6
Speaker, l’origine della sua nomina, il ruolo che esso esercita nelle
relazioni internazionali con gli altri soggetti, la forza politica e quindi
giuridica che da lui emana, corrispondono quasi plasticamente alla
posizione dell’assemblea nella società inglese, alla funzione che essa
esercita nella vita della comunità, alla forza che essa esprime”3.
In un processo così delineato, il Presidente parlamentare britannico
non ha sempre beneficiato di un rilievo omogeneo. Si può ritenere,
tuttavia, che, da iniziale, semplice porte-parole del Legislativo, esso
abbia gradualmente assunto le sembianze dell’autentico tutore delle
prerogative di quest’ultimo e, correlativamente, del garante della
regolare limitazione, da parte della Camera bassa ( la House of
Commons), dei diritti dei cittadini4.
Lo Speaker, rappresentando l’unità dell’Assemblea nei confronti della
potestà – talvolta assolutistica – regia, ha costituito una
testimonianza visibile del conflitto costituzionale tra tali organi lungo
il corso dei secoli della modernità. La conclusione del processo in
parola, però, è la risultante di un adeguamento delle esigenze di
indipendenza parlamentare a contingenze storico-politiche tutt’affatto
peculiari; è imprescindibile, infatti, precisare che la Speakership
inglese ha dovuto necessariamente depurarsi da molte iniziali
contaminazioni e vincoli, per poter assurgere finalmente alla
celebrata terzietà magistratuale5.
Sarebbe aberrante, pertanto, associare l’antico Concilium regis o
Parliamentum, sin dalla sua primogenitura medievale, ai coevi
Parlamenti nazionali, tanto quanto sostenere che l’istituto direttivo
dell’assemblea sia stato subitaneamente contrassegnato dagli attuali
caratteri6.
3
Ferrara, G., Il Presidente di assemblea parlamentare, Milano, 1965, p. 1.
4
Cosi, Iacometti, M., op. cit., p. 16.
5
Cfr. Iacometti, M., op. cit., p. 16 ss.
6
Cfr. Plucknett, T. F. T., (a cura di ), Taswell Langmead’s English Constitutional History from the
Teutonic Conquest to the Present Time, London, 1960, p. 207 ss.
7
1.2 L’età medievale ed il periodo elisabettiano
I primi soggetti che addivennero a ricoprire la carica in esame non
erano – senza dubbio – dotati delle odierne guarentigie di
indipendenza ed imparzialità, ma erano configurabili, più
appropriatamente, come Servants of the Crown, deputati a
manifestare la ‘volontà sovrana’ ed a ottenere dalla Camera
legislativa medievale l’avallo all’estrinsecarsi di alcuni poteri – fra i
quali, principalmente, l’esazione tributaria straordinaria da parte di
fasce sociali vieppiù crescenti -; essi operavano, dunque, come
portavoce del Sovrano ovvero meri collettori di congiunzione tra
Corona e Parlamento7.
La esigenza di un autonomo porte-parole si avvertì però dal
momento in cui i Comuni iniziarono le loro riunioni separatamente dal
Re e dalla sua smaller Curia8, interrompendo quella fase
costituzionale nella quale i rappresentanti delle Contee e Borghi,
giuridicamente mandatari delle rispettive collettività territoriali9,
venivano convocati sporadicamente dal Sovrano al fine “di consentire
il formarsi di un’opinione pubblica favorevole, di acconsentire alla
tassazione straordinaria e di facilitare l’amministrazione regia,
fornendo alla stessa informazioni sulle molteplici situazioni locali”10.
Se si considera, allora, l’intrinseca debolezza dell’embrionale organo
parlamentare, nonché l’onerosità della funzione di rappresentanza11,
non suscita stupore la circostanza che il portavoce dell’assemblea –
in taluni casi – non fosse neppure membro della stessa, così come
che non la presiedesse, né ponesse questioni da dibattere, essendogli
7
Un aneddoto può esplicare icasticamente il concetto: nel 1343, Sir William Trussel si espresse in nome
dei Comuni pur non essendone membro, in qualità di confidential messenger del Sovrano, cfr.Laundy, P.,
The office of Speakers in the Parliaments of Commonwealth, London, 1984, p. 16, & Keir, D.L., The
Constitutional History of Modern Britain since 1485, London, 1961, p. 44.
8
Questo progressivo distacco prese avvio dal XIII secolo, cfr. McIlwain, C.H., Costituzionalismo antico
e moderno, trad. it., Bologna, 1990, p. 1 ss.
9
Come sottolinea Zanon, N., Il libero mandato parlamentare. Saggio critico sull’art. 67 della
Costituzione, Milano, 1991, pp. 36-37 e p. 48.
10
Sturlese, L., Il Re e i Lords nel Parlamento medievale inglese, Milano, 1963, p. 40 e p. 93.
11
Cfr. l’analisi di Jennings, I., Party Politics, Vol. I, Appeal to the People, Cambridge, 1960, p. 44 e p.
63.
8
semplicemente affidato il compito di comunicare le relative
deliberazioni al Sovrano12.
Una carica così congegnata non poteva non essere ritenuta ‘ingrata’,
stretta da un rapporto di “doppia dipendenza”, in quanto il soggetto
che la deteneva era oberato dall’obbligo di rispondenza ai desiderata
reali – attraverso il coinvolgimento assembleare –, ma anche alla
Camera, circa le modalità di notifica al Monarca delle statuizioni
‘parlamentari’, utilizzando, a tal uopo, le necessarie abilità relazionali
e diplomatiche13.
Ecco, dunque, giustificata la tendenziale riluttanza verso l’assunzione
del nobile ufficio, perpetuatasi consuetudinariamente – seppur con
rilevanti attenuazioni – fino all’epoca attuale, per mezzo di formule di
diniego o dichiarazioni di indegnità che, nel periodo in oggetto,
acquisivano tinte di drammaticità per la persona che era costretta –
con la solenne procedura dell’accompagnamento allo scranno
presidenziale del neo eletto – all’esercizio di una funzione sgradita,
reputata un “pericolo per la stessa incolumità fisica del suo
titolare!”14.
Se si analizzano tali elementi, è agevole comprendere come il
processo di consolidamento della prerogativa di selezione dello
Speaker da parte della stessa Camera – senza ingerenze della
Corona -, in quanto soggetto meritevole della sua fiducia, si sia
estrinsecato in modo lentamente graduale15.
Bisognerà attendere, infatti, la fase terminale del Regno degli
Stuart16 per individuare Presidenti della Camera dei Comuni ritenuti
Servants of the House ( e non più esclusivamente of the Crown), che
proclamino come loro dovere precipuo l’attività “into the House”17.
12
Laundy, P., The office of Speakers in the Parliaments, op.cit., p. 12.
13
Iacometti, M., op. cit., p. 21.
14
Lucifredi, P. G., Appunti di diritto costituzionale comparato. Il sistema britannico, Milano, 1992, p.
40, e Laundy, P., Speaker, in Wilding, N., & Laundy, P., op. cit., p. 543.
15
Iacometti, M., op. cit., p. 21.
16
Vedi, infra, p. 12 ss.
17
Cfr. Limon, D., Mc Kay, W.R., (a cura di), Erskine May, Treatise on the Law, Privilegies, Proceeding
and Usage of Parliament, XXII ed., London, 1997, p. 21 ss.
9
Peraltro, la circostanza in esame non consente di asserire
apoditticamente che gli Speaker precedenti, benché nominati dal
Monarca previa designazione – sovente formale – dei Comuni, ovvero
assurti alla carica con il solo avallo regio, fossero un pedissequo e
docile strumento a sua disposizione. Anzi, il periodo medievale e
post-medievale è costellato di figure che hanno, con la loro
coraggiosa pervicacia, all’incremento delle competenze della Camera
bassa, garantendo l’affermazione di un potere di indirizzo-controllo
dell’assemblea ne confronti dell’Esecutivo18.
Esempi emblematici in tal senso sono rappresentati dal gesto di Peter
de la Mare – nominato Spokeman del Good Parliament nel 137619 -,
consistente in una vivace critica nei confronti dell’esosità nella spesa
pubblica da parte della Corona, ed in un rifiuto, manifestato ‘in nome
della Camera’, alla concessione di nuovi tributi senza una preventiva
rimozione degli invisi ministri corrotti20.
Si prospettava, innovativamente, quel potere di impeachment che
tanto rilievo avrebbe assunto nell’ordinamento costituzionale
futuro21.
Inoltre, non solo questo episodio certificò la possibilità di un
dispiegamento di una notevole influenza politica dello Speaker nei
riguardi della propria camera22.
A Sir. John Guildesborough, che ricoprì l’ufficio nel 1380, invece, si
riconnette la recisa affermazione della spettanza alla House of
Commons della deliberazione delle spese pubbliche23 , in virtù di un
orientamento che permetterà di consolidare le prerogative della
18
Cfr. Iacometti, M., op. cit., p. 22.
19
La nomina fu concessa in quanto, nel gergo dell’epoca, “he had spoken so well and had so wisely
repeated the arguments and opinions of his colleagues, and because he had told them much that they did
not hnow”, così Bailey, S.D., British parliamentary democracy, London-Toronto, III ed., 1971, p. 61, e
Laundy, P., The Office of Speaker in the Parliaments, op. cit., p. 12.
20
Sturlese, L., op. cit., p. 82.
21
Si noti come l’istituto in oggetto, nato con finalità penalistiche ed intimamente correlato all’inesistenza
di un rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento, consentì alla Camera di bilanciare il potere regio di
scioglimento assembleare, così iscrivendo nella forma di governo inglese due poteri reciprocamente
equilibrati. Cfr., Mortati, C., Le forme di governo, Padova, 1973, p. 101.
22
Si precisa, incidentalmente, che il primo soggetto beneficiante della solenne qualifica di Speaker fu,
nel 1377, Thomas Hungerford; vedi Laundy, P., Speaker, in Wilding, N., Laundy,P., op. cit., p. 707 ss.
23
Marongiu, A., Il Parlamento in Italia nel Medioevo e nell’età moderna, Milano, 1962, p. 153 ss.
10
Camera, subordinando la concessione delle imposte all’accoglimento
delle iniziative legislative, originariamente presentare sottoforma di
claims24.
Nel 1407, i Comuni diretti da Thomas Chaucer videro consacrarsi una
loro connaturata facoltà, ossia il diritto di iniziativa esclusiva in
merito alle proposte in materia finanziaria (c.d. Money Bills), da
comunicare al Sovrano dopo la necessaria approvazione dei Lords25.
Dopo la fase di acerrima contesa politica vissuta dal Parlamento nel
corso della sanguinosa guerra delle Due Rose26, i Tudor27 tentarono,
parimenti, di depotenziare e di utilizzare le Camere come strumento
di legittimazione del proprio potere dinastico28.
Perfettamente aderente al mutato contesto istituzionale era, così, la
scelta di
Speakers ossequientemente collegati al Sovrano. Il processo di
affrancamento della figura dalla nomina reale subiva una profonda
battuta d’arresto29.
Anche in tale fase si rinvennero Speakers fortemente devoti alla
Sovrana, e consapevoli della presenza di una serie di materie
sottratte alla deliberazione assembleare. Ciò si giustifica, peraltro, se
si sottolinea che la Camera non si riuniva a cadenze definite, essendo
soggetta alla convocazione regia, in quanto “function of monarchy”30,
qualora esso ne ravvisasse la necessità31.
24
Biscaretti Di Ruffìa, P., Introduzione al diritto costituzionale comparato, Milano, 1988, p. 176.
25
Cardon, R., Svolgimento storico della Costituzione inglese, Torino, 1883, I e II, p. 235. Si ricordi,
peraltro, l’evoluzione procedurale conosciuta da tali bills mediante i Parliament Acts, 1911 & 1949, cfr.
Biscaretti di Ruffìa, P., op. cit., p. 192.
26
Conflitto che oppose, tra il 1455 ed 1485, la famiglia inglese dei Lancaster a quella degli York,
entrambi aspiranti alla Corona, che si concluse con la sconfitta ed uccisione di Riccardo III di York e la
fusione delle due casate. L’evento contribuì ad indebolire in modo definitivo l’antica nobiltà feudale, a
beneficio della Corte regia e della borghesia, cfr. Enciclopedia Zanichelli, Edigeo, ( a cura di ), Bologna,
1995, p. 578.
27
Dinastia , di origine gallese, che regnò in Inghilterra dal 1485 al 1603, cfr. Enciclopedia Zanichelli, op.
cit., p. 1908.
28
Cfr. Laundy, P., The Office of Speaker, London, 1964, p. 153, e Costanzo, P., Lo scioglimento delle
assemblee parlamentari I. Teoria e pratica dello scioglimento dalle origini al parlamentarismo
razionalizzato, Milano, 1984, p. 20.
29
Laundy, P., The Office of Speaker, op. cit., p. 153, e Laundy, P., The Office of Speaker in the
Parliaments, op. cit., p. 20.
30
Keir, D.L, The Constitutional History of Modern Britain since 1485, London, 1961, p. 151 ss.
31
McIlwain, C.H., op. cit., p. 127.
11
Tuttavia, è imprescindibile rilevare come la dinastia Tudor, benché
ontologicamente incline a pratiche di gestione dispotica dell’autorità,
cercò sostegno proprio nel Parlamento – dichiarandosi parte
sostanziale del potere legislativo – in modo da ricevere adeguato
riconoscimento da esso in termini di legittimità32.
Per tali ragioni, l’assemblea poteva, comunque, fruire di una cospicua
autonomia, almeno sotto il profilo organizzatorio33.
Anche la carica di Speaker, nonostante ancora collegata
strutturalmente alla Corona, era già da quel tempo avvolta in un’aura
di prestigio34, essendo ritenuta la tappa di un cursus honorum
destinato a concludersi nella carriera giurisdizionale35.
Ma l’autorevolezza dell’ufficio direttivo era inestricabilmente
collegata, in primo luogo, alla efficace e vigorosa rivendicazione dei
privilegi della Camera, ed in secondo luogo, all’abilità nella
conduzione dei lavori parlamentari. Si comprende, allora, perché
proprio in questo periodo emerse la profonda consapevolezza, da
parte dei Comuni, circa la rilevanza della indipendenza del loro
Presidente – soprattutto dalla Corona – e la necessaria assicurazione
di una compiuta e diffusa libertà di espressione, tra cui,
primariamente, era annoverabile la scelta degli argomenti nella
formulazione dell’ordine del giorno delle sedute36.
Durante il regno di Elisabetta I (1558-1603)37, si manifestò, inoltre,
la pregnante portata dell’arte di gestione del dibattito camerale, che
ebbe come autentico ed ineffabile protagonista Edward Coke, giurista
di fama inesauribile, Speaker nell’arco di tempo considerato.
Egli, peraltro, si distinse preliminarmente per una notevole
condiscendenza nei confronti dei desiderata della Sovrana, fino a
teorizzare l’opportunità di una designazione dello Speaker da parte
32
Icastica appare, allora, la affermazione del Re Enrico VIII, secondo cui il Monarca costituiva il capo
del corpo politico, le cui ideali membra erano formate dalle Camere parlamentari, cfr. McIlwain, C.H.,
op. cit., p. 128.
33
Iacometti, M., op. cit., p. 29.
34
Keir, D.L., op. cit., p. 150.
35
Laundy, P., The Office of Speaker in the Parliaments, op. cit., p. 24.
36
Cfr. Lovell, C.R., English Constitutional and Legal History. A Survey, New York, 1962, p. 233 ss.
37
Cfr., Enciclopedia Zanichelli, op. cit., p. 605.
12
della stessa, in guisa da non sottrarre ai Comuni inutili risorse
mentali e temporali nell’elezione di un personaggio inviso alla
Corona38.
Inoltre, mostrò notevole expertise nella manipolazione ed alterazione
dei processi decisionali interni alla Camera, riuscendo sovente,
mediante raffinati escamotage ed artati rinvii, a favorire
l’approvazione parlamentare di provvedimenti graditi alla Regina,
ovvero ad ostacolare il dibattito e la votazione di atti ad essa ostili39.
In ogni caso, appare inoppugnabile riconoscere al Presidente Coke un
ruolo di assoluta influenza nella concreta evoluzione dell’istituto in
esame, proprio in relazione alle sue capacità relazionali e
diplomatiche, cui da questo momento sarà impossibile prescindere
per esercitare proficuamente la funzione direttiva.
Il periodo elisabettiano terminò, infine, con l’affermazione della
dirimente regola procedurale del “casting vote”40- oggidì solenne
norma consuetudinaria invalsa, inoltre, in numerosi parlamenti
europei – in virtù della quale allo Speaker è preclusa la non
partecipazione alle votazioni, salvo il caso di divisione paritaria
dell’aula nella deliberazione41.
1.3 Dagli Stuart alla Glorious Revolution
Durante la dinastia regale Stuart (1603-1714)42, ed in ossequio al
suo desiderio di restaurare una monarchia assoluta di diritto divino,
le prerogative del Parlamento risultarono fortemente compresse e
ridimensionate, determinando una elevazione all’ufficio direttivo
38
Iacometti, M., op. cit., p. 33.
39
Per una attenta e puntuale analisi delle “tecniche” di conduzione dei lavori ideate da Coke, cfr. Laundy,
P., The Office of Speaker in the Parliaments, op. cit., p. 28.
40
Voto, cd. “preponderante”, sconosciuto alla House of Lords, laddove il suo Chaiman , il Lord
Chancellor partecipa alle votazioni, ed in caso di parità nel risultato si considerano prevalenti i voti
contrari, cfr. Standing Orders to the House of Commons - public Business 2001 -, nota 1, disponibile in
http://www.camera.it/documenti/biblioteca.htm.
41
In caso di utilizzo del casting vote, peraltro, lo Speaker interviene secondo modalità non ostative nei
confronti di future decisioni definitive o considerazioni dell’assemblea, vedi Laundy, P., Speaker, in
Wilding, N., & Laundy, P., op. cit., p. 541, nonché Torre, A., Il magistrato dell’assemblea, Saggio sui
presidenti parlamentari, Torino, 2000, p. 287 ss.
42
Cfr. Enciclopedia Zanichelli, op. cit., p. 1795.
13
dell’Assemblea di soggetti collaterali al Sovrano, o comunque ad esso
subordinati43.
Emblematico in tal senso fu l’atteggiamento del Re Giacomo I, che,
nel 1621, invitò lo Speaker in carica a rivolgere ai Comuni il monito di
astenersi da qualsiasi attività di controllo nei confronti del Governo
regio o dei ‘misteri dello Stato’, dichiarando al contempo con alterigia
di non condividere la considerazione delle guarentigie parlamentari
come “antiche ed indubbi diritti ed eredità”44. Nella prospettiva
sovrana, esse configuravano piuttosto magnanime ‘concessioni’,
espressione della mera ‘tolleranza’ mostrata dai precedenti
Monarchi45.
Tuttavia, proprio in una condizione di involuzione e limitazione , i
Comuni si dimostrarono non più disposti a subire i conculcamenti
delle loro tradizionali garanzie da parte della Corona. Indubbia
rilevanza assunse, quindi, la stratificazione della prassi della riunione
di un Comitato infra-assembleare – il celebre Committe of the Whole
House –, al fine di dibattere senza formalità, ed in assenza dello
Speaker46.
La rivendicazione di uno spazio di intangibilità parlamentare,
sottratto alle manipolazioni di un Presidente eccessivamente solidale
con il Re, testimoniava della consapevolezza assunta dai deputati sia
della importanza dei meccanismi e strumenti procedurali, sia della
pericolosità insita in un loro uso distorto. Si pensi, ad esempio, al
potere di aggiornamento delle sedute che, se artatamente esercitato,
avrebbe inibito la continuità e libertà delle deliberazioni47.
Il regno degli Stuart, nonostante gli elementi testé menzionati,
rappresentò una fondamentale tappa verso l’affermazione del potere
di nomina di Speakers indipendenti dalla Corona, e rese palese
vieppiù profondamente il desiderio di affrancamento dei Comuni da
43
Cfr. McIlwain, C.H., op. cit., p. 131 ss.
44
Lloyd, S., Mr. Speaker, Sir, London, 1976, p. 41.
45
McIlwain, C.H., op. cit., p. 131.
46
Laundy, P., The Office of Speaker in the Parliaments, op. cit., p. 31.
47
Iacometti, M., op. cit., p. 35.
14
qualsiasi vincolo ostativo al pieno dispiegamento della supremazia del
Legislativo.
Bisognerà attendere, però, il regno di Carlo II (1649-1685)48, per
vedere approfondita la discussione sulla necessaria neutralità ed
imparzialità della Speakership.
In una accesa e controversa disputa relativa al mancato conferimento
dell’assenso reale alla proposta assembleare di nomina di Edwar
Seymour all’ufficio direttivo, i Comuni sancirono il loro inalienabile
diritto di scegliere, in totale autonomia, il proprio Presidente, almeno
fra un carnet di soggetti non invisi alla Corte regia49.
L’episodio non risolse, invece, l’ambiguità radicata nella parzialmente
ridotta consacrazione delle prerogative parlamentari, che, nel 1680 si
manifestò in tutta evidenza, allorquando il neo eletto Speaker
Williams si proclamò, contestualmente, soggetto al Sovrano ed ai
Comuni, elementi reputati inscindibili come lo scettro e la corona50.
1.4 I mutamenti nei secoli XVII e XVIII
La appena emersa, sebbene in modo incompleto e relativo,
indipendenza dello Speaker dalla Corona, avrebbe potuto vedere
arrestato il proprio percorso di definitivo consolidamento a causa di
un sopravvenuto fattore, il condizionamento operato dalle fazioni
politiche nell’esercizio dell’ufficio medesimo.
Infatti, tra i secoli XVII-XVIII apparvero prepotentemente nella
società civile britannica alcuni rassemblement, costituiti da uomini
politici sotto la penetrante egida di magnati e famiglie nobiliari
aristocratiche di estrazione terriera, al fine di supportare interessi
privati o settoriali nei confronti dei pubblici poteri51.
48
Cfr., Enciclopedia Zanichelli, op. cit., p. 331.
49
Laundy, P., The Office of Speaker in the Parliaments, op. cit., p. 38 ss.
50
Lloyd, S., op. cit., p. 47.
51
Bailey, S.D., British parliamentary democracy, London-Toronto-Wellington-Sidney, III ed., 1971, p.
62.