Introduzione
comunicazione con gli stakeholder che sia in grado di costruire un rapporto
basato sulla fiducia e sullo scambio di idee per il benessere comune
4
. L’impresa è
infatti responsabile verso tutti i suoi stakeholder, ossia verso tutte le persone che
hanno un interesse nei suoi confronti e sui quali si ripercuotono le sue scelte.
L’instaurarsi di questa fitta rete di relazioni coi propri stakeholder sta
progressivamente inducendo un numero crescente di aziende a sviluppare
un’ampia gamma di sistemi manageriali, finalizzati ad integrare la Corporate
Social Responsibility in tutti gli aspetti della gestione, della pianificazione di
lungo termine al decision making quotidiano, dal ripensamento dei processi per
l’innovazione di prodotto al cambiamento delle pratiche utilizzate per assumere,
trattenere e motivare il personale.
L’obiettivo, evidentemente, è quello di realizzare una strategia integrata
economico-sociale che, individuate le nuove responsabilità extra-economiche
dell’azienda, sia in grado di garantirle la legittimazione degli stakeholder a
beneficio della sua sopravvivenza, della sua continuità e del suo consolidamento.
Adottando pratiche di Csr le organizzazioni possono garantire un
approccio globale alla gestione dei rischi d’impresa, finalizzato alla soddisfazione
delle esigenze di tutti gli stakeholder coinvolti: ciò permette di bilanciare gli
interessi dell’impresa, quelli del mercato dei capitali e degli azionisti, degli organi
di controllo, dei dipendenti, dei clienti, dei fornitori e della società nel suo
complesso, fornendo loro la massima trasparenza nella gestione e dimostrando
coerenza con valori, principi e comportamenti dichiarati e attesi.
it
4
Questa la definizione che Butera dà di impresa socialmente capace: “E’ quell’impresa che,
indipendentemente dall’assetto giuridico formale o istituzionale, produce ricchezza, benessere e socialità,
contribuisce a generare contesti ist uzionali, economici e sociali idonei allo sviluppo, assicurare
remunerazione a tutti gli stakeholder, inclusi ovviamente gli shareholder”. Butera F., “L’impresa eccellente
socialmente capace”, Impresa e stato, n.58, 2003.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
v
Introduzione
Nota metodologica
Inquadrato il contesto generale della Csr e delle problematiche che ne
conseguono passiamo ora ad illustrare come è stata condotta l’analisi nel presente
lavoro.
La tesi è suddivisa in tre sezioni. Il primo capitolo illustrerà il fenomeno
della Corporate Social Responsibility, le varie definizioni che ne sono state date
dalla dottrina ed a livello comunitario e la sua evoluzione storica. Verranno
inoltre presentati i potenziali vantaggi che derivano da un’ottica d’impresa
orientata alla responsabilità sociale ed in ultimo come possono essere integrate
corporate strategy e corporate social responsibility. Nel secondo capito sarà
illustrato brevemente il caso dei gruppi di gruppi. A questa prima parte seguirà
poi la presentazione del modello piramidale di Carroll che illustra i vari livelli
della Csr; implicita in questo modello è l’inscindibiltà della responsabilità
economica da quella sociale nei confronti di tutti i portatori di interessi. Verranno
poi evidenziate le sfumature che la Corporate Governance assume e come il
conflitto d’interessi si colloca nell’ottica della Csr all’interno gruppi. Nella parte
finale di questo capitolo si evidenzierà, inoltre, come la Csr si modifica all’interno
di due diversi tipi di capitalismo (quello anglosassone e quello europeo). Il terzo
capitolo, infine, contiene un’analisi empirica del fenomeno. In questa ultima
parte, infatti, saranno analizzati tre gruppi di gruppi differenti in quanto ad assetti
organizzativi e proprietari; un gruppo pubblico (Eni), un gruppo privato (Camfin)
ed un gruppo americano ad azionariato diffuso (Nike).
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
vi
Capitolo I
Considerazioni introduttive sui fenomeni
concentrativi e sulla Corporate Social
Responsibility
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
1
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
1. I gruppi di società
1.1 Elementi introduttivi
I gruppi aziendali rappresentano un modello di organizzazione
dell’iniziativa imprenditoriale molto diffuso nel panorama delle aziende italiane e
straniere.
Possiamo definirli in linea generale come:
… un’aggregazione di diverse imprese societarie assoggettate ad
una stessa direzione economica ma spesso formalmente autonome
e indipendenti l’una dall’altra, riassumibili nel concetto di unità
del disegno economico a cui si contrappone la pluralità di soggetti
giuridici.”
5
In realtà gli elementi di unicità del soggetto economico e pluralità dei
soggetti giuridici non sono sempre chiaramente individuabili. Il riferimento al
primo carattere evoca con chiarezza la persona o il gruppo di persone fisiche che,
di fatto o di diritto, controlla l’insieme delle unità produttive, indirizzandone la
gestione verso fini prefissati. Se in passato, però, era chiaro che il controllo fosse
sostanzialmente esercitato dagli azionisti di maggioranza della capogruppo, nei
grandi gruppi moderni, caratterizzati da forte decentramento decisionale
strategico, il discorso si complica e le modalità di esercizio di tale potere
diventano più sfumate.
Il secondo carattere pone l’attenzione su aspetti più propriamente giuridici
evidenziando l’elemento formale indispensabile per la nascita di un gruppo
aziendale, ovvero una diversa soggettività giuridica. Se le varie unità
organizzative, infatti, non avessero propria individualità giuridica non sarebbe
corretto parlare di gruppo, bensì di struttura multidivisionale. In qualche modo,
5
G. Scognamiglio, I gruppi di società in Diritto Commerciale, Bologna, 2004, pag. 393.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
2
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
però, la pluralità di soggetti giuridici richiama alla mente una pluralità di aziende,
anche se non è detto che i due aggregati coincidano perfettamente.
A tal riguardo sono riscontrabili, anche in dottrina, diverse posizioni.
Mentre alcuni studiosi considerano la pluralità di soggetti giuridici condizione
necessaria, seppur non sufficiente, ad identificare una pluralità di aziende, per
altri, tale condizione non è non solo sufficiente, ma non è nemmeno necessaria.
Al fine, quindi, di dare una definizione di gruppo più aderente
all’impostazione economico-aziendale sembra utile partire da una definizione
quale…
….aggregazione di unità produttive di beni e/o servizi,
controllate da un unico soggetto economico
6
.
Tali unità possono essere dotate di una distinta soggettività giuridica, ovvero
possono svolgere la loro attività nell’ambito di un unico soggetto giuridico e,
quindi, avere soggettività giuridica condivisa. Nel primo caso parliamo di gruppo
di società, nel secondo di società con struttura multidivisionale.
Le esigenze che il modello organizzativo del gruppo di aziende è in grado
di soddisfare riguardano la “concentrazione” di più funzioni economiche, ovvero
la creazione di sinergie e di economie di scala attraverso il collegamento
economico-funzionale tra imprese, che, rimanendo autonome, operano sotto una
comune regia. È possibile individuare una forma di concentrazione in senso
stretto ed una in senso lato. Si ha una concentrazione del primo tipo quando due o
più imprese si combinano tra loro in modo da costruire un’unica entità
economica, gestita unitariamente
7
. Si ha, invece, concentrazione in senso lato
quando più imprese stipulano accordi diretti ad uniformare taluni aspetti della
6
E. Di Carlo, Governance, finanza e conflitto di interessi nei gruppi aziendali, Roma, 2006, pp. 5-7.
7
In questo tipo di concentrazione le società titolari delle stesse imprese possono perdere la propria autonomia
giuridica (come nelle fusioni) ma possono anche mantenerla (come nei gruppi o negli scorpori), S.Sarcone, I
gruppi aziendali, Torino, 1999.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
3
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
loro gestione (commerciale, tecnico-produttivo, organizzativo). Tali funzioni,
inoltre, si caratterizzano per il decentramento organizzativo e funzionale dei
diversi segmenti che avviene attraverso l’imputazione di un distinto soggetto
giuridico.
Queste diverse funzioni economiche possono essere realizzate seguendo
differenti modalità, attraverso le quali il gruppo viene a costituirsi o per
acquisizione progressiva di una pluralità di partecipazioni di controllo da parte di
un unico soggetto, o per scorporazione dall’unica società originaria.
1.2 Cause e finalità
Con riguardo alla cause o ai fattori che determinano le concentrazioni
aziendali, queste si possono raggruppare in due grandi categorie: cause esterne o
extra-aziendali, determinate dai rapporti che l’azienda, come sistema aperto
8
,
intrattiene con l’ambiente esterno e, quindi, anche con le aziende concorrenti,
clienti, fornitori, istituzioni, e cause interne, riconducibili alle problematiche
economico-organizzative connesse all’ottimale utilizzo dei fattori produttivi.
Connesse alle cause sono le finalità immediate nonché quelle ultime che si
intendono perseguire con le concentrazioni; le finalità immediate sono molteplici
e variabili, così come lo sono quelle che, nella dinamica del loro operare,
spingono le imprese verso date operazioni di concentrazione.
Le finalità ultime perseguibili con le varie operazioni di concentrazione
aziendale possono essere raggruppate in tre categorie:
Speculative: sono quelle operazioni di concentrazione che vengono
poste in essere per conseguire vantaggi finanziari (come nel caso di
operazione di leveraged by out);
i
8
L’ azienda è un sistema aperto in quanto rappresenta un’entità inserita in un ambiente sociale più ampio,
alla quale è connessa una serie di scambi in entrata ed in uscita che portano l’azienda ad istituire
continuamente delle relazioni economiche con altre aziende che operano nel medesimo ambiente, fino a
giungere a modificare le dimensioni aziendali. V. Coda, L’orientamento strateg co dell’impresa, UTET, 1992.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
4
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
Manageriali: sono quelle operazioni che vengono effettuate allo
scopo di conseguire una maggiore influenza dell’organo centrale di
direzione e controllo del gruppo di aziende sulla data
concentrazione di impresa. In questo caso il fine ultimo rappresenta
un mezzo per soddisfare motivazioni proprie del manager o dei
managers che costituiscono il gruppo di coalizione, cui è affidata la
guida del complesso sorto dalla data operazione di concentrazione.
Economiche: sono quelle operazioni che vengono poste in essere
per motivi di economicità delle aziende coinvolte
9
.
La formazione del gruppo di società può avvenire mediante accordi
paritetici fra più società
10
, o con il controllo fra più società
11
.
La figura che è più sviluppata nell’economia moderna, in particolare nella realtà
italiana, è quella del gruppo di società verticale, nel quale le società operano sotto
il controllo della capogruppo (holding).
9
Si parla in questo caso di economicità super-aziendale o di gruppo, in contrapposizione alla economicità
aziendale dell’impresa, autonomamente considerata. L’economicità super-aziendale può essere intesa in due
sensi:
Economicità dentro il gruppo
Economicità in funzione del gruppo
Nel primo senso l’azienda consegue l’equilibrio reddituale soltanto perché opera in collegamento con altre
aziende del gruppo, mentre, ove operasse separatamente, non conseguirebbe facilmente quell’equilibrio e
potrebbe avere problemi di sopravvivenza. L’economicità in funzione del gruppo si ha quando la data azienda
non consegue l’equilibrio reddituale autonomamente, né nell’ambito del gruppo, ma viene mantenuta in vita
in quanto offre opportunità e vantaggi per altre aziende del gruppo. S.Sarcone, I gruppi aziendali, op. cit., pp
9-12. L’ interpretazione dell’economicità super-aziendale deve essere effettuata criticamente, come si legge
nel pensiero di Onida: “l’economicità di gruppo può facilmente prestarsi a dare ingannevole e solo apparente
giustificazione ad iniziative mal fondate o mosse da interessi particolari”. Inoltre, “le gestioni deficitarie,
anche se ammissibili in date condizioni ed entro certi limiti, sono da considerare come eccezioni, nella
normale tendenza al raggiungimento dell’economicità aziendale; tendenza che comunque deve essere sempre
viva anche nelle gestioni deficitarie tenute eccezionalmente in vita per motivi di economicità super-
aziendale”, Economia d’azienda, Utet 1971, pagg. 68-69.
10
In questo caso si può parlare di gruppi in senso orizzontale che nascono da accordi diretti a coordinare e
organizzare una direzione unitaria senza creare vincoli di subordinazione della controllante sulle controllate.
11
In questo caso si parla di gruppo in senso verticale o piramidale. Questi si sviluppano da una situazione di
controllo da parte della società capogruppo rispetto alle altre secondo la base normativa presente nell’art.
2359 cod. civ.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
5
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
All’attività di direzione del gruppo nella holding, si sommano attività di
assistenza alle altre società del gruppo. In questo ambito l’assistenza viene distinta
in assistenza tecnica e assistenza finanziaria: la prima determina che alcune
funzioni imprenditoriali, che dovrebbero essere svolte nelle singole società,
vengano accentrate presso la holding, così da generare rapporti di tipo
contrattuale tra le società aventi per oggetto servizi di consulenza; la seconda
riguarda la ricerca dei mezzi finanziari necessari alle controllate finalizzata alla
creazione da parte della holding delle fideiussioni o delle lettere di patronage
12
.
In via generale, la capogruppo o holding definisce principi operativi,
prepara piani finanziari, fornisce indicazioni sulle scelte da operare a livello delle
singole controllate rispettando gli obiettivi e gli interessi delle singole società e
dell’interesse generale del gruppo.
Tale attività di coordinamento esiste perché, a fronte dell’autonomia
giuridica delle singole società, si pongono esigenze di coordinamento delle attività
all’interno del gruppo; la struttura di gruppo, per ottenere condizioni di efficacia,
ha bisogno di un bilanciamento tra le spinte autonomistiche delle singole società e
tendenze accentratrici della capogruppo
13
.
t
12
Altra forma di assistenza è quella che si può definire assistenza gestionale che la holding presta alle singole
controllate, o fa prestare da altre controllate, come i contratti di management, che spesso intercorrono
all’interno dei gruppi. P. Montalenti, La traslazione dei poteri nei gruppi di società: i management contracts,
in, I contrat i del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Torino, 1995.
13
G. Brunetti, Le tipologie di gruppo e la pianificazione aziendale, in Saggi di economia aziendale per Lino
Azzimi, Milano, 1987, pp. 153 ss.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
6
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
2. La Corporate Social Responsibility
Introduzione
A partire dal 1990, numerosi cambiamenti hanno interessato il contesto
competitivo, nuove sfide si sono poste alle organizzazioni, rendendo opportuno
un radicale ripensamento del modo di fare impresa. Le imprese trovano a
confrontarsi con nuove dimensioni, non possono più permettersi di concentrare i
loro sforzi solo sull’aspetto della massimizzazione del profitto, ma devono anche
governare le ripercussioni ambientali e sociali della propria condotta, devono cioè
dimostrare di agire in modo “socialmente responsabile”. Accanto alla creazione di
ricchezza che è, e deve rimanere, centrale nella mission aziendale, si fa quindi
sempre più chiara ed evidente la necessita di una “Corporate Social
Responsibility”. L’impegno ad una Social Responsibility si sostanzia
nell’integrazione di preoccupazioni di natura etica all’interno della visione
strategica d’impresa. Un’impresa, infatti, che adotti un comportamento
socialmente responsabile, monitorando e rispondendo alle aspettative
economiche, ambientali e sociali di tutti i portatori di interesse coglie anche
l’obiettivo di conseguire un vantaggio competitivo e di massimizzare gli utili di
lungo periodo.
2.1 Definizioni
È impossibile trovare una definizione universalmente accettata di Csr.
Esistono in letteratura varie proposte e varie interpretazioni, ma nessuna può, al
momento, ritenersi più autorevole di altre.
Una prima, e forse più diffusa, è formulata nel Libro Verde della
Commissione Europea del Luglio 2001; la responsabilità sociale d’impresa è
definita come:
“l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle
imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
7
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
interessate. Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare
pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là
investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con
le parti interessate. L’esperienza acquisita (..) suggerisce che, andando
oltre gli obblighi della legislazione le imprese potevano aumentare la
propria competitività. L’applicazione di norme sociali che superano gli
obblighi giuridici (..) può avere un impatto diretto sulla produttività. Si
apre in tal modo una strada che consente di gestire il cambiamento e di
conciliare lo sviluppo sociale con una maggiore competitività”
14
.
Questa definizione mette in luce le caratteristiche pregnanti della Csr,
ovvero:
l’impegno concreto al di là dei semplici adempimenti legislativi;
lo stretto legame tra l’attività dell’impresa e le ripercussioni sociali e
ambientali;
la volontarietà dell’adesione.
Altra definizione è quella proposta da Sacconi. Quest’ultimo definisce la
responsabilità sociale d’impresa come:
“un modello di governance allargata d’impresa, in base alla quale chi
governa l’impresa ha responsabilità che si estendono dall’osservanza di
doveri fiduciari nei riguardi della proprietà ad analoghi doveri fiduciari
nei riguardi in generale di tutti gli stakeholder”
15
.
Ci si trova, in questo caso, di fronte a due definizioni non
immediatamente comparabili pur essendo entrambe di tipo normativo. Della
seconda infatti, in quanto scientifica, può essere ricostruito un significato
14
Libro Verde. Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, Com 366/2001.
15
Sacconi L., La responsabilità sociale come governance allargata dell’impresa, in Rusconi G. - Dorigatti M.
La responsabilità sociale, Milano, Franco Angeli, 2004, pag 112. In Sacconi ( Csr, verso un modello allargato
di corporate governcance, in Sacconi, 2005) si trovano anche le definizioni complementari di stakeholder e
dovere fiduciario.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
8
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
univoco; la prima ha invece funzione di generico fondamento per una serie di
politiche pubbliche e private, utilizza un linguaggio dove alcuni termini
sembrano utilizzati in modo evocativo come ad esempio “investire di più”. Data
quest’ambiguità, il rapporto tra le due definizioni è stato variamente interpretato.
Alcuni commentatori, come ad esempio lo stesso Sacconi
16
, ne sostengono la
compatibilità, altri ne sottolineano la contrapposizione
17
.
Nella prospettiva di Sacconi, la Csr è una specifica procedura di gestione
dell’impresa che permette l’espressione di quella che viene ritenuta l’autentica
finalità economica dell’istituzione, finalità che non coincide con la tradizionale
formulazione dell’interesse sociale in ambito giuridico, ma con la governance
multi-stakeholder.
Nella definizione adottata dalla Commissione europea, la Csr consiste in
un “investire di più”, cioè sembra, dato l’interesse sociale dell’istituzione,
nell’adottare azioni non imputabili alla gestione corrente e da cui si attendono
benefici pluriennali, che soddisfino valori (o bisogni) socialmente riconosciuti,
con il risultato di un aumento di efficienza nel perseguimento del fine
istituzionale stesso. La genericità di questa definizione è stata al contempo
conseguenza e stimolo dell’identificazione corrente della Csr in una tassonomia di
pratiche aziendali
18
, la cui ampia varietà è ben espressa da alcune ricerche
empiriche in materia
19
.
16
Introduzione, in Sacconi (2005).
17
La contrapposizione più significativa è tra la definizione di Rsi utilizzata da Sacconi, che si concentra sulle
caratteristiche della governance d’impresa, e quelle invece utilizzate in particolare da giuristi come Cafaggi e
Costi. secondo i quali “la responsabilità sociale attiene all’attività dell’impresa e solo di riflesso alla sua
organizzazione”, Sacco P.L., Viviani M., La Responsabilità Sociale d’Impresa prospettive teoriche nel dibattito
italiano, Dipartimento Scienze Economiche, Università di Bologna, Working Papers n. 578.
18
La sintesi che si era proposta in altri lavori era:
Azioni redistributive a bilancio chiuso
Miglioramenti socialmente riconosciuti del processo produttivo (dalla tecnologia alla creazione di
capitale umano)
Stakeholder engagement e stakeholder participation
Trasparenza informativa e social accounting
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
9
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
La contrapposizione tra le due definizioni sta anzitutto nel tipo di
domande che sembrano sottendere: la definizione di Sacconi origina dalla
domanda “qual è la finalità sociale dell’impresa” intendendo quindi la
giustificazione, in termini teorico-astratti, dell’esistenza dell’impresa. La
definizione offerta dalla Commissione Europea sembra sottintendere invece il
seguente, piuttosto articolato, quesito: “data la finalità sociale dell’impresa, che
consiste nel suo interesse sociale, quali sono le azioni volontarie di investimento
che favoriscono lo sviluppo sostenibile
20
che è obiettivo politico della
Commissione?”.
Queste identificazioni del concetto, come detto in precedenza, non
esauriscono le proposte presenti nel panorama nazionale ed internazionale.
Andando al ritroso nel tempo, infatti, la prima proposta risale a Bowen che
nel 1953 definisce la Csr come “il dovere degli uomini d’affari di perseguire quelle
politiche, di prendere quelle decisioni, di seguire quelle linee di azione che sono
desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società
21
”.
Rispetto della legge.
Viviani M. (a cura di), Il coinvolgimento degli stakeholder nelle organizzazioni socialmente responsabili,
Maggioli Editore, 2006, p.12.
19
Nella ricerca Istat sulla Rsi sintetizzata da Zamaro, il concetto di responsabilità sociale viene
operazionalizzato nei seguenti punti: a) Presenza, tra i costi di produzione, della spesa per lo smaltimento di
rifiuti, depurazione scarichi idrici, abbattimento delle emissioni atmosferiche; b) Risparmio energetico; c)
Compartecipazione dei dipendenti alle decisioni d’impresa; d) Acquisto di beni da produttori socialmente
responsabili; e) Vendita dei beni ad un prezzo che comprende una quota destinabile a fini sociali; f)
Redazione di un bilancio sociale. L’esempio più vistoso di questa proliferazione di tassonomie di pratiche
socialmente responsabili consisteva probabilmente nel Social Statement del progetto Csr-Sc del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali della precedente legislatura. Zamaro N. (2004) Presentazione dati Istat sulla
responsabilità sociale d’impresa, Mimeo, AICCON - Giornate di Bertinoro.
20
Ancora nel sommario del libro verde della commissione Europea si legge “Affermando la loro responsabilità
sociale (...) le imprese si sforzano di elevare le norme collegate allo sviluppo sociale, alla tutela dell’ambiente
e al rispetto dei diritti fondamentali, adottando un sistema di governo aperto, in grado di conciliare gli
interessi delle varie parti interessate nell’ambito di un approccio globale della qualità e dello sviluppo
sostenibile”.
21
Bowen, H., Social Responsibilities of the Businessman, Harper, New York, 1983.
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
10
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
Egli sottolinea, per le decisioni aziendali, oltre ai risultati economici, anche
l’importanza delle conseguenze che determinate scelte hanno sulla società.
2.2 Evoluzione storica del concetto
La Csr è senza dubbio un argomento oggi all’attenzione di politici,
sociologi, economisti e manager. Quest’onda, partita da oltreoceano, ha sommerso
tutta l’Europa, seppure con modalità diverse a seconda dei promotori: la
Commissione Europea si è preoccupata di pubblicare il Libro Verde, i governi di
tutti i paesi promuovono iniziative sul tema.
In realtà, però, come è evidente anche dal contributo di Bowen presentato
nel paragrafo precedente, tale fenomeno non è nuovo. In ambiti accademici
statunitensi si è provato ad interpretare le diverse fasi storiche che hanno visto
incrementare l’attenzione degli ambienti economici verso il fenomeno della
responsabilità sociale delle imprese. Già intorno al 1890 si diffuse nel Nord
America un embrionale atteggiamento di Csr, forse più vicino alla filantropia,
iniziato da Rockfeller. Negli anni ’20, sempre negli Stati Uniti, si diffuse un
atteggiamenti di tipo assistenzialistico delle aziende verso i propri lavoratori, che
si concretizzava con larghe concessioni in cambio di una maggiore benevolenza
verso la concentrazione di poteri forti.
A partire dal contributo di Berle-Means l’impresa capitalistica comincia ad
essere intesa come un’istituzione caratterizzata dalla separazione tra proprietà e
controllo. La discrezionalità del management fa sorgere il quesito su quali ne
debbano essere gli obiettivi economici ed i vincoli giuridici, cioè, verso quali
soggetti si esprima la responsabilità fiduciaria dei manager. Su questo tema si
confrontarono le posizioni di Berle e Dodd. Berle sosteneva che “i poteri
dell’impresa fossero in custodia per conto degli azionisti, mentre Dodd affermava
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
11
Considerazioni introduttive sui fenomeni concentrativi e sulla Corporate Social Responsibility
che fossero in custodia per l’intera collettività.”
22
. Secondo Dodd infatti,
“l’opinione pubblica impone oramai di considerare l’impresa un’istituzione
economica che svolge un servizio sociale, così come la funzione di produzione del
profitto”
23
. Il dibattito sulla responsabilità sociale d’impresa nasce dunque come
confronto sulla identificazione, più o meno ampia, dell’interesse sociale
dell’impresa
24
e si presenta come la contrapposizione tra prospettive che oggi
chiameremmo rispettivamente shareholder e stakeholder value
25
.
Dagli anni ’70 negli Stati Uniti, e circa un ventennio dopo in Europa, si
torna a parlare di comportamento responsabile delle imprese, questa volta in
accezione più completa rispetto ai tentativi di inizio secolo.
In generale oggi si avverte la crescita di un movimento che si propone di
trasformare il business nel vero motore dello sviluppo sostenibile.
Fino alla prima metà degli anni ’70, a fronte di una posizione neo-classica
che identificava la funzione sociale d’impresa nel mero perseguimento del
profitto
26
, si è assistito allo sviluppo di una prospettiva interdisciplinare che
condivide le premesse descrittive di quella che sarà la stakeholder theory: In
particolare dell’idea che l’impresa abbia “doveri” nei confronti di una pluralità di
22
Berle, 1954, pag. 169, citato in Wedderburn, 1986, pag. 39.
23
Dodd, 1932, pag. 1148, citato in Wedderburn, 1986, pag. 41.
24
“Con interesse sociale, nel linguaggio giuridico, ci si riferisce all’interesse che può essere considerato proprio
dell’ente società (in particolare società per azioni) e che funge da parametro per il comportamento degli
amministratori (tenuti ad operare le loro scelte in funzione del perseguimento di tale interesse) e dà limite al
potere di maggioranza, le cui decisioni, assunte nell’interesse proprio ed in contrasto con l’interesse sociale,
possono essere invalidate e rese non vincolanti”, Denozza F. (2005), Interesse sociale e responsabilità sociale
d’impresa, in Sacconi L., (a cura di) Guida Critica alla responsabilità sociale d’impresa, Roma, Bancaria
Editrice, pp. 143-150.
25
Un approfondimento su tali prospettive è proposto nel § 4.1. Sulla contrapposizione tra queste prospettive
della Corporate Governance si veda anche Tirole J., Corporate Governance, Econometrica 69, 2000, pp. 1-35.
26
Noto il contributo di Friedman (Friedman M. (1970), The Social Responsibility of Businnes is to Make
Profits, New York review, 13 Settembre, ristampato in Hoffman W. M., Frederick R. E. (1995) ( a cura di)
Business ethics. Mc-Graw Hill; Friedman M. (1977), The social responsibility of Business is to make profits,
in Steiner G.A., Steiner J.F., Issues in Business and society, New York, Random House).
La Corporate Social Responsibility nei gruppi di gruppi
12