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Compito dell’antropologo che si interessi a questo argomento,
sarebbe, in altre parole, provare a cogliere le caratteristiche della
“sovrastruttura culturale” che “permea” un bisogno che è del tutto
biologico e naturale: vale a dire l’accoppiamento, azione
indispensabile per promuovere la riproduzione della specie.
E’ una pratica sociale perchè la si “apprende” attraverso la
socializzazione (come modello di comportamento da seguire-
interpretare) e la si “attua” all’interno di un contesto sociale.
Ciò lascia presupporre che, se da un lato esso può considerarsi
“universale”, nel senso che fa parte della “modalità
dell’accoppiarsi” di molte e forse di tutte le civiltà, dall’altro è
ipotizzabile che ogni cultura lo abbia declinato a proprio modo, per
cui ci possono essere differenti tipi di corteggiamento a seconda del
contesto culturale in cui esso viene praticato.
Ci possono essere diversi tipi di corteggiamento anche in relazione
allo scopo che si vuole perseguire: “acchiappare” la persona con
cui trascorrere una serata o poco più, o provare a conquistare la
persona con cui (almeno nei programmi) si intende trascorrere il
resto della vita sono cose ben diverse e che di conseguenza
prevedono modalità di relazionarsi all’altro\a altrettanto diverse.
Sempre a proposito dello scopo da perseguire, non andrebbe
trascurata la funzione “latente” che può avere l’atto del corteggiare.
Può avere, in effetti, un’importante funzione per la costruzione
dell’identità e la conseguente assunzione di un “ruolo” da parte di
un soggetto all’interno di un gruppo: il corteggiatore, lo
“sciupafemmine” (i vari “don Giovanni” e “Casanova”); ma anche
la “mangiauomini” sono tutte figure stereotipate che, entrate a far
parte dell’immaginario collettivo, modellano, in un certo senso, il
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comportamento di alcune persone e la conseguente considerazione
che “gli altri” (sé rispecchiato) possono avere di loro.
Ma il corteggiamento ha anche i suoi luoghi, o meglio , ogni luogo
può essere più o meno funzionale rispetto a questa pratica.
Discoteca, bar (ma difficilmente un “bar sport”) piazza di paese,
scuola, posti di lavoro, sono tutti luoghi che almeno implicitamente,
in modo latente, “permettono” l’esecuzione di questa pratica. Ogni
spazio modellato dalla presenza umana può assumere diverse
funzione rispetto al corteggiamento, come del resto rispetto a tutte
le pratiche sociali.
Quindi la funzione di un luogo rispetto al corteggiamento potrà
essere propria, impropria, manifesta, latente o anche istituzionale
come è ad esempio il caso di alcuni particolari bar.
Da pochi anni, infatti, sono stati aperti alcuni bar in cui l’ingresso è
permesso solo ai single “… Uomini e donne sono in egual numero
e ognuno riceve un cartello con una sigla.
Le donne sono sedute e a turno gli uomini si spostano da un tavolo
all’altro […] al termine del colloquio ognuno scrive su un
formulario qualche annotazione e impressione. Nel frattempo gli
uomini cambiano di posto e tutto ricomincia da capo con un nuovo
partner.”
1
Non bisogna poi trascurare l’importanza che hanno assunto, da
questo punto di vista, i “luoghi virtuali”: internet, chat, siti di
incontri etc.. ai quali andrebbero dedicate le stesse considerazione
fatte per i “luoghi reali” sottolineandone le analogie e differenze.
1
Piero Angela, Ti amerò per sempre. La scienza dell'amore (2006) – Milano:
Mondadori, 2006 pag. 61
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Sarebbe peraltro interessante analizzare il corteggiamento
connettendolo anche ad altri fenomeni che caratterizzano la vita
delle persone come l’innamoramento e in generale tutti i sentimenti
che condizionano l’agire umano.
E’ solo da qualche anno che l’antropologia, insieme ad altre scienze
sociali, sta cominciando ad interessarsi dei moti dell’animo e dei
sentimenti, in precedenza frettolosamente relegati a mere
manifestazioni psicologiche.
Al contrario, oggi molti autori sostengono che, se è vero che i
sentimenti e le emozioni hanno una base biologica\psicologica, essi
sono influenzati o sarebbe meglio dire “incanalati” dalle norme, dai
valori e dagli schemi di comportamento che un contesto sociale
impone.
Parafrasando Goffman e il suo approccio “drammaturgico”
all’analisi sociale, si può dire che si portano alla ribalta quei
sentimenti e quelle manifestazioni d’animo che il nostro “ruolo”
(teatralmente inteso) ci impone, in altre parole facciamo ciò che la
gente si aspetta da noi.
Questi sono solo alcuni spunti, tra i tantissimi possibili, che sono
affiorati alla mente nel momento in cui ho pensato di trattare questo
argomento.
Tuttavia, per evitare che questa relazione si trasformi, a causa della
mia inesperienza, in un infruttuoso guazzabuglio interdisciplinare,
ho deciso di affrontare l’argomento dandogli un taglio definito.
Intendo indagare questa pratica che chiamiamo corteggiamento
facendo uso del metodo di riflessione antropologica, che tende ad
interpretare in maniera relativista il modo di “pensare” il mondo e
di “stare” nel mondo da parte degli esseri umani.
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La prima questione su cui bisogna riflettere che è anche, in un certo
senso, il tronco da cui si dirameranno altre considerazioni, è il
carattere “dossico” che assume il corteggiamento, per dirla alla
Bourdieu.
Cioè, è una pratica (come mangiare, bere, o passeggiare) inserita in
quello che il senso comune considera l’ordine naturale delle cose e,
perciò stesso, immutabile e pertanto scarsamente adatto a costituire
oggetto di riflessione.
Al contrario, il nostro intento è quello di dimostrare che il
corteggiamento, in quanto pratica, non solo è mutabile a seconda
dei contesti culturali in cui è presente, ma, anche all’interno di una
stessa società, il suo carattere e le sue specificità è possibile che si
modifichino in relazione a variabili indipendenti come il tempo
storico o la classe sociale.
Per avvalorare queste convinzione mi sono servito del pensiero di
alcuni autori che, purtroppo, solo marginalmente si sono interessati
di tale argomento ma che, assemblate le loro argomentazioni, mi
hanno dato l’opportunità di ipotizzare, non senza riserve, che,
almeno all’interno del percorso storico rintracciabile in alcune
società, il corteggiamento può essere considerato come il risultato
di un processo di civilizzazione, o sarebbe meglio dire, di
“eufemistizzazione” di un comportamento che ha avuto il suo
“archetipo” nel ratto della sposa.
All’interno di questa prospettiva, il nocciolo della questione sembra
essere situato principalmente nel cambiamento, durante il corso
della storia, delle relazioni di genere e delle differenze sessuate con
tutte le conseguenze socio-psico-economiche che ciò ha
comportato.
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Tuttavia le letture che ho svolto e che presenterò nel prosieguo di
questa esposizione inducono a pensare, sulla base di comportamenti
osservati ancora nel corso del XX secolo presso popolazioni
cosiddette “primitive”, che la conquista violenta della femmina da
parte del maschio non debba essere stata necessariamente la forma
originaria del corteggiamento presso tutte le società.
Come accennerò nelle conclusioni, questa osservazione sembra
offrire il supporto di dati etnografici alla pratica di nuovi
comportamenti amorosi come li ha suggeriti Luce Irigaray.
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I Capitolo
Strutture sociali e riproduzione sociale
Credo sia necessario, prima di addentrarci nella casistica del
corteggiamento, provare ad avere anche una visione d’insieme
dell’argomento, e per riuscire in ciò è indispensabile inquadrare il
corteggiamento dal punto di vista della sua “funzionalità”
all’interno di un contesto sociale, ovvero, è opportuno chiedersi a
cosa serve e come si connette con altre istituzioni che assicurano la
riproduzione biologica e sociale.
Per chiarire questo aspetto mi sono servito di un’opera non recente,
ma ancora molto utile per alcune concettualizzazioni che contiene:
si tratta de “Il matrimonio”
2
di Lucy Mair.
Quest’opera, nata dalla ricerca di un’antropologa inglese, è
principalmente una rassegna di tipologie che vengono ricostruite
andando a considerare le più importanti (e frequenti) varianti
empiriche dell’istituzione del matrimonio.
L’autrice, inoltre, prende in considerazione le teorizzazioni che
sono state fatte da altri antropologi circa la funzione del
matrimonio, annoverandole e mettendo in risalto il loro aspetto
parziale; in seguito distingue il matrimonio, in quanto “fase”, dalle
2
Lucy Mair, Marriage (1971) – Harmondsworth: Penguin Books, 1971
trad. it. Il matrimonio:una analisi antropologica – Bologna: il Mulino, 1976
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due precedenti, che sono il “corteggiamento” e il “fidanzamento”,
spiegando le relazioni e le interconnessioni tra loro.
Nell’esposizione degli aspetti e delle caratteristiche del matrimonio,
la Mair parte considerando il lato forse più “funzionale”
(antropologicamente inteso) dell’unione coniugale, chiedendosi a
cosa possa “servire” l’esistenza di una coppia duratura e
formalizzata che è caratteristica (nelle diverse declinazioni) di
quasi tutti i contesti culturali.
Come si può capire, in questa analisi funzionale del matrimonio, il
corteggiamento viene considerato, appunto, come una fase che
precede il fidanzamento e il matrimonio stesso e, in quanto tale,
dovrebbe assolvere a delle funzioni specifiche.
Nella fattispecie, secondo l’autrice, il corteggiamento, che ha luogo
laddove non sono i parenti della coppia a combinare il matrimonio,
può essere considerato come una modalità di relazionarsi che
permette a due soggetti di capire se ci sono le premesse per
fidanzarsi e magari sposarsi per trascorrere il resto della vita
insieme.
Ma è importante tenere sempre presente l’estrema mutevolezza di
questa pratica, ed è, infatti, la stessa autrice a fornire qualche
esempio pratico che dimostra come il corteggiamento, in un certo
senso, si “adatti” ai diversi contesti sociali.
Ad esempio, dove i giovani, per diversi motivi, non hanno
possibilità di scegliersi e di incontrarsi, il corteggiamento è mediato
da un’altra persona (sensale, ruffiano, missagera etc…) che si
impegna per combinare il fidanzamento.
Moltissime società vantano la presenza di questa figura sociale che
talvolta è anche una figura professionale.
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Nella, maggior parte dei casi, queste persone hanno il compito di
riferire sul carattere del futuro partner e sulle condizioni della sua
famiglia; può portare a buon fine la sua mediazione evitando, così,
le imbarazzanti situazioni che avrebbero potuto nascere se i due
padri o i due partner avessero trattato faccia a faccia.
In aggiunta, va osservato che la presenza di questi “mediatori di
fidanzamenti” si riscontra soprattutto nelle società divise in caste,
dove è importante garantire che la stirpe del futuro coniuge
appartenga alla casta appropriata e nei comportamenti dei parenti
non ci sia stato niente di disonorevole.
Il corteggiamento, quello propriamente detto, avviene, come già
accennato, laddove non vi siano regole che obbligano le ragazze ad
un determinato matrimonio, come è, ad esempio, il caso di molte
società africane.
Nella maggior parte delle società africane vi erano molte
opportunità di corteggiamento, specie durante le danze che
costituivano il principale divertimento per i giovani.
In tali circostanze, i ragazzi mettevano in mostra la loro agilità (dote
che, evidentemente, era degna di apprezzamento) per accattivarsi
l’attenzione delle ragazze.
In alcune popolazioni africane, addirittura, era permesso agli
adolescenti portare avanti delle “limitate” relazioni sessuali e il
fidanzamento (peraltro, consapevolmente momentaneo) poteva
essere formalizzato con un dono che il ragazzo faceva al padre della
fidanzata.
Nelle società in cui, invece, vige un regime di stretta sorveglianza
sulle ragazze da parte dei genitori (ma, allo stesso tempo, i
matrimoni non sono preventivamente combinati), il corteggiamento
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può essere attuato liberamente, ma deve sottostare a delle regole
ben precise.
E’ il caso, ad esempio, di alcuni contesti sociali situati nelle
campagne spagnole, dove i ragazzi scelgono le ragazze durante il
passeggio della domenica.
In questi casi può succedere che un ragazzo, dopo aver scelto e
conosciuto la ragazza, passeggi con lei e poi l’accompagni a casa.
Egli le andrà a fare delle visite di convenienza anche per una decina
d’anni prima di sposarla.
Riepilogando, si può affermare che il corteggiamento viene
praticato quando è socialmente funzionale a combinare unioni
matrimoniali (cioè quando i matrimoni non sono già combinati e
preparati preventivamente dai parenti), ma non bisogna perdere di
vista un altro tipo di corteggiamento che è il preludio di un
accoppiamento fine a se stesso, e che, con il matrimonio, non ha
nulla (o poco) a che vedere.
Fatta questa premessa, che ha inteso esplicare in maniera
estremamente sintetica le “funzioni” del corteggiamento, ma al
contempo, la sua “adattabilità” ai diversi contesti sociali, ritengo sia
il momento di introdurre e argomentare una ipotesi: il
corteggiamento potrebbe essere un “incivilimento” di ciò che, forse,
presso diverse popolazioni della Terra, era una consuetudine, cioè,
rapire una donna, da parte di un uomo, per farne la propria sposa.
Tuttavia questa ipotesi, che consiste nel considerare il
corteggiamento un incivilimento del ratto della sposa, è applicabile
a molte ma non a tutte le società umane.