5
porsi inoltre la questione dell’identità culturale nel contesto di quanto avviene, in
tutta la sua complessità, in Europa.”
2
Il processo di unificazione europea da un lato e l’evoluzione tecnologica
della televisione dall’altro vanno infatti contestualizzati nel più ampio fenomeno
della globalizzazione delle economie e delle culture, cui corrisponde un parallelo
ritorno al locale ed alle sue forme di appartenenza, che molti osservatori
definiscono come “glocalism”, per sottolineare appunto il nesso globale-locale.
“Dove le ‘regioni implodono’ nelle località e le nazioni ‘esplodono’ in un
complesso spazio globale, - osserva N. Albersten - si ha quindi un crescente
rapporto diretto tra locale e globale. Come parte di questo processo, il ruolo e
l’importanza dello stato-nazione sono diventati sempre più problematici e
discutibili.”
3
Emerge dunque con chiarezza che “lo stato-nazione, nelle sue
classiche forme europee, sembra essere al tempo stesso troppo ampio e troppo
piccolo per tutta una serie di scopi sociali”.
4
Anche il mantenimento della
sovranità e dell’identità nazionale diventa sempre più difficile man mano che le
unità di produzione e di consumo economico e culturale si fanno sempre più
transnazionali. Nel momento in cui l’organizzazione degli spazi politici e
culturali diviene sovranazionale, gli individui devono rassegnarsi all’idea di
un’identità univocamente definita e stabile, per aprirsi invece ad un’identità
pluralista ed inclusiva della diversità, che le società sempre più multi-etniche e la
formazione di comunità virtuali accanto a quelle reali rendono inevitabile.
2
K. Robins e A. Torchi, op. cit, p.3.
3
Tratto da K. Robins e A. Torchi, op. cit., p.20.
4
R. Williams tratto da K. Robins e A. Torchi, op. cit., p. 20.
6
“Viviamo, ormai, in una situazione di policentrismo di mondi vitali, - osserva
Mario Morcellini - ciò che implica (...) un’enfasi sulla relativizzazione e sulla
‘mobilità’ dei punti di riferimento.”
5
In una società complessa l’identità diventa
incerta e tormentata, perché costretta a fare i conti “con una realtà in cui il
percorso di vita individuale passa attraverso una sempre più ampia molteplicità
di ambiti di vita, fra cui risulta difficile trovarne qualcuno che prevalga sugli altri,
al punto di dare ad essi significato in cui è arduo individuare i punti di riferimento
forti.”
6
Si assiste quindi ad una “frantumazione dell’identità in una miriade di
sub-identità che si rintracciano come catalizzate attorno a diversi ruoli sociali
assunti di volta in volta ed attorno ai singoli livelli di esperienza”.
7
L’identità europea sembra una dimensione appropriata ai cambiamenti in
corso, poiché la storia e la cultura europea trovano un momento fondante
nell’unità della diversità. Alberto Savinio vedeva proprio nella divisione il
carattere europeo: “L’intelligenza dell’Europa ha una funzione singolare: divide e
separa.”
8
T.S. Eliot, in una conversazione radiofonica indirizzata alla Germania,
affermava che: “non vi può essere ‘cultura europea’ se i diversi paesi sono isolati
l’uno dall’altro: aggiungo ora che non vi può essere cultura europea ove tutti
questi paesi vengano ridotti ad una identità indifferenziata. Ci occorre varietà
nell’unità: non l’unità dell’organizzazione, ma della natura.”
9
5
M. Morcellini, Passaggio al futuro, Milano, FrancoAngeli, 1992, p. 81.
6
L. Altieri, citato in M. Morcellini, op. cit., p.81.
7
R. Cipriani citato in M. Morcellini, op. cit., pp. 79-80.
8
Tratto da A. Grasso, “Televisioni nazionali e televisione europea”, in C.-D. Rath (a cura di), Le
televisioni in Europa, Torino, Edizioni della Fondazione G. Agnelli, 1990, p. 408.
9
Citatao in A. Grasso, op. cit., p. 410.
7
Nella convinzione che non si possa però comprendere il presente né tanto
meno immaginare scenari per il futuro se non si analizza il percorso che ci ha
portati alla realtà contemporanea, l’approccio privilegiato sarà di tipo storico. Si
cercherà cioè di delineare il trend evolutivo dell’unificazione e dell’identità
europea da un lato, quello della mutazione e dell’internazionalizzazione del
medium televisivo dall’altro.
Nel primo caso si tenterà di rintracciare gli elementi caratteristici
dell’identità europea partendo dal mito greco di “Europa” per arrivare all’attuale
“società dell’informazione”, al fine di capire cosa vuol dire essere europei alle
soglie del XXI° secolo, perché ragionare sulla televisione europea non può
prescindere da una riflessione sull’Europa. Ed ogni discorso sull’Europa non può
limitarsi all’Europa dell’Euro e degli eurocrati, non può prescindere dall’Europa
dei popoli. T. S. Eliot sosteneva la necessità di una distinzione tra organizzazione
materiale ed organismo spirituale dell’Europa ed ammoniva: “Se quest’ultimo
muore, quel che organizzerete non sarà l’Europa, ma unicamente una massa di
esseri umani che parla diverse lingue. E non vi sarà più alcuna giustificazione
perché essi continuino a parlare diverse lingue, poiché non avranno più nulla da
dire che non possa dirsi ugualmente bene in qualsiasi lingua : in breve, non
avranno più nulla da dirsi in poesia.”
10
Le istituzioni europee sono pienamente consapevoli dell’importanza della
dimensione umana e culturale del processo di unificazione europea: l’inserimento
della cultura tra le priorità delle politiche comunitarie con l’art. 128 del Trattato
10
Ibidem.
8
di Maastricht e l’istituzione della cittadinanza europea testimoniano una piena
presa di coscienza dell’Unione europea in relazione all’Europa dei popoli. “The
involvement of citizens - si legge cliccando sul sito della DG X - is one of the key
elements that will determine the success of the European Union in the coming
years. Developements such as the moves towards a single currency, over closer
ties with Central and Eastern Europe comunities and an institutional framework
adapted to the ambitions and responsabilities of an enlarged Union , cannot be
envisaged without the support and partecipation of the citizens. The involvement
depends first of all on the capacity of European politicians and institutions to
listen to their concerns and to provide clear and rapid information.”
11
Se quella che vogliamo costruire è un’Europa democratica e
saldamente radicata nella coscienza civile, la partecipazione degli europei diviene
un elemento fondamentale. Secondo un sondaggio dell’Eurobaromètre,
12
oggi
solo il 5% degli intervistati si definisce “cittadino europeo”, contro il 45% che si
definisce unicamente in base alla propria appartenenza nazionale ed il 40% che
parla di doppia appartenenza nazionale ed europea. Il senso d’appartenenza
nazionale rimane quindi privilegiata.
E qui entriamo nel discorso sulla televisione europea, medium culturale ed
informativo importantissimo. Partendo dalla nascita della televisione in Europa e
sottolineando la filosofia che ne ha guidato l’evoluzione nei principali paesi
europei (Gran Bretagna, Francia, Germania ed Italia), si vedrà come lo sviluppo
11
Il sito della DG X (Direzione Generale dell’informazione, comunicazione, cultura e audiovisivo) è
consultabile al seguente indirizzo Internet: http://europa.eu.int/en/comm/dg10/avpolicy/avpolicy.html
9
delle nuove tecnologie e del mercato porti la televisione a superare le barriere
nazionali, favorendo così lo sviluppo di una televisione europea. La politica
audiovisiva comunitaria gioca in questo senso un ruolo insostituibile e - nel
rispetto delle politiche nazionali - mira a favorire la creazione di uno spazio
audiovisivo continentale, presupposto indispensabile alla creazione di una
televisione europea. Si valuterà l’azione dell’Unione europea, orientata ad
un’armonizzazione delle legislazioni e degli standard tecnici dei sistemi televisivi
nazionali ed impegnata a favorire lo sviluppo di una forte industria europea dei
programmi. L’importanza attribuita dalle istituzioni comunitarie al settore
audiovisivo emerge chiaramente dalle parole del Commissario europeo Marcelino
Oreja, che ha recentemente dichiarato: “L’importance du secteur audiovisuel ne
saurait donc etre surestimée: pour la grande majorité des Européens, il s’agit de la
source principale d’information, en ce qui concerne non seulement les
événements qui se produisent dans leur monde mais aussi la nature de ce monde.
Elle joue un role considerable dans les développement et la transmission des
valeurs sociales et influence non seulement ce que les gens voient mais aussi la
manière dont ils comprennent ce qu’ils voient. Elle est la source principale de
divertissement et de culture.”
13
La Tv dunque come fonte di informazione ma anche di definizione e
rappresentazione della realtà, come mezzo di socializzazione e di trasmissione di
12
Eurobaromètre, L’opinion publique dans l’Union Européenne, n. 47, Office des Publications Officielles
des Communautées Européennes, printemps 1994.
13
M. Oreja, “Le secteur audiovisuel : vital et spécifique”, in L’ére numérique : Rapport du groupe de
réflexion à haut niveau sur la politique audiovisuelle” , octobre 1998, documento consultabile al seguente
indirizzo Internet : http://europa.eu.int/en/comm/dg10/avpolicy/avpolicy.html.
10
norme e valori. E’ proprio a partire dalla funzione cognitiva e rappresentativa del
medium televisivo sostenuta da varie teorie della comunicazione, quali la teoria
della dipendenza dai media e l’ipotesi di agenda setting, che si rintracceranno le
motivazioni di ordine sociologico, massmediologico e culturale a sostegno di una
televisione europea.
Si analizzerà quindi il cammino della televisione europea, ed in particolare
le iniziative sostenute dalla Comunità europea quali l’esperimento Eurikon,
Europa-Tv ed Euronews. I fallimenti, i successi e il know-how accumulati in un
ventennio di televisione europea costituiscono un prezioso materiale per un
discorso sulla televisione a dimensione
continentale alle soglie del nuovo millennio. E’ proprio a partire dalle esperienze
passate e presenti che si proverà, nella parte conclusiva e sperimentale, ad
immaginare una televisione europea, delineando i nodi centrali della riflessione.
Ovviamente ogni progetto di televisione europea dovrà tener presenti
cambiamenti sociali e culturali operati dall’innovazione tecnologica nonché le
attuali evoluzioni del mezzo televisivo, che sta perdendo i suoi caratteri nazionali,
generalisti ed hertziani per divenire sempre più una Tv digitale, tematica ed
interattiva, grazie soprattutto all’alleanza col cavo ed il satellite. Avvalendosi del
supporto dell’intervista a Massimo Fichera
14
e del suo punto di vista privilegiato
sul tema affrontato, si tenterà quindi di delineare gli elementi portanti di un
possibile modello di televisione europea, nella consapevolezza che le conclusioni
14
Cfr. Intervista in appendice.
11
del candidato non saranno compiutamente progettuali, ma più correttamente
dialettiche.
Prima di passare alla parte successiva, si vuol specificare in fine che, ogni
qual volta vi parlerà di “una televisione europea per l’Europa”, ci si riferirà ad un
modello televisivo sovranazionale che trovi le proprie motivazioni e finalità non
soltanto nelle esigenze di un ampio mercato continentale, ma anche nella
dimensione culturale ed identitaria di un medium televisivo europeo.
12
CAPITOLO 1
CAPIRE CHI SIAMO PER DECIDERE DOVE ANDIAMO:
METODI, MOTIVAZIONI E FINALITA’ DELLA COSTRUZIONE
EUROPEA
Resta ancora molto da fare invece di discutere e proporre
in dettaglio, ma non è comunque possibile persistere nella
confusione di un’economia ‘internazionale’ e di uno
‘stato-nazione’. Se non possiamo individuare e
comunicare forme sociali più efficaci, saremo condannati
a reggere il passo accelerato di nazionalismi falsi e
frenetici e di un transnazionalismo globale avventato ed
incontrollabile.”
(Raymond Williams)
1.1 Alle radici dell’idea d’Europa
“Non si costruisce l’Europa soltanto su interessi economici e nemmeno su
ragioni politiche, ma sulla convinzione di essere proiezione di una comune
matrice di civiltà e sulla base di una fondamentale unità spirituale”,
15
afferma
Gian Piero Orsello.
Diviene così evidente la necessità di indagare sull’anima dell’Europa come
conditio sine qua non per ogni programma d’integrazione europea che
aspiri a creare non una qualsiasi Europa, bensì un’Europa dei popoli e dei
cittadini, che si sentano parte di una comune tradizione, di una comune civiltà e
che avvertano quindi come indispensabile l’esigenza di una tale comunione.
13
Ne consegue che anche la riflessione su “una televisione europea per
l’Europa” non possa esimersi dall’iniziare con una ricerca di quell’identità
europea che si propone di promuovere, sostenere, rappresentare e rispecchiare.
Perché, come sostiene Edgar Morin
16
, occorre capire l’Europa, considerare la
nostra “communauté de destin”, per poter affrontare una “communauté de
dessein”.
L’Europa è una nozione incerta, a geometria variabile, ha frontiere vaghe,
nasce dal caos e subisce degli slittamenti, delle rotture, delle metamorfosi: è un
luogo in cui esiste il diritto, ma anche la forza e la guerra, la democrazia, ma
anche l’oppressione e il totalitarismo, la spiritualità, ma anche il materialismo, la
ragione ed il mito.
E’ difficile percepire l’Europa a partire dall’Europa, come è difficile
conoscere se stessi, per di più da un punto particolare dell’Europa; è difficile
evitare ogni atteggiamento di eurocentrismo o di rifiuto dell’Europa. J.B.
Duroselle
17
ricorda che l’etimologia della parola Europa è dubbia: in greco
l’aggettivo eurus significa largo e il nome ops significa occhio, viso, così Europa
sarebbe una donna dai grandi occhi, con un bel viso; nella lingua semitica invece
Europa deriverebbe da erebu, che vuol dire tramontare del sole, in opposizione ad
asu, che indica il suo sorgere e quindi l’Oriente, l’Asia. Pertanto l’Occidente
avrebbe inscritto nella sua origine un senso di decadenza e di declino, benché
nell’epoca moderna assuma un significato di superiorità culturale, come fattore
15
G. P. Orsello, Ordinamento comunitario e Unione europea, Milano, Giuffré Editore, 1994, p. 7.
16
E. Morin, Penser l’Europe, Paris, Editions Gallimard, 1990, p.20.
17
J.B. Duroselle, L’Europe. Histoire de ses Peuples, Paris, Hachette Littératures, 1998.
14
illuminante e definitivo nella storia del mondo. “Stiamo diventando lentamente
consapevoli - afferma N. Sakai - che l’Occidente, oltre ad essere qualcosa di
particolare in se stesso, rappresenta anche il punto universale di riferimento in
relazione al quale gli altri si riconoscono come particolarità”.
18
Il termine Europa appare per la prima volta in un testo attribuito ad
Esiodo, nell’VIII secolo a.C. La cultura greca è dunque il punto di partenza della
cultura europea. Nella mitologia greca infatti Europa é la figlia del re dei Fenici,
Agenore; è una fanciulla coraggiosa, amante delle avventure, presaga d’un
avvenire luminoso. Zeus se ne innamora e, per rapirla, si trasforma in toro bianco
e la trasporta verso il nostro continente: dalla loro unione nasce Minosse, il
saggio ordinatore di Creta, dominatore dell’Egeo e dell’Attica.
La Genesi invece contiene l’idea dell’attribuzione dei tre continenti ai tre
figli di Noé: l’Europa a Jafet, l’Africa a Cam, l’Asia a Sem. Così, secondo il
mito, viene fondato il Vecchio Continente. E, come ricorda Roland Barthes, “Il
mito è un sistema di comunicazione, é un messaggio”.
19
Nelle diverse epoche la parola “Europa” assume numerosi significati: sta
ad indicare concetti diversi, prima soltanto geografici, poi storici e culturali, fino
a divenire oggi, come ha scritto Carlo Curcio, “un’idea politica, una bandiera, un
programma d’azione per centinaia di milioni di popoli”.
20
“L’Europa - continua
Curcio - é la nozione d’un ideale confine, che circoscriveva quella società, più o
18
Tratto da M. Featherstone, Cultura globale : nazione, globalizzazione e modernità, Roma, SEAM,
1996, p. 20.
19
R. Barthes, Miti d’oggi, Torino, Giulio Einaudi editore, 1974, p. 203
20
C. Curcio, Europa, storia di un’idea, Firenze, Vallecchi, 1952, p. 1.
15
meno vasta a seconda delle circostanze storiche, e che s’è chiamata Grecia,
Romanità, Cristianità, Occidente, civiltà o soltanto Europa”.
21
All’inizio, la parola Europa è un concetto essenzialmente geografico, dai
confini incerti e fluidi, che intorno al VII secolo a.C. designa il Nord della
Grecia. Ma essa assume una valenza politica quando si sviluppa in un contesto di
crisi o come opposizione ad una civiltà diversa, come quella asiatica o americana.
Come è noto infatti l’identità si definisce per opposizione all’Altro e per
esclusione (“loro”) ed inclusione (“noi”).
Geograficamente l’Europa non è un continente nel senso fisico elementare;
essa è la penisola occidentale dell’Asia, delimitata naturalmente dagli Urali, dalla
Russia che sempre più s’europeizza, ed é chiamata continente per mancanza di un
termine specifico.
Il suo confine ad Oriente è in realtà puramente convenzionale ed aleatorio;
nell’antichità esso era delimitato dal Bosforo. Ancora oggi la Turchia segna il
confine culturale e geografico tra la civiltà occidentale ed orientale, come sembra
sottolineare il suo problematico e contestato ingresso nell’Unione europea,
continuamente rimandato in attesa di maggiori garanzie di rispetto dei diritti
dell’uomo da parte di Ankara. Ad Ovest l’Europa è delimitata dall’Oceano
Atlantico, luogo di scambi commerciali e culturali con l’America, a Sud dal
Mediterraneo, centro della romanità e della comunicazione con la cultura araba.
Morin
22
suggerisce che l’Europa, come tutte le nozioni importanti, si
debba definire non attraverso le sue frontiere, che sono fluide e mutevoli, ma
21
C. Curcio, op. cit., p. 4.
16
attraverso ciò che la organizza e produce la sua originalità, attraverso la sua storia
specifica. Perché solo raccogliendo i fili del passato si costruisce il futuro e si
arriva a capire cosa vuol dire essere europei oggi.
Possiamo innanzitutto individuare tre elementi fondanti dell’identità
europea che corrispondono ad altrettanti momenti storico-culturali: l’elemento
giudeo-cristiano, quello greco e quello latino. Paul Valéry sottolinea infatti come
“ogni razza ed ogni terra che è stata successivamente romanizzata, cristianizzata e
sottomessa nello spirito alla disciplina dei Greci sia assolutamente europea”
.23
• Elemento greco
La Grecia, culla dello sviluppo storico europeo, vede nascere la storia con
Erodoto e Tucidite, mentre grazie alla filosofia, teorizza ed applica i principi
fondamentali di democrazia e libertà individuale.
Nell’Agorà d’Atene, durante il V secolo a.C., s’inizia a praticare la
democrazia come regola politica che permette l’esistenza del dialogo
nell’antagonismo. La democrazia, instaurando il diritto all’esistenza di concezioni
diverse e avversarie, permette ai cittadini di esprimere i loro punti di vista
attraverso il discorso argomentato, istituisce la libertà del dibattito, senza
interdizioni né sanzioni, per tutte le idee e le teorie ed introduce il dubbio e la
critica come principi fondamentali per ogni successiva apertura alla libertà
assoluta di pensare, di pubblicare, d’esprimersi, di convincere, di scrivere. La
democrazia politica istituisce poi il verdetto periodicamente rinnovato dei voti e
delle elezioni.
22
E. Morin, op. cit.
17
Oggi il principio di democrazia e di rispetto del pluralismo politico è
un’acquisizione indiscutibile dei Paesi europei e, insieme al liberismo economico,
è condizione necessaria per l’adesione di qualsiasi paese all’Unione europea.
• Elemento latino-romano
I romani inventano quel diritto che codificherà i rapporti sociali e che
permane tutt’oggi nella maggior parte delle legislazioni europee.
L’Impero romano, caratterizzato da un modello culturale a vocazione
universalista, estenderà poi la sua civilizzazione alle terre conquistate,
integrando, grazie anche ad un’efficientissima rete di comunicazione, i barbari
all’Impero, senza però forzarne l’omologazione. Si sviluppa così quella diversità
nell’unità che sin dalle origini caratterizza il modo d’essere europei. Nel 313
d.C., con l’Editto di Milano, la conversione di Costantino al cristianesimo
rafforza la prospettiva universalista permettendo la libertà di culto ai cristiani e
segna un vero e proprio sconvolgimento, influenzando nei secoli a venire
l’organizzazione politica e sociale, l’economia e la vita quotidiana dei popoli
cristianizzati.
L’Impero romano e la cristianità creano un’area culturale ampia ed
omogenea, che contiene però nel suo seno la diversità così come una costante
aspirazione all’universalismo ed alla pace, senza guerre e barriere.
23
Tratto da Elisabeth du Réan, L’idée d’Europe au XX siècle, Paris, Edition Gallimard, 1989, p 45.