8
aderenti alla realtà aziendale sottostante) non può prescindere da una convincente
soluzione dell’altro (migliorare la quantità e soprattutto la qualità dell’informativa sul
capitale intellettuale d’impresa)4.
Palese, dunque, appare l’esigenza di sviluppare nuovi modelli di reporting in grado di
identificare e misurare la potenzialità di generare valore imputabile a risorse
intangibili e di massimizzarne il rendimento. Per rispondere a tali esigenze
manageriali e reportistiche, si è assistito, a partire dalla seconda metà degli anni ’90,
ad un proliferare di pubblicazioni di taglio scientifico ed operativo, manageriale e
normativo che, in modo diretto o indiretto, hanno trattato, trattano, e sicuramente
tratteranno anche in futuro, la questione degli intangibles. Molto più rallentata rispetto
al loro ritmo di ideazione e diffusione, è però risultata l’accettazione a livello teorico e
la propagazione nella prassi aziendale dei principi espressi da tali numerosi ed
innovativi metodi di misurazione e valorizzazione degli intangibles, in ragione di una
serie di considerazioni problematiche e di riserve concettuali (e forse anche culturali).
La prima conclusione che possiamo trarre da queste poche considerazioni
introduttive, apparentemente scontata ma in realtà assolutamente non banale, e che
anzi costituirà il punto di partenza di questo lavoro, è dunque il riconoscimento
dell’esistenza di un problema. Il passaggio, come dicevamo, non è banale perché in
realtà ha come imprescindibile implicazione logica quello di ammettere che l’attuale
modello contabile è imperfetto e come tale può, o forse deve, essere migliorato e
perfezionato. Il nostro obiettivo sarà dunque quello di affrontare la problematica della
comunicazione finanziaria al mercato, alla luce delle sopramenzionate evoluzioni del
contesto economico e delle accennate carenze dell’attuale modello contabile.
Partiremo, nel primo capitolo, analizzando le attuali regole contabili, alla luce degli
obiettivi che il bilancio si propone di perseguire e dei bisogni che intende soddisfare,
cercando di mettere in luce le problematiche che hanno portato numerosi
commentatori ad iniziare a parlare di obsolescenza dei tradizionali sistemi contabili,
che non sarebbero più in grado di cogliere e rappresentare in modo tempestivo i
nuovi fenomeni che stanno modificando profondamente il quadro economico.
Continueremo poi analizzando le potenziali novità che potrebbero essere introdotte a
seguito dello sviluppo del progetto “Intangibile Assets”, che è stato discusso dallo
4
Quaderno AIAF n° 116, “Intangibles: metodi di misurazione e valorizzazione”, 2003
9
IASB nella riunione tecnica dello scorso 23 gennaio e che dovrebbe essere
trasformato in un discussion paper nel prossimo dicembre.
Nel secondo capitolo, invece, analizzeremo la problematica dalla prospettiva di una
società calcistica professionistica, la FC Juventus Spa: affrontando un caso concreto,
cercheremo di mettere in luce, con un taglio più pratico ed applicativo, le inefficienze
dell’attuale framework contabile, le carenze comunicative dello stesso ed il
potenziale gap informativo che i vari stakeholders aziendali si trovano a dover
affrontare leggendo il bilancio. Si tratterà di analizzare e comprendere le dinamiche
di un settore particolare e complesso com’è quello delle società di calcio, tenendo
conto delle peculiarità dello stesso, ma cercando non di meno di giungere a delle
conclusioni che possano avere una valenza di carattere generale. Il percorso si
chiuderà poi con il terzo ed ultimo capitolo, in cui, facendo leva su quanto emerso ed
osservato con riferimento al caso Juventus, si cercheranno di indicare le possibili
soluzioni ed i possibili sviluppi auspicabili per il futuro, confrontandosi con le
perplessità, i limiti e le preoccupazioni emerse dal dibattito internazionale
attualmente in corso.
Chiaramente, non vi è la presunzione di giungere ad una soluzione di una
problematica che appare complessa e che ancora oggi, dopo almeno un decennio di
dibattito e di contributi di autorevoli esponenti, sia in dottrina che nel mondo
aziendale, nonché in quello degli analisti finanziari, pare non aver trovato uno sbocco
condiviso e condivisibile da parte della comunità economico-finanziaria. La speranza
è invece quella di fornire un contributo che possa mantenere vivo l’interesse su una
questione di fondamentale importanza, in un momento storico cruciale in cui si
potrebbe assistere ad una vera e propria rivoluzione nei bilanci delle settemila
società quotate europee. “La valanga ha iniziato a rotolare verso valle”5.
5
Bini, M., “Si preparano nuovi standard sugli intangibili interni”, Il Sole 24 ore, 07/02/2007
11
CAP. 1
1.1 I criteri ed i vincoli di contabilizzazione imposti dall’attuale versione dello
IAS 38: ragioni storiche e possibili evoluzioni future
Nella nuova “economia della conoscenza” le componenti immmateriali o, secondo
altri sinonimi, i beni intangibili, gli invisible assets, il capitale intellettuale, hanno
dunque – a pieno diritto – conquistato un ruolo di primo piano tra le risorse aziendali6.
Tale spostamento nell’importanza relativa dei principali value drivers aziendali è
tanto più evidente quanto più si guarda alle valorizzazioni espresse dalle
contrattazioni dei titoli azionari nei mercati finanziari, in cui le imprese sono valutate
tre, quattro, dieci volte più del valore contabile del loro patrimonio, dando origine ad
una differenza che il Prof. Guatri ha definito come “il differenziale fantasma”. Pur con
tutte le cautele del caso, e tenendo conto delle problematiche e dei limiti che
affliggono anche il market value, è dunque un dato di fatto che, ad oggi, il bilancio
non è in grado di rappresentare correttamente il reale valore di una società e che tale
incompleta ed imprecisa rappresentazione è, in larga misura, attribuibile alla
mancata valorizzazione in bilancio degli assets intangibili dell’azienda. Prima di
cercare di delineare i possibili interventi e le linee di sviluppo dell’attuale framework,
appare dunque opportuna una breve analisi delle regole contabili in vigore, per
cercare di evidenziarne la logica e i principi sottostanti, ma anche le carenze e i
limiti, alla luce delle sopracitate nuove esigenze informative.
In particolare, la disciplina relativa alla contabilizzazione in bilancio dei beni
immateriali è contenuta nello IAS 38, “Intangible assets”, emanato nel settembre del
1998 e revisionato il 31 marzo 20047. Nel principio contabile in esame, il trattamento
dei beni immateriali viene affrontato in ordine cronologico: il primo passo è
l’individuazione dei beni che si possono iscrivere nello stato patrimoniale, il secondo
la loro misurazione iniziale e, l’ultimo, la loro valutazione continuativa. Per l’iscrizione
lo IASB richiede il verificarsi di alcuni prerequisiti, ossia le condizioni di
riconoscimento di un’attività e, solo successivamente, precisa i requisiti per
6
M. Doria, “Intangibles assets come driver per la creazione di valore”, Venezia, 2004.
7
H. Stolowy – A. Jeny Cavazan, “International accounting disarmony: the case of intangibles”, in
Accounting & Accountability Journal, n. 4, 2001.
12
l’identificazione dei beni immateriali8. I prerequisiti per il riconoscimento risultano
soddisfatti quando la risorsa è controllata dall’impresa e quando questa è in grado di
generare benefici economici futuri, esprimibili in termini di maggiori ricavi, di risparmi
di costi o di altri benefici. Trattandosi di eventi futuri non si pretende certezza ma una
probabilità fandata su aspettative (probability recognition criterion).
Una volta che la risorsa immateriale è riconoscibile come attività patrimoniale, per
consentirne l’autonoma rilevazione in bilancio, è necessario che la stessa si qualifichi
come attività autonomamente identificabile. Lo IAS 38 afferma che un’attività è tale
quando integra alternativamente uno dei seguenti criteri:
i) criterio della separabilità: l’attività può essere oggetto di scambio con terze
economie, individualmente o congiuntamente con altre attività/passività,
separatamente dall’entità che la possiede. La separabilità non implica
l’esistenza di transazioni in corso, ma la possibilità che queste possano
accadere. E’ dunque sufficiente che vi siano state transazioni su attività di
tipo similare, anche se tali scambi non avvengono con frequenza9;
ii) criterio contrattuale – legale: l’attività origina da diritti contrattuali o legali,
indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili
dall’entità che li possiede o da altri diritti o obbligazioni. E’ questo il caso
delle concessioni (per esempio di utilizzo delle sorgenti di acqua termale)
non trasferibili poiché concesse ad personam.10
Ma per poter contabilizzare un’attività immateriale, lo IAS 38 richiede, oltre al
soddisfacimento della definizione, altri due requisiti:
1) che sia probabile che i futuri benefici economici affluiranno all’impresa
(valutazione che deve essere effettuata sulla base delle conoscenze
disponibili al momento della rilevazione iniziale);
2) che il costo possa essere attendibilmente determinato.
8
Oltre a ciò lo IASB prevede che la condizione di immaterialità deve essere prevalente e quindi non
sono beni immateriali il software per il funzionamento di un macchinario, ricompreso nel macchinario,
o il software del sistema operativo, ricompreso nell’hardware.
9
Sul punto si veda anche lo SFAS 141 § 11. Inoltre il FASB così commenta in allegato: “Therefore,
the Board concluded that it should not limit the recognition of intangibles assets that meet the
separability criterion to only those that are traded in observable exchange transactions” (SFAS 141,
Appendix B, § 160)
10
M. Ghitti, “Intangibili generati internamente: una rivoluzione (lentamente) in arrivo?”, Rivista dei
Dottori Commercialisti, n.4/2007