3
Fin dalla sua nascita il concetto di persona è stata una delle nozioni
filosofiche più variamente declinate, come valore, sostanza
ontologica, attribuzione di coscienza e status sociale. In questa sede
si evidenzieranno i profili di una disputa dalle radici antiche, che
oggi, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche, assume
sfumature del tutto particolari rispetto alla classica definizione del
concetto nel contesto dei moderni dibattiti etici. A tal fine, la linea
d’indagine scelta sarà interdisciplinare e ciò affonda le sue ragioni
nell’intento di fornire un quadro non banale per interpretare un
concetto così rilevante dal punto di vista morale, sociale e politico
ma dalla semantica così incerta.
Nel tentativo di individuare i differenti aspetti di una nozione così
ampiamente discussa, il pensiero multiforme e irrequieto di D. C.
Dennett pone una sfida interessante e originale rispetto alla
concezione tradizionale di noi stessi. Da una prospettiva metafisico-
mentale in linea con le scienze naturali, Dennett cerca di tracciare un
continuum con il piano etico e bioetico, che nella nozione di persona
assume il suo senso.
Si intende mostrare attraverso la prospettiva dell’autore come sia
efficace e produttivo far sì che avvenga un’integrazione tra i
differenti campi d’indagine, tra il senso “metafisico” e il senso
morale, che, seppur nella particolarità dei metodi e degli scopi,
risulta necessaria per avere un quadro complessivo e coerente della
nozione di persona. Se la filosofia della mente si pone il problema
delle origini del mentale, ciò nondimeno ha presente la ricerca e gli
sviluppi scientifici. Da tale peculiarità della disciplina emergono
differenti concezioni del soggetto che implicano argomentazioni
morali riguardo alla natura delle entità coinvolte. Attraverso un
percorso che da Cartesio in poi ha incorporato la nozione di mente e
di coscienza in quella di persona, e che grazie ai contributi di Locke
e Hume ha dissolto lo statuto ontologico del soggetto, l’attribuzione
4
di una mente e di stati mentali diviene fondamentale per i criteri di
attribuzione dello status di persona. La sfida delle neuroscienze e il
progressivo sviluppo scientifico pongono quesiti interessanti che
investono sempre di più la riflessione morale, soprattutto riguardo ai
criteri di valutazione per essere persone. Chi ha una mente? Che
cos’è una mente? Quali entità sono persone? La scienza può
rispondere a questo genere di domande? O ci appelleremo a «ganci
appesi al cielo»?
5
I. Il dilemma del concetto di persona: paradigmi a
confronto.
1. Una diatriba nel mondo della bioetica
Per l’avvenire vedo campi aperti a ricerche
di gran lunga più importanti. La psicologia si baserà
su nuove fondamenta […] quelle della necessaria
acquisizione per gradi di ogni facoltà e capacità mentale.
Verrà fatta luce sull’origine dell’uomo e la sua storia.
Charles Darwin, L’Origine delle specie (1859)
Chi non conosce il panorama contemporaneo del dibattito bioetico,
potrebbe stupirsi del ruolo che il concetto di persona ha assunto nelle
più svariate e controverse questioni della vita umana e animale. In
particolare, tale nozione è di scottante attualità poiché ricopre un
ruolo tutt’altro che indifferente nei problemi dell’inizio e della fine
della vita umana, come ad esempio nelle posizioni da sviluppare nei
riguardi dell’embrione, del feto o del moribondo.
Il fervente dibattito che si è creato dipende in gran parte dai
progressi tecnici degli ultimi decenni, in quanto se, da un lato, questi
hanno contribuito al miglioramento delle condizioni di vita,
dall’altro hanno posto nuovi problemi morali. Infatti, si nota come la
diatriba sul concetto di persona non sia un vuoto dibattito sui
contenuti del concetto, ma bensì implica e coinvolge antitetiche
dottrine morali. Non si tratta semplicemente di una disputa sulla
semantica della nozione di persona, ma anzi è una diatriba con
sostanziali conseguenze morali, che presuppongono ognuna un
diverso statuto descrittivo-cognitivo e ontologico del concetto di
persona.
6
In altre parole, il quesito maggiore sta nel conferimento di tale
status. Tutti gli esseri umani sono persone? Tutte le persone sono
esseri umani? Ciò che il dibattito rende confuso è che la nozione di
persona, diversamente da quella di homo sapiens, non è
semplicemente descrittiva, ma è compresa anche ad un livello
prescrittivo, normativo, capace di avere un importante ruolo
nell’attribuzione di criteri etici e giuridici, fondamentali nella nostra
società.
Nel dibattito si possono rilevare principalmente due importanti
scuole di pensiero, da una parte la concezione che afferma la
corrispondenza semantica tra i termini “persona” ed “essere umano”
e che, come corollario, dichiara che tutti gli esseri umani sono
persone. Ciò vuol dire che lo status di persona, coinvolgendo tutti gli
appartenenti alla specie homo sapiens, genera una parità
indifferenziata tra le diverse classi di entità umane (embrioni, feti,
individui adulti, malati in stato terminale, ecc.) che si esplica in
pretese e diritti etico-pratici. Tale concezione è rappresentata
principalmente da filosofi di area cristiana o teologicamente
orientati, i quali sostengono l’identità e l’interscambiabilità del
concetto di essere umano con quello di persona. Per molti di questi
autori l’affermazione “l’uomo è una persona” è così assiomatica da
rendere il primum anthropologicum anche un primum ethicum. Si
può ben constatare come questa dichiarazione abbia importanti
conseguenze a livello etico-pratico, poiché implica una relazione
diretta tra l’essere umano e il possesso di diritti morali (come il
diritto alla vita e il diritto all’inviolabilità del corpo). La persona è,
secondo questa visione, l’essere umano singolo e sussistente che non
si esaurisce nella sua manifestazione fenomenica e, proprio per tale
visione ontologica della corporeità, questa tesi è definita personalista
o sostanzialista.
7
Dall’altra parte, in posizione simmetricamente polare, vi è la
concezione che considera i termini “persona” ed “essere umano” non
soltanto divergenti per intensione, ma anche per estensione
3
. Con
questo, si vuole affermare che non tutti gli esseri umani hanno i
requisiti per essere persone. Tale prospettiva inaugura una serie
numerosa di teorie legate alla nozione di persona, le quali hanno in
comune questa assunzione fondamentale. L’assunto essenziale che
sta alla base di questa “non-equivalenza” tra i due concetti, è il fatto
che l’essere umano può possedere lo status di persona soltanto nel
momento in cui possiede determinate qualità e proprietà. Da tale
asserzione conseguono anche concezioni “estreme”, come la
possibilità che animali e determinati artefatti siano considerati
persone nel momento in cui si dimostrano in possesso di particolari
proprietà.
Secondo Stefano Maffettone, è proprio la distinzione tra la
titolarità della persona e l’appartenenza alla specie homo sapiens a
costituire l’assunzione fondamentale per poter parlare di tematiche
bioetiche o, simpliciter, di bioetica come disciplina
4
. Questo
approccio può essere chiamato, in senso lato, funzionalista o
attualista.
Ovviamente, la questione inerente alla discussione sulla nozione
di persona può avere una pluralità di punti vista e non essere
semplificata alla divisione tra queste due grandi scuole di pensiero.
Tuttavia, si mostra interessante, alla luce dei recenti progressi
scientifici, capire come uno sfondo epistemologico-descrittivo possa
influenzare il dibattito etico-pratico.
3
Con i termini «intensione» ed «estensione» si intende il binomio che è alla base della teoria
logica del significato delle nozioni linguistiche. In breve, l’«intensione» di un’espressione
linguistica è il concetto che tale espressione evoca, mentre l’«estensione» è il riferimento
oggettuale esterno al segno linguistico.
4
Cfr. S. Maffettone, Etica pubblica. La moralità nelle istituzioni nel terzo millennio, Il
Saggiatore, Milano 2001, p. 183.
8
Nei paragrafi successivi si cercherà di mostrare il ventaglio di
teorie contemporanee sulla nozione di persona non secondo l’ottica
tradizionale ma nella linea d’indagine della filosofia della mente, sia
per poter contestualizzare la nascita di prospettive d’indagine del
soggetto e della persona come quella del filosofo statunitense Daniel
C. Dennett e della nuova avanguardia del funzionalismo, sia per
aiutarci a riflettere sul clima contemporaneo che, grazie
all’innovazione tecnologica, ha posto interessanti orizzonti di novità
anche alla riflessione bioetica. Sarà avvincente e, allo stesso tempo,
sconcertante notare come tali premesse filosofiche possano
condizionare divergenti visioni nell’etica applicata.
9
2. Perché considerare la filosofia della mente
Per effetto di fortunate innovazioni tecniche la scienza della mente
ha compiuto significativi passi per la sua teorizzazione
5
. Grazie ai
progressi compiuti nello studio del cervello e delle funzioni
cognitive delle creature biologiche e artificiali, è iniziata «una vera e
propria rivoluzione concettuale»
6
che ha coinvolto numerose
discipline, come la linguistica, la psicologia, la filosofia, le scienze
dell’informazione e le neuroscienze. Da questi campi del sapere sono
nate differenti scuole, come il cognitivismo, il funzionalismo, il
connessionismo e l’intelligenza artificiale. Per comprendere
adeguatamente tali etichette possiamo considerarle “programmi di
ricerca”, gruppi di teorie differenti (a volta, in competizione tra loro)
e, per parafrasare Imre Lakatos, con un nucleo teoretico in comune,
l’esplorazione del mentale sulla base dei recenti progressi scientifici.
Possiamo permetterci una generalizzazione e considerare questo
campo speculativo – e le varie etichette interdisciplinari – filosofia
della mente, in quanto vi è in essa l’incontro e l’interazione tra
antiche tradizioni filosofiche come la metafisica e l’epistemologia da
un lato, e dall’altro aree disciplinari contemporanee come
l’intelligenza artificiale.
In realtà, fin dai tempi di Democrito e Platone – per rimanere nella
tradizione occidentale – esisteva una riflessione filosofica sul
concetto di individuo in senso lato, tuttavia è solo oggi, grazie al
disincanto dato dal metodo scientifico, che sorgono una serie di
problematiche fondamentali. Che cos’è un io? Che cos’è la mente?
Come può la materia pensare? La mente è il cervello? Da dove
deriva il nostro senso di individualità e di irriducibilità? Tali
5
Si pensi semplicemente alla grande novità di poter indagare scientificamente la mente
umana.
6
M. di Francesco, Introduzione alla filosofia della mente, Carocci, Roma 2002, p. 17.
10
domande sono al centro del dibattito della scienza cognitiva
contemporanea e, conseguentemente
7
, della philosophy of mind.
Ogni membro della nostra specie possiede un cervello, una
complessa struttura nervosa grazie alla quale riesce a compiere
alcune delle attività essenziali ai fini dell’esistenza. Tuttavia tra tali
attività vi sono anche quelle delle funzioni cognitive, la memoria, la
percezione e l’utilizzo del linguaggio. Quelle facoltà che denotano il
fatto di avere una mente. La nozione di mente, da Cartesio in poi, ha
avuto un ruolo essenziale nella definizione di persona. In tale ottica,
condizione fondamentale per avere il titolo di persona è possedere
una mente, ovvero avere stati mentali, quali credenze, desideri,
intenzioni che caratterizzano in modo peculiare l’essere soggetto di
esperienza. Tuttavia, la novità sostanziale che ha fatto sorgere un
vivace dibattito sulle proprietà mentali, tanto da far confluire le varie
teorie nella nascita di una filosofia della mente, è l’inserimento di
queste proprietà distintive dell’homo sapiens nel registro delle
scienze naturali. In altre parole, è soltanto nel momento in cui la
mente è considerata un concetto scientificamente valido, che
abbiamo il fiorire di una scienza della mente e, conseguentemente, di
una filosofia della mente, che è attenta sul piano concettuale agli
aspetti metodologici e ontologici della scienza cognitiva. La stessa
espressione «filosofia della mente», formatasi nel contesto della
filosofia analitica
8
contemporanea, trae origine da problematiche
legate alla scienza, come ad esempio il rapporto tra mente e cervello,
7
La filosofia della mente si propone di indagare la natura e il funzionamento degli atti
mentali, che costituiscono ciò che noi chiamiamo “coscienza”. Per questo, soprattutto negli
ultimi cinquant’anni, è strettamente influenzata dalla nascita delle scienze cognitive, che
hanno la sua ragion d’essere nello studio dei processi cognitivi in generale, anche in casi di
esseri non umani, come i computers, nati e sviluppati a metà del Novecento.
8
Per filosofia analitica s’intende non una teoria strutturata e unitaria, piuttosto una corrente
di pensiero, nata alla fine dell’Ottocento, che individua nell’analisi del linguaggio, seppur
con metodi e scopi differenti a seconda delle particolari teorie, un fondamentale strumento
per la chiarificazione dei principali problemi filosofici. Uno degli iniziatori di tale modo
d’intendere l’attività filosofica fu il matematico tedesco Gottlob Frege (1848-1925), che fu il
primo ad offrire un esempio di analisi del linguaggio rivolto alla ridefinizione di un problema
concettuale, dal quale prese avvio la cosiddetta Linguistic Turn (“svolta linguistica”) che
caratterizzò il pensiero filosofico del XX secolo.
11
il ruolo dell’intenzionalità e la coscienza, lo statuto della psicologia
di senso comune, i rapporti tra le emozioni e la ragione e altri
ancora.
Non si può non notare come negli ultimi decenni tale filosofia
abbia spiccato il volo, e il gran numero di «ismi»
9
, come ben
suggerisce Michele di Francesco, ne è una testimonianza notevole
10
.
Le difficoltà prodotte dai recenti sviluppi tecnologici sorgono a vari
livelli. In primo luogo, l’inadeguatezza della distinzione cartesiana
tra mente e corpo nel panorama di una linea di pensiero naturalista e
attenta alle recenti indagini empiriche, la quale rifiuta qualsiasi tipo
di intrusione soprannaturale; in secondo luogo la difficoltà di
inserimento in questa cornice metodologica proprio di quelle
caratteristiche che sentiamo più intimamente nostre, capaci di farci
distinguere – come sottolinea il filosofo oxoniense P. Strawson – «se
stesso e gli stati di se stesso da una parte e ciò che non è se stesso o
uno stato di se stesso dall’altra».
11
Le difficoltà sono emerse quando le scienze naturali sono riuscite a
proporre una migliore e più esaustiva spiegazione del reale e dei
nessi causali tra i vari fenomeni. In questo quadro, come sostiene il
premio Nobel per la fisica Richard P. Feynman, «per poter spiegare
ciò che accade a livello atomico, bisogna rinunciare al comune buon
senso»
12
. E non è un caso, se proprio l’«ente sui generis, che è la
9
Cfr. Ibid., p. 27.
10
D. C. Dennett nota come questo gran proliferare di «ismi» nella filosofia della mente ,
«dove ogni variante immaginabile di ogni asserzione generale viene enfaticamente chiamata
“teoria” e dotata di nome proprio», sembri ridicolo agli occhi del profano. In realtà ciò è del
tutto giustificato poiché, soprattutto per le “teorie” generali sulla mente, «diventa imperativo
distinguere con grande precisione la propria ipotesi da quelle simili di cui si sono già
scoperte le pecche nascoste». Ed in questi casi sono i «termini tecnici» che «permettono di
eseguire una triangolazione delle possibili posizioni nello spazio logico e di seguire le catene
di deduzioni che si stanno sfruttando o evitando». (D. C. Dennett, Brainstorms. Saggi
filosofici sulla mente e la psicologia, Adelphi Edizioni, Milano 1991, pp. 18-19.)
11
P. Strawson, Individui. Saggio di metafisica descrittiva. Feltrinelli, Milano 1978, p. 72.
12
R. P. Feynman, QED, La strana teoria della luce e della materia, Adelphi, Milano 1989,
p. 19.
12
persona»
13
rivesta il ruolo più ostico per intraprendere un’analisi
esplicativa in termini fisico-biologici lontana dal senso tradizionale
della soggettività umana. Sebbene il dibattito sull’interiorità sia
antico – fin dai tempi di Aristotele ci si interrogava sulla natura delle
facoltà “mentali” – è solo in tempi recenti, grazie allo sviluppo delle
neuroscienze, che si è avuto un notevole progresso sui meccanismi e
sui funzionamenti che regolano l’attività cerebrale. Ora, se i risultati
conseguiti dalla scienza – in particolare scienze cognitive e
neuroscienze – debbano espatriare dalle loro discipline madri e avere
un eco per la riflessione filosofica rimane una questione aperta e
opinabile. Ma, è evidente che per un’adeguata riflessione filosofica
e, nella fattispecie morale, della nozione di persona non possano
essere esclusi tout court gli altri livelli di analisi che, grazie allo
sviluppo tecnologico, si sono imposti nella riflessione
contemporanea. In particolare, il fiorire di numerose indagini
empiriche mediante la scoperta di nuove metodologie, come ad
esempio l’utilizzo di microelettrodi in grado di notificare l’attività di
singoli neuroni oppure tecniche come la risonanza magnetica capaci
di visualizzare l’attività cerebrale
14
, per non citare gli studi sul
processo di cognizione proposti dopo la macchina virtuale di Alan
Turing
15
o il modello evoluzionista del sistema cervello-mente,
hanno condotto il dibattito filosofico ad una straordinaria vivacità
che può essere interpretata nei termini di una controversia tra
differenti teorie della persona, in quanto sono stati i progressi
scientifici (in campo biologico e, in particolare, nelle neuroscienze)
13
M. di Francesco, L’io e i suoi sé. Identità personale e scienza della mente, Raffaello
Cortina Editore, Milano 1998, p. 4.
14
Cfr. M. di Francesco, Introduzione alla filosofia della mente, op. cit., p. 204.
15
A. Turing (1912-1954) è uno dei massimi ispiratori e realizzatori del programma
tecnologico dell’”Intelligenza Artificiale”, che condurrà attraverso i suoi studi alla nascita
dei primi computers o “macchine di Turing”. Nel suo celebre articolo, comparso in «Mind»
nel 1950, Computing Machinery and Intelligence, espone l’idea secondo cui pensare
equivale a calcolare, quindi il computer altro non rappresenta che un esempio concreto di
“macchina pensante” alternativa all’uomo.
13
a mettere in crisi l’idea di una contrapposizione irriducibile tra
persone e mondo “esterno”.
La sfida della filosofia della mente ruota intorno alla nozione
centrale di persona e coinvolge tanto l’etica, quanto la metafisica
descrittiva
16
. Il presupposto da cui non possiamo prescindere è che le
teorie sulla nozione di persona non possono essere indifferenti alle
giustificazioni morali che quotidianamente adottiamo nei
comportamenti etico-pratici degli individui. In altre parole, la
riflessione sul concetto di persona non può essere condotta su binari
paralleli, ma è necessaria una «integrazione concettuale» – come
sostiene Sebastiano Maffettone – tra questi diversi livelli di analisi
per
«poter raggiungere una comprensione sistematica e coerente di un concetto
fondamentale qual è quello di persona. Da una tale integrazione concettuale
trarrebbero vantaggio tanto la bioetica quanto lo studio metafisico della
mente.[...] si potrebbe fornire [...] una concezione ontologico-epistemologica in
grado di fare da cornice alla discussione dei casi di bioetica; discussione che
altrimenti potrebbe farsi frammentaria e sarebbe troppo facilmente influenzata
dalle nostre personali idiosincrasie. La nozione di persona, infatti, non può
divenire veramente chiara se non affrontiamo la questione metafisica di cosa
voglia dire avere una mente e di quali entità possono averla»
17
La necessità di coniugare la filosofia della mente alla filosofia
morale e, quindi, per la proprietà transitiva anche la bioetica, è
fondamentale per comprendere pienamente l’utilizzo che la nozione
di persona ha nel panorama contemporaneo e nei differenti settori in
16
Per “metafisica descrittiva”, s’intende la concezione proposta da Peter F. Strawson (1919-
2006) il quale distingue una metafisica descrittiva che «si accontenta di descrivere l’effettiva
struttura del nostro pensiero sul mondo» dalla metafisica correttiva che invece si «interessa
di produrre una struttura migliore» e che ha di mira non tanto l’effettività della struttura
cognitiva, quanto la corrispondenza a certi ideali esterni ad essa. Strawson ha avuto un
notevole ruolo nel dibattito contemporaneo sulla nozione di persona, in quanto ha contribuito
a rinvigorire un senso della metafisica che si era affievolito nello Zeitgeist. (Cfr. P. Strawson,
Individui, op. cit., p. 9)
17
S. Maffettone, Etica pubblica. La moralità nelle istituzioni nel terzo millennio, Il
Saggiatore, Milano 2001, p. 191.
14
cui è richiesta la sua applicazione. Uno degli esempi sicuramente più
illuminanti da questo versante è l’aborto o interruzione della
gravidanza. I termini del dibattito cambiano a seconda delle
premesse che di volta in volta assumiamo per giustificare
l’attribuzione dello status di persona. E non può non essere chiaro
come la riflessione filosofica sulle nuove conoscenze scientifiche
(sia per quanto riguarda la biologia degli ultimi trent’anni, sia in
merito all’applicazione della concezione evoluzionistica al mondo
naturale e al sistema cervello-mente
18
) possa favorire un
compromesso tra le differenti posizioni.
In tale ottica, diventa fondamentale avere nuovi scenari per
comprendere l’etica, per capire i processi di legittimazione delle
scelte pubbliche e per riconsiderare la figura dell’essere umano nel
mondo naturale. Ma, prima di entrare nel merito delle conseguenze
etiche di talune visioni filosofiche sullo statuto descrittivo del
concetto di persona, si cercherà di favorire un frame delle principali
intuizioni filosofiche, dove le concezioni contemporanee hanno posto
le loro radici, partendo dal centro propulsore di “discordie”, il
dualismo cartesiano.
18
Cfr. G. F. Azzone, I dilemmi della bioetica. Tra evoluzione biologica e riflessione
filosofica, La Nuova Italia, Roma 1997, pp. 13-14.