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dell’offerta di lavoro (nel modello classico), per poi arrivare a considerare l’intero equilibrio
relativo al mercato del lavoro. Il terzo paragrafo si occupa dei salari e delle sue determinanti,
quali, il livello atteso dei prezzi, il tasso di disoccupazione e tutte le altre variabili che
comunque la influenzano.
Il terzo capitolo contiene un’ampia analisi dei fatti e delle interpretazioni dell’elevata
disoccupazione europea. In particolare, si prende in considerazione il ruolo svolto
congiuntamente da fattori istituzionali (presenza di sindacati e di elevata tutela legislativa
dell’occupazione) e da shock quali l’incremento dei prezzi petroliferi negli anni ‘70 e
l’innalzamento dei tassi d’interesse reali nel decennio successivo. Il capitolo, intitolato
“l’anatomia dell’inflazione e della disoccupazione”, nel secondo paragrafo, spiega quali siano i
disoccupati e come essi entrino a far parte del cosiddetto “bacino della disoccupazione”. Il terzo
ed il quarto paragrafo, invece presentano rispettivamente i principali fattori che determinano il
tasso naturale di disoccupazione e i costi della disoccupazione. Successivamente viene esposto
l’andamento della disoccupazione in Italia e più in generale in Europa. Nel sesto e settimo
paragrafo si richiamano i principali shock che hanno contribuito ad aumentare la
disoccupazione negli anni ‘70 ed i fattori che hanno generato un fenomeno di isteresi,
mantenendo alto il tasso di disoccupazione. In seguito vengono riportati quelli che sono i costi
dell’inflazione e le variazioni nel modello utilizzato per prevedere tale fenomeno. Nel
dodicesimo paragrafo viene presentato il concetto di indicizzazione dei salari, il quale consente
di conciliare i vantaggi dei contratti di lavoro a lungo termine con l’esigenza dei lavoratori e
delle imprese di non far allontanare troppo i salari reali dai valori concordati. Infine si
analizzano i dati relativi all’inflazione e al divario tra PIL effettivo il PIL di pieno impiego per
quattro Paesi differenti: Italia, Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna.
Nel quarto ed ultimo capitolo viene presentata la relazione proposta da Phillips, il quale
sosteneva l’esistenza di un trade-off di breve periodo tra disoccupazione ed inflazione; tale
relazione subì pesanti critiche e per questo fu modificata ed in seguito adattata alle aspettative
d’inflazione; proprio queste sono oggetto di analisi del terzo paragrafo, al quale fa seguito una
spiegazione del fenomeno disinflattivo, della cosiddetta Stagflazione (fase in cui un elevato
livello di disoccupazione è accompagnato da un alto tasso di inflazione) e del NAIRU (tasso di
disoccupazione non inflazionistico). Il capitolo si conclude con la rivisitazione della relazione
tra inflazione e disoccupazione che ha caratterizzato il nostro Paese dal dopoguerra ad oggi.
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CAP. 1 – L’OFFERTA E LA DOMANDA AGGREGATA
1. Introduzione
La macroeconomia si occupa del comportamento del sistema economico nel suo complesso,
studiando i periodi di espansione e di recessione, la produzione totale di beni e servizi da parte
del sistema economico, i tassi d’inflazione e di disoccupazione. In questo capitolo l’attenzione
sarà rivolta alle fluttuazioni di breve periodo da cui hanno origine i cicli economici. Queste
possono essere molto rilevanti. Ad esempio, durante la Grande Depressione, negli Stati Uniti la
produzione diminuì quasi del 30%, e tra il 1931 e il 1940 si ebbe un tasso medio di
disoccupazione pari al 18,8%. La Grande Depressione è stata l’evento caratterizzante per una
generazione: le recessioni che si sono verificate dopo la Seconda Guerra Mondiale sono state
meno drammatiche, ma hanno comunque dominato la scena politica.
I tassi d’inflazione variano molto. Un dollaro conservato nel 1975, nel 2000 avrebbe avuto
un valore inferiore a 31 centesimi di allora; durante la Grande Depressione, invece, i prezzi
diminuirono di un quarto.
Partendo dai legami esistenti tra salari, prezzi, livello di occupazione e produzione, si
ricaveranno la relazione tra prezzi e prodotto rappresentata dalla curva di offerta aggregata. La
teoria riguardante quest’ultima, rappresenta uno degli argomenti macroeconomici meno
consolidati. Non sono del tutto definite le ragioni per cui i salari e i prezzi si adeguano
lentamente, e ciò chiarisce perché esistono diverse teorie plausibili che interpretano questi
fenomeni. Il modello della domanda aggregata e dell’offerta aggregata è lo strumento
macroeconomico fondamentale per studiare sia le fluttuazioni della produzione sia la
determinazione del livello dei prezzi e del tasso d’inflazione. Nel primo capitolo ci si
concentrerà sul quadro d’insieme del sistema economico, cercando di capire le ragioni per cui i
prezzi salgono rapidamente in determinati periodi e non in altri, oppure per quale motivo ci sia
abbondanza di posti di lavoro in alcuni anni e non in altri. È possibile rispondere a queste
domande studiando gli spostamenti delle curve di domanda e di offerta aggregata.
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2. L’equilibrio macroeconomico generale
L’equilibrio macroeconomico generale è caratterizzato fondamentalmente da due
relazioni; la prima, che può essere definita offerta aggregata, rappresenta l’equilibrio sul
mercato del lavoro; la seconda, che può essere definita domanda aggregata, rappresenta
l’equilibrio nei mercati reali e finanziari. Insieme queste due relazioni determinano il livello di
equilibrio generale della produzione e dei prezzi (Blanchard, 2003).
2.1. L’offerta aggregata
L’equazione di offerta aggregata descrive gli effetti della produzione sul livello dei prezzi;
essa mette in relazione il livello (effettivo) dei prezzi, il livello atteso dei prezzi (P ª ) e la
produzione; il nome deriva dal fatto che questa equazione dà il livello dei prezzi in
corrispondenza del quale le imprese sono disposte a offrire un dato livello di produzione:
P = P ª (1 + µ) F(1 – Y/L, z)
dove P ª sta per ‘livello atteso dei prezzi’, µ sta per ‘mark-up sui costi’ , mentre z rappresenta
tutti quei fattori istituzionali che incidono sulla determinazione dei salari (ad es. modi di
contrattazione collettiva, sussidi di disoccupazione, etc).
“La curva di offerta aggregata, AS, è inclinata positivamente, poiché un aumento della
produzione provoca un incremento del livello dei prezzi” (Farmer, 2000).
Questa equazione di offerta aggregata ha due caratteristiche principali:
1) Un aumento della mole produttiva genera un innalzamento del livello dei prezzi. Questo
effetto è il risultato dei quattro passaggi che seguono:
• Un aumento della produzione provoca un incremento dell’occupazione.
• L’aumento dell’occupazione significa riduzione della disoccupazione e,
conseguentemente, anche del tasso di disoccupazione.
• Un tasso di disoccupazione minore comporta un aumento dei salari nominali.
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• L’aumento dei salari nominali comporta un aumento dei costi, che a sua volta porta le
imprese ad aumentare i prezzi.
2) Un maggior livello atteso dei prezzi si riflette in un aumento uno a uno del livello
effettivo dei prezzi. Tale procedura si basa sul meccanismo di determinazione dei salari: se chi
fissa i salari si aspetta prezzi maggiori in futuro, fisserà salari nominali più elevati e questo a
sua volta indurrà le imprese a richiedere prezzi maggiori per i propri prodotti (Blanchard,
2003).
P ª, aumenta al crescere della produzione lungo la curva di offerta aggregata; dato che, se
P = P ª, la produzione è uguale al suo livello naturale, Y(n), la curva di offerta aggregata
passerà per il punto X (cfr. fig. 1).
Fig. 1 – La curva di offerta aggregata
Dato che, quando la produzione è uguale al suo livello naturale, i prezzi sono uguali al loro
livello atteso nel processo di determinazione dei salari, quando la produzione supererà il suo
livello naturale (cioè quando il tasso di disoccupazione sarà inferiore al suo tasso naturale) i
Y
P
X
Y(n)
P ª
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prezzi saranno superiori al loro livello atteso. Infatti, date le aspettative sui prezzi, un mercato
del lavoro con un basso tasso di disoccupazione induce a fissare alti salari nominali, che a loro
volta si riflettono in prezzi elevati, maggiori del loro livello atteso. “Quando la produzione è
inferiore al suo livello naturale - ovvero quando il tasso di disoccupazione è maggiore del tasso
naturale - il livello dei prezzi è inferiore a quello atteso” (Casarosa, 1996).
2.2. La domanda aggregata
L’equazione della domanda aggregata descrive gli effetti del livello dei prezzi sulla
produzione; l’equilibrio nel mercato dei beni (IS) richiede che l’offerta di beni sia uguale alla
domanda di beni (somma di consumo, investimento, spesa pubblica e esportazioni nette).
L’equilibrio nei mercati finanziari (LM) richiede che l’offerta di moneta sia uguale alla
domanda di moneta. La curva IS è inclinata negativamente: un aumento del tasso d’interesse
provoca una riduzione della domanda e della produzione. La curva LM è inclinata
positivamente: un aumento della produzione induce un aumento della domanda di moneta e
quindi del tasso d’interesse. La domanda di moneta nominale aumenta, all’aumentare del livello
dei prezzi. Quando il prezzo dei beni aumenta, le persone vogliono detenere più moneta per le
transazioni. Supponendo che l’offerta nominale di moneta sia fissa, il tasso di interesse deve
aumentare in modo da ridurre la domanda di moneta e ristabilire l’equilibrio. L’aumento del
tasso di interesse porta ad una riduzione della domanda di beni e quindi della produzione
(Taylor, 1995).
La relazione negativa tra produzione e livello dei prezzi è rappresentata dalla curva
decrescente indicata con AD (cfr. fig. 2);
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Fig. 2 – La curva di domanda aggregata
Questa curva è chiamata Curva di domanda aggregata. Esiste una relazione negativa tra
produzione e livello dei prezzi, chiamata equazione di domanda aggregata. Qualunque variabile
diversa dal livello dei prezzi che sposti la curva IS o la curva LM sposta anche la curva di
domanda aggregata. Questa equazione può essere sintetizzata così:
Y = Y (M/P,G,T)
La produzione è una funzione crescente dei saldi monetari reali e della spesa pubblica,
mentre è una funzione decrescente delle imposte.
AD
P
A’
A
Y’ Y
P’
P
Y
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3. Le politiche economiche dal lato dell’offerta
Tutti gli economisti sono favorevoli a politiche che spostino la curva di offerta aggregata
verso destra facendo aumentare il PIL potenziale. Le politiche che agiscono sull’offerta - come
l’abolizione di norme e regolamenti inutili, il mantenimento di un sistema giuridico efficiente e
i provvedimenti volti a favorire il progresso tecnologico - sono condivisibili, anche se non è
sempre facile metterle in pratica. Tuttavia un gruppo di politici ed esperti, adoperando
l’espressione “politiche economiche dal lato dell’offerta”, ritiene che una riduzione delle
aliquote d’imposta faccia aumentare di molto l’offerta aggregata, tanto che le entrate fiscali,
invece di diminuire, aumentano. Una riduzione delle aliquote d’imposta influisce sia sulla
domanda aggregata sia sull’offerta aggregata. La curva di domanda aggregata si sposta verso
destra, da AD a AD’, e tale spostamento è relativamente consistente. Anche la curva di offerta
aggregata si sposta verso destra, da AS a AS’, perché la diminuzione delle imposte incentiva il
lavoro.
Tuttavia gli economisti hanno appurato da tempo che gli effetti di questo incentivo sono
limitati, per cui l’aumento del PIL potenziale è modesto (Jossa, 1993).
Il notevole aumento della domanda aggregata e il cauto aumento dell’offerta aggregata sono
illustrati di seguito (cfr. fig. 3):
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Fig. 3 – Effetti di una riduzione delle imposte sulla domanda aggregata
Nel breve periodo il sistema economico passa da E a E’; il PIL aumenta in maniera
consistente e, di conseguenza le entrate fiscali diminuiscono in misura meno che proporzionale
rispetto alle aliquote d’imposta. Tuttavia questo è solo un effetto dell’aumento della domanda
aggregata. Nel lungo periodo il sistema economico si sposta nel punto E’’: il PIL è cresciuto
rispetto al suo valore iniziale, ma non di molto. Ne consegue che le entrate fiscali diminuiscono
e il deficit pubblico cresce; inoltre si ha un aumento permanente del livello dei prezzi. Solo le
politiche che agiscono sull’offerta sono in grado di accrescere permanentemente il prodotto
interno. Malgrado siano molto importanti, infatti, le politiche di controllo della domanda hanno
effetto solo a breve termine. Per questa ragione numerosi economisti sono decisamente
favorevoli alle politiche dal lato dell’offerta, pur non credendo agli affetti miracolosi di una
riduzione delle imposte. Va notato, però, che contemporaneamente alle imposte andrebbe
ridotta anche la spesa pubblica: in tal modo le entrate fiscali diminuirebbero, ma poiché
diminuirebbe anche la spesa pubblica il disavanzo di bilancio resterebbe pressoché invariato
(Targetti, 1979).
E
AD
AD’
AS’
E’
Y
P
Po
E’’
Yo Y’’
AS