nelle edizioni dette “nuove” e per mettere in evidenza la componente
commerciale del fenomeno. In ultima analisi, questa tesi propone una
indagine sui criteri di scelta dei manuali adoperati nella didattica
dell’italiano in Camerun.
7
Capitolo I: QUADRO TEORICO
I. 1- L’ITALIANO PER STRANIERI
I. 1. 1- Quadro generale
Nel 1917
1
, per la prima volta entro i confini dello stato unitario furono
istituiti i corsi di italiano, a Siena. Questa data costituì uno spartiacque per le
vicende recenti della diffusione della lingua italiana fra gli stranieri che, da
allora ad oggi, è profondamente cambiata.
2
Per inquadrare tutti gli aspetti della
situazione, occorre soffermarsi su alcuni presupposti teorici che riguardano la
didattica dell’italiano a stranieri.
La diffusione della lingua italiana nel mondo è in continua crescita, una
tendenza che era già presente negli anni Ottanta e si è intensificata nel corso
degli anni Novanta. E' innegabile che parlare della diffusione della lingua
italiana all'estero presenti numerosi problemi, soprattutto in questo momento
storico che vede il prevalere dell'inglese come lingua di comunicazione
internazionale. Questo fenomeno ormai generalizzato sembra ricacciare tutte le
altre lingue, anche quelle più diffuse a livello mondiale, in un ruolo subalterno
e per molti questo fatto è causa di allarme. I fatti però dimostrano che nonostante
questo contesto di apparente supremazia dell’inglese, si sta verificando una
sempre più rapida diffusione a livello sociale, comunicativo e formativo
dell’italiano come lingua seconda fra persone non italiane. Considerata prima
come lingua dotta, dell’arte, della letteratura e della cultura, l’italiano si è
aperto con il passare del tempo a nuovi ambiti e al giorno d’oggi se ne parla
come di una lingua:
- del lavoro e dell’integrazione sociale (per gli immigrati e i profughi);
1
Da non confondere con l’evento di tipo istituzionale che segnò indelebilmente la condizione
dell’italiano: l’istituzione della prima cattedra universitaria di italiano, avvenuta a Siena nel 1589 ad
opera del granduca Ferdinando I ( Vedovelli 2002, pp.40-41).
2
Vedovelli ( 2002).
8
- della scuola e dell’integrazione sociale ( per i bambini adottati o giunti al
seguito della famiglie immigrate) ;
- degli studi ( per i giovani adulti impegnati nei progetti di mobilità
accademica o di scambi interculturali nonché per i giovani che intendono
proseguire i loro studi universitari in Italia);
- del culto ( per chi sente il richiamo dei luoghi della fede cattolica );
- della patria elettiva ( per chi sceglie l’Italia come residenza temporanea o
definitiva indipendentemente da bisogni economici o lavorativi);
- delle relazioni internazionali;
- dei commerci e del made in Italy ( al seguito della presenza delle imprese
italiane all’estero);
- del prestigio dell’italiano nel mondo ( soprattutto in relazione ai settori
di”tendenza” della moda, della musica, del cinema, della gastronomia,
dello stile di vita)
3
.
La diffusione delle nuove tecniche di informazione e di comunicazione
di massa ha favorito l’allargamento delle aree di penetrazione della lingua
italiana che ha potuto avvalersi ad esempio della TV satellitare e di internet,
strumenti che permettono attraverso le immagini ed i suoni, di toccare dal
vivo realtà che sembravano del tutto astratte.
Su un altro piano, è cresciuto l’interesse della ricerca nel settore della
didattica dell’italiano a stranieri in seguito al moltiplicarsi delle occasioni e
delle motivazioni per l’apprendimento della lingua italiana. La diffusione
delle offerte formative in questo settore risale in Italia agli anni Ottanta-
novanta ( le due università per stranieri di Siena e Perugia, i centri
linguistici delle altre università, le scuole private). Notevole è anche la
diffusione dell’italiano attraverso canali formativi come i lettorati presso le
università straniere, l’offerta dell’italiano all’estero nell’ambito dei curricoli
scolastici.
3
Diadori ( 2001: VII-VIII).
9
Nel 1982, un po’ tardi rispetto alle altre lingue, in occasione del
convegno organizzato a Roma dai Ministri degli Affari Esteri e della Pubblica
Istruzione, si è parlato per la prima volta di certificazione per l’italiano. Al
giorno d’oggi, l’italiano si trova ad avere quattro certificazioni ufficiali:
- il CELI: Certificato di Lingua Italiana dell’Università di Perugia ( 6
livelli);
- IT: Certificato realizzato dalla Università di Roma Tre ( 2 livelli);
- la CILS: Certificazione di Italiano come Lingua Straniera dell’Università
per Stranieri di Siena ( 6 livelli);
- PLIDA: Certificato di Competenza in Lingua Italiana della società Dante
Alighieri ( 6 livelli).
Le prime tre sono diffuse all’estero attraverso le strutture dello stato
italiano, l’ultima attraverso la rete della Società Dante Alighieri.
Questa molteplicità di certificazioni è un indicatore di ricchezza di
ricerca scientifica e anche della vitalità e dell’interesse nei confronti
dell’italiano diffuso fra stranieri.
Per quanto riguarda le motivazioni allo studio dell’italiano, l’indagine
Italiano 2000 condotta da De Mauro sottolinea che “l’attrattività di una lingua
sembra dipendere dal suo legame con l’intero sistema della sua società
(2002: 46). Per quanto riguarda l’italiano e il nesso con il “sistema Italia”, i
principali elementi della sua attrattività sono tre:
- la tradizione intellettuale ( Produzione letteraria, artistica,
musicale);
- le manifestazioni della società italiana contemporanea:
produzione ed economia, cultura;
- i movimenti migratori"
4
.
Quello che sostiene Vedovelli, tesi sempre più corroborata dai dati,
soprattutto da quelli messi recentemente in luce dall’indagine Italiano 2000,
4
De Mauro ( 2002: 46-47).
10
condotta sotto la direzione di Tullio De Mauro, è che “la condizione e
l’immagine della diffusione dell’italiano fra stranieri, all’estero e in Italia, in
pochi decenni ha subito profondi rivolgimenti. Ciò che prima appariva
sostanzialmente limitato nei pubblici, negli oggetti, nei soggetti coinvolti, oggi
si è trasformato in un universo talmente vario da resistere alla possibilità di
dominarlo compiutamente a livello conoscitivo”
5
.
Il convegno sull’italiano come lingua seconda all’estero e in Italia
organizzato nel 1982 a Roma dai Ministeri italiani degli Affari Esteri e della
Pubblica Istruzione dà il via ad una serie di sperimentazioni nel campo della
didattica dell’italiano. Durante questo incontro che riuniva allo stesso tavolo
italianisti, glottodidatti e funzionari impegnati nella diffusione dell’italiano,
venne alla luce un dato determinante e cioè che l’Italia, da paese produttore di
emigrati, stava diventando sempre più la meta di immigrati. Ci si cominciò a
porre il problema dei modelli linguistici da offrire ad uno straniero che si
avvicina alla lingua italiana e dei materiali adatti per l’insegnamento sia dentro
che fuori dai confini dello stivale nazionale. Nello stesso periodo cominciò a
fiorire in modo crescente la ricerca in questo settore e le teorie comunicative e
l’attenzione ai bisogni dei destinatari spinsero gli autori ad individualizzare le
offerte. Il congresso del 1982, come dice Vedovelli, “ha avuto un’importanza
storica in quanto ha segnato una frattura rispetto alla precedente mancanza di una
politica istituzionale”. Da esso deriva l’istituzione della Commissione per la
lingua e la cultura italiana all’estero presso il Ministero degli Affari Esteri.
Negli anni Novanta vengono trasformate in università le due istituzioni
italiane di Siena e Perugia già operanti da anni nel settore della didattica
dell’italiano a straneri. Contemporaneamente, cresce di molto la richiesta di
docenti per i molteplici centri linguistici e per i corsi di lingua agli immigrati. Si
assiste ad una rivoluzione anche nel campo della formazione dei docenti con la
nascita nel 1994 presso l’università per Stranieri di Siena della DITALS
(Certificazione di competenza in didattica della lingua italiana a stranieri) e con
5
Vedovelli ( 2002.)
11
l’attivazione di percorsi specifici per la didattica a stranieri: corsi di
perfezionamento, specializzazioni, master, dottorati di ricerca ecc.
Oggi, si è giunti ad uno stato abbastanza avanzato nella ricerca in questo
settore e gli specialisti moltiplicano le produzioni su argomenti cruciali e
determinanti come le varietà del repertorio linguistico italiano nell’insegnamento
agli stranieri, il tipo di italiano da insegnare agli stranieri nei vari contesti di
insegnamento/apprendimento, le implicazioni didattiche dell’evoluzione
dell’italiano contemporaneo, la questione della didattica dell’italiano a lavoratori
e bambini immigrati ecc.
Come sottolinea Tronconi riguardo al tipo di lingua da insegnare in
rapporto alla modalità di insegnamento/apprendimento, “una delle innovazioni
da attribuire alla ricerca italiana è sicuramente la differenziazione, ignorata fino
agli inizi di questo decennio, fra la lingua appresa in un ambiente allofono e
quella appresa nel paese di origine”. E’ necessario mettere in evidenza le diverse
modalità di diffusione dell’italiano che può essere appreso dagli stranieri come
lingua straniera (LS), lingua seconda (L2) o lingua etnica (LE). Si ammette in
maniera convenzionale che se la lingua italiana è appresa in Italia, per lo
studente essa è considerata L2 (ad esempio un camerunense che studi l’italiano
in Italia); se è appresa all’estero (ad esempio un camerunense che studi l’italiano
in Camerun), sarà considerata LS; infine verrà considerata LE in casi come
quello dei figli di emigrati italiani che studiano l’italiano per riscoprire le loro
origini. Questa differenziazione permette di percepire le differenze
nell’impostazione della didattica dell’italiano (e di qualsiasi altra lingua) a
stranieri a seconda della modalità di insegnamento/apprendimento. “Per la
diversità di posizione del discente e della lingua italiana rispetto a lui, il docente
di lingua italiana a stranieri non si trova di fronte alle stesse problematiche nello
svolgimento del suo lavoro in Italia o all’estero”
6
. Molto legati alla modalità di
studio sono le motivazioni reali dei discenti e la scelta dei manuali da adoperare.
6
Tronconi, in Diadori ( a cura di) 2001: 120.
12
I. 1. 2- I manuali di italiano per stranieri
Apriamo questo paragrafo con una citazione di Vedovelli a proposito dello
stato dell’esame scientifico dei manuali per la didattica dell’italiano L2. “Come
anche per la ricostruzione storica delle vicende della nostra lingua, l’esame dei
manuali di italiano L2 dei secoli passati secondo una prospettiva glottodidattica è
per molti versi all’inizio” (Vedovelli 2002: 47). Secondo lo studioso, manca
una prospettiva glottodidattica che consenta di interrogarci circa i modelli di
insegnamento e di lingua da insegnare, i modelli di competenza da sviluppare,
gli universi di senso che i manuali proponevano agli stranieri. In L’italiano degli
stranieri si propone, senza pretese di esprimere giudizi di valore sulla qualità
glottodidattica dei manuali esaminati, di scoprire le esigenze cui cercavano di
rispondere e i problemi che cercavano di risolvere prendendo in esame alcuni
materiali dei secoli XVII e XVIII, veri e propri manuali, cioè testi i cui
contenuti e la cui struttura erano mirati alla formazione linguistica globale,
escludendo dall’esame le sole descrizioni grammaticali, i soli testi di lettura, i
soli eserciziari. Riportiamo di seguito alcune conclusioni delle sue analisi.
Nella maggior parte dei casi non si tratta di manuali che si rivolgevano
genericamente all’universo dei pubblici stranieri dell’italiano L2, ma di
strumenti che selezionavano precisamente il proprio pubblico. Questo è dovuto
al fatto che gli autori non erano sempre solo italiani ma spesso stranieri che
avevano imparato la lingua italiana o che erano bilingui per origine familiare e
che diffondeva l’italiano tra i propri connazionali. Per il fatto di essere in
rapporto esclusivo con una sola altra lingua, le trattazioni erano perlopiù
contrastive con un impianto fortemente metalinguistico di analisi grammaticale
esplicita. Fondandosi su modelli concettuali che presupponevano delle categorie
universali, i manuali effettuavano una trattazione bilingue, comparativa che gli
rendeva adoperabili per entrambe le lingue studiate. Vedovelli riporta un
esempio di manuale per insegnare l’italiano a francesi che è,
contemporaneamente, anche un manuale per insegnare francese a italiani.
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