il regno dell'illogico. Tendenze con mete contrastanti coesistono nell'inconscio le une accanto alle
altre, senza che si avverta l'esigenza di armonizzarle. O esse non si influenzano vicendevolmente
affatto, oppure, se tale influenza si manifesta, essa non dà luogo a una decisione, bensì a un
compromesso che, includendo in sé singoli elementi reciprocamente incompatibili, risulta assurdo.
Un fenomeno analogo è che i contrari non vengono tenuti separati, ma anzi vengono trattati come
identici, ragion per cui nel sogno manifesto ciascun elemento può anche significare il suo opposto7.
Tra i seguaci di Freud è stato Matte Blanco colui che ha maggiormente concentrato i propri
sforzi nel cercare di meglio comprendere questa intuizione e facendolo è giunto a formulare ciò che
Freud definiva «illogico» come una logica altra, diversa da quella razionale, una «antilogica».
Studiandone a fondo le proprietà, Matte Blanco conia il termine «logica simmetrica» e, in
opposizione a questa, chiama invece «bivalente» la logica razionale e scientifica. Alla luce di una
formulazione così esplicita diventa estremamente interessante verificare se una ipotesi di tal genere
può essere accettabile e quindi individuare quali rapporti legano le due logiche. Matte Blanco lo fa e
ci dice:
L'osservazione clinica mostra che quell'aspetto dell'uomo che può essere descritto nei termini del
principio di simmetria – e che, approssimativamente, [...] può essere riferito all'inconscio – sta
continuamente «esercitando una pressione» per esprimere se stesso, e in questo modo è sempre
presente. A questa pressione, però, sempre oppone resistenza, per così dire, l'altra parte dell'uomo
che sottosta alle regole della logica bivalente. [...]. Il «pensiero simmetrico» compare ogni volta che
la logica bivalente non è capace di impedire il rendersi visibile di questa pressione [...]. La logica
bivalente, che in questo momento ha perso la battaglia, cerca di opporsi al pensiero simmetrico e di
circoscriverne gli effetti, cerca di «ristabilire l'ordine legale», e riesce a fare ciò solo a costo di
lasciare in mezzo ad esso alcune zone più o meno ampie di simmetria. [...].
Bisogna riconoscere che vi è una difficoltà emozionale nell'accettare che il pensiero umano è
come un gioco che si conforma allo stesso tempo a due differenti regole; e il peggio è che una delle
regole diventa visibile soltanto nei termini delle violazioni dell'altra: se non fosse per questo, la
seconda regola sarebbe «muta» e «invisibile». È «da far impazzire» ma è così.8
Si può notare come in entrambi i discorsi sia introdotto il termine «regole» che porta la nostra
attenzione all'aspetto più importante di tali osservazioni: la funzionalità delle due logiche. Esse sono
legate da rapporti strutturali, è il modo in cui interagiscono e significano che ci interessa
principalmente piuttosto del che cosa comunicano; sono i luoghi in cui compaiono quelle «zone più
o meno ampie di simmetria» all'interno della logica bivalente ad avere un valore peculiare in quanto
indice del compromesso raggiunto dal pensiero umano in questo «gioco che si conforma allo stesso
7 ID., Compendio di psicoanalisi, in Opere complete cit., vol. 11, p. 595.
8 I. MATTE BLANCO, L'inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bilogica cit., p. 63.
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tempo a due differenti regole».
Il concetto di «formazione di compromesso» è un caposaldo di tutta l'elaborazione teorica di
Freud e compare in vari scritti riferendosi di volta in volta a situazioni differenti, nelle quali però è
sempre riscontrabile una chiara attività dell'inconscio. Così i sogni, i sintomi isterici, i lapsus sono
tutti fenomeni della vita psichica umana spiegabili come formazioni di compromesso tra le due
logiche operanti; più precisamente, come fa notare Orlando, queste formazioni di compromesso non
sono «l'esito in sé di uno scontro di forze psichiche, bensì la manifestazione linguistica in senso lato
– semiotica – di un tale esito: la quale fa posto da sola, simultaneamente, a entrambe le forze in
contrasto diventate significati in contrasto»9.
A questo punto appare più chiaro perché il discorso psicanalitico possa interessare chi si occupi
di linguaggio e di letteratura. Proprio il concetto di «formazione di compromesso» è impiegato
vantaggiosamente da Orlando nel corso della sua indagine: egli si avvale di quella parte della
speculazione freudiana che appare essere una retorica, « con le sue regole di generalizzazione delle
immagini e regole, sia pure assai flessibili, di interpretazione contestuale»10. Grazie alla solidità di
questo apparato strumentale egli impiega e affina i concetti di «ritorno del represso»,
«condensazione», «spostamento» e «negazione» per condurre analisi su testi di letteratura francese
e successivamente elabora un'ardita ipotesi teorica restando comunque sempre convinto della
necessità di una continua verifica di tali proposte da effettuare sui testi. Secondo le sue parole:
Quella stessa ipotesi teorica vuole che ogni «letterarietà» empiricamente avvertita abbia un suo
fondamento «oggettivo» - cioè analizzabile entro i testi – nel loro «tasso di figuralità»: variabile,
quest'ultimo, tra la soglia minima del non letterario e la soglia massima del non comunicativo;
concepito cioè «quantitativamente», sebbene non come numero di figure ma come densità del loro
tessuto. D'altra parte la stessa ipotesi [...] identifica la stessa elaborazione retorica dell'espressione
con ogni compromesso possibile – nell'uso del linguaggio – fra rispetto della razionalità, o della
realtà, o della funzionalità, e piacere della trasgressione logica o fantastica o ludica11.
Sono dunque le figure ad essere al centro dell'attenzione dell'analisi testuale. Figure intese nei
termini di una retorica antica, figure come quelle proposte dalla neoretorica, ma soprattutto figure di
retorica freudiana. Meccanismi quali lo spostamento , la condensazione e la negazione, che sono
tipici del linguaggio dell'inconscio (della logica simmetrica), possono essere individuati anche
all'interno di testi letterari e talvolta assimilati a figure retoriche classiche; spesso però questa
9 F. ORLANDO, Illuminismo, barocco e retorica freudiana cit., p. 4.
10 U. ECO, "Simbolo." In Enciclopedia Einaudi, vol. 12, Einaudi, Torino 1981, p. 891.
11 F. ORLANDO, Illuminismo, barocco e retorica freudiana cit., pp. 11-12.
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assimilazione non è possibile o non risulta soddisfacente a rendere la complessità e l'ampiezza di
alcune costruzioni retoriche. Trovandosi di fronte a casi simili Orlando ha quindi proposto un
modello formale astratto, un modello che possa essere applicato a tipologie testuali e situazioni
narrative diverse proprio perché è slegato dai contenuti, un modello in cui il rapporto fra i termini è
mantenuto costante sebbene i termini possano variare. La soluzione proposta non è altro che una
traduzione in termini semiotici del modello freudiano della formazione di compromesso.
Il rapporto di tensione esistente tra i termini è visualizzabile graficamente attraverso la frazione
REPRESSIONE
REPRESSO
12
che può essere immaginata come il processo che sta dietro alle realizzazioni
semantiche di ogni formazione di compromesso. Vi è una forza «repressa» che preme per trovare
uno spazio in cui esprimersi e una forza di «repressione» che la contrasta attraverso una critica e
una censura. Proprio di tale conflitto vive la letteratura, dice Orlando, la quale fornisce all'uomo gli
espedienti necessari per esprimersi il più liberamente possibile.
Un modello del genere può far storcere il naso per l'autorità e l'invariabilità con cui si presenta,
ma applicandolo all'analisi del testo ci si accorge che questa rigidezza è solo apparente: esso è fisso
e non si modifica nella sua struttura non più di quanto lo siano le strutture semiotiche dell'opera
letteraria, cioè non si propone come unica lettura obiettivamente valida, ma nella sua validità
universale può registrare empiricamente le condizioni testuali dell'esperienza estetica e cogliere le
realizzazioni particolari della coerenza di senso che permea il testo. Detto più comunemente: è il
lettore a percepire le analogie instaurate dalla fantasia creatrice, i rapporti tra i significanti e la loro
polivalenza che, veicolando una inesauribilità di significazione, permettono di godere dell'opera
d'arte anche in contesti e tempi lontani da quelli di creazione, riattualizzando e interpretando il testo.
La retorica del testo è una formazione di compromesso tra due logiche operanti simultaneamente e
la cui traducibilità non è biunivoca ma aperta, seppur circoscritta dall'enciclopedia testuale.
Il linguaggio naturale è uno strumento proprio della logica razionale che attribuisce significati a
delle unità discrete, che seleziona e combina tra di loro per comunicare un senso e rappresentare la
realtà. Nel fare questo, molto spesso deve tenere in considerazione anche le modalità espressive e i
contenuti dell'inconscio che, come sappiamo, hanno qualità e caratteristiche che consentono loro di
penetrare nella coscienza solamente subendo delle trasformazioni, venendo rielaborate secondo le
regole combinatorie del linguaggio comunicante per dare esito a una formazione di compromesso,
una traduzione semiotica.
Matte Blanco chiama tale processo «funzione di traduzione o di dispiegamento»13. L'unico modo
12 Ivi, p. 9.
13 I. MATTE BLANCO, L'inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bilogica cit., pp. 120-121.
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cioè in cui il pensiero cosciente, che opera analiticamente, può accettare l'esistenza di un pensiero
che opera secondo il «principio di generalizzazione» e il «principio di simmetria»14 è rielaborare ciò
che esso ha da dire. Infatti «se il pensiero asimmetrico «legge nel» (intellegere) essere simmetrico,
trova un numero infinito di potenzialità discrete in ogni classe. La classe, in un'immagine concreta,
si dispiega sotto l'analisi del pensiero asimmetrico»15. A questo punto, prima di vedere come si
realizza tale «traduzione», devo inevitabilmente chiarire i termini utilizzati da Matte Blanco e
introdurre quindi i due principi di funzionamento del sistema inconscio da lui così formulati:
• Il sistema inconscio tratta una cosa individuale (persona, oggetto, concetto) come se fosse
un membro o elemento di un insieme o classe che contiene altri membri; tratta questa
classe come sottoclasse di una classe più generale e questa classe più generale come
sottoclasse o sottoinsieme di una classe ancora più generale e così via. [...]. Possiamo
chiamare questo principio, principio di generalizzazione. [...].
• Il sistema inconscio tratta la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse identica
alla relazione. In altre parole, tratta le relazioni asimmetriche come se fossero simmetriche.
[...]. Possiamo chiamare questo principio, principio di simmetria16.
Le caratteristiche del sistema inconscio individuate da Freud sono sempre valide ma possono
essere ricondotte e descritte nei termini di questi due principi, in termini logici quindi, ma di una
logica diversa da quella aristotelica; risulta perciò che:
In sé quest'attività proposizionale o stabilimento di relazioni (simmetriche) non può entrare nella
coscienza perché la coscienza non può contenere come elementi discreti le infinite possibilità di
elementi che possono esistere all'interno della classe e non può contenerli se non sono elementi
discreti, distinguibili l'uno dall'altro e in relazione l'uno con l'altro in qualche forma di ordine17.
Questo è in sostanza il compito della «funzione di traduzione» e, come è stato detto, essa è
visibile solamente nell'uso del linguaggio e in modo particolare in quelle forme di linguaggio che
non hanno come fine primario quello di comunicare. Tra questi la letteratura merita un posto
particolare per l'importanza che le è stata data in tutti i tempi e in tutte le civiltà e che le ha
14 Ivi, pp. 43-45.
15 Ivi, p. 124.
16 Ivi, pp. 43-45.
17 Ivi, p. 123.
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permesso così di diventare un'istituzione; nonché per l'elevata attenzione18 che nelle opere letterarie
viene data alla «forma dell'espressione»19.
La forma è certo considerata l'aspetto caratterizzante dei testi che vengono comunemente intesi
come «letterari» ma è altresì evidente che per una lettura estetica del testo non si può prescindere
dai contenuti. Oggetto d'indagine saranno quindi i significanti considerati nella loro inscindibilità
dai significati e, alla luce di quanto detto finora, sarà interessante cercare di capire come un
significante può essere il luogo in cui «si dispiega» una molteplicità di significati.
È ciò che da sempre cerca di fare l'uomo quando si interroga sul simbolo, proponendo negli anni
molteplici e discordanti posizioni e pareri sull'argomento. Tra i molti lavori scelgo arbitrariamente
di citare qui un testo di Umberto Eco in cui si parla di simbolicità facendo riferimento ad un
precedente lavoro di Orlando:
Francesco Orlando [1968]20 considera un poema in prosa di Mallarmé, Frisson d'hiver (1867). Il
poema non presenta particolari difficoltà di interpretazione tropica, le metafore o gli altri traslati
sono contenuti e comprensibili. Ciò che in esso colpisce è la descrizione ossessiva di una pendola, di
uno specchio, e di altri elementi di arredamento: fuori posto perché insistiti, fuori posto perché la
complessiva confortevolezza dell'arredamento contrasta con l'apparizione, tra un paragrafo e l'altro,
di ragnatele tremolanti nell'ombra delle volte. Si trascurano altri indici di spaesamento, dovuti alle
poche battute di dialogo di una interlocutrice misteriosa, e dall'appello che il poeta le rivolge. Il
critico è costretto a riconoscere subito che quegli oggetti di arredamento non possono stare soltanto
per se stessi. «Che in tutto il testo sia presente una carica simbolica... è reso indubbio dalla stessa
irrazionalità del parlare di ciò di cui si parla, così come se ne parla» [ibid., p. 380]. Di lì il tentativo
di interpretazione, che da un lato lega il significato di quegli oggetti a una enciclopedia testuale
mallarméana, dall'altro li collega tra loro, in un sistema co-testuale di rimandi. L'operazione
interpretativa investe quegli oggetti di contenuti abbastanza delimitati (distanza temporale, desiderio
di regressione, rifiuto del presente, antichità...) e quindi ritaglia una zona di enciclopedia a cui le
espressioni rimandano. Ma non si tratta di un fissaggio allegorico: non c'è elaborazione di codice, al
massimo un orientamento ai codici possibili. Non si ha qui l'infinità incontrollabile del simbolo
mistico, perché il contesto controlla la proliferazione dei significati: ma nello stesso tempo, sia pure
entro i confini dl campo semantico della 'temporalità', il simbolo rimane aperto, continuamente
reinterpretabile. Tale è la natura del simbolo poetico moderno21.
Ogni volta che si parla di simboli si deve inevitabilmente anche parlare di interpretazione e così
18 In tale senso è da intendersi la non predominanza del fine comunicativo.
19 L. HJELMSLEV, I fondamenti della teoria del linguaggio, Einaudi, Torino 1968, p. 55.
20 F. ORLANDO, Le due facce dei simboli in un poema in prosa di Mallarmé , in “Strumenti critici”, ottobre 1968, pp.
378-412, ora in ID., Le costanti e le varianti cit.
21 U. ECO, "Simbolo." In Enciclopedia Einaudi, vol. 12, cit., pp. 909-910.
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