metteranno infine in evidenza alcuni profili critici del nostro sistema, per
sottolineare come il miglioramento dei meccanismi di governance e un’idonea
regolamentazione delle Opa possano contribuire ad accrescere la contendibilità
delle nostre imprese e, dunque, la loro competitività ed efficienza.
Il terzo capitolo avrà ad oggetto il tormentato processo di armonizzazione delle Opa
in ambito europeo. Ad appesantire l’iter sono state anzitutto le divergenti
condizioni da cui ciascuno Stato partiva. Muovendo da tale disomogeneità, il
Rapporto Winter suggeriva, nel 2002, di realizzare un level playing field; di creare,
cioè, i presupposti affinché le Opa potessero avere ovunque eguali aspettative di
successo, funzionando quindi da efficace mezzo di ristrutturazione societaria. Per
altro verso l’atteggiamento ostruzionistico di alcuni Stati ha influenzato a lungo il
dibattito sulle opzioni politico-legislative da porre a fondamento del futuro testo
comunitario, finendo per incidere in modo sensibile sul suo contenuto. Il
riferimento è in particolare alla Germania. Questa, caratterizzata da un sistema
tradizionalmente “bancocentrico”, ha a lungo osteggiato l’introduzione di una
disciplina che la costringesse ad un’apertura eccessiva delle proprie imprese al
mercato; con l’effetto di rallentare notevolmente il progetto dell’Opa europea.
Ad una disciplina comunitaria delle Opa si è così giunti solo nel 2004, anno in cui
Parlamento e Consiglio europei hanno approvato la Direttiva 2004/25. Le
disposizioni della Direttiva saranno oggetto di analisi del quarto capitolo.
Nell’ambito di questo, particolare attenzione verrà dedicata alle disposizioni che
mirano ad una sensibile apertura al mercato delle imprese europee. Le norme in
questione sono essenzialmente due: da un lato la passivity rule, che pone il divieto
2
per gli amministratori di intraprendere, in pendenza di Opa, azioni difensive non
autorizzate dall’assemblea; dall’altro la regola di neutralizzazione, che mira a
sospendere l’efficacia delle restrizioni statutarie o contrattuali all’esercizio del
diritto di voto. L’efficacia di tali norme – nel senso di una maggiore contendibilità
delle società europee - rischia però di essere sensibilmente attenuata da due
disposizioni che lasciano ampio spazio di manovra ai singoli Stati membri; il
riferimento è al regime di opzionalità e al meccanismo di reciprocità, cui le norme
citate possono essere sottoposte.
Lo spazio di manovra lasciato dalla Direttiva è stato pienamente sfruttato dagli Stati
membri. Il quinto capitolo metterà a confronto le esperienze, in tema di Opa, di
quattro ordinamenti: Inghilterra, Francia, Spagna e Germania. Ognuno di questi
Paesi sarà preso in considerazione sotto un duplice profilo. Verrà tracciato, in prima
battuta, un quadro storico della disciplina, così da mettere in evidenza le tendenze
tipiche di ciascun mercato; al fine di saggiare l’effettività delle scelte compiute dal
legislatore comunitario, si prenderanno in considerazione le decisioni assunte in
sede di recepimento. Decisioni destinate ad avere conseguenze diverse sulle
dinamiche dei singoli mercati del controllo: troverà riscontro pratico la distinzione,
vista in apertura, fra società contendibili e società a proprietà accentrata. Ancor più
evidente sarà la divaricazione, laddove si prendano in considerazione due sistemi
finanziari diametralmente opposti: da un lato l’Inghilterra, che, tradizionalmente
orientata al mercato, ha optato per il mantenimento di un regime di accentuata
contendibilità ; dall’altro la Germania, la quale si attesta su una scelta di chiusura al
mercato.
3
Ragionamento analogo a quello condotto nel quinto capitolo verrà svolto in
relazione all’Italia. La disciplina italiana delle Opa contenuta nel TUF del 1998
verrà, nell’ultimo capitolo, analizzata nei suoi profili problematici; verranno inoltre
sottolineati gli aspetti che l’hanno resa, nel panorama normativo internazionale, una
disciplina di “avanguardia”. Quanto al recepimento della Direttiva, nel nostro Paese
il processo non è ancora giunto a compimento. Tuttavia, sulla base delle soluzioni
che si profilano negli ultimi mesi, sarà possibile fare una prima stima degli effetti
che l’introduzione dell’Opa europea avrà sul mercato del controllo italiano.
Si tenterà in definitiva di cogliere le implicazioni che le scelte dei regulators
europei comporteranno in termini di contendibilità delle imprese. Per valutare,
infine, quanto il mercato finanziario unico sia realmente a portata di mano.
4
CAPITOLO 1
LE PIU’ RECENTI TAPPE DEL CAMMINO VERSO IL
MERCATO FINANZIARIO UNICO
1.1 Il Financial Services Action Plan
Sin dalla loro costituzione, le istituzioni comunitarie si sono proposte, quale
obiettivo primario, la realizzazione di un mercato unico dei servizi e degli strumenti
finanziari.
Ragione fondamentale che ha portato le autorità europee ad inserire il “mercato
finanziario unico” tra le priorità dell’agenda comunitaria, è stata l’asserita
equazione fra integrazione dei mercati ed efficienza economica, in funzione di una
maggiore competitività del sistema europeo.
L’idea è che, come recentemente sottolineato da Draghi
1
, “politiche volte ad
accelerare l’integrazione dei mercati finanziari europei concorrono alla crescita
ordinata e duratura dell’economia. L’integrazione dei mercati consente agli
operatori di sfruttare economie di scala, riducendo i costi d’accesso; amplia le
possibilità di diversificazione degli investimenti; assicura un’efficiente allocazione
delle risorse; aumenta le capacità di assorbimento degli shock; contribuisce alla
stabilità del sistema”.
1
Draghi M., stralcio dall’intervento conclusivo nell’ambito di Integrazione dei mercati finanziari,
intermediazione del risparmio, tenutasi il 4 marzo 2006 a Cagliari, organizzata da AIAF, ASSIOM, ATIC
FOREX.
5
Come ogni processo di integrazione, anche quello avente ad oggetto i mercati
finanziari presuppone una necessaria armonizzazione della normativa di settore
vigente negli Stati membri.
Quanto all’armonizzazione normativa del settore finanziario, due sono gli ostacoli
che storicamente si sono frapposti al raggiungimento di risultati concreti in tempi
rapidi: da un lato, la difficoltà di raggiungere un compromesso in sede comunitaria
sulle specifiche questioni sul tappeto (tra le altre, per quello che in questa sede
interessa, la corporate governance); dall’altra, almeno fino al “Rapporto
Lamfalussy”, un processo decisionale spesso lento ed inefficiente.
Le fasi più recenti del processo di creazione del mercato finanziario unico hanno il
loro inizio nel 1999: il 1° gennaio entra in vigore l’UME, forte elemento
catalizzatore dell’armonizzazione; a maggio dello stesso anno la Commissione
Europea detta, attraverso il “Financial Services Action Plan”
2
(di seguito FSAP), le
linee-guida per procedere nella creazione del mercato unico. Col FSAP la
Commissione individua tre obiettivi strategici: i) l’integrazione dei mercati
all’ingrosso; ii) l’apertura dei mercati e dei servizi finanziari al dettaglio; iii) la
armonizzazione ed il rafforzamento delle regole di vigilanza.
Nel quadro del primo obiettivo strategico, tra le misure volte alla definizione di un
contesto sicuro e trasparente per le ristrutturazioni transfrontaliere, figura il
raggiungimento di un accordo politico sulla proposta di direttiva sulle offerte
pubbliche di acquisto. Tale misura viene inserita dalla Commissione fra le azioni
ritenute di “fondamentale importanza per beneficiare pienamente dell’introduzione
dell’euro e per assicurare la competitività del settore dei servizi finanziari e
2
Financial Services Action Plan, COM (1999) 232, 11.05.99, consultabile su http://ec.europa.eu.
dell’economia dell’UE in generale, salvaguardando al tempo stesso gli interessi dei
consumatori”. Obiettivo assegnato dal FSAP alla misura in questione è quello di
assicurare chiarezza e trasparenza su scala comunitaria per ciò che concerne le
questioni legali da definire in caso di OPA ed impedire che differenze arbitrarie
nella cultura di governo societario possano influire distorsivamente sulle modalità
di ristrutturazione delle società nell’UE. Quanto ai termini per l’adozione, la
Commissione aveva previsto che gli attori designati (Parlamento Europeo e
Consiglio) trovassero un accordo in merito entro il 2000 - obiettivo evidentemente
mancato, dato che si è dovuto attendere il 2004 perché la XIII proposta di direttiva
sulle Opa venisse approvata. Si analizzeranno più avanti le ragioni particolari che
fanno della tematica relativa alle Opa una delle questioni più pregnanti nel quadro
dell’armonizzazione finanziaria.
1.2 Il Rapporto Lamfalussy
Tornando alla recente evoluzione della regolamentazione comunitaria in ambito
finanziario, il più importante passo dopo il FSAP è senz’altro il Rapporto
Lamfalussy
3
. Tale Rapporto nasce dall’esigenza di individuare una procedura
relativamente rapida per l’elaborazione, l’approvazione e l’applicazione di regole
comuni in materia finanziaria.Elaborato da un Comitato di saggi coordinato da
Alexander Lamfalussy, venne presentato nel 2001 e nello stesso anno approvato dal
Consiglio europeo di Stoccolma. Esso delinea un approccio basato su quattro livelli:
3
Final Report of The Committee of Wisemen on the regulation of european securities market, Bruxelles,
15.02.2001, consultabile su http://ec.europa.eu.
7
i) la Commissione, previa consultazione con il Consiglio e con il Parlamento
europei, adotta proposte di Direttiva (o di altra regolamentazione). In questo stadio
occorre raggiungere un consenso sui principi-guida della regolamentazione in
oggetto e sui criteri di definizione della stessa;
ii) la Commissione richiede la consulenza tecnica del CESR (Committee of
European Securities Regulators) in merito alla definizione delle nuova
regolamentazione. Il CESR, a sua volta, si consulta con i partecipanti al mercato,
con gli utilizzatori finali, con i consumatori. Successivamente, la Commissione
sottopone la proposta di regolamentazione all’ESC (European Securities
Committee). Infine, essa adotta le nuove misure. Durante questo processo il
Parlamento europeo viene tenuto informato e può adottare una risoluzione, qualora
ritenga che le misure in corso di approvazione non rispettino i criteri fissati nella
prima fase; in tal caso la Commissione dovrà riconsiderare la sua proposta, tenendo
in dovuto conto la posizione espressa dal Parlamento;
iii) il CESR è incaricato di seguire in dettaglio l’applicazione della nuova
regolamentazione, fornendo interpretazioni, raccomandazioni, standard comuni,
curando che l’applicazione della normativa sia uniforme tra i paesi membri;
iv) la Commissione vigila sull’adeguamento degli Stati membri alla normativa
comunitaria attraverso il recepimento e l’applicazione della stessa.
Tre sono i vantaggi che il Comitato dei saggi riconosce all’adozione dell’approccio
proposto. Anzitutto, si accelera il processo legislativo: le negoziazioni tra
Commissione, Consiglio e Parlamento si concentrano esclusivamente su questioni
essenziali e non invece sui dettagli tecnici di attuazione. In secondo luogo, il
Rapporto propone un procedimento più democratico (con il coinvolgimento di
8
operatori e consumatori finali) e flessibile. Infine, il metodo Lamfalussy consente
alle istituzioni europee di beneficiare dell’esperienza tecnica e regolamentare dei
regolatori europei, senza diminuirne i poteri (in particolare la Commissione
mantiene il proprio pieno diritto di iniziativa) .
Ancora dal 6° Rapporto della Commissione
4
sull’applicazione del FSAP (2002)
emergeva un’ Europa a metà strada nella realizzazione del mercato finanziario
unico, con alcune misure già adottate ed altre ancora in discussione. In particolare,
sul piano del diritto societario pesava fortemente l’assenza di regole comuni in
materia di Opa; disciplina comune che arriverà solo nel 2004, al termine di un lungo
e tormentato processo (cfr. Cap. 3, § 3.1).
4
Commissione europea, Sixth Progress Report on the Financial Services Action Plan. An improving climate,
but quite on the way to go, Bruxelles, 03.06.2002, su http://ec.europa.eu.
9