II
Down By Law è un film che fa innamorare (il che avviene quasi sempre; perlomeno è
questo il giudizio che va per la maggiore in tutte le persone che mi è capitato di
interpellare) o che lascia indifferenti. Una terza via non è concessa: o si rimane
stregati o, semplicemente, non lo si capisce. E in questa sede posso dirlo: con Down
By Law è stato davvero un amore a prima vista.
Per quanto mi concerne, il potenziale di seduzione della pellicola derivava dal fatto
che in essa ho potuto rinvenire, con mia grande sorpresa, molta della teoria di cui ho
fatto tesoro nel corso di Laurea triennale che ormai volge al termine. Per farla breve,
Down By Law si prestava a essere il campo da gioco, in cui potevo verificare e
affinare gran parte delle conoscenze apprese nei corsi di Teorie e pratiche della
comunicazione cinematografica, Tecniche della sceneggiatura, Tecniche dello Story
Editing, Letterature anglo-americane e Sociologia dei processi culturali.
Ciononostante ho incontrato un certo “ostracismo” nella fase di approvazione del
progetto, ma non mi sono arresa, perché credevo fermamente nella validità dei
percorsi di analisi che potevano scaturire e prendere forma dalla pellicola in
questione. Non ho desistito dalla mia idea, finché non ho incontrato la disponibilità
del prof. Tabasso, che non solo ha dato credito al mio pensiero, ma mi ha lasciato la
libertà di mettere in gioco tutta me stessa e tutte le idee che la pellicola ha saputo
stimolare.
Down By Law è la storia di una rinascita, ma non di una catarsi.
Down By Law è il crocevia in cui si intersecano le vite di tre personaggi (quasi tre
“punti di forza”), che niente hanno in comune, se non il fatto di trovarsi rinchiusi
nello spazio angusto della stessa cella e, in fin dei conti, la pellicola non fa altro che
descrivere il loro passaggio circolare dalla libertà alla prigionia e di nuovo alla
libertà, un passaggio che li vede cambiare e diventare padroni della loro vita, invece
che succubi degli eventi.
La forza motrice del film è data dal personaggio di Roberto, uno stralunato italiano
dall’inglese maccheronico che risolleverà le sorti del trio.
III
Saranno infatti la sua genialità, la sua verve comica, il suo altruismo a rendere
possibile l’evasione dal carcere, la sopravvivenza nelle paludi del Mississippi e il
ritorno alla civiltà nelle vesti di uomini nuovi.
Da un punto di vista sociologico, la figura di Roberto è quella che ha richiesto
l’analisi più approfondita e sfaccettata.
Roberto è l’emigrante italiano venuto a cercare fortuna nel Nuovo Mondo
all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Quasi a dispetto della realtà che lo
circonda, è l’unico disposto ancora a credere in un Sogno Americano che non ha più
motivo di esistere, né di chiamarsi tale; un Sogno Americano, se vogliamo,
anacronistico, fuori tempo massimo.
Accecato e, a ben vedere, ingannato dal mito Liberty and Possibility che dagli States
è sempre emanato, Roberto lascia la miseria del suo paese natio, disposto a
ricominciare da zero, ad apprendere per autodidattismo una nuova lingua e ad amare
tutto della terra a stelle e strisce che lo accoglie, a cominciare dalla letteratura (per
due volte, infatti, reciterà a memoria versi di Whitman e Frost, cercando di
distogliere, seppur inutilmente, dall’apatia i suoi compagni di sventura).
Ma se il Sogno Americano è fallito (ne siano la prova vivente Jack e Zack, un piccolo
protettore di quartiere e un disc jockey disoccupato, due bad boys specchio di una
New Orleans spettrale, tristemente priva di folklore, dove la musica è costretta a
lasciare spazio al crimine), il carisma di Roberto ci induce a sperare nella nascita di
un Sogno tutto Italiano. La capacità di progettare l’evasione, di procurarsi del cibo
nelle boscaglie del Bayou e, infine, di conquistarsi l’amore di Nicoletta,
dipenderanno, infatti, solo ed esclusivamente dal suo retaggio culturale, dal suo
essere italiano malgrado se stesso, malgrado quella volontà di inserirsi appieno nella
realtà americana, agognando la possibilità di un futuro migliore.
I tre successi che, al termine della pellicola, decreteranno la vittoria simbolica di
Roberto, sono quindi il frutto di quel genio che risiede solo ed esclusivamente nei
suoi cromosomi italiani e che lo aiuta a trionfare sui suoi american friends.
IV
Nonostante gli sforzi per imparare la nuova lingua, Roberto non solo si innamorerà di
una sua connazionale, ma prenderà la decisione fulminea di fermarsi a vivere con lei,
all’insegna del proverbio “Moglie e buoi dei paesi tuoi”, ennesima conferma del fatto
che lungi dal rinnegare le sue origini, si legherà ancora di più ad esse, come tutti
quegli italiani che nel corso del Novecento si riscoprirono tali, solo dopo aver
abbandonato la loro terra.
Al di là del ruolo determinante che Roberto gioca all’interno del film, riuscendo a
instaurare un equilibrio insperato tra Jack e Zack, due figure simili e per questo
inconciliabili, la sua peculiarità resta quella di riassumere in sé i caratteri tipici
dell’italianità (il genio, la solarità, l’arte di arrangiarsi e di entrare in comunicazione
con l’Altro), dando vita a un forte stereotipo, che finirà per sedimentarsi
nell’immaginario collettivo degli americani.
Come ogni straniero, anche Roberto dovrà scontrarsi coi pregiudizi degli autoctoni, e
come ogni immigrato, prima ancora di scontare la pena per il delitto di cui si è
involontariamente macchiato, dovrà pagare lo scotto di essere italiano, di appartenere
cioè a un popolo poco desiderato negli Stati Uniti tra Otto e Novecento e per questo
ingiustamente offeso.
A queste considerazioni di carattere generale, se ne sono unite poi altre di carattere
socio-antropologico mirate a spiegare perché, dal punto di vista della Comunicazione,
Roberto possa essere eletto a vincitore morale del film, perché insomma riesca
meglio dei suoi compagni nello scontro con la vita, superando brillantemente tutte le
avversità che si interpongono nel suo cammino.
Da un punto vista strutturale, la tesi si divide in due parti.
Nella Prima Parte si procede all’analisi diretta del film; la dissertazione spazia un po’
ovunque, ritagliando dei brevi capitoletti allo studio della trama, della location, della
lingua, della regia e dei personaggi.
V
La volontà di essere più esaustiva possibile, non tralasciando nulla, non è certo
mancata, ma da qui a esaurire tutti i percorsi di analisi, che il film può ispirare alla
mente umana, la strada era ben lunga.
Se è vero che anche il cinema è arte e che idealmente le opere d’arte non possono mai
dirsi compiute, il solo pensiero di chiudere una volta per tutte il discorso su Down By
Law si sarebbe rivelato uno sforzo titanico.
Il mio unico e modesto scopo era quello di rendere chiaro al lettore perché una
pellicola come Down By Law potesse diventare oggetto di una tesi di laurea in
Scienze della Comunicazione. Ed è a questo scopo che risponde la Seconda Parte.
Estrapolando dal film gli argomenti socio-antropologici che più ci interessavano,
come l’incontro con l’Altro, la convivenza tra culture diverse, la figura dello straniero
nello società moderne, il pericolo del malinteso, ecc., ho cercato di formulare un
discorso teorico che mettesse in luce non solo la profondità del film, nonché la sua
validità da un punto di vista formale, ma soprattutto il suo essere ad hoc, il suo
contenere in nuce molti dei temi che stanno alla base degli studi in Comunicazione.
Mi voglia quindi scusare il lettore se gli aspetti tecnico-stilistici del film non hanno
goduto di una adeguata considerazione, ma- lo ripeto- il mio interesse e i miei sforzi
sono stati indirizzati verso tutto ciò che poteva rendere questa tesi il degno
coronamento di tre anni di studi in “Media e Giornalismo”.
1
PARTE I
“It’s a sad and beautiful world”
2
1. La trama
New Orleans, Louisiana.
Il film si apre con una memorabile carrellata da destra a sinistra su una “città-
fantasma”, lugubre e decadente, costellata di mausolei, baracche, fabbriche
abbandonate, case popolari, ringhiere e palafitte, ombre di un passato più
radioso e testimoni silenziosi di un presente desolante.
E’ in questo contesto “simil-noir” che ci vengono presentati Zack e Jack: il
primo è un disc jokey fallito, incapace di conservare a lungo un posto fisso in
radio; il secondo è un ingenuo protettore di quartiere.
I due non si conoscono, ma a entrambi la sorte giocherà un brutto scherzo.
Zack, ubriaco e cacciato di casa dalla propria compagna, viene allettato- nonché
irretito- da una insolita proposta: guidare una Jaguar di dubbia provenienza da
un capo all’altro della città, dietro una lauta ricompensa di mille dollari.
Jack, invece, sarà attirato con l’inganno in una camera d’albergo, per convincere
una giovane “dea” a entrare “nel giro” sotto la sua protezione.
Da copione, gli eventi precipitano e si rende necessario l’intervento della
polizia, perché i due “aprano gli occhi” e capiscano di essere stati incastrati:
Zack si ritrova un cadavere nel bagagliaio dell’auto presa in consegna, mentre
Jack, accese le luci, scoprirà di stare istigando alla prostituzione una bambina.
Dopo mezz’ora di film, i due si ritrovano a dividere la stessa angusta cella nel
carcere della città.
E’ inevitabile che, diversi come sono e per inconciliabilità di carattere, non
trovino il modo di convivere pacificamente, ma litighino e si azzuffino.
Sarà l’arrivo di Roberto, un emigrante italiano dall’inglese maccheronico, a
stabilire un equilibrio tra i due, nonché una qualche forma di comunicazione.
Sono sufficienti poche battute, perché Roberto si riveli subito il “buono” del trio,
anche se è l’unico ad aver veramente commesso un delitto.