8
Nel secondo capitolo si analizzeranno le teorie e le caratteristiche dei colori;
numerosi, infatti, sono stati gli scienziati e gli artisti che si sono interessati ad essi,
che ne hanno analizzato sia le caratteristiche più tecniche sia i risvolti emotivi. I più
importanti indubbiamente da citare sono lo scienziato Newton che ha scoperto e
studiato la divisione della luce solare in colori, il filosofo Goethe il quale fu il primo
a fare studi sugli effetti dei colori sull’uomo, l’artista Itten, maestro delle Bauhaus,
che studiò tutte le caratteristiche tecniche dei colori e la sua teoria fu di esempio a
numerosi artisti, ed infine il pittore Kandisky che si interessò allo studio dei colori
analizzando in maniera più approfondita gli effetti psichici ed emotivi.
Da queste teorie prendono spunto numerose pratiche tra cui l’Arteterapia, che pone
l’arte come mezzo principale di aiuto; essa si snoda attraverso quattro discipline: la
danza, il teatro, le arti grafico-pittoriche e la musica.
Non ha un ambito specifico, né un’utenza particolare, in quanto tutti possono
svolgere un laboratorio di arteterapia, anche le persone con handicap fisici o
mentali, senza limitazioni; agli esordi, infatti, veniva applicata all’interno degli
ospedali psichiatrici. Studi hanno dimostrato come l’arte sia uno strumento valido
per esprimersi, per uscire fuori dai propri limiti, ciò è valido non solo per gli adulti
ma anche per i bambini. Per loro, anzi, i colori sono lo specchio dell’anima,
attraverso di essi i bambini esprimono ciò che sentono: basta osservare, infatti, il
disegno di un bambino per capire il suo stato d’animo.
Ed è da qui che è nato il laboratorio di cui tratteremo nel nostro terzo ed ultimo
capitolo: un laboratorio di manipolazione del colore.
Un progetto ludico-didattico che aiuti i bambini, anche con Sindrome di Down, a
scoprire l’arte e la realtà circostante attraverso attività sia individuali che di gruppo,
incentrate sui colori e le loro potenzialità. Un laboratorio che aiuti i bambini a
sviluppare la loro psicomotricità e a perfezionare e rafforzare la consapevolezza di
sé attraverso il gioco; che sia fonte d'integrazione e socializzazione e che vada oltre
le diversità: un laboratorio policromatico per crescere, imparare e giocare con i
colori!
9
Capitolo 1
LA SINDROME DI DOWN
1.1. CENNI STORICI E CARATTERISTICHE GENETICHE
La Trisomia 21, o meglio conosciuta come Sindrome di Down, è una delle
anomalie genetiche più diffuse al mondo che interessa tutte le etnie senza
distinzione di sesso, ed ha una prevalenza alla nascita di 1:700 – 1:800
1
bambini.
“Attualmente 1 bambino su 800 nasce Down, vale a dire che in Italia nascono 2
bambini Down al giorno, e si pensa che oggi in Italia vivano circa 40000 persone
Down. Un tempo le persone Down vivevano in media molto meno delle persone
normali, mentre oggi, grazie allo sviluppo della medicina e alle maggiori cure
dedicate a queste persone, vivono in media più di 60 anni.”
2
Disporre di stime sicure sulla frequenza della Sindrome di Down nel tempo, è stata
sempre una delle principali preoccupazioni dei ricercatori: fu possibile ottenerle
solamente dopo gli anni ’70, periodo in cui furono attivati i registri delle
malformazioni congenite basati sulla popolazione, e non su casistiche ospedaliere,
come avveniva in precedenza, che non davano una reale rappresentazione del
fenomeno.
1
Fonte: sito http://www.ospedalebambinogesu.it/portale/opbg.asp?IDitem=127 –
Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma
2
Fonte: sito http://www.airdown.it/sindrome.htm - Associazione per l’Autonomia, l’Integrazione e
la Riabilitazione delle Persone Down
10
Grazie alla nascita di questi registri
3
si sono potute ottenere stime più valide della
frequenza dei nuovi casi e sono state create basi per una sorveglianza del fenomeno
più continua nel tempo.
La Sindrome di Down è stata studiata per la prima volta nel 1866 da un medico
inglese, H. Langdon Down (da cui prese il nome) che pubblicò sui “London
Hospital Reports”, le sue “Osservazioni su una classificazione etnica degli idioti”:
egli li classificò secondo criteri puramente etnici e fu il primo a clonare il termine
“mongoli” (da cui derivò in seguito il termine “mongoloidi”) in quanto, osservando
i loro tratti fisici, li definì rappresentanti immaturi dell’antica razza mongola.
Alla base della sua teoria, vi erano gli studi effettuati dal naturalista Fritz Muller
(1821-1897), che nel 1864 pubblicando la sua “Ricapitolazione ortogenetica”,
affermava che lo sviluppo embrionale dell’individuo non è altro che una
ricapitolazione della genesi umana, sostenendo vigorosamente la teoria darwiniana
sull’origine della specie (1859); ed è proprio così che L. Down consolidò l’ipotesi
che gli idioti da lui osservati appartenessero ad una sottospecie umana, appunto
quella mongola, ferma a qualche stadio dello sviluppo
4
.
In seguito vi furono numerose ricerche sulla Sindrome di Down, ma solo nel 1959
Lejeune, Gautier e Turpin identificarono la sua reale genesi: è una malformazione
genetica non ereditaria (eccetto alcune forme rare) che interessa il cromosoma n°
21 (da qui il nome), il più piccolo tra le 23 coppie presenti nel nucleo della cellula:
in particolare vi è la presenza di un cromosoma in più (rispetto ai due canonici)
dovuto ad un errore durante una delle fasi meiotiche della divisione cellulare.
3
“A tale proposito ci preme ricordare l’azione concertata Eurocat per la registrazione e
sorveglianza delle malformazioni congenite in Europa, attivo dal 1979 in aree selezionate dei paesi
della U.E. (30 sono i registri attualmente partecipanti), e il Comitato italiano di coordinamento dei
registri delle malformazioni, istituito nel 1990 presso l’Istituto Superiore di Sanità.”
Stefania Bargagna, Francesco Massei, Un progetto integrato per la Sindrome di Down, Del Cerro,
Tirrenia 2003, pag. 13
4
Andrea Canevaro, Gaudreau Jean, L’educazione degli handicappati, Carocci, Roma 2005, pag.
131 - 136
11
La maggior parte del DNA è contenuto nel nucleo della cellula ed è diviso in
strutture a bastoncello chiamate cromosomi suddivisi in 23 coppie, 22 delle quali
sono cromosomi omologhi (in pratica con lo stesso contenuto di DNA) e una, la 23°
coppia, con due cromosomi diversi che determina il sesso del nascituro: XX per il
sesso femminile e XY per il sesso maschile. A loro volta essi sono suddivisi in due
cromatidi collegati tra loro da filamenti chiamati chiasmi, consistenti in materiali
non genetici e dal centromero che non sempre si trova esattamente a metà, di
conseguenza si ha un braccio più piccolo definito “p” e un braccio più lungo
definito “q” (Figura 1.1).
Figura 1.1 (
5
)
Il materiale cromosomico in eccedenza, da cui ha origine la Sindrome di Down, è
localizzato sul cromosoma n° 21 nella regione 21q22.1 e 22.3 (Figura 1.2).
5
Richard Newton, La sindrome di Down, TEA, Milano 1998, pag. 20
12
Figura 1.2 (
6
)
La malformazione se è presente in tutte le cellule del corpo, viene definita
“Trisomia piena o libera”, ed è caratteristica del 95-98% dei nati con la Sindrome
di Down.
Esistono, inoltre, altri tipi di Trisomia, come la “Trisomia a mosaico” (in cui la
malformazione non è presente in tutte le cellule del corpo e riguarda solo il 2-4%
degli individui), “Trisomia con traslocazione non bilanciata” (l’unica forma che
può essere ereditaria e riguarda il 3-5% degli individui), “Trisomia parziale”
(interessa lo 0,2% degli individui e vi è la presenza soltanto di una parte del
cromosoma 21) ed ulteriori forme più rare.
Il cromosoma 21 contiene numerosi geni importanti per il funzionamento
dell’organismo, la cui presenza in triplice copia potrebbe causare alcuni sintomi
della Sindrome di Down. Nessuno di questi geni, però, è stato finora riconosciuto
responsabile in modo sicuro di questa sindrome, né tantomeno del ritardo mentale
(che come vedremo in seguito è una delle caratteristiche della persona Down),
anche se recenti ricerche hanno messo in luce che le cause che porterebbero alla
malformazione siano più complicate di quelle fino ad ora conosciute (Appendice
n°1, 2, 3).
6
Ibidem
13
Nel tempo si è ipotizzato che potesse essere dovuta a diversi fattori aventi oggetto la
madre: ambientali (virus, fumo, pillola anticoncezionale, radiazioni ionizzanti),
patologie acquisite (malattie autoimmuni), genetici (tendenza familiare alla non-
disgiunzione).
Esistono invece condizioni citogenetiche precise che possono favorire la non-
disgiunzione, come il cosiddetto “effetto intercromosomico”: la presenza di
un’anomalia cromosomica (priva di effetti patologici) in uno dei genitori
(traslocazione bilanciata, inversione, piccolo cromosoma soprannumerario) è
suscettibile di favorirne un’altra anche molto differente. Si tratta comunque di
situazioni rare. Sicuramente meno rara, ma difficilmente quantificabile, è la
condizione di mosaicismo parentale: esiste la possibilità che madri, o padri, di
bambini trisomici siano essi stessi dei trisomici 21 a bassa o bassissima percentuale,
dato che tali mosaicismi possono esistere in soggetti del tutto normali. In questo
caso non viene favorita la non-disgiunzione, ma aumenta la possibilità che il
genitore interessato produca gameti con un cromosoma 21 in più.
7
Fino ad ora, però, l’unico collegamento certo che è stato fatto è quello Sindrome di
Down / avanzamento dell’età materna, messo in risalto da diversi studi
epidemiologici (Tabella 1.1), anche se con questo non si può escludere che una
donna giovane non abbia la possibilità di mettere al mondo un bambino affetto da
Sindrome di Down.
In particolare vi è più probabilità per le donne che superano i 35 anni: questo è
dovuto al fatto che l’invecchiamento può portare all’accumulo di problemi fisici o
biologici a carico del processo di formazione dei gameti femminili, che avviene da
poco prima della nascita fino a tutta l’età fertile della donna.
7
Stefania Bargagna, Francesco Massei, Un progetto integrato per la Sindrome di Down, Del Cerro,
Tirrenia 2003, pag. 20 – 21
14
Tabella 1.1 (
8
)
Età materna
Incidenza
Inferiore a 30 anni 1 su 1500
30-34 anni 1 su 580
35-39 anni 1 su 280
40-44 anni 1 su 70
Oltre 45 anni 1 su 38
È stato dimostrato (il primo a fare degli studi in tal senso fu Andreas Rett nel 1977
9
)
che nel 20 – 25% circa dei casi, a trasmettere il cromosoma soprannumerario è il
padre; inoltre ricerche recenti hanno confermato che esiste un collegamento tra le
cause della Sindrome di Down e l’età paterna (Appendice n° 4).
La Sindrome di Down non è una malattia, ma è più corretto indicarla come una
condizione genetica. Infatti, la caratteristica che definisce una malattia sono i
sintomi che ne permettono l’individuazione. Di per se stessa, non ha dei veri e
propri sintomi, anche se, indubbiamente, le persone che ne sono portatrici
presentano un’indubbia somiglianza nelle caratteristiche fisiche e soffrano di alcuni
8
Fonte: sito www.aipd.it – AIPD – Associazione Italiana Persone Down
9
“[…] Durante una ricerca effettuata su un gruppo di nostri pazienti si poterono ottenere dei
chiarimenti sulla provenienza del cromosoma 21 in soprannumero in 32 su 48 bambini mongoloidi
analizzati per mezzo del polimorfismo del cromosoma 21.
In 28 casi questo proveniva dalla madre, in 14 casi dal padre. Nei due sessi poterono essere
riscontrati difetti sia nella prima che nella seconda divisione meiotica. Queste ricerche furono
possibili grazie alla tecnica della fluorescenza descritta da W. Schmedl nel 1971per mezzo della
quale si poté rappresentare il polimorfismo de cromosoma Nr. 21.
[…] Le possibilità per la non disgiunzione possono essere così riassunte:
a. Trisomia 21 quale conseguenza di non disgiunzione durante la prima divisione meiotica del
padre
b. Non disgiunzione durante la seconda divisione meiotica del padre
c. Non disgiunzione durante la prima divisione meiotica della madre
d. Non disgiunzione durante la seconda divisione meiotica della madre”
Andreas Rett, Trisomia 21: aspetti biologici, educazionali e sociali, Armando Editore, Roma 1996,
pag. 22 – 23
15
disturbi ricorrenti nella casistica medica. Non esiste una cura o una qualche forma
di prevenzione, l’unica cosa fattibile è quella di tenere sotto controllo la gestante (in
particolare le donne dai 35 anni in su, che come abbiamo visto, hanno un’alta
probabilità di avere un figlio affetto da Sindrome di Down) tramite degli esami
durante la gravidanza. È possibile ottenere diagnosi certe sia da esami invasivi come
l’amniocentesi o la villocentesi (oltre ad essere invasivi, hanno un leggero tasso di
abortività), oppure non invasivi come il Tri-test o la Translucenza nucale
10
.
Un problema che affligge molte coppie che hanno procreato un bambino Down, è
quello di avere un secondo figlio affetto dalla stessa sindrome.
Per quanto riguarda la trisomia 21 libera, se una coppia ha già avuto un bambino
affetto da tale anomalia, avrà dei rischi diversi a seconda l'età della madre: sopra i
30-35 anni il rischio rimane invariato, mentre al di sotto dei 30 anni di età il rischio
è dell' 1 % in più rispetto alle altre coppie. In pratica, per chi ha avuto un figlio
Down da trisomia 21 libera, il rischio di una successiva gravidanza "Down" è molto
basso, quasi nullo.
Per una coppia invece che ha avuto un precedente figlio Down da "traslocazione" è
necessario sottoporre entrambi i genitori ad analisi cromosomica, perché potrebbero
10
Amniocentesi: consiste nel prelievo del liquido amniotico con un ago sotto controllo ecografico
attraverso la parete addominale. Le cellule messe in coltura permettono di determinare il cariotipo
fetale. Nel liquido amniotico è possibile anche dosare la quantità di a-fetoproteina quale test di
screening per i difetti di chiusura del tubo neurale. Si esegue tra la 15ª e la 18ª settimana. Ha una
percentuale di abortività pari all’1%.
Prelievo dei villi coreali (o Villocentesi): consiste nel prelievo dei villi coreali (frustoli di placenta)
con un ago introdotto sotto controllo ecografico attraverso la parete addominale. Le cellule messe
in cultura permettono di determinare il cariotipo fetale. Si esegue tra la 10ª e la 14ª settimana. Ha
una percentuale abortiva dell’1%.
Translucenza nucale: è un piccolo accumulo di liquido che si trova tra la cute ed i tessuti sottostanti
nella regione nucale del feto, che viene misurato mediante un’ecografia transaddominale. Si esegue
tra la 10ª e la 13ª settimana di gestazione. Maggiore è lo spessore della translucenza nucale,
maggiore è il rischio di Sindrome di Down. Un programma computerizzato è in grado di
quantificare tale rischio combinando il dato ecografico con l’età materna e l’epoca gestionale.
Triplo test (o Tri-test): su un campione di sangue materno vengono dosati tre ormoni prodotti dalla
gravidanza (a-fetoproteina, b-HCG ed estriolo). Si esegue tra la 15ª e la 17ª settimana di gestazione.
Un programma computerizzato analizza i valori di tali ormoni e comparandoli con l’età materna e
l’epoca gestionale fornisce una stima del rischio che il feto abbia la Sindrome di Down.
16
essere portatori sani. Questo rischio, comunque, varia a seconda del tipo di
traslocazione
11
.
C’è da considerare, inoltre, la possibilità che i familiari di secondo grado di una
coppia con un bambino affetto da Sindrome di Down, abbiano a loro volta un figlio
affetto dalla stessa sindrome. Il rischio però varia secondo il tipo di Trisomia: se nel
caso precedente si tratta di una Trisomia libera, allora corrono il rischio di tutte le
altre coppie (ovvero quello legato all’età della madre); se invece la sindrome è
causata da Trisomia da traslocazione, è necessario che vengano fatti degli
accertamenti su entrambe i genitori.
Attualmente, non esiste alcun tipo di cura per prevenire o guarire dalla Sindrome di
Down.
Le uniche importantissime terapie, come vedremo più avanti, che permettono di
avere uno sviluppo armonico e un buon inserimento scolastico, sociale e lavorativo
sono la riabilitazione e la rieducazione. Queste devono essere iniziate fin dai primi
mesi di vita e può dare risultati veramente positivi: i primi tre anni, infatti, sono
molto significativi per quanto concerne la successiva organizzazione delle abilità
cognitive e di socializzazione delle persone Down. Altri interventi di tipo medico
potranno essere necessari per risolvere i problemi connessi con la sindrome
12
.
La scomparsa progressiva dell’uso del termine "mongoloide" (spesso usato in tono
dispregiativo), descrizione imprecisa e priva di significato, ha portato nelle famiglie,
e nella società in genere, ad un cambiamento nella concezione delle persone Down
e ad un innalzamento delle aspettative nei loro confronti.
Nonostante ciò, persistono a livello sociale alcuni atteggiamenti negativi, pregiudizi
basati sul modello della malattia, che portano a generalizzazioni arbitrarie che
ignorano l’individualità e la soggettività della persona.
11
Fonte: sito http://www.cbdown.it/homepage/sindrome.htm – Centro Bresciano Down.
12
Già dagli anni ’70 si è parlato molto degli interventi chirurgici miranti al miglioramento
dell’aspetto fisico della persona Down, in particolare per quanto riguarda le fattezze del viso.
Inoltre vengono praticati da anni, anche interventi per risolvere in particolare i problemi al cuore e
all’intestino.
17
1.2. CARATTERISTICHE FISICHE E MEDICHE
Come già sottolineato, le persone con Sindrome di Down hanno un quadro
somatico che risulta di una uniformità stupefacente nonostante le differenze razziali
e familiari:
- la testa è piccola e piatta nella parte posteriore con il collo ampio;
- i capelli sono secchi, fini e sottili e molto raramente folti; le sopracciglia
sono quasi del tutto lineiformi, sottili e si congiungono al centro quasi a
comporre un'unica linea; sulla schiena è presente una peluria lanuginosa che
si protrae fino all’età scolastica;
- il viso è rotondo con la sella nasale larga e appiattita, questo spesso comporta
delle deformazioni del setto nasale;
- la bocca è generalmente più piccola e semiaperta con labbra sono spaccate e
asciutte, agli angoli presenta spesso degli stomatiti; la lingua è grossa e
sporgente, e nella maggior parte dei casi è appiattita;
- le orecchie sono più piccole e spesso sporgenti con il lobo auricolare più
piccolo e talvolta assente;
- gli occhi sono a mandorla con pieghe epicantali agli angoli interni;
- la pelle sia del viso che quella del corpo è particolarmente secca;
frequentemente vi è la formazione di forfora nel cuoio capelluto
- le mani sono corte e larghe (con mignoli inclinati verso l’interno e solco
palmare unico in entrambe le mani); le articolazioni sono molto flessibili a
causa della notevole lassità dei legamenti; statura media inferiore alla norma;
ipotonia muscolare (mollezza negli arti) alla nascita
13
.
13
“Spesso nei neonati si può notare la quasi totale assenza del “Riflesso di Moro”: si manifesta con
una reazione di soprassalto accompagnata da improvvisa apertura delle braccia al verificarsi di
stimoli come un rumore improvviso o quando si appoggia il neonato supino in modo un po' brusco
o rapido.
18
La diagnosi può essere molto difficile nei neonati, in quanto i tratti fisici non sono
tutti distintamente visibili.
Per essere meno appariscente il bambino esige moltissime cure, che portano spesso i
genitori a rinunciare, ma il mancato adattamento all’ambiente provoca dei risvolti
negativi sull’integrazione sociale del bambino.
La malformazione genetica, inoltre, comporta numerose anomalie e problemi di
salute in queste persone, perché non permette uno sviluppo corretto degli organi e si
ha quindi un processo simile all’invecchiamento precoce.
1.2.1. Anomalie scheletriche e odontoiatriche
Tra le anomalie scheletriche, l’assenza della 12° costola (che può essere mono o
bilaterale), la fusione incompleta degli archi vertebrali spinali inferiori e la fusione
del secondo e terzo dito del piede sono associazioni ben descritte della Sindrome di
Down.
Come sappiamo tutte le vertebre sono collegate da legamenti e muscoli, ma nelle
persone Down i legamenti tendono a essere laschi e il tono muscolare ridotto,
provocando dei movimenti anomali che con il passare del tempo inducono problemi
a livello spinale. Nel 14% dei casi il danno maggiore è a carico della prima e
seconda vertebra (zona del collo) provocando dolore al collo e torcicollo.
Successivamente posso comparire affaticamento alla deambulazione, progressiva
incoordinazione dei movimenti, iper-reflessia, clonie, ed anche disturbi dell’alvo e
della minzione.
14
In questi casi il neonato fa un sobbalzo, estende le braccia allargando mani e dita e
successivamente le piega, normalmente segue il pianto. È presente in tutti i neonati.”
Fonte: sito http://it.wikipedia.org/wiki/Riflesso_di_Moro - Libera enciclopedia On-line
14
Stefania Bargagna, La sindrome di Down, Del Cerro, Tirrenia 2005, pag. 24.
19
Si hanno ulteriori conseguenze a livello del piede (in particolare il “piede piatto”);
vi può essere, inoltre, instabilità atlo-assiale, scoliosi (che se corretta in tempo si
possono ottenere dei buoni risultati), ipercifosi toracica, ginocchio valgo e
lussazione della rotula.
Una delle conseguenze di questa anomalia viene registrata a livello del cavo orale,
in quanto, essendo più stretto rispetto al normale, l’eruzione dentaria è irregolare e,
sia alcuni denti decidui che permanenti, spesso appaiono piccoli e deformi, portando
disturbi all’attività masticatoria e al linguaggio.
15
La lingua, inoltre, presenta una
macroglossia (ovvero lingua grossa, come abbiamo già accennato) che può essere
reale oppure apparente dovuta alle ridotte dimensioni della cavità orale.
1.2.2. Problemi cardiaci
Frequenti sono i problemi cardiaci, infatti ne sono affetti dal 40% al 60% circa dei
bambini nati con questa sindrome: la forma più comune è un difetto del canale
atrio-ventricolare (33 – 47%), che può presentarsi sotto forma di soffio, tosse o
mancanza di fiato durante l’attività fisica.
15
“È un fatto noto che circa nel 50% dei casi di bambini mongoloidi la dentazione avviene in
ritardo. Solo in pochi bambini la prima dentazione avviene per tempo; nella maggior parte di essi
ciò si verifica fra il decimo ed il dodicesimo mese. […] Nei denti da latte è frequente la
microdonzia (volgarmente detta “denti da topolino”). Spesso i due incisivi inferiori non sono
paralleli ma inclinati uno rispetto all’altro e questo fatto si verifica spesso anche dopo la seconda
dentazione. Relativamente frequenti sono i casi anadontia (25%), ovvero la completa assenza di
singoli denti, cioè del germe dentario; nella maggior parte dei casi mancano i due canini superiori.
Il fatto che il bambino mongoloide non sia disposto a mordere non è causato solo dallo sviluppo
ritardato dei denti, ma anche dall’ipotonia dei muscoli masticatori. […]
Stando ai risultati degli esami effettuati sui nostri pazienti i denti definitivi presentano delle
anomalie di posizione nel 78% dei casi, che riguardano principalmente gli incisivi inferiori e
superiori. […]
Le gengive presentano frequentemente una colorazione che va dal rosso scuro al blu; le emorragie
gengivali a volte causate dal semplice sfioramento sono un fenomeno tipico.”
Andreas Rett, Trisomia 21: aspetti biologici, educazionali e sociali, Armando Editore, Roma 1996,
pag. 41 – 42
20
Il precoce riconoscimento di una importante cardiopatia ed il suo trattamento
medico e/o chirurgico, oltre a ridurre la mortalità, migliorano la qualità di vita del
paziente.
16
È necessario, in ogni caso, tenere sempre sotto controllo il bambino avanti negli
anni, perché i difetti cardiaci “minori” non sono sempre evidenziabili alla nascita e
nel corso del tempo posso sviluppare delle disfunzioni valvolari di varia natura (in
particolare nel periodo adolescenziale e in età adulta), con un’incidenza maggiore
rispetto alla popolazione generale.
1.2.3. Problemi otorinolaringoiatrici
A condizionare ulteriormente il linguaggio vi può essere anche la presenza di una
sordità neurosensoriale, in altre parole che interessa la coclea (canale a fondo cieco
situato all’interno dell’orecchio e avvolto a spirale, entro cui sono localizzate le
cellule acustiche) o le sue connessioni centrali: essa caratterizza il 20% degli affetti
da Sindrome di Down e la sua incidenza aumenta con l’età.
I muscoli facciali sono ipotonici e le ossa nasali iposviluppate, questo comporta il
classico appiattimento del viso caratteristica di questi soggetti.
Un segno frequentemente ricorrente è la rinorrea: le cause possono essere molteplici
(ad esempio un’ostruzione dovuta alla deviazione nasale) e possono portare ad una
respirazione orale praticamente costante.
16
Stefania Bargagna, Francesco Massei, Un progetto integrato per la Sindrome di Down, Del
Cerro, Tirrenia 2003, pag. 94
21
1.2.4. Problemi oculari
I problemi agli occhi sono probabilmente ancor più comuni dei disturbi alle
orecchie: la maggior parte dei bambini presenta un certo grado di ipermetropia, fino
al 20% degli individui può presentare anche miopia ed inoltre una piccola parte
soffre di astigmatismo (irregolarità del cristallino che porta a difficoltà di messa a
fuoco su piani diversi); errori di rifrazione possono essere accompagnati da forme di
strabismo e in più del 5% dei casi si riscontrano forme di cataratta congenita. Per
quanto riguarda il discorso strabismo, il problema è più marcato nei lattanti e nei
bambini piccoli, ma il continuo esercizio dell’occhio comporta la riduzione del
difetto a semplice “strabismo latente”, ovvero che si manifesta soprattutto in caso di
affaticamento e stress. In questo caso gli esercizi utili nei bambini sani per ridurre lo
strabismo, con i bambini portatori di Sindrome di Down non è possibile, in quanto
in loro manca la comprensione degli esercizi.
L’ostruzione del dotto lacrimale è frequente nel bambino Down e questo può
portare a delle infezioni; in età avanzata, invece, è cosa frequente lo sviluppo della
cataratta.
Con un esame attento durante il periodo infantile, inoltre, è possibile riscontrare nel
50% dei casi un’opacità della retina, e la percentuale tende a salire con l’età.
Spesso i genitori si chiedono quale sia la qualità della vista dei loro bambini, ma
purtroppo non è possibile rilevarla esattamente in quanto i bambini Down (anche
privi di difetti oculari) hanno la tendenza ad avvicinare molto gli oggetti che
guardano sia che si tratti di un libro sia che si tratti del quaderno. L’unico criterio,
quindi, per poter giudicare se il bambino vede bene con gli occhiali e osservare se li
toglie o meno.