2
deve riuscire a conciliare gli interessi degli “shareholder” attraverso
un’efficace “corporate governance” di dimensioni globali,
conseguenza del processo di globalizzazione delle imprese. In
quest’ottica la responsabilità sociale dell’impresa (CSR,
dall’acronimo inglese Corporate Social Responsability) gioca un
ruolo cruciale poiché entra a far parte della “mission” aziendale sia
in termini di contributo allo sviluppo sostenibile sia quale mezzo
per costruire reputazione aziendale da utilizzare come vantaggio
competitivo nel lungo periodo. E’ questa la sfida dell’impresa di
oggi: conciliare dimensione economica e dimensione sociale con
armonia e coerenza, in modo da farli diventare un binomio che
rappresenti il punto di forza dell’impresa, la caratteristica che la
distingue dalla concorrenza, innescando una reazione di
approvazione sociale e positività da parte degli “stakeholder”
1
.
L’assunzione di pratiche di responsabilità sociale da parte delle
imprese non consiste soltanto nel rispettare le leggi e le norme
vigenti in materia di inquinamento, diritti dei lavoratori, diritti dei
minori, qualità dei prodotti, e così via, poiché il semplice rispetto
della legge non risponde alle attese che la società ha verso
1
L’ipotesi di un intreccio tra dimensione economica e dimensione sociale viene
avanzata anche da Magatti (L’impresa responsabile, pag. 32) nell’ambito del dibattito
sul tema della responsabilità sociale dell’imprenditore, affermando che “il
perseguimento di fini economici non elimina l’impulso morale.”
3
l’impresa e non la rende socialmente responsabile. La
responsabilità sociale d’impresa si attua mediante l’integrazione di
un modello di gestione in grado di portare benefici reali agli
“stakeholder” con cui l’impresa interagisce, compresi quelli più
lontani sul piano spaziale.
Negli ultimi anni, non solo le imprese ma anche i consumatori
hanno iniziato ad adottare pratiche di consumo socialmente
responsabile, tra le quali possiamo citare il “consumo critico”,
l’acquisto di prodotti equi e solidali e la sottoscrizione di fondi
etici. Per andare incontro a queste nuove esigenze dei consumatori,
causate da una maggiore informazione e sensibilizzazione riguardo
allo sfruttamento delle risorse umane e naturali che si verifica in
molte aree dei Paesi in via di sviluppo, le aziende, in particolare le
catene di distribuzione, hanno iniziato ad affiancare ai tradizionali
prodotti in assortimento altri prodotti ad alto valore sociale,
rappresentati soprattutto da quelli appartenenti al commercio equo e
solidale. Il commercio equo e solidale rappresenta una forma di
responsabilità sociale sia per le imprese che si impegnano per la sua
diffusione sia per i consumatori che, mediante l’atto d’acquisto di
quei prodotti, possono intervenire “direttamente” nelle dinamiche
dello sviluppo sostenibile.
4
Il commercio equo e solidale, ovvero una forma di mercato
alternativo a quello tradizionale, nato per sostenere le comunità
produttive più svantaggiate nel loro sviluppo economico, in Italia
sta trovando larga diffusione presso le grandi catene di
distribuzione, oltre ai punti vendita specializzati.
Tra le prime aziende ad aver sperimentato con successo la
commercializzazione di questi prodotti è stata Coop, azienda leader
nel settore della grande distribuzione da sempre impegnata sul
piano sociale. Nel descrivere l’esperienza di questa azienda
nell’ambito del commercio equo e solidale ci siamo avvalsi della
gentile collaborazione del dottor Franco Cappelli, Csr manager di
Coop Italia, responsabile della selezione ed organizzazione dei
progetti per la realizzazione dei prodotti equi e solidali a marchio
Coop e di altre iniziative sociali promosse da Coop.
5
CAPITOLO 1
GLI STRUMENTI DELLA TRASPARENZA
DELL’IMPRESA ETICA
1.1 Introduzione
L’influenza e la pressione esercitata dagli “stakeholder” sulle
imprese per ciò che concerne questioni sociali (inerenti, ad
esempio, al rispetto dei diritti dei lavoratori), ambientali (quali
quelle conseguenti ai danni ecologici causati dalle industrie con le
emissioni, in atmosfera e nelle acque, di agenti inquinanti) e macro-
economiche (tra le più importanti è da citare la distribuzione
disomogenea della ricchezza tra Paesi), ha portato le imprese ad
integrare nella propria gestione aziendale le politiche di
responsabilità sociale.
Nel 2001 anche la Commissione Europea ha preso posizione in
materia di “Corporate Social Responsability” (CSR), presentando il
Libro Verde: Promuovere un quadro europeo per la responsabilità
sociale delle imprese, in cui viene avviato il dibattito sul significato
di responsabilità sociale delle imprese e vengono dettate le linee
guida da seguire in materia sia per quanto riguarda la dimensione
interna all’azienda (gestione delle risorse umane, salute e sicurezza
nel lavoro, adattamento alle trasformazioni, gestione degli effetti
6
sull’ambiente e delle risorse naturali) sia per quanto riguarda la sua
dimensione esterna (gestione dei rapporti con la comunità locale,
controllo delle prassi gestionali dei partner commerciali e dei
fornitori, rapporti con i propri clienti, rispetto dei diritti del
lavoratore nei propri stabilimenti e in quelli dei propri partner e
fornitori, miglioramento delle prestazioni ambientali lungo tutta la
filiera produttiva).
L’importanza che stanno assumendo in questi ultimi anni le
pratiche di responsabilità sociale esprime il riflesso di una mutata
sensibilità e consapevolezza dei cittadini/consumatori verso
problematiche ambientali e sociali che oramai hanno assunto
dimensioni di rilevanza globale.
Uno dei punti chiave di un’impresa etica è l’integrazione, nella
sua gestione, di un piano di informazione e comunicazione
trasparente e completo delle politiche sociali intraprese.
La comunicazione degli interventi svolti in campo sociale deve
avvenire in due ambiti:
- in ambito interno all’impresa nei confronti dei dipendenti, per
motivare il personale ed incentivare lo sviluppo e l’applicazione del
sistema di responsabilità sociale;
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- in ambito esterno all’impresa per far conoscere, al di fuori
dell’azienda presso gli interlocutori interessati, le azioni svolte e i
risultati conseguiti in campo sociale.
Si rende quindi necessaria l’adozione di strumenti che possano
comunicare sia alla dimensione interna dell’impresa (costituita
soprattutto da dipendenti e azionisti) che a quella esterna
(rappresentata da consumatori, fornitori, associazioni di
consumatori, mass media) il suo impegno etico-sociale con
oggettività e trasparenza. Agendo in questo modo l’impresa getterà
le basi per instaurare nel lungo periodo un rapporto di fiducia con
gli “stakeholder” e una solida reputazione aziendale.
Gli strumenti utilizzati dalle imprese per comunicare la propria
responsabilità sociale sono stati dapprima i codici etici, ovvero le
“carte” dei diritti e dei doveri morali dell’impresa. Successivamente
alcune imprese, per dimostrare che i propri codici etici non
rappresentavano solo manifestazioni ideali, hanno iniziato a
documentare gli interventi attuati in campo sociale in veri e propri
bilanci, detti appunto bilanci sociali. Tuttavia dal momento che sia
il codice etico sia il bilancio sociale sono documenti che vengono
redatti all’interno dell’impresa, e dato lo scetticismo dei
consumatori nei confronti delle imprese che si dichiarano
8
socialmente responsabili
1
, è nata col tempo l’esigenza di far
stabilire da un ente terzo l’effettiva eticità di un’impresa: a questo
scopo nel 1997 è stato emanato lo standard internazionale di
certificazione sociale SA 8000.
1.2 Il codice etico
Il codice etico delinea l’orientamento, in termini di morale e di
valori, di un’impresa; è definito spesso come la “Carta
Costituzionale” dell’impresa, mediante cui essa afferma la propria
filosofia e le proprie responsabilità nei confronti dei suoi
interlocutori.
Dal punto di vista legislativo il codice etico non implica il
rispetto dei princípi in esso enunciati da parte dell’azienda; per
questo motivo spesso rischia di essere ricondotto ad una operazione
di mero marketing finalizzata a migliorare l’immagine aziendale
anziché ad un autentico strumento di “Corporate Social
1
Ad esempio, il Csr Monitor 2005 e l’indagine Eurisko “Gli italiani e la Csr” hanno
rilevato, confrontando i risultati dei periodi del 2001 del 2003 e del 2005, che le
aspettative dei consumatori nei confronti delle imprese impegnate nella Csr sono andate
aumentando. Tali aspettative, però, non sono state soddisfatte poiché alle crescenti
attese dei consumatori corrispondono valutazioni negative sul presunto operato delle
imprese. Dal Csr Monitor emerge che soltanto il 30% degli intervistati guarda
positivamente alle imprese che si dichiarano socialmente impegnate. Anche i dati
Eurisko confermano questa diffidenza: se da un lato abbiamo un 22% del campione che
si mostra positivo nei confronti di imprese che si dichiarano socialmente responsabili, di
contro abbiamo un 77% che si dichiara cauto/diffidente.
9
Responsability”: possedere e rispettare un codice di condotta è
infatti un primo importante passo verso la costruzione di un’azienda
etica.
In passato i codici etici, a causa della loro natura autoreferenziale
(in quanto non obbligatori) e della difficoltà di verificare
empiricamente il loro rispetto da parte dell’impresa (a causa del
carattere astratto e generale dei princípi e propositi morali contenuti
al loro interno), sono stati usati in un’ottica utilitaristica al solo
scopo di migliorare l’immagine aziendale
2
. Questi comportamenti
hanno fatto nascere, soprattutto nei consumatori e nell’opinione
pubblica, un atteggiamento di diffidenza verso le imprese che
diffondevano i propri codici etici, i quali erano visti come un elenco
di bei propositi privi di sostanza, piuttosto che di impegni reali.
Oggi le aziende, in seguito alle tante critiche subíte, hanno iniziato
a capire la necessità di evitare i comportamenti dissonanti rispetto a
quelli enunciati nei propri codici di condotta, che devono essere
definiti in maniera esplicita, inequivocabile e comprensibile.
I primi codici etici sono nati negli Stati Uniti, dove attualmente
sono diffusi nella quasi totalità delle imprese. Negli anni Novanta
sono stati introdotti anche in Europa. In Italia, tra le prime aziende
2
Moro - Profumo, Plus valori, pag. 18.