fondamentali di cui si accennava poc’anzi, meritano una particolare analisi i diritti
sociali, i quali hanno visto - quanto all’ampiezza della loro tutela - una certa evoluzione
che si è sviluppata a partire dall’Atto Unico europeo del 1986, fino ad arrivare al Trattato
di Lisbona del 2007.
Nell’ambito delle norme del Trattato attualmente vigenti in materia sociale ricordiamo
l’art. 2 TCE che prevede il raggiungimento di un “elevato livello di occupazione di
protezione sociale”, da leggersi in combinato disposto con l’art. 3 lett. i) TCE, il quale fa
riferimento ad una strategia coordinata per l’occupazione in vista del coordinamento tra
le politiche degli Stati membri in materia di occupazione. Al fine di raggiungere tale
obiettivo, la natura della competenza che il Trattato attribuisce alla Comunità europea è
meramente quella di coordinamento delle politiche nazionali (artt. 125 e ss. TCE). L’art.
136 TCE prevede che, nel perseguire l’obiettivo della promozione dell’occupazione, il
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una tutela sociale adeguata, il
raggiungimento di un livello occupazionale elevato e duraturo, la Comunità tenga
presenti
3
i diritti sociali fondamentali quali definiti dalla Carta sociale europea del 1961 e
della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989. L’art. 137
TCE prevede invece che la Comunità integri l’azione degli Stati membri nel
perseguimento degli obiettivi previsti dall’art. 136, in particolare nei settori delle
condizioni di lavoro (comma 1, lett. b); della sicurezza sociale e protezione sociale dei
lavoratori (lett. c); della informazione e consultazione dei lavoratori (lett. e); della
rappresentanza e difesa collettiva dei lavoratori (lett. f). Rimangono invece escluse, ai
sensi del comma 5 del presente articolo, il diritto di associazione, il diritto di sciopero e il
diritto di serrata. Ciò non comporta tuttavia che il diritto di sciopero e di associazione
debbano ritenersi esclusi dall’ambito di applicazione del diritto comunitario. Più
semplicemente, l’art. 137, comma 5 TCE
4
esclude un’azione di sostegno della Comunità
lavoratori di fronte alla libertà di prestazione dei servizi nella CE, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”
INT-49/2006.
3
Da questa locuzione appare evidente come il legislatore comunitario abbia inteso attribuire un’importanza
ed un valore alla materia sociale che fossero parificati a quelli attribuiti alla materia relativa alle libertà
economiche. La comunità deve “tenere presenti” i diritti sociali fondamentali, non già ritenerli prevalenti
sui diritti di natura economica, diversamente si creerebbe una gerarchia fra diritti fondamentali che non è
giustificabile allo stato attuale del diritto comunitario. Cfr. conclusioni dell’Avvocato generale Mengozzi,
in causa c-341/05, pt. 84.
4
Il quale sancisce che “le disposizioni del presente articolo non si applicano alle retribuzioni, al diritto di
associazione, al diritto di sciopero nè al diritto di serrata”.
3
europea quanto alle competenze nazionali relative a tali diritti, i quali sono comunque
garantiti a livello comunitario grazie a strumenti quali la Carta sociale europea del 1961 e
alla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989, che li
prevedono esplicitamente (la relativa disciplina è demandata al legislatore nazionale),
nonchè grazie alla previsione di cui all’art. 6 TUE
5
, che contiene un indiretto richiamo
anche alle singole previsioni della CEDU in materia
6
. Nel definire la portata ed i limiti
del diritto di associazione e di ricorrere all’azione collettiva, ivi compreso il diritto di
sciopero, un significativo contributo è stato inoltre apportato dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti umani di strasburgo
7
. Se dunque sussiste un mero onere, in capo
alla Comunità, di tutela dei diritti sociali e dei diritti dei lavoratori (nella veste di diritto
di associazione sindacale e di esercizio dell’azione collettiva), si rende talvolta necessario
un loro coordinamento rispetto all’esercizio delle competenze comunitarie in materia di
libertà economiche
8
.
Il presente lavoro mira a contribuire all’analisi di come sia stato operato il bilanciamento
tra la tutela dei diritti sociali fondamentali, di esercizio dell’azione collettiva e di
sciopero, e la garanzia delle libertà economiche fondamentali, nella giurisprudenza della
5
In base al quale “l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e quali risultano dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri”.
6
L’art. 11, comma 1 CEDU dispone che “ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla
libertà d’associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad essi
per la difesa dei propri interessi”. Il comma 2 prevede inoltre che “l’esercizio di questi diritti non può
essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure
necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per la difesa
dell'ordine e la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale e per la protezione dei
diritti e delle libertà altrui. Il presente articolo non vieta che restrizioni legittime siano imposte all'esercizio
di questi diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell’amministrazione dello Stato”.
7
Cfr. Corte eur. D. U., sentenza Sindacato nazionale della polizia belga c. Belgio, 27 ottobre 1975, serie A.
N. 19, § 39; ”; sentenza Wilson, National Union of Journalists e a. C. Regno Unito, 2 luglio 2002, Recueil
des arrêts et decisions 2002-V, § 44; sentenza Schmidt e Dahlström c. Svezia, 6 febbraio 1976, serie A n.
21, § 34; sentenza Sigurður A. Sigurjònsson c. Islanda, 30 giugno 1993, Serie A n. 264, § 35; sentenza
Gustafsson c. Svezia, 25 aprile 1996, Recueil des arrêts et decisions 1996-II, pag. 637, § 45; sentenza
Sørensen e Rasmussen c. Danimarca, 11 gennaio 2006, § 54; sentenza Swedish Engine Drivers’ Union c.
Sweden, 27 ottobre 1976, serie A n. 20, § 40.
8
Nell’ambito del rapporto tra diritti fondamentali e libertà economiche rivestono una particolare
importanza le sentenze C-112/00, Schmidberger, Racc. 2003, pag. I-5659, ppt. 74 e 77, relativa alla libera
circolazione delle merci, e C-36/02, Omega, Racc. 2004, pag. I-9609, ppt. 35 e 36, relativa alla libera
prestazione dei servizi.
4
Corte di giustizia
9
, con particolare riguardo alle cause Viking Line e Laval
10
. Oggetto
primo della nostra breve analisi
11
sarà la natura giuridica del diritto di esercitare l’azione
collettiva, nel tentativo di stabilire se esso possa essere considerato o meno come diritto
fondamentale dell’ordinamento comunitario
12
; inoltre, dal momento che nei casi citati
l’azione collettiva è esercitata da soggetti privati (imprenditori e associazioni sindacali),
merita attenzione la verifica dell’eventuale efficacia diretta orizzontale degli artt. 43 e 49
TCE (nel caso Laval tale questione riguarda anche la direttiva 96/71 CE)
13
, ed
eventualmente l’esame della sussitenza di una responsabilità indiretta degli Stati membri
9
Cfr. causa C-369/96, Arblade; Racc. 1999, pag. I-8453; Mazzoleni, Racc. 2001, pag. I-2189; cause riunite
C-49, 50, 52, 54, 68, 71/98 Finalarte, Racc. 2001, pag. I-7831; causa C-36/02, Omega, Racc. 2004, pag. I-
9609.
10
Bisogna sottolineare che i due casi menzionati hanno assunto particolare importanza, almeno nella fase
iniziale nel dibattito che ne è scaturito, soprattutto in relazione all’emanazione della direttiva 2006/123/CE.
Direttiva che ha sofferto un iter legislativo decisamente travagliato, caratterizzato da forti critiche, e
conclusosi infine con l’apposizione di significativi e numerosi emendamenti, tanto che, allo stato attuale,
può dirsi completamente sconvolto l’assetto iniziale dell’atto. La disposizione che tante polemiche ha
sollevato era rappresentata dall’ormai abrogato art. 16, che stabiliva espressamente l’applicazione del
principio del paese d’orgine nell’ambito della prestazione di servizi in uno Stato membro diverso da quello
in cui il prestatore è stabilito (pur se assortito, è opportuno sottolineare, di numerose deroghe). I
contestatori della direttiva vedevano nel principio del paese d’origine una seria minaccia per le garanzie
poste a tutela dei lavoratori, minaccia che si sarebbe concretizzata nel rischio di dumping sociale; i
sostenitori della direttiva vedevano al contrario nell’atto una valida opportunità per rendere ancora più
efficiente e agevole la prestazione transfrontaliera dei servizi, tanto da ritenere un fallimento la versione
finale, così emendata, della direttiva. Sulla direttiva 2006/123/CE, cfr. A. MALATESTA, Principio dello
Stato di origine e norme di conflitto dopo la direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno: una
partita finita?, in Rivista di diritto internazionale pivato e processuale, 2007, pagg.293-312.
11
Per una sintesi dei fatti relativi alle sentenze citate, e delle questioni giuridiche ivi affrontate, si veda R.
EKLUND, Memorandum relating to the Laval case, C-341/05, reperibile in
www.juridicum.su.se/jurweb/utbildning/exchange/eccommercial/ovrigt_pdf/HT07/Material/Ronnie%20Ekl
und/Memo.pdf; D. FITZPATRICK (report of), Europeancourt to rule on landmark labour case, in Transport
International Magazine, 2006, reperibile in www.itfglobal.org/transport-international/ti27-viking.cfm; G.
BRONZINI, V. PICCONE, Diritto di sciopero e libertà di circolazione nelle recenti conclusioni degli Avvocati
generali, in Rivista Critica del Diritto del Lavoro, 2007, pp. 619-629; M. PALLINI, Il caso Laval-Vaxholm:
il diritto del lavoro comunitario ha già la sua Bolkestein? In Rivista italiana di diritto del lavoro, 2006, pp.
239-248. Per una descrizione dei fatti relativi alle sentenza Laval, alla luce del contesto legislativo svedese,
si veda K. AHLBERG, N. BRUUN, J. MALMBERG, The waxholm case from a Swedish and European
perspective, in Transfer. The European Review of Labour and Research, 2006, pagg. 155-166.
12
Cfr. conclusioni dell’Avvocato generale Mengozzi, in causa C-341/05, ppt 48 e ss., e conclusioni
dell’Avvocato generale Poiares Maduro in causa C-438/05, ppt. 20 e ss. Una importante riflessione in tal
senso viene fornita da M. V. BALLESTERO, Europa dei mercati e promozione dei diritti, in WP C.S.D.L.E.
“Massimo D’Antona” INT-55/2007, pag. 17, la quale afferma in particolare che “l’ingresso del diritto di
sciopero (o più in generale del diritto di azione collettiva) nel diritto comunitario non è certo privo di
significato politico, ma non è neppure privo di conseguenze giuridiche rilevanti, giacchè porta
inevitabilmente con sè la rilettura dell’esclusione dello sciopero e dei diritti di negoziazione e di azione
collettiva dalla competenza della comunità (art. 137 TCE)”.
13
Conclusioni dell’Avvocato generale Poiares Maduro, pt. 14 e ppt. 32 e ss.; conclusioni dell’Avvocato
generale Mengozzi, ppt. 123 e ss., ppt 161 e ss., ppt. 220 e ss.
5
relativamente al controllo sugli atti posti in essere dai sindacati
14
, i quali svolgono una
funzione quasi-pubblica. Infine, si passerà a verificare se, ed in quale misura, il diritto di
ricorrere all’azione collettiva sia compatibile con le norme dei Trattati relative alla libertà
di stabilimento e alla libera prestazione di servizi
15
.
1. Il caso Viking Line Nel procedimento C-438/05 Viking Line la questione principale
sotto il profilo giuridico verte sulla necessità di conciliare la tutela del diritto di esercitare
l’azione collettiva con la garanzia del diritto di stabilimento, sancito dal Trattato agli artt.
43 e ss. TCE. Le parti in causa sono rappresentate da soggetti privati: la Viking Line è una
società di diritto finlandese, operante nel settore dei trasporti marittimi. La flotta
posseduta dalla Viking comprende il Rosella, un natante battente bandiera finlandese
impegnato sulla tratta che unisce Estonia e Finlandia. La FSU (Finnish Seamen’s Union)
è un sindacato finlandese di marittimi, affiliato alla ITF (International Transport
workers’ Federation), una federazione internazionale di sindacati, stabilita a Londra.
Finchè il Rosella batte bandiera finlandese, la Viking è tenuta a rispettare il diritto
nazionale finlandese e il vigente contratto collettivo di lavoro, pagando all’equipaggio le
retribuzioni allo stesso livello di quelle erogate in Finlandia. Dal momento che gli
operatori marittimi estoni vengono pagati in base alle tariffe salariali dell’Estonia, che
risultano inferiori a quelle svedesi, e che gli armatori di quello Stato possono così fornire
lo stesso servizio a costi inferiori, la Viking ha risentito degli effetti della concorrenza
delle navi estoni, e il Rosella ha operato in perdita. Di conseguenza, nell’ottobre 2003 la
Viking ha espresso la volontà di cambiare bandiera alla nave, registrandola in Estonia e
concludere là un nuovo contratto collettivo, allo scopo di pagare salari più bassi. La FSU
14
Cfr. G. ORLANDINI, Diritto di sciopero, azioni collettive transnazionali e mercato interno dei servizi:
nuovi dilemmi e nuovi scenari per il diritto sociale europeo, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona” INT-
45/2006, pagg. 16 e ss, ove afferma che “la eventuale efficacia orizzontale dell’art. 49 non osterebbe”
all’applicazione del principio di responsabilità indiretta degli Stati, cosi come definito dalla Corte,
relativamente alla libertà di circolazione delle merci, in causa C-265/95, Commissione c. Repubblica
francese, Racc. 1997, pag. I-6959, e poi ribadito nella celebre sentenza Schmidberger.
15
M. V. BALLESTERO, Europa dei mercati e promozione dei diritti cit., pag. 18, parla di un rovesciamento
di prospettiva in tale ambito: “la prospettiva appare rovesciata rispetto a quella cui ci ha abituato la
tradizione costituzionale italiana (e non solo italiana), che accorda priorità ai diritti sociali rispetto alle
libertà economiche, e assegna inoltre ai diritti sindacali dei lavoratori la funzione essenziale di strumento di
riequilibrio dei poteri tra le forze sociali: cosicché l’esercizio del diritto di sciopero è legittimo fino al punto
in cui non pregiudica (nel loro contenuto essenziale) diritti della persona costituzionalmente tutelati. Nel
diritto comunitario, viceversa, la libertà economica può legittimamente espandersi fino al limite in cui non
intacca il contenuto essenziale del diritto fondamentale di azione collettiva”.
6