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Precisato che al principio in esame ci si può accostare secondo vari punti
di vista, quello delle scienze politiche, della filosofia del diritto, del
diritto costituzionale, è ovvio che il tema viene qui studiato
esclusivamente alla luce del diritto internazionale. Per far questo è
necessario servirsi degli strumenti che il diritto internazionale stesso
adopera e su cui si fonda e l’attenzione è rivolta in primis alla Carta delle
Nazioni Unite, fondamentale perché i suoi principi corrispondono al
diritto internazionale generale e poiché raccoglie la pressoché unanime
adesione da parte degli Stati. Tra le norme della Carta delle Nazioni
Unite possiamo ritrovare, infatti, dei principi essenziali allo svolgimento
della ricerca cui è dedicato questo lavoro ed in particolare ad una
migliore definizione del rapporto tra gli Stati, alla loro cooperazione e al
modo di atteggiarsi verso le popolazioni tutte, dalle minoranze più o
meno esigue ai singoli cittadini.
In particolare vengono presi in considerazione il principio
dell’autodeterminazione dei popoli (artt. 1 e 55) e dell’integrità
territoriale, che viene dai più visto in antitesi rispetto all’eventuale diritto
di secessione. Inoltre, risulterà fondamentale l’analisi del principio del
rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, compreso, il diritto
a non essere discriminati per ragioni di razza, sesso, lingua o religione.
Nell’ambito delle Nazioni Unite, sarà considerato quel fenomeno capace
di influire sul processo di formazione del diritto internazionale generale
costituito dalle c.d. Dichiarazioni di principi dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite. Tra queste ricordo la Dichiarazione
sull'indipendenza dei popoli coloniali1, tutta una serie di Risoluzioni,
1
Contenuta nella risoluzione del 14 dicembre 1960, n. 1514-XV.
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come quella del 14 dicembre 1962 sulla sovranità permanente sulle
risorse naturali (1803-XVII), i Patti internazionali sui diritti umani2 ed
inoltre la Dichiarazione sulle relazioni amichevoli3. A queste seguiranno
tutta una serie di risoluzioni, di appelli, di rapporti del Segretario
Generale sempre di grande importanza, nonché le risoluzioni del
Consiglio di Sicurezza, gli appelli e le Risoluzioni del Consiglio sui
diritti dell’uomo.
Fondamentale sarà anche andare ad analizzare l’apporto della
giurisprudenza, e quindi le statuizioni e le sentenze della Corte
Internazionale di Giustizia, nonché l’operato delle Corti internazionali e
di quelle interne agli Stati come ad esempio, per menzionarne una, la
Corte Suprema del Canada.
Infine, un doveroso riferimento andrà fatto alla dottrina sia italiana che
straniera, tenendo sempre presente che l’apporto che interessa è
esclusivamente quello internazionalista. Nel fare ciò si noterà che esiste
un vivo dibattito riguardo al contenuto più o meno ampio da dare al
principio dell’autodeterminazione dei popoli e alla definizione della sua
natura, ovvero se si tratti di un principio solo politico o anche giuridico.
L’autodeterminazione ha infatti, secondo la maggioranza della dottrina,
un contenuto assai ampio e molte sono le argomentazioni per dimostrare
la sua natura di principio oggetto di obblighi interstatali, sia pattizi che di
diritto internazionale consuetudinario e generale4. A conferma di ciò
2
Detti anche Covenant sui diritti civili e politici e Covenant sui diritti economici sociali e culturali.
3
Contenuta nella risoluzione del 24 ottobre 1970, n. 2625-XXV.
4
Dal canto suo Palmisano, nel paventare i rischi di un approccio troppo “partigiano” all’argomento
dell’autodeterminazione dei popoli, indica alcune possibili conseguenze di un simile atteggiamento:
“Può accadere, ad esempio, che si proceda nell’indagine giuridica sulla base di una precomprensione
politico-filosofica troppo accentuata della “giusta idea” di AD4, e che si individui ad ogni costo e si
enfatizzi a dismisura la presenza, nei dati da interpretare, di elementi a sostegno di tale idea. Con il
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possiamo ricordare Autori come Cassese, Ciciriello, Leanza, Tomuschat,
Bedjaoui, La Rosa e molti altri, anche se non mancano coloro i quali
sostengono una posizione di più basso profilo5. Dottrina che, come
normale, analizza il dato giuridico sempre alla luce degli eventi che si
susseguono nella sfera geopolitica mondiale, utilizzando gli elementi
della storia, della politica e del diritto6.
Ma ‘autodeterminarsi’, come ho accennato sopra, può voler dire anche
qualcos’altro.
L’autodeterminazione può essere infatti riferita all’individuo come
singolo, e quindi alla possibilità concessagli di esprimere la propria
personalità senza restrizioni ed in tutti gli ambiti: quello politico, quello
sociale, quello religioso, quello sessuale ma anche quello medico, vista
l’accesa discussione nella dottrina giuridica riguardo alla possibilità per il
malato di scegliere come e se essere sottoposto a delle cure, e di
esercitare tutta una serie di diritti di libertà che comprendono, tra gli altri,
risultato di spiegare non già in cosa consista il principio di AD nel diritto internazionale ma, a ben
vedere, di verificare soltanto e in qual misura una certa idea di AD trovi un riflesso negli strumenti
internazionali che, per vari motivi e sotto vari nomi, ivi compreso quello di “AD dei popoli”, si
occupano grosso modo della materia sottostante a quell’idea massima” in PALMISANO G., Nazioni
Unite e autodeterminazione interna. Il principio alla luce degli strumenti rilevanti dell’ONU, Milano,
1997, Pagg. 1-32.
5
In opposizione alla tesi sopra esposta ricordiamo infatti, tra gli altri: M. POMERANCE Self-
Determination in Law and Practice: The New Doctrine of the United Nations, The Hague, 1992, Pag.
70 HANNUM H. (edited by) Beck R. J. and Ambrosio T., Rethinking selfdetermination in
International law and the rise of nations. The state system and the challenge of ethnic groups, New
York-London, 2002, Pag. 31; J. CRAWFORD Book review of Antonio Cassese, Self – Determination
of Peoples: A Legal Reappraisal, in American Journal of International Law, 1996, Pag. 332.
6
Per utilizzare le parole di CASSESE, non si vuole negare la validità di un “contextual approach to
law in which history, politics and jurisprudence are employed in the service of legal elucidation” e
che, nello specifico, “to discuss self-determination without extensive reference to the political context
in which the law has developed is to perpetrate, or revive, a fiction which should once and for all be
interred” in Self-Determination of Peoples – A legal Reappraisal, Cambridge, 1995, Pagg. 2 – 3.
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il diritto di appartenere ad una determinata comunità etnica, religiosa o
culturale7.
L’autodeterminazione trova la sua origine storica, infatti, in altri termini
utilizzati per esprimere il principio di “libertà come autonomia
dell’individuo singolo”; in tal senso sono richiamati i concetti greci di
“autopraghia”, definita come capacità di decidere in modo autonomo, ed
“eleutheria”, intesa come assenza di eterodirezione.
Sulla base di tale considerazione, l’autodeterminazione è associata al
concetto di indipendenza e, in ambito pubblico, autogoverno8.
Detto questo, va chiarito che il percorso che andrò a seguire per
sviluppare questo lavoro partirà da un’analisi storica dell’istituto, dalle
proclamazioni più remote risalenti alla Rivoluzione francese fino ai
giorni nostri, con cui si potranno analizzare le modalità in cui questo
concetto si è modellato a seconda delle situazioni contingenti.
In seguito proporrò un’accurata definizione del principio di
autodeterminazione dei popoli alla luce delle successive espressioni
giurisprudenziali, nazionali ed internazionali, mentre poi passerò dal
definire l’ipotesi “classica”, cioè quella di autodeterminazione esterna, a
quella di autodeterminazione interna, per poi soffermarmi sugli aspetti
ancora oggi problematici del concetto, che prende tonalità diverse a
seconda di chi lo analizza, sempre alla luce dei diversi orientamenti
proposti dalla dottrina internazionalistica, sia italiana che straniera.
7
Diritti e libertà individuali che appaiono necessari ai fini del diritto di autodeterminazione nel senso
che “l’individuale precede e condiziona il collettivo”, come osserva ARANGIO RUIZ,
Autodeterminazione (diritto dei popoli alla), in Enciclopedia giuridica, vol. IV, Roma, 1989, pag. 6.
8
Per meglio definire l’origine storico – concettuale del principio di autodeterminazione dei popoli ed
altri aspetti connessi che più specificatamente rientrano nella materia della filosofia del diritto, si
faccia riferimento a MARGIOTTA C. L’Ultimo diritto. Profili storici e teorici della secessione.
Bologna, 2005.
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In particolare l’attenzione si soffermerà sulle espressioni più recenti
dell’autodeterminazione, dal secondo dopoguerra ad oggi e che hanno
visto evolversi il principio e le considerazioni in materia, anche in
ragione del fatto che la situazione geopolitica è profondamente mutata,
da quando ci trovavamo di fronte ad un mondo diviso in due zone di
influenza e con un vasto panorama di colonizzazioni e regimi dittatoriali
ad oggi, in cui si sono succeduti numerose secessioni e smembramenti di
stati preesistenti ed in cui l’ipotesi coloniale è pressoché tramontata.
Sarà altresì importante andare a focalizzare l’attenzione oltre che sui
destinatari materiali delle norme e delle statuizioni in materia, ovvero gli
Stati, soggetti di diritto riconosciuti a livello internazionale, sui possibili
beneficiari del principio, cioè i popoli, le minoranze e le popolazioni
indigene, i movimenti di liberazione nazionale e gli insorti. In particolare
sarà interessante verificare come e se il principio in esame sia applicabile
a tutti questi soggetti e dunque se in quei medesimi soggetti siano
rintracciabili le caratteristiche di un ‘popolo’.
L’ultimo passo sarà quello di proporre una personale e conclusiva analisi
critica del principio di autodeterminazione dei popoli, in base ai rilievi
che saranno emersi nel corso del lavoro tenendo in conto le elaborazioni
più recenti in materia, al fine di evidenziare quali possano essere il
contenuto e la portata attuali del principio in esame.
Questo tipo di indagine andrà a chiarire anche numerosi questioni che
negli anni si sono presentati sulle concrete modalità di attuazione del
diritto di autodeterminazione, sulla portata dei diritti ed obblighi degli
Stati in relazione al contenuto del principio, sulle conseguenze della
violazione di tale diritto sul sistema delle relazioni internazionali e sul
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ruolo stesso dell’Organizzazione delle Nazioni Unite come garante del
rispetto di tale principio. Se infatti l’autodeterminazione ha
rappresentato, nella prima fase della storia post-bellica, un importante
strumento giuridico per la decolonizzazione e l’instaurazione di un
sistema di relazioni internazionali almeno tendenzialmente bipolare, la
fine dello schema della guerra fredda, che all’interno di questo sistema
aveva imposto una logica “imperialista” in cui la sovranità di alcuni Stati
è stata di fatto limitata, ha fatto emergere nuovi problemi.
Una volta eliminato il colonialismo e smantellati i blocchi, sono balzati
in primo piano molti nazionalismi che erano rimasti sopiti o erano stati
repressi. Si è assistito al progressivo imporsi di movimenti etnico–
regionali che affermano se stessi, oltre che come portatori di interessi
economici, come rappresentanti dell’unità culturale tra Stato e popolo,
contrapponendosi ai poteri dello Stato centrale e proclamando il proprio
diritto di autodeterminazione “interna”, quello che viene definito “self–
government”. Se la comunità internazionale ha spesso, come nel caso dei
Paesi dell’ex-blocco comunista, assecondato quelle evoluzioni che non
hanno dato luogo a conflitti particolarmente violenti9, problemi più
delicati si sono avuti dove i nazionalismi si sono manifestati invece
sanguinosamente, come nel caso dell’ex Jugoslavia10, dove ancora oggi i
confini nazionali non sono stabili, come testimonia la recente formazione
dello Stato del Kosovo.
9
Dire che la dissoluzione dell’URSS sia avvenuta in un quadro ordinato e pacifico è solo
parzialmente esatto: si pensi, infatti, ai conflitti insorti in Moldavia, nelle repubbliche trans-caucasiche
e, più recentemente, in Cecenia.
10
Vedi in proposito J. BREUILLY, Il nazionalismo e lo stato, Bologna, 1995, pp. 441 ss., secondo il
quale la situazione nei due Paesi non è assolutamente paragonabile. Mentre la rottura dell’URSS si
configurò come “una risposta razionale allo sgretolarsi del potere statale sovietico”, in Jugoslavia il
conflitto tra le etnie è sempre stato presente, caratterizzando la vita politica del Paese.
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Vale poi la pena di ricordare che accanto al principio di
autodeterminazione dei popoli la comunità internazionale si fonda sui
principi della sovranità e dell’integrità territoriale11 degli Stati
indipendenti che siano dotati di un governo democratico, rappresentativo
di tutto il popolo e che garantiscano i diritti delle persone e delle
formazioni sociali esistenti sul loro territorio12.
Il contenuto sempre fluido e multiforme del principio di
autodeterminazione consente – e ha consentito – di poterlo applicare a
situazioni di portata molto variabile, dal colonialismo alla dissoluzione
delle repubbliche socialiste sovietiche, ma senza che per ciò venga meno
il rispetto dell’integrità territoriale degli Stati dotati di un esecutivo
democratico, secondo quanto stabilito dal settimo comma del principio V
della Risoluzione 2625-XXV (la già citata Dichiarazione sulle relazioni
amichevoli) che pure segna il punto della “universalizzazione” del
principio de quo13.
L’importanza ed insieme la criticità del principio di autodeterminazione
dei popoli possono essere testimoniate da una semplice constatazione:
nel periodo che va dal 1956 al 2002 ci sono stati ben settantasei casi di
Stati coinvolti in conflitti legati ai principi di autodeterminazione e di
sovranità. Solo dodici di questi si sono risolti con degli accordi pacifici
11
La Dichiarazione di Vienna adottata dal primo vertice dei Capi di Stato e di Governo degli Stati
membri del Consiglio d’Europa, tenutosi a Vienna nell’ottobre 1993, nell’affermare la difesa delle
minoranze nazionali lo fa nel rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità nazionale.
12
“L’autodeterminazione presuppone i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. Per assicurare al
popolo l’autodeterminazione, lo Stato deve garantire ad ogni individuo, ad ogni gruppo politico,
etnico, sociale o religioso le libertà fondamentali, i diritti civili e politici, i diritti economici, sociali e
culturali…Uno Stato nel quale gli uomini non godano di quei diritti e di quelle libertà incorre ipso
facto nella violazione del principio dell’autodecisione”. Sono parole di G. ARANGIO RUIZ,
Autodeterminazione (diritto dei popoli alla), in Enciclopedia giuridica, vol. IV, Roma, 1989, pag. 6.
13
Cfr. anche il punto 28 (principio VIII) dell’Atto di Helsinki, che chiarisce come il diritto
all’autodeterminazione opera in conformità – tra l’atro – alle norme del diritto internazionale relative
all’integrità territoriale degli Stati.
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mentre altri dodici sono stati definiti a seguito di conflitti armati. Dei
restanti, molti sono tuttora aperti (ventidue), mentre gli altri casi
(ventinove) sono stati in qualche modo contenuti, spesso attraverso
l’operato di missioni internazionali di peacekeeping.
Se si pensa che queste lotte hanno avuto una durata media di trenta anni
ciascuna e che spesso hanno dato luogo a gravi e massicce violazioni dei
diritti umani14, si può comprendere quanto il tema sia complesso e
spinoso.
14
Dati raccolti dal Center for International Development and Conflict Management, disponibili sul
sito http://www.cidcm.umd.edu/inscr/pc03print.pdf.
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Capitolo I
Evoluzione storica del principio di autodeterminazione dei
popoli e sua definizione attraverso l’analisi degli strumenti
giuridici internazionali
SOMMARIO: I.1. Il principio di autodeterminazione dei popoli dalle sue prime formulazioni al Patto
Atlantico del 1941. - I.2. Il principio di autodeterminazione dei popoli alla luce delle disposizioni della
Carta delle Nazioni Unite. - I.3. La Risoluzione 1514–XV del 1960, i Patti internazionali sui diritti
dell’uomo del 1966 e la Dichiarazione sulle relazioni amichevoli del 1970. Effetti di questi strumenti
giuridici nello sviluppo del concetto di autodeterminazione. - I.4. L’ Atto finale di Helsinki del 1975,
la Carta di Algeri del 1976, la Carta Araba dei diritti dell’uomo del 1981 e gli strumenti internazionali
più recenti.
I.1. Il principio di autodeterminazione dei popoli dalle sue
prime formulazioni al Patto Atlantico del 1941
Un’analisi approfondita di questo istituto non può non cominciare col
trattare un percorso storico che ci mostra il principio nelle sue prime
apparizioni di carattere universalistico, grazie soprattutto alle
acquisizioni delle rivoluzioni francese e americana. Una prima esplicita
formulazione sta nella Déclaration du droit des gens sottoposta
dall’Abbé Grégoire alla Convenzione il 23 aprile 1795 (ma
dall’Assemblea non adottata) che, affermando la necessità di dare
soccorso a tutti i popoli che vorranno riscoprire la loro libertà e ai
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