Capitolo primo
Le origini della fiaba, i primi studi.
Fin dai tempi dei Greci e dei Romani trovava larga diffusione l’uso di raccontare
favole, i cui protagonisti erano animali “pensanti” e “parlanti” come: il gatto, il
topo, il lupo, la pecora, ecc…, che rappresentavano alcuni comportamenti degli
uomini, i loro vizi e le loro virtù. Gli animali delle favole pensano e si comportano
come esseri umani e come questi hanno caratteristiche positive e negative.
Nello studio effettuato da Propp
1
, dedicato all’analisi dei racconti folklorici, egli
sostiene che, nelle favole, l'animale personifica le qualità dell'uomo tanto che,
nella foresta, quest’ultimo può trasformarsi nell'animale, filiazione probabilmente
di un ben più antico eroe-animale. Va anche detto che l’uomo ha sempre
considerato l’animale come un “totem”
2
, quindi si tratta di un legame simbolico
antichissimo.
Il ricorso al mondo animale è dettato anche dall’esigenza di comunicare messaggi
che in maniera esplicita non potevano essere diffusi.
Le favole sono storie semplici ed immediate le quali delineano una situazione che
si risolve rapidamente. Pochi tratti bastano a fissare la situazione: il racconto
particolare arriva subito a conclusione perché ciò che importa non è la storia, ma
la morale, un insegnamento che il lettore ricava dalla storia stessa. La morale
serve per ammonire e far riflettere chi legge; “brevità” e “intento didascalico”
sono dunque gli aspetti caratteristici del testo favolistico.
L’inventore della favola è considerato Esopo, scrittore greco vissuto nel VI secolo
a. C., da cui trasse ispirazione il poeta latino Fedro, vissuto nel I secolo d. C.
1
Propp, Vladimir Jakovlevič nacque a Pietroburgo nel 1895 da una famiglia di origine tedesca e
studiò filosofia slava laureandosi nel 1918. Insegnò, nella stessa università, dapprima germanistica
poi etnologia. Pubblicò studi sulla lingua tedesca e soprattutto sul folklore russo, tra cui
Morfologija skazki nel 1928, tradotta in italiano (Morfologia della fiaba) solo nel 1936 e
Istiricĕskie korni volsĕbnoj skazki nel 1946, tradotto in Le radici storiche dei racconti di magia nel
1949. Morì nel 1970.
2
L’animale totemico è l’animale che rappresenta la tribù.
5
Le favole sono state tramandate oralmente di generazione in generazione e di
paese in paese; in esse possiamo trovare tracce di tradizioni, credenze, riti
antichissimi.
Il lavoro dedicato alla favola consiste non solo nella raccolta dei testi e nella sua
descrizione, ma soprattutto essa viene studiata, sezionata, analizzata analogamente
a come si è soliti fare negli altri ambiti linguistici o scientifici.
La favola si inserisce in una tipologia di studi che è lo “strutturalismo”,
intendendo con tale termine una corrente di pensiero che cerca di analizzare la
struttura all’interno del linguaggio e si può applicare in vari ambiti: la favola è
uno di questi.
Tra i tanti problemi che si pongono nel cercare di rintracciare una struttura
relativa alla favola spicca quello di creare una classificazione sistematica del
racconto. Ciò, però, risulta difficile in quanto si potrebbero trovare favole
attribuibili a più categorie, il che vale sia per le classificazioni che si fondano sui
tipi di favole sia per quelle rifacentesi ai temi che esse svolgono.
Il tentativo degli studiosi, nell’operare un’analisi di tipo strutturale della favola, è
proprio quello di fare un paragone tra l’analisi strutturale applicata al linguaggio e
la struttura della favola, quindi di scomporre la struttura narrativa della favola
costituita da:
ξ I personaggi ai quali sono assegnati delle funzioni;
ξ Gli avvenimenti a cui sono assegnati altre funzioni;
Convinto che “il fine più alto d’ogni scienza consiste nella scoperta di leggi”
3
Propp ricercò quelle sottese alla fiaba popolare, circoscrivendo il suo lavoro a
cento fiabe di magia tra quelle raccolte da Afanasjev
4
ed i risulati della sua
ricerca furono riunite in un’opera dal titolo Morfologija Skazki tradotta in
italiano sotto il titolo di Morfologia della fiaba.
3
Cfr: Propp Vladimir, Morfologia della fiaba, Torino, Einaudi, 1977, p. 205.
4
Aleksandr Nokolaevic Afanasjev, folklorista russo (1826-1871).
6
Nell’opera viene messo in evidenza l’impegno col quale Propp si accinse a
compiere una critica strutturale
5
della fiaba “con la stessa precisione con cui si
studia la morfologia delle formazioni organiche”
6
.
Attraverso lo studio delle cento fiabe raccolte da Afanasjev, Propp individuò
la presenza di costanti e di variabili nel loro intreccio.
Le costanti sono le azioni dei personaggi, non i soggetti, e Propp diede ad esse
il nome di funzioni.
Analizzando ulteriormente le fiabe, Propp individuò trentuno funzioni
7
.
Ogni funzione si realizza in modi e forme diverse nei racconti concreti: Propp
tenne conto di questa variabilità e distinse delle sottofunzioni.
Lo studioso notò inoltre che non tutte le funzioni si trovavano in ogni fiaba;
tuttavia la combinazione di quelle presenti segue sempre un ordine fisso, ad
esempio ad un divieto segue sempre un’infrazione, ad una lotta una vittoria, ad
una persecuzione un salvataggio. Propp ha, inoltre, individuato ben sette
funzioni che costituiscono la fase preparatoria della fiaba:
Partendo dal danneggiamento consegue l’esordio, con la partenza si sviluppa
la vicenda e si prepara l’incontro con il donatore. Dopo aver superato le prove
e ottenuto un mezzo magico, l’eroe vince la lotta con l’antagonista e supera la
mancanza iniziale.
In conformità a questa costanza Propp concluse che tutte le fiabe hanno una
struttura monotipica, intendendo la successione sempre identica delle funzioni.
5
La critica strutturalista nasce dalla confluenza di:
ξ Formalismo:movimento culturale fiorito in Russia tra il 1914 e 1917, afferma che
l’autonomia dell’arte consiste nel fatto che le forme(metriche,retoriche,grammaticali)
hanno valore autonomo, slegato da altri obbiettivi (politici, morali…). Intreccio,
personaggi, sono da considerarsi per se stessi.
ξ Strutturalismo linguistico: fondato da Ferdinand De Saussure: studia la dimensione
sincronica della lingua(rapporti tra le parole, gli elementi verbali nel sistema complessivo
della lingua).
Lo strutturalismo critico assume dal formalismo il principio di autonomia degli elementi
formali dell’opera, come sistema composto da specifiche strutture i cui rapporti devono essere
messi in relazione al sistema complessivo, anche tramite l’uso di termini geometrico-
matematici.
Lo strutturalismo cui fa riferimento Propp nella Morfologia è una corrente rigidamente
formalistica poiché individua con l’aiuto di tabelle e formule matematiche i rapporti della
struttura, ma non ne studia le relazioni con l’ambiente storico-culturale e psicologico cui si
svilupparono le fiabe.
6
Cfr: Propp Vladimir, op. cit. p. 205.
7
Cfr: Propp Vladimir, op. cit. pp. 31 - 70.
7
Arriva poi ad individuare, tra la gran varietà dei personaggi delle fiabe, sette
ruoli costanti:
1. Donatore;
2. Antagonista;
3. Aiutante che comprende anche i mezzi magici;
4. Principessa;
5. Mandante;
6. Eroe;
7. Falso eroe;
Le modalità di presentazione dei personaggi sono fisse:
ξ l’antagonista appare di nascosto e deve poi essere rintracciato.
ξ Il donatore è incontrato per caso;
ξ L’aiutante è donato;
ξ Gli altri appaiono già nella situazione iniziale.
Propp espone la formulazione della sua tesi nel seguente modo
8
:
1. Le funzioni sono gli elementi costanti in una favola, non importa da chi e
come sono svolte; sono l’elemento fondamentale del racconto.
2. Le funzioni sono in numero limitato;
3. L’ordine delle funzioni è sempre identico: ciò non vuol dire che ci siano
sempre tutte, in una favola alcune funzioni possono mancare altre possono
essere ripetute;
4. Tutte le favole di magia, considerate in rapporto alla struttura,
appartengono ad un solo tipo.
Un tentativo di strutturazione della favola è quello proposto da Aarne
9
. Secondo
un suo studio dedicato all’individuazione di categorie di racconti egli afferma che
le favole sono divise in tre grandi categorie:
ξ favole di animali;
ξ favole di magia definite anche “favole vere e proprie”;
ξ aneddoti.
8
Cfr: Gatto Giuseppe, La fiaba di tradizione orale, Milano, 2006; pag. 116.
9
Studioso scandinavo considerato uno dei fondatori della cosiddetta scuola finlandese. Le sue
metodologie applicate alla fiaba sono tra le più utilizzate. Tra questi suoi lavori il più importante è
sicuramente l’”indice dei tipi”.
8
Prendendo le mosse da ciò, Aarne proponeva un’ulteriore strutturazione della
favola di magia in sette sottocategorie in base alle funzioni magiche del
personaggio che andavano suddividendosi ulteriormente.
Tuttavia attraverso tale classificazione, l’obbiettivo al quale mirava lo studio già
iniziato da Propp non era raggiunto. Si trattava di arrivare a definire una
morfologia, in altre parole una descrizione del racconto in base alle parti che lo
componevano e alle relazioni di queste parti tra loro e con l’insieme del racconto
stesso.
Un dato che è subito evidente è costituito dal fatto che nelle favole compaiono
elementi ricorrenti. A tale proposito, si deve a Joseph Bédier il merito di aver
distinto nelle fiabe popolari fattori variabili e fattori costanti
10
. Non esistono
migliaia di tipologie di favole, ovverosia le favole sono tante, ma i modelli cui
esse sono riconducibili sono ben pochi. Secondo uno studio effettuato da Bèdier è
possibile notare, prendendo in esame alcune favole appartenenti a culture
differenti, che esse contengono variabili e costanti, ossia che i personaggi e i loro
attributi cambiano, mentre le azioni e le funzioni restano identiche.
Le favole popolari hanno la proprietà di attribuire azioni identiche a personaggi
diversi. Cambia di volta in volta il personaggio che svolge le funzioni, ma queste
ultime nelle varie sequenze sono identiche. Da tutto ciò emerge che
verosimilmente le funzioni sono di numero limitato, mentre può essere illimitato il
numero dei personaggi.
Di seguito forniamo un elenco delle caratteristiche comuni di cui sopra:
ξ I personaggi, l'epoca e i luoghi sono indicati genericamente e non sono
descritti, si dice: "C'era una volta...", "In un paese lontano…”, ma non si
dice né il dove, né il quando.
ξ I fatti che si presentano nel racconto sono fatti impossibili e i personaggi
inverosimili: molti fatti narrati possono accadere solo per magia e molti
personaggi non possono esistere nella realtà.
ξ Si rappresenta sempre un mondo nettamente distinto in due: i personaggi
sono o buoni o cattivi, o furbi o stupidi e non esistono vie di mezzo, la
ragione sta sempre da una sola parte.
10
Cfr: Gatto Giuseppe, op. cit., p. 115.
9
ξ I motivi sono sempre ricorrenti: gli elementi e gli episodi sono spesso
presenti anche in altre fiabe.
ξ C’è sempre un lieto fine: i buoni e i coraggiosi vengono premiati, le
ragazze povere diventano principesse, i giovani umili ma coraggiosi
salgono sul trono.
ξ C’è sempre una morale, anche se non è sempre espressa chiaramente che
insegna a rispettare gli anziani e la famiglia, ad onorare le autorità, ad
essere coraggiosi per migliorare la propria condizione.
Il linguaggio della fiaba è quello dei narratori del popolo, in genere molto
semplice e a volte un po' sgrammaticato, ma ricco di modi di dire e di formule
popolari. Viene solitamente utilizzato il discorso diretto perché le battute del
dialogo permettono al narratore di cambiare la voce e di tener viva l'attenzione
di chi ascolta. Sono frequenti e quasi obbligatorie le ripetizioni ("Cammina,
cammina, cammina...", "Cerca, cerca, cerca...", "Tanto, tanto tempo fa...") e le
triplicazioni perché il fatto di raccontare tre volte lo stesso avvenimento aveva
lo scopo di allungare la storia, di renderla più chiara, di prolungare la
sensazione di mistero.
Le formule d'inizio e le formule di chiusura sono sempre le stesse ("C'era una
volta...", "In un paese lontano...", "Così vissero felici e contenti..."), numerose
le formule magiche e le filastrocche.
Oltre allo studio strutturale della fiaba, Propp si occupò nei suoi studi anche di
quale fosse l’origine delle fiabe. Secondo la sua teoria le fiabe hanno tutte
un'unica origine in quanto si dispongono su un unico asse narrativo. Occorre
chiarire che con il termine ‘origine’ non ci si riferisce ad un’area geografica ma
può trattarsi di un’origine psicologica. La conclusione che Propp raggiunge
attraverso un lungo esame analitico è che, per la maggior parte, gli elementi
costitutivi delle fiabe debbano farsi risalire a riti e miti "primitivi" (del regime del
clan) e, più in particolare, al "ciclo d'iniziazione" e alle "rappresentazioni della
morte". Le fiabe popolari, soprattutto quelle di magia, sarebbero quindi il ricordo
10