando
Quaroni progetta due chiese nella periferia di Genova: la Chiesa di San Gottardo,
non realizzata, che propone le basi del nuovo spazio sacro e quella della Sacra
Famiglia, realizzata nel 1958, che le concretizza.
Quaroni, nel progetto della chiesa di San Gottardo, mette in scena un omaggio alla
città attraverso un edificio mezzo interrato e poco visibile, identificabile in maniera
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Ludovico Quaroni, La chiesa: lo spazio interno, in “Casabella”, n° 208, 1955
20
L.Q., La chiesa: lo spazio interno, ibidem
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