4
“Era Amilcare giovane che veniva loro restituito, pensavano i vecchi soldati; scorgevano in
lui la stessa energia nell’espressione e la stessa fierezza negli occhi, lo stesso aspetto, gli
stessi tratti. Poi Annibale fece rapidamente in modo che ciò che aveva preso da suo padre
diventasse la causa importante del suo favore presso i soldati. Mai uno stesso carattere fu
più portato ai comportamenti più opposti, l’obbedienza e il comando. Così, sarebbe stato
difficile decidere se egli fosse più caro al generale o all’esercito: non c’era ufficiale che
Asdrubale preferisse per un’azione coraggiosa ed energica, né capo con cui i soldati
avessero più fiducia o ardimento. Nessuno aveva più audacia nell’affrontare i pericoli, né
più sangue freddo in mezzo ai pericoli stessi. Nessun disagio poteva affaticare il suo
corpo, né vincere il suo coraggio; aveva un’ eguale resistenza al caldo e al freddo; per il
mangiare e il bere, si regolava sui propri bisogni, non sul piacere; per vegliare e dormire
non faceva differenza tra il giorno e la notte; il tempo che gli lasciavano i suoi compiti lo
dedicava al riposo, che non andava a cercare su un giaciglio morbido o in luogo
silenzioso: molti lo videro spesso, coperto dal mantello militare, coricato a terra in mezzo
alle sentinelle e i posti di guardia dei soldati. Il suo modo di vestire non si distingueva in
nulla da quello dei giovani della sua età: erano le sue armi e i suoi cavalli ad attirare lo
sguardo. Era di gran lunga il migliore sia dei fanti che dei cavalieri; andava in battaglia per
primo e si ritirava per ultimo. Enormi vizi pareggiavano virtù tanto grandi: una crudeltà
inumana, una perfidia più che punica, nessun desiderio di verità, nessun senso del sacro,
nessun timore degli dei, nessun rispetto del giuramento, nessuno scrupolo religioso
1
”.
A chi fanno riferimento queste parole?
La descrizione che qui viene data da Livio si riferisce ad uno dei più grandi
comandanti dell’antichità, Annibale Barca, colui il quale, nonostante la sconfitta subita dai
Cartaginesi nella prima guerra punica, osò sfidare nuovamente Roma.
Colui il quale, figlio del grande Amilcare, giurò sull’altare di Baal - Ammone, prima di
partire per la Spagna, che sarebbe stato il più implacabile nemico dei Romani.
Colui il quale, nella sua campagna italica, uccise così tanti Romani da riuscire ad entrare
nella leggenda.
L’obiettivo di questo elaborato è approfondire la conoscenza relativa al percorso
storico di questo personaggio, un personaggio che, sin dall’inizio del suo viaggio ha fatto
parlare molto di sé a partire dalle età più vicine a lui per giungere fino al presente.
In particolare, quanto verrà esposto successivamente, si concentra nella prima
parte sullo svolgimento della seconda guerra punica e, nella parte successiva, dedica una
grande attenzione agli aspetti militari della stessa facendo riferimento con dovizia di
particolari alle due battaglie forse più importanti di tutta la campagna. L’una, Canne, segna
l’apice della fama di Annibale ed è da considerarsi la più grande vittoria del comandante
punico in Italia. Essa rappresenta, inoltre, la più cocente sconfitta cui per molto tempo,
forse per sempre, furono sottoposti i Romani. L’altra, Zama, segna la definitiva
risurrezione di Roma e l’inizio di una nuova fase della sua politica estera. Essa
rappresenta, inoltre, il tramonto della fama di Annibale come comandante militare e
questo, anche se, per numerosi altri anni, egli presterà il proprio servizio sia presso i
Punici sia presso le corti dei sovrani orientali mantenendo sempre fermo il suo giuramento
di non essere mai amico dei Romani.
1
LIV., XXI, 4, 1.
5
CAPITOLO 1.
6
1. Roma e Cartagine tra le due guerre
Nel 241, anno in cui termina la prima guerra punica, Cartagine aveva dovuto
accettare il trattato di pace impostole da Roma, trattato con il quale Roma otteneva il
completo controllo della Sicilia. Tre anni dopo il Senato aveva approfittato delle difficoltà di
Cartagine, impegnata a fronteggiare la rivolta dei mercenari
2
, per impadronirsi della
Sardegna, anche questa volta i Punici non avevano altra scelta
3
.
Nacque però, a seguito di questi fatti, una forte volontà di rivincita nei confronti di
Roma, volontà che sarebbe stata fra le cause più importanti della seconda guerra punica,
e che era fortemente impersonificata dalla potente famiglia dei Barcidi
4
. Era stata questa
stessa famiglia, e in particolare Amilcare, a fondare il dominio Cartaginese sulla Spagna.
Alla morte di Amilcare il potere era passato nelle mani del suo erede Asdrubale, con il
quale Roma concluse il trattato dell’ Ebro, databile al 226, trattato con il quale si stabiliva
che il fiume Ebro era da considerarsi come il limite settentrionale dell’ espansionismo
Cartaginese in Spagna e, almeno implicitamente, o meglio, a quanto compresero i
Cartaginesi, esso avrebbe dovuto costituire il limite meridionale dell’espansionismo
Romano
5
.
Le difficoltà relative all’interpretazione di questo trattato per gli studiosi moderni
derivano dal fatto che le versioni dello stesso tramandate dagli storici antichi sono due:
l’una delle quali fa capo a Polibio
6
, il quale afferma che il limite imposto dal documento
riguarda esclusivamente i Cartaginesi, l’altra, che fa capo a Livio ed Appiano
7
, sostiene,
invece, che la clausola aveva valore reciproco
8
. Facendo riferimento ad un celebre articolo
composto dal Momigliano nei riguardi di questo tema è possibile comprendere che la
formula corretta, per quanto concerne questo accordo, è quella tramandata da Polibio,
dalla quale si è poi giunti per perfezionamento alle altre due
9
. La conclusione è, quindi,
che i Romani permettevano ai Cartaginesi di espandersi liberamente al di là dell’Ebro,
riservandosi però il diritto di mantenere le alleanze già concluse, di concluderne delle
nuove e di agire in concorrenza con loro laddove essi non fossero ancora giunti. Tra le
città alleate a Roma vi era Sagunto, il cui legame con i Romani, secondo la testimonianza
di Polibio
10
, sembra essere anteriore al trattato dell’Ebro, e la cui posizione politica, quindi,
pur trovandosi la città al di là dell’Ebro, doveva essere rispettata da Cartagine per evitare
conflitti con i Romani
11
. Per quanto riguarda il destino di questa città, tuttavia, a seguito del
trattato maturarono due visioni completamente diverse, da un lato i Cartaginesi vedevano
in questo trattato una giustificazione nel caso di un eventuale intervento contro Sagunto,
dall’altra parte i Romani ritenevano che la loro alleanza con Sagunto dovesse essere
rispettata per quanto la località si trovasse al di là dell’Ebro
12
.
2
Si fa riferimento agli eventi databili al 238 a.C. in CARCOPINO J., Profils de Conquerants, Paris 1961, p. 114-115.
3
POLYB., III, 13, 1. in WALBANK F. W., A Historical Commentary on Polybius. Commentary on Books 1-6,
Oxford 1957, p. 316.
4
BRISCOE J., The Second Punic War, Cambridge 1989 in ASTIN A. E., WALBANK F. W., FREDERIKSEN
M.W., OGILVIE R. M., The Cambridge Ancient History (2
nd
edition), vol. VIII, Cambridge 1989, p. 44
5
POLYB., III, 21, 1 in WALBANK, A Historical Commentary on Polybius. Commentary on Books 1-6, p. 335.
6
POLYB., II, 13, 7 in WALBANK, A Historical Commentary on Polybius. Commentary on Books 1-6, p. 168-169.
7
LIV., XXI, 2, 7 e APP., Iber., 7 in MOMIGLIANO A., Annibale politico, in MOMIGLIANO A., Quinto
contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1975, p. 333-334.
8
MOMIGLIANO, Annibale politico, p. 334-335.
9
MOMIGLIANO, Annibale politico, p. 335-336.
10
POLYB., III, 30, 1 in WALBANK, A Historical Commentary on Polybius. Commentary on Books 1-6, p. 357
11
SCULLARD H. H., The Carthaginians in Spain, Cambridge 1989 in ASTIN A. E., WALBANK F. W.,
FREDERIKSEN M.W., OGILVIE R. M., The Cambridge Ancient History (2
nd
edition), vol. VIII, Cambridge
1989, p. 25-27.
12
MOMIGLIANO, Annibale politico, p. 337-338.
7
Nel 220 i Saguntini, preoccupati dall’espansionismo Cartaginese, inviarono a Roma
una richiesta d’aiuto alla quale il Senato rispose con l’invio di un’ambasciata presso
Annibale, che si trovava nei quartieri invernali di Cartagena per svernare dopo la sua
vittoriosa campagna. L’ambasciata romana giunse a Cartagena e, al cospetto di Annibale,
tentò di dissuaderlo dall’attaccare Sagunto, poiché quella città era protetta dalla loro Fides.
A queste ingiunzioni Annibale rispose sdegnosamente, ricordando ai Romani come essi
non avessero esitato ad intervenire in quella stessa città poco tempo prima
13
. A seguito di
questo incontro l’ambasciata sarebbe allora partita per l’Africa per conferire direttamente
con il Consiglio degli Anziani, il maggior organo di governo di Cartagine. Questa è, nella
sequenza dei fatti, la versione di Polibio il quale dimentica, però, di dirci che cosa accadde
a questa ambasciata
14
. Dall’altro lato la versione di Tito Livio è in parte differente; secondo
lo storico patavino, infatti, questa prima ambasciata non ebbe il tempo di partire poiché
Annibale aveva già attaccato Sagunto, mentre, sempre attenendosi alla sua versione,
venne deciso l’invio di una seconda ambasciata che avrebbe dovuto raggiungere Annibale
durante lo stesso assedio di Sagunto, un’ambasciata che però non ebbe successo e, al
diniego di Annibale, si recò a Cartagine, preceduta da un corriere inviato dal Barcide
stesso, che doveva annunciare il loro arrivo e rendere il Consiglio favorevole alla posizione
del Barca
15
. La discussione si concluse per i Romani in un nulla di fatto, i Cartaginesi,
infatti, diedero la colpa del conflitto alla stessa città di Sagunto. Affidandosi al sostegno di
Roma, che, in quel periodo, era, però, occupata nella campagna d’Illiria
16
, Sagunto non si
arrese e anzi si preparò a combattere; questa non fu, tuttavia, una scelta saggia, l’assedio
durò, infatti, otto mesi, durante i quali non giunse alcun aiuto, poi la città cadde
17
.
Ciò che accadde a seguito della caduta di Sagunto rimane dubbio. Se si fa
riferimento a Polibio non ci fu alcun dibattito in Senato e i Romani inviarono subito degli
ambasciatori a Cartagine per consegnare un ultimatum, che prevedeva la consegna di
Annibale e degli altri comandanti Punici oppure, in caso contrario, la dichiarazione di
guerra da parte di Roma
18
. Ma, dal momento che i consoli del 218 non partirono per le loro
province fino al tardo Agosto, esiste un grosso divario tra la caduta di Sagunto e le
decisioni del Senato ed è quindi possibile che quel dibattito che Polibio non descrive si sia
realmente svolto come precisa, infatti, Cassio Dione
19
. Nel dibattito Lucio Cornelio Lentulo
Caudino avrebbe premuto per un’immediata dichiarazione di guerra, cui sarebbe seguito
l’invio di un console in Spagna e dell’altro in Sicilia, luogo dal quale avrebbe poi raggiunto
l’Africa, dall’altra parte Quinto Fabio Massimo Verrucoso consigliò una più cauta strategia
e premette per l’invio di un’ambasciata a Cartagine
20
.
Questo dibattito in realtà ne celava un altro cioè quello riguardante la politica estera
romana, un problema dibattuto soprattutto tra la famiglia dei Fabii, sostenitori di una
politica estera prudente, da un lato e la famiglia dei Cornelii Scipioni, alleata a quella degli
Emilii, sostenitori di una politica estera aggressiva, dall’altro
21
. La spinta espansionistica
romana, infatti, che andava sviluppandosi proprio in questo periodo, coinvolse in primo
luogo la classe dirigente, ma riuscì poi ad allargarsi all’intera società, come specificato più
13
BRISCOE, The Second Punic War, p. 45.
14
POLYB., III, 15, 1-13 in WALBANK, A Historical Commentary on Polybius. Commentary on Books 1-6, p. 320.
15
LIV., XXI, 9, 3-11 in LANCEL S., Annibale, Roma 1999, p. 76-81.
16
Si tratta della seconda guerra Illirica contro Demetrio di Faro databile al 219 a. C. in BARONI A., La cronologia
della storia romana dal 300 al 31, all’interno di MOMIGLIANO A. e SCHIAVONE A., L’impero Mediterraneo.
Storia di Roma, Torino 1990, p. 970.
17
LANCEL, Annibale, p. 76-81.
18
POLYB., III, 20, 1-6 in WALBANK, A Historical Commentary on Polybius. Commentary on Books 1-6, p. 332.
19
DIO., 55, 1-9 in LANCEL, Annibale, p. 81-82.
20
LANCEL, Annibale, p. 81-82.
21
CASSOLA F., I gruppi politici romani nel III secolo a.C., Roma 1968, p. 233-240.
8
avanti
22
. E’ difficile capire come e quando la consapevolezza della propria posizione di
predominio in Italia si sia tramutata in una sempre più cosciente volontà di espansione e
potenza
23
. E’ possibile ritenere che in questo fenomeno abbia avuto parte la routine
militarista del Senato e la reazione psicologica del gruppo dirigente alla possibilità di
essere attaccati da un nemico, e questo soprattutto dopo la guerra annibalica
24
. Tutto
questo, tuttavia, non basta per spiegare le disposizioni mentali, le scelte politiche, le
idealità e gli aspetti culturali che caratterizzeranno l’operato romano a seguito della
creazione della prima provincia
25
. D’altraparte nemmeno l’interpretazione antica che
considera questi avvenimenti e queste scelte secondo il loro semplice svolgimento lineare,
come ad esempio fa Polibio nella sua opera, è da ritenersi migliore. La conclusione cui si
può giungere nei riguardi di questo problema, secondo quanto afferma Gabba nel suo
libro, è quella in cui è assolutamente difficile, se non addirittura improbabile, capire di volta
in volta quale sia la motivazione e la forza politica alla base di una certa scelta; si rischia,
infatti, di scambiare le cause con le conseguenze oppure una forza per un’altra
26
. La
volontà espansionistica, comunque, si trovava, in questo momento storico, nel suo primo
stadio di sviluppo, uno stadio immediatamente conseguente all’annessione di Sicilia
27
e
Sardegna
28
, e non era ancora precisamente definita nei suoi contenuti
29
. A livello politico,
infatti, erano presenti quelle che si possono definire due posizioni concorrenti, l’una che
faceva capo alla famiglia dei Fabii, e alla nobilitas che la sosteneva, il cui obiettivo a livello
di politica estera non andava al di là dell’Italia ed aveva interessi principalmente a livello
agrario. L’altra, invece, sostenuta in primo luogo dai Cornelii Scipioni, cui si allearono in
seguito gli Emilii, pensava l’espansione romana come maggiormente legata al
Mediterraneo, collegandosi in questo modo alle richieste economiche dei suoi sostenitori, i
commercianti principalmente, ed avrebbe quindi voluto spingere Roma al di fuori dell’Italia
e, in questo momento storico, principalmente in Spagna
30
.
Le due fazioni concorrenti giunsero ad un accordo e la delegazione, composta di
cinque uomini e guidata da Massimo Fabio Buteo, oppure, meno probabilmente, da Quinto
Fabio Massimo, il quale era accompagnato da Marco Livio Salinatore, Lucio Emilio Paolo,
insieme a Caio Licinio e Quinto Bebio Tampino partì
31
.
Sulla data di partenza di questa delegazione ci si trova, ancora una volta, di fronte
ad un dubbio, gli estremi relativi al suo invio sono, infatti, la metà di Marzo da un lato e gli
ultimi giorni d’Agosto dall’altro. E’ molto importante sapere quando essi partirono perché
da questo dipende, almeno in parte, il credito del Senato, infatti, maggiore è lo spazio tra
la caduta di Sagunto e l’invio dell’ambasceria, minore è la credibilità del Senato a livello
internazionale. A favore della prima ipotesi il fatto che il Senato era solito, prima di
dichiarare guerra, attendere che i consoli entrassero in carica. A favore della seconda il
fatto che l’ambasceria Romana, a quanto afferma Polibio, insiste notevolmente, nel
momento in cui si trova a Cartagine, sul trattato dell’ Ebro, mentre i Cartaginesi si rifiutano
di discuterne. Questa discussione sull’Ebro, tuttavia, avrebbe avuto poco senso se fosse
datata alla metà di Marzo, infatti, in quel momento, Annibale non aveva ancora
attraversato il fiume, confine tra le due zone d’espansione, azione che, invece, avrebbe
portato a compimento nel tardo Maggio o, più probabilmente, agli inizi di Giugno. Questa
22
GABBA E., Gli aspetti culturali dell’imperialismo romano, Firenze 1993, p. 130-132.
23
HARRIS W. V., War and Imperialism in Republican Rome 327-70 b.C., Oxford 1979, p. 190-194.
24
Ibidem.
25
GABBA, Aspetti culturali dell’imperialismo romano, p.130-132.
26
Ibidem.
27
L’avvenimento data al 241 a. C. in CARCOPINO, Profils de Conquerants, p.114-115.
28
L’avvenimento data al 237 a. C. in HARRIS, War and Imperialism, p. 190-194.
29
CASSOLA, I gruppi politici romani, p. 233-240.
30
CASSOLA, I gruppi politici romani, p. 240-244
31
LANCEL, Annibale, p. 81-84
9
insistenza porta a pensare che la delegazione sia giunta a seguito di questa fatidica data e
che sia proprio questo il motivo che spinge i Cartaginesi a non voler parlare del trattato, il
fatto, cioè, che Annibale l’abbia appena infranto.
Lasciando, a questo punto, da parte il problema relativo alla datazione
dell’ambasceria, i Cartaginesi risposero alla brusca alternativa tra consegnare il loro
miglior generale oppure prepararsi alla guerra rifiutando ogni discussione relativa al
trattato dell’ Ebro e concentrando invece la propria attenzione sul trattato di pace relativo
alla fine della prima guerra punica, databile quindi al 241, trattato che non rivelava
assolutamente alcun legame tra Roma e Sagunto, di fronte al quale, quindi, i Cartaginesi
non erano colpevoli
32
. Non c’era dubbio che l’alleanza tra Sagunto e Roma risalisse ad un
momento successivo al 241, la questione, quindi, anche in questo caso, fu messa da parte
e i Romani dissero che, ora che Sagunto era caduta, il loro ultimatum doveva essere
accettato
33
. Fabio dichiarò, in modo drammatico, che portava nella stoffa della sua toga la
guerra e la pace e che stava al Consiglio degli Anziani scegliere. Scelsero la guerra
34
.
32
SCARDIGLI B., I trattati romano-cartaginesi, Pisa 1991, p. 224-231.
33
SCULLARD, The Carthaginians in Spain, p. 38-39.
34
Per quanto riguarda l’incidente della toga si citino LIV., XXI 18 in cui esso viene descritto e POLYB., III, 33, 1-4
che, invece non ne fa accenno, questa ultima versione sembra da ritenersi corretta in WALBANK, A Historical
Commentary on Polybius. Commentary on Books 1- 6, p. 361.