2Il rimedio esiste ed è alla portata di (quasi) tutti. L’acqua potabile che ogni giorno
consumiamo per usi igienici e alimentari rappresenta solo la minima parte dei nostri 
consumi. Per altri usi come il bucato, lo scarico del WC, le pulizie di casa, il lavaggio 
dell’auto e l’irrigazione del giardino sarebbe sufficiente utilizzare acqua “meno pregiata”.
In particolare, per questi usi l’acqua piovana rappresenta la soluzione ideale. Nel caso del
bucato, poi, il risultato è decisamente migliore, perché normalmente l’acqua piovana è 
meno dura (cioè contiene meno Sali di Calcio), e questo consente di usare meno 
detergente a parità di risultati. Meno detergente significa anche meno inquinamento.
Il ruolo attivo della popolazione è fondamentale: anche compiendo semplici gesti (per
esempio facendo la doccia invece del bagno, oppure evitando di fare scorrere inutilmente
l’acqua dal rubinetto) si dà un contributo importante per la conservazione del nostro
patrimonio idrico e, più in generale, dell’ambiente. Solo mediante un uso avveduto 
dell’acqua sarà possibile comprendere a fondo il valore di un bene, oggi sempre più
degradato e nel contempo sempre più indispensabile.
La soluzione più semplice per ridurre anche fino al 50% il consumo di acqua di 
acquedotto consiste in un sistema di recupero delle acque meteoriche.
Niente di nuovo sotto il sole, è il caso di dire, in quanto già i romani utilizzavano una 
speciale vasca detta impluvium, posizionata in un cortile interno, proprio per raccogliere 
e conservare l’acqua piovana.
Ora, il presente studio si pone la finalità di valutare la possibilità di tale soluzione presso 
una struttura sanitaria (descritta nei prossimi capitoli).
Un riutilizzo di tale risorsa determinerebbe un risparmio sia in termini qualitativi che 
quantitativi, oltre che economici.
A tal fine si farà un esempio pratico di riutilizzo dell’acqua meteorica per scopi di minor 
pregio. Lo studio è stato svolto attraverso l’analisi, l’elaborazione e la risoluzione dei 
seguenti punti principali:
1. panoramica generale delle problematiche associate all’acqua, con maggior 
riguardo per le acque meteoriche;
2. individuazione e descrizione della struttura campione;
3. dimensionamento di massima di tutto il sistema di raccolta, trattamento e 
distribuzione in base alle norme vigenti e alle esperienze italiane e di altri paesi;
4. bilancio economico di massima sul sistema di recupero da adottare alla struttura 
sanitaria, volgendo anche uno sguardo alle nuove tecnologie atte al risparmio 
idrico.
3La raccolta di acqua piovana ha avuto un notevole incremento negli ultimi decenni 
soprattutto nelle aree rurali di Africa e Asia, dove lo scopo non è quello del risparmio del 
denaro o di evitare lo spreco dell’acqua per lavare le auto, no! Lo scopo è quello della 
sopravvivenza e del sostentamento.
L’interesse per il suo uso è però cresciuto anche nelle aree urbane e più industrializzate 
dove, tra i suoi benefici, sono compresi anche il contributo nel controllo delle inondazioni 
e la riduzione della pressione sulle risorse idriche esistenti. In molti casi tale tecnologia è 
stata introdotta come parte di un sistema integrato di approvvigionamento dell’acqua, per 
esempio dove il rifornimento cittadino è incostante o la risorsa d’acqua locale si esaurisce 
per parte dell’anno. E’ una tecnologia flessibile, adattabile ad una vasta varietà di 
condizioni, potendo essere usata sia dalle società ricche che da quelle povere, sia nelle 
regioni secche che in quelle umide.
42. L’ACQUA E LO SVILUPPO SOSTENIBILE
2.1. PANORAMICA MONDIALE
Il 22 marzo 2006, per volontà delle Nazioni Unite, si è celebrata in tutto il mondo la 
«Giornata Mondiale dell'Acqua», in chiusura del quarto World Water Forum, svoltosi a 
Città del Messico. Per l'occasione, è stato presentato il secondo rapporto sullo sviluppo 
mondiale delle risorse idriche dal titolo “Acqua: una responsabilità comune”. “Circa 11 
milioni e mezzo di persone distribuite tra Kenya, Tanzania, Uganda, Etiopia, Somalia, 
Eritrea e Burundi stanno pagando le conseguenze della disastrosa stagione delle piogge 
primaverile e autunnale del 2005, tra le più aride degli ultimi 15 anni”, ha sottolineato la 
ONG AMREF.
Il World Water Forum, per una settimana ha riunito quasi diecimila persone e i 
rappresentanti di 130 diversi Paesi per parlare di «azioni locali e sfide globali» intorno a 
quella che è stato definito «il problema dell'oro blu». Nella capitale latino-americana 
sono giunti uomini di Stato, tecnici e scienziati, esponenti di organizzazioni non 
governative, rappresentati di popolazioni locali. Notevole la posta in gioco: verificare i 
risultati di una strategia che da dieci anni tenta di risolvere il problema dell'acqua e 
proporne, eventualmente, un'altra.
“I processi di sviluppo economico che hanno creato ricchezza nei paesi industrializzati, 
distruggono le risorse naturali sempre più rapidamente. Non si può parlare di gestione e 
uso delle acque senza far riferimento al concetto di sviluppo sostenibile. Lo sviluppo non 
può più prescindere dal concetto di salvaguardia ambientale  al fine di “raggiungere il 
soddisfacimento delle necessità di base, una migliore qualità della vita per tutti, 
ecosistemi meglio protetti e gestiti ed un futuro più sicuro e prospero” (Skinner, 1994). Il 
concetto di sviluppo sostenibile comporta infatti limiti, non assoluti, bensì imposti 
dall’attuale stato della tecnologia e dell’organizzazione sociale che possono essere gestite 
e migliorate allo scopo di inaugurare una nuova era di crescita economica.
L’integrazione fra i concetti di salvaguardia ambientale, sostenibilità, crescita e sviluppo 
economico si traduce in quello di sviluppo sostenibile inteso come sviluppo che soddisfa 
le necessità attuali senza compromettere le possibilità per le generazioni future di 
soddisfare i propri bisogni, definito dal rapporto della Commissione Mondiale per 
l’Ambiente e lo Sviluppo, noto come rapporto Brundtland (1987).
Questo concetto si basa su alcuni aspetti fondamentali di sostituibilità fra fattori di 
produzione e soprattutto equità infragenerazionale ed intergenerazionale.
5Il concetto di sviluppo sostenibile si è arricchito col passare degli anni anche se al centro 
è sempre rimasto il bisogno di arrestare la degradazione ambientale e lo sbilanciamento 
economico.
Nell’ottica dello sviluppo sostenibile il problema acqua si pone in maniera forte e 
centrale.
Quale è «il problema dell'oro blu» e quale è la ormai decennale strategia che ha cercato di 
risolverlo? Quasi 2 miliardi di persone non hanno accesso regolare e sufficiente (almeno 
50 litri al giorno) all'acqua potabile; 3,25 miliardi di persone non hanno servizi igienici in 
casa. Quasi 1,5 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo per queste carenze. 
Senza contare il cambiamento del clima, la desertificazione, l'erosione delle coste, 
l'innalzamento del livello dei mari, l'aumento degli eventi meteorologici estremi, il fatto 
che il 20% delle specie viventi rischia di scomparire a causa dell'inquinamento delle 
acque. 
Il problema principale è la sete. Di acqua potabile disponibile al mondo ce n'è in quantità 
sufficiente per tutti. Ma è mal distribuita, ce n’è tantissima in Islanda e pochissima nel 
deserto del Sahara, soprattutto dagli uomini: viene consumata tantissima in agricoltura e 
troppo spesso stenta a raggiungere le città e i villaggi, soprattutto nei Paesi in via di 
sviluppo. Complici, la mancanza di infrastrutture o l'arroganza delle infrastrutture (dalla 
grandi dighe alla sottovalutazione delle culture locali). 
Occorre destinare una parte degli aiuti allo sviluppo in opere idrauliche e, più in generale, 
alla gestione del problema acqua nei Paesi più poveri e più aridi. Allora si modificò la 
strategia: «trades not aids», “commerci non aiuti” è stato il grido di battaglia di un nuovo 
pensiero, quello neoliberista, espresso dal Presidente degli Stati Uniti e diventato 
egemone in tutto il mondo. Da qui, la nuova strategia, supportata dalle grandi 
organizzazioni finanziarie internazionali: privatizzare. Conferire all'acqua un valore 
economico e metterla sul mercato. Solo così - sostengono i neo-liberisti - si possono 
drenare le risorse necessarie per risolvere il problema del liquido non a caso definito «oro 
blu». 
E così, l'acqua potabile disponibile ha cambiato statuto. Da diritto universale dell'uomo, è 
stato declassato prima a bisogno e poi a mera merce. E così, il controllo delle acque 
potabili disponibili in molti paesi è stato assunto da aziende private.
Al World Water Forum di Città del Messico, gli organizzatori (il privato World Water 
Council) hanno rilanciato il “globalismo”, parlando di sfida globale da cogliere mediante 
azioni locali: superare il rapporto tra stati (e tra aziende e stati) per creare rapporti tra 
6comunità locali (e tra aziende e comunità locali). Ma bisogna sempre considerare che le 
comunità locali sono molto più deboli dei governi nella trattativa con le aziende 
(soprattutto con le grandi aziende). 
A Città del Messico, dunque, il vero nodo, quello dell'acqua ridotta a merce, non è stato 
sciolto. 
Ecco alcuni numeri.
Il 71% della superficie terrestre è coperta di acqua ma il 97,5% è salata. Del restante 2,5 
% solo l'1% è utilizzabile per le attività umane (la restante parte è soprattutto sotto forma 
di ghiaccio). Per poter parlare di condizioni accettabili di vita occorrono non meno di 50 
litri d'acqua al giorno per ogni essere umano. In realtà, per miliardi di persone disporre di 
50 litri d'acqua ogni giorno è pura utopia, al punto che le Nazioni Unite hanno fissato in
40 litri il diritto minimo all'acqua come obiettivo di mobilitazione della Giornata 
Mondiale del 22 marzo 2006.
L'OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità afferma, però, che al di sotto della soglia 
di 50 litri d'acqua al giorno si può già parlare di sofferenza per mancanza di acqua e che il 
40% della razza umana vive in condizioni igieniche impossibili soprattutto per carenza di 
acqua. Attualmente un abitante della terra su cinque non ha acqua potabile a sufficienza: 
1,2 miliardi di persone.
In 29 Paesi il 65% della popolazione è al di sotto del fabbisogno idrico vitale (50 l/d 
procapite).
Oltre 1 miliardo di persone beve acqua "non sicura".
3,4 milioni di persone ogni anno (5 mila bambini al giorno) muoiono a causa di malattie 
trasmesse dall'acqua.
L'emergenza acqua non riguarda soltanto i Paesi in via di sviluppo ma anche l'evoluta 
Europa. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il 16 per cento della 
popolazione del Vecchio continente non ha acqua potabile e ben 140 milioni di europei 
non hanno accesso ad acqua pulita e servizi sanitari. Una situazione nella quale, sempre 
stando ai dati dell'OMS, oltre 13.500 bambini europei perdono la vita ogni anno per 
malattie correlate a queste carenze.
Il tributo maggiore viene pagato dai Paesi della ''subregione B'' in Europa. In Albania, 
Armenia, Azerbaigian, Bosnia-Herzegovina, Bulgaria, Georgia, Kyrgyzstan, Polonia, 
Romania, Serbia e Montenegro, Slovacchia, Tajikistan, Macedonia, Turchia, 
Turkmenistan e Uzbekistan ogni anno muoiono più di 11.000 minori di 14 anni. Ma 
l'OMS avverte che probabilmente si tratta di una sottostima.
72.2. AGENZIA EUROPEA DELL’AMBIENTE
La relazione del 2001 dell'AEA (Agenzia Europea dell’Ambiente), evidenzia le misure 
necessarie a promuovere un uso sostenibile delle risorse idriche.
I costi eccessivi e la mancanza di informazioni adeguate impediscono a molte famiglie 
europee di utilizzare dispositivi che possono diminuire significativamente il consumo di 
acqua, secondo quanto afferma la nuova relazione dell'Agenzia europea dell'ambiente 
sull'uso sostenibile delle risorse idriche. 
Le utenze domestiche sono responsabili della maggior parte dei consumi nelle aree 
urbane e tra la metà ed i due terzi dell'acqua utilizzata viene impiegata in WC, bagni e 
docce. 
Avvalendosi di tecnologie innovative come i WC a scarico ridotto e dispositivi 
economizzatori montati sui rubinetti (come si vedrà nell’ultimo capitolo) si può quasi 
dimezzare il consumo dell'acqua ad uso domestico. Tuttavia, tali dispositivi non sono 
molto diffusi, probabilmente a causa della mancanza di informazioni sulla loro 
disponibilità e/o del costo relativamente elevato. Tra le conclusioni della relazione figura 
l'esigenza di una migliore informazione sulla necessità di ridurre i consumi idrici e sulle 
tecnologie disponibili a tale fine. 
La relazione suggerisce inoltre che i produttori di tecnologie volte a ridurre i consumi 
possono contribuire a diffondere l'informazione. Elementi essenziali per una corretta 
gestione della domanda sono il conteggio e il pagamento dei consumi domestici, la 
riduzione delle perdite nella rete di distribuzione ed il recupero delle acque piovane. 
Garantire un uso sostenibile delle risorse idriche è una necessità strategica ampiamente 
riconosciuta in Europa e uno degli obiettivi principali riportati nella importante direttiva 
quadro sulle acque adottata lo scorso anno dall'Unione europea. Una fornitura affidabile e 
la protezione delle risorse idriche tramite una corretta gestione sono indispensabili per 
sostenere tutti gli aspetti della vita umana e di quegli ecosistemi che dipendono da esse. 
Mentre l'uso dell'acqua varia in Europa a causa dei diversi climi, culture, costumi, 
economie e condizioni naturali, sono molti i paesi che affrontano la sfida comune di 
gestire delle risorse idriche limitate sia in termini di quantità che di qualità. 
La relazione evidenzia gli aspetti e i fattori chiave nella gestione della domanda di acqua 
nei vari settori economici - urbani, industriali e agricoli. Basata essenzialmente su una 
sintesi di casi particolari europei, essa esamina gli effetti sull'ambiente di risparmi nei 
8consumi, introduzione di tariffe e misurazioni, riduzione delle perdite, sostituzione 
dell'acqua nei processi industriali e riutilizzazione delle acque reflue opportunamente 
trattate per l'irrigazione. 
Negli ultimi 15 anni, nell'Europa meridionale (Italia compresa) si é riscontrato un 
notevole aumento dell'irrigazione per scopi agricoli. L'importanza della riutilizzazione 
diretta delle acque reflue per scopi irrigui è in aumento nei paesi del Mediterraneo, ma la 
relazione rileva che é necessaria con urgenza la definizione di standard e di linee guida in 
materia. Vi è anche la necessità di introdurre incentivi economici per allestire nuovi 
programmi per usi che non richiedono l'impiego di acqua di alta qualità. La relazione 
rappresenta sia una fonte di dati comparati a sostegno della valutazione dell'efficacia 
delle misure politiche in atto che una fonte di informazioni per lo sviluppo di nuove 
politiche. 
2.3. LA DISPONIBILITÀ IDRICA IN ITALIA E IN PUGLIA
In Italia e specialmente in Puglia la situazione non è delle migliori. Da molti anni la 
regione Puglia fa pressione sulle cinque regioni confinanti o vicine per aumentare il 
quantitativo d’acqua che già viene trasferito, a partire dal famoso schema idrico 
dell’”Acquedotto Pugliese” che all’inizio del 900 provvide a rifornire di risorsa potabile 
una regione particolarmente povera di deflussi superficiali e di risorgive. La regione 
necessita  di nuove adduzioni. Un elemento di confusione viene dalla commistione tra 
adduzioni irrigue e acquedottistiche (alcune dighe di accumulo sono comuni). Invece di 
andare verso una razionalizzazione integrata globale senz’altro facilitata dal sistema (e 
consentita dalla legge 36/94), si è accreditato l’approccio degli “usi plurimi”come se nelle 
nostre condizioni climatiche gli usi non fossero tutti e solo competitivi e alternativi tra 
loro. Il risultato globale è negativo:
a) Un servizio adeguato di acqua potabile è ancora spesso insoddisfatto, nonostante un 
prelievo dell’acquedotto pugliese di 570 milioni di m3/anno, qualcosa come 140 m3/anno 
per persona, 390 litri/persona per giorno, circa il doppio del fabbisogno “reale”.
b) L’entità dell’uso irriguo (per non parlare del fabbisogno economico reale) è del tutto 
sconosciuta, imperando in questo settore l’anarchia dei pozzi ed essendo cessato da 
tempo il controllo e la gestione (pur spesso criticata) dei consorzi di bonifica.
c) Per il potabile l’AQP preleva dalle falde circa 4 m3/sec del 17 m3/sec totali immessi nel 
sistema idrico pugliese: pertanto la Puglia è dipendente dalle acque di falda per circa il 
925% del consumo potabile. Il basso numero (come in provincia di Foggia) dei pozzi attivi 
è dovuto alla chiusura di numerosi pozzi per limiti di salinità, denotando lo scadere 
qualitativo delle falde idriche.
I consumi potabili individuali sono tra i più alti: perché le perdite (e gli usi non fatturati) 
sono alte e perché abbondano gli usi impropri come l’innaffiamento in agricoltura.
Il Comitato per la vigilanza delle risorse idriche (un organo indipendente della Pubblica 
Amministrazione istituito dalla legge 36/1994), ha svolto recentemente 52 ricognizioni in 
impianti che coprono tutto il territorio nazionale, analizzando con particolare attenzione 
tutte le componenti del "servizio di acquedotto" (le opere di captazione, le condotte di 
adduzione, le reti di distribuzione, i serbatoi di accumulo e gli impianti di trattamento 
delle acque da immettere in rete).
I dati emersi dall’indagine hanno mostrato risultati preoccupanti soprattutto per quanto 
riguarda lo stato di manutenzione e la valenza tecnologica degli impianti. In materia di 
stato di manutenzione degli acquedotti, le ricognizioni hanno in particolare evidenziato 
che le perdite della rete di distribuzione più elevate superiori al 50%, (comprensive anche 
delle "perdite apparenti", rappresentate dai volumi di acqua non contabilizzati anche se 
effettivamente erogati all'utenza), si sono riscontrate nelle reti di Abruzzo, Campania, 
Puglia e Calabria.
Dobbiamo essere tutti convinti e consapevoli che l’acqua è un bene primario e strategico 
che appartiene a tutti e che va utilizzato con attenzione estrema. L’uso della risorsa che se 
n’è fatto fino ad oggi è stato improntato più ad una logica di spreco che di uso razionale, 
come se fosse un bene illimitato e sempre disponibile. In realtà l’acqua pur essendo una 
risorsa rinnovabile esiste in una quantità non incrementabile che si rinnova annualmente 
secondo un ciclo.
Figura 2.1