2
Parallelamente allo studio condotto dall�EORTC, il Centro di Immunopatologia
dell�Istituto di Scienze Dermatologiche dell�Ospedale Maggiore di Milano ha analizzato
dieci casi selezionati di panniculite lupica, confrontandoli con i linfomi sottocutanei
simil-panniculitici e con i dati presenti in letteratura.
La tesi presenta gli aspetti differenziativi e di analogia esistenti tra le due panniculiti
sotto il profilo clinico, istologico ed immunofenotipico.
Inoltre, in via sperimentale, i linfomi sottocutanei simil-panniculitici sono stati
studiati con una nuova tecnica di biologia molecolare, la array-CGH. Mediante
un�analisi delle alterazioni dei diversi geni coinvolti, i risultati ottenuti sono stati
confrontati con quelli derivanti dall�analisi di altri linfomi aggressivi cutanei citotossici,
indicando quali potrebbero essere interessanti candidati per la genesi di questi tumori e
per la spiegazione di una tale sovrapposizione fenotipica esistente tra i linfomi cutanei
citotossici a cellule T.
La tesi espone la tecnica di biologia molecolare, i risultati ottenuti e le conclusioni.
Per esporre con maggiore chiarezza gli studi effettuati, bench� contemporanei, la tesi
� stata suddivisa in tre sezioni. La prima espone lo studio EORTC, da cui sono stati
tratti i dati statistici, e introduce i linfomi e la classificazione dei linfomi cutanei. Per
redigere la successiva descrizione dei linfomi sottocutaneo simil-panniculitico αβ e
cutaneo γδ, lo studio bibliografico � stato affiancato a quello clinico, anatomo-
patologico e molecolare, dei casi diagnosticati presso il Centro di Immunopatologia
dell�Istituto di Scienze Dermatologiche dell�Ospedale Maggiore di Milano. Alcuni dati
epidemiologici risultati dall�analisi statistica effettuata dall�EORTC sono stati inseriti
nella trattazione, anticipando i risultati dell�analisi statistica. Seguono, quindi, la
spiegazione delle tecniche di laboratorio utilizzate per lo studio e le analisi statistiche,
che riassumono in parte quanto detto sui linfomi cutanei esaminati. La seconda parte,
dopo una breve introduzione sulle panniculiti, espone il lupus profundus e i principali
criteri differenziativi rispetto ai linfomi simil-panniculitici. La terza parte spiega la
tecnica dell�array-CGH ed i risultati ottenuti dall�analisi effettuata, mettendoli a
confronto con quelli derivati dallo studio di altri linfomi cutanei citotossici.
3
SEZIONE I
Lo Studio EORTC: definizione, classificazione e fattori prognostici dei
linfomi sottocutanei simil-panniculitici.
Nel gennaio 1991, � stato pubblicato un articolo scritto da Gonzales in cui veniva
descritto un nuovo tipo di linfoma a cellule T, con caratteristiche clinico-patologiche
che simulavano una panniculite, associato a sindrome emofagocitica e con un decorso
clinico aggressivo. Questa forma di linfoma � stata inclusa come provvisoria sia nella
classificazione REAL che nella EORTC, sotto il nome di linfoma sottocutaneo simil-
panniculitico a cellule T (SPTL), ed � stata poi riconosciuta come entit� autonoma nella
classificazione WHO.
La scoperta di Gonzales ha aperto la strada all�individuazione di altri casi di questo
raro linfoma, che fino a quel momento veniva diagnosticato come panniculite atipica.
Lo stesso anno, il Prof. Berti ha presentato il primo caso di linfoma primitivo cutaneo a
cellule T γδ e pochi mesi dopo Burg ha presentato quello di un linfoma subcutaneo in
cui le cellule T neoplastiche avevano un fenotipo γδ.
Negli anni successivi sono stati pubblicati vari studi per definire meglio l�identit�
clinica, istologica, immunofenotipica e genetica del linfoma sottocutaneo simil-
panniculitico, ma solo ultimamente � emersa l�importanza di differenziare, all�interno
del gruppo dei linfomi subcutanei simil-panniculitici, i casi con cellule T a fenotipo αβ
(SPTL-AB) dai casi γδ (SPTL-GD).
I maggiori esperti mondiali di linfomi cutanei, appartenenti al gruppo EORTC, hanno
condotto uno studio multicentrico per definire e classificare le due entit� di linfomi.
Sono stati esaminati 83 casi di linfoma, 63 a fenotipo αβ e 20 a fenotipo γδ.
Complessivamente lo studio di entrambi i tipi di linfoma � stato effettuato in otto
dipartimenti europei, in particolare nelle sedi di Leida, Graz, Milano, Firenze, Berlino,
Utrecht, Parigi, Gent, Helsinki, Zurigo, Madrid, Pavia, Digione, Londra, Creteil e
Amsterdam.
4
I linfomi sottocutanei analizzati a Milano, due con fenotipo αβ e due γδ, sono stati
selezionati tra i pazienti in cura presso il Centro di Immunopatologia dell�Istituto di
Scienze Dermatologiche dell�Ospedale Maggiore, diretto dal Prof. Berti.
Successivamente, i risultati provenienti dai diversi centri di ricerca sono stati
sottoposti ad un�analisi statistica, che ha confermato la necessit� di distinguere il
linfoma sottocutaneo simil-panniculitico a fenotipo αβ da quello a fenotipo γδ.
Lo studio, che sar� pubblicato sulla rivista scientifica �Blood�, propone di definire
linfoma sottocutaneo simil-panniculitico (SPTL) solo il linfoma a fenotipo αβ, mentre il
linfoma γδ dovrebbe essere incluso tra i linfomi a cellule T cutanei γδ (CGD-TCL) che
rientrano nella classificazione WHO come entit� provvisorie.
Inoltre, il gruppo EORTC suggerisce trattamenti differenziati per i due tipi di
linfoma.
Capitolo 1 � I LINFOMI
1.1 Introduzione
Le malattie linfoproliferative sono causate dalla proliferazione di cloni neoplastici di
cellule del sistema immunitario, che si trovano a diversi stadi di maturazione e
differenziazione. Un clone di cellule circolanti o la proliferazione monoclonale di blasti
midollari d� luogo ad una leucemia, l�espansione neoplastica di cellule localizzate a
livello del timo, dei linfonodi e di altri organi linfatici secondari viene definita linfoma,
l�interessamento delle immunoglobuline provoca una discrasia plasmacellulare.
Gli aspetti morfologici, immunologici e clinici sono variabili, poich� alcuni tumori si
manifestano in forma leucemica, altri in forma di linfomi, altri ancora possono
presentarsi sia come leucemie che come linfomi e trasformarsi durante il corso della
malattia.
1
I linfomi sono tumori solidi linfoidi, singoli o multipli, in cui le caratteristiche del
linfocita neoplastico richiamano quelle di uno stadio particolare della differenziazione
linfocitaria normale.
2
La proliferazione dei cloni neoplastici avviene nel timo, nei linfonodi e nella milza
oppure in sede extranodale nei tessuti provvisti di abbondante tessuto linfatico, in
particolare a livello del tessuto linfoide associato alle mucose o MALT (Mucosal
Associated Lymphoid Tissue), composto di agglomerati non capsulati di tessuto
linfoide. I siti di linfoma pi� frequenti sono quelli pi� esposti all�azione antigenica,
quindi il sistema gastroenterico, in cui si trova il tessuto linfoide associato all�intestino o
GALT (Gut Associated Lymphoid Tissue), e la cute, sede del SALT (Skin Associated
Lymphoid Tissue). Altri importanti organi e tessuti linfoidi periferici sono nei bronchi,
sottoforma di BALT (Bronchus Associated Lymphoid Tissue), o nelle vie genito-
urinarie.
3
L�espressione di marcatori fenotipici sulla superficie delle cellule caratterizza i cloni
tumorali secondo la linea differenziativa di origine. I linfociti B esprimono, infatti, un
6
recettore immunoglobulinico, i linfociti T espongono il recettore specifico (TCR, T cell
receptor) e le cellule Natural Killer contengono granuli azzurrofili citotossici.
4
Lo studio delle malattie linfoproliferative si avvale dell�individuazione di tali
marcatori e di altri antigeni espressi dalle cellule tumorali o dai linfociti normali. Essi
sono suddivisi in classi di differenziazione o designazione (CD) e denominati con una
numerazione progressiva.
L�interessamento degli organi bersaglio pu� essere primitivo o secondario. Le cellule
B e T neoplastiche tendono ad assumere il comportamento proprio dei corrispettivi
normali, quindi si insediano e crescono nelle aree in cui albergano i linfociti non
tumorali e, come questi, ricircolano con estrema facilit� attraverso i linfatici e il sangue
periferico fino a tessuti linfoidi anche distanti dalla sede di origine del linfoma.
5
La migrazione tessuto-specifica delle cellule neoplastiche a livello degli organi
bersaglio, o �homing�, � permessa dall�espressione di molecole di adesione, quali la L-
selectina per i linfonodi, la CLA (Cutaeous Lymphocyte Antigen) per la cute o altri
recettori di �accasamento� (homing receptors).
4, 5
Esistono due tipi di linfomi: i linfomi di Hodgkin e i linfomi non Hodgkin. Essi si
differenziano clinicamente, istologicamente e dal punto di vista terapeutico.
1.2 Maturazione dei linfociti T
La prima propriet� che i linfociti T acquisiscono durante il loro soggiorno timico
consiste nella capacit� di riconoscere specificamente un antigene estraneo, non-self.
Questo riconoscimento � reso possibile dalla presenza, sulla superficie di ciascun
linfocita T, di un recettore specifico per l�antigene.
6
Il recettore per l�antigene delle cellule T (TCR, T cell antigen receptor) � una
proteina transmembrana glicosilata, a struttura quaternaria di eterodimero, che possiede
una parte costante (C) e una variabile (V) responsabile della specificit� antigenica.
L�eterodimero � formato da due catene, α e β. La catena α � codificata dal cromosoma
14, la catena β dal cromosoma 7. L�informazione genetica per la porzione variabile del
7
TCR, destinata a combinarsi con l�antigene delle due catene, � contenuta in famiglie di
geni: V, D e J per la catena β; V e J per la catena α. La parte costante del TCR �
determinata dall�espressione di un gene C per la catena α e due geni C per la catena β.
Durante la maturazione intratimica dei linfociti T, le due regioni vanno incontro ad un
riarrangiamento genetico, a seguito del quale il recettore αβ viene esposto in membrana
associato ad un pentamero detto T3 (CD3), che ha il ruolo di trasdurre il segnale
attivando la cellula.
Nel frattempo vengono esposte, oltre al TCR, due glicoproteine, il CD4 e il CD8. Nel
corso della maturazione il linfocita perder� una delle due proteine, diventando CD4+ o
CD8+. I linfociti CD4+ sono il 70% dei linfociti circolanti. Sono definiti helper poich�,
tramite il legame del CD4 alle molecole MHC di classe II, stimolano i linfocit i B ad
attivarsi e a compiere lo switch isotipico, ovvero il cambiamento di classe delle
immunoglobuline prodotte che li render� in grado di sviluppare in modo specifico una
risposta immunitaria nei confronti di determinati antigeni. I linfociti CD8+
rappresentano il 30% dei linfocit i e sono detti citotossici, poich�, mediante l�ancoraggio
a molecole MHC di classe I, espresse da tutte le cellule nucleate dell�organismo, sono in
grado di provocare la lisi delle cellule che presentano antigeni ritenuti estranei.
2
Esiste una minoranza di linfociti T CD4- e CD8-, il cui TCR, montato in membrana
con il CD3, � composto da un eterodimero γδ. La catena γ � codificata sul cromosoma
14 e la catena δ sul 7. Anche per il recettore γδ, i geni vanno incontro a riarrangiamento
durante la maturazione del linfocita, tuttavia la variabilit� � minore rispetto al TCR αβ e
la stimolazione � dovuta al legame con molecole definite superantigeni o con proteine
cellulari prodotte dallo stress, quali le heat shock proteins. Le cellule T con fenotipo γδ
corrispondono a circa il 5% dei linfociti maturi, anche se � stato dimostrato che nei
primi stadi di maturazione sono molte di pi� le cellule che esprimono questo recettore.
Inoltre, si ritiene che i linfociti γδ possano svilupparsi anche in tessuti diversi dal timo,
in cui risultano essere particolarmente numerosi, ad esempio nell�intestino.
I linfociti γδ sono cellule ad attivit� citotossica, che non dipendono dalla
presentazione dell�antigene da parte di molecole MHC.
2
8
1.3 Classi di differenziazione (CD, Cluster of differentiation)
Durante la loro maturazione, i linfociti acquisiscono una specifica propriet�
funzionale, esprimendo a livello della membrana degli antigeni di differenziazione. La
dimostrazione di tali antigeni sulla superficie dei linfociti permette di definirne il
fenotipo, correlato al grado di maturazione e alla funzione di ogni singola cellula.
6
Finora sono state identificate circa 350 molecole e suddivise in classi di
differenziazione (CD), secondo un sistema di nomenclatura internazionale in continuo
aggiornamento.
7
Il sistema CD deriva dall�analisi del comportamento degli anticorpi
monoclonali, prevalentemente di origine murina, diretti contro gli antigeni leucocitari
umani. Gli anticorpi monoclonali che presentano le medesime caratteristiche sono stati
raggruppati e definiti con un numero CD. Lo stesso numero viene utilizzato,
convenzionalmente, per identificare il marcatore cellulare che � riconosciuto da quel
gruppo di anticorpi monoclonali. Le molecole possono essere ulteriormente definite in
base all�informazione fornita circa la cellula (marcatori di linea cellulare, di
maturazione, di attivazione) o in base alla famiglia di appartenenza (immunoglobuline,
integrine, selectine, proteoglicani, etc).
3
La tabella che segue riporta i CD espressi da linfociti T, B, Natural Killer e
polimorfonucleati, soprattutto in caso di linfoma cutaneo, e ed affianca al numero la
molecola identificata o la sua funzione e le corrispondenze con la famiglia di
appartenenza. Sono inoltre indicati i principali antigeni non-CD utilizzati
routinariamente nella diagnosi dei linfomi cutanei.
7, 3
CD Nome/funzione Cellula
CD1a Presentazione dei lipidi/glicolipidi ? cellule dendritiche (Langerhans) T timica e B
CD2 Recettore per LFA-3 (Lymphocyte Function-Associated Antigen-1) ? adesione PanT e NK
CD3 s, ε Complesso di segnalazione del TCR (s: di membrana ; ε: citoplasmatico) PanT e NK
CD4 Recettore per l�MHC di classe II ? linfociti T helper T
CD5 Co-stimolatore (attivazione) T e B
CD7 Trasduzione del segnale, T cell leukemia antigen T
CD8 Recettore per l�MHC di classe I ? linfociti T citotossici/soppressivi T
CD10 CALLA, metallo-endopeptidasi di membrana ? cell B del centro germinativo T e B
CD14 Recettore per la proteina legante l�LPS Monociti
CD15 Lewis X ? adesione Monociti
CD19 Subunit� co-recettoriale delle cellule B B
CD20 Canale del Calcio PanB
CD22 Bgp135; BL-CAM, Siglec2 ? adesione panB
CD23 Recettore per IgE a bassa affinit�; FcεRII ; gp50-45 B
CD25 Recettore dell�interleuchina 2 (IL2 R) T e B
CD26 Dipeptidilpeptidasi IV; gp120; Ta1 ? attivazione T, B e NK
CD30 Recettore per citochine; trasduzione del segnale (apoptosi) ? blasti T, B e NK
CD33 SIGLEC-3 MONOCITI
CD43 Leucosialina (anti-adesione) T, B e NK
CD45 Antigene commune leucocitario (LCA) Pan leucociti
CD45R A, O, B LCA ristretto ? linfociti T memory T
CD52 Campath-1 T, B, Monociti
CD56 Molecola di adesione alle cellule neurali (NCAM) T e NK
CD58 LFA 3; lega CD2 ? adesione Pan cellulare
CD62L L-selectina ? homing Pan cellulare
CD68 Macrosialina Monociti
CD79a MB-1; Igα ? linfociti B e plasmacellule B
CD95 Fas, trasduzione del segnale (apoptosi) T, B, NK, Mono
CD123 IL3 R Monociti
CD138 Syndecan-1, lega il collageno di tipo I ? plasmacellule B
CD163 Recettore dell�emoglobina-aptoglobina ? signaling e attivazione Monociti
Non CD
β F1 TCR αβ T αβ
TCR δ 1 TCR γδ
T γδ
KI-67 (clone Mib 1) Antigene di proliferazione (fasi S e G2 del ciclo cellulare)
Pan cellulare
HECA-452 CLA (cutaneous lymphocyte associated antigen) T cutanei
P80/ALK-1 Recettore per TGFβ (Activin receptor-like kinase 1) T con t(2;5)
EMA Antigene epiteliale di membrana (+ cellule anaplastiche e di RS) T
TIA-1 T cell intracellular antigen ? citotossicit� T γδ e NK
dG9/perforina Proteina citolitica ? citotossicit� Tc, T γδ e NK
Granzima Serina proteasi ? citotossicit� Tc, T γδ e NK
BCL-2 B-cell leukemia/lymphoma 2 ? oncogene antiapoptotico T e B
BCL-6 Repressore trascrizionale
B
MUM-1 Melanoma associated antigen (mutated) 1
B
FOX-P1 Forkhead Box P1 ? oncosoppressore B attivati
FOX-P3 Forkhead Box P3 ? oncosoppressore T regolatori
TdT Terminal deoxynucleotidyl transferase ? DNA polimerasi T e B
TCL1 T Cell Leukemia/Lymphoma 1 ? oncogene T e B
10
L�antigene CD1 � espresso dai linfociti della corticale timica, ma non dalle cellule
mature. Le molecole CD2, CD3 e CD5 caratterizzano i linfociti T maturi. I linfociti T
helper esprimono l�antigene CD4; i linfociti T citotossici il CD8. Le cellule helper,
inoltre, sono caratterizzate da differenti profili di secrezione, a seconda che siano Th1 o
Th2. I primi producono IFNγ, TNFα ed IL2, i secondi IL4, IL6, IL5, IL10 e IL13.
6
Il sistema di nomenclatura CD non ha solo fini identificativi e di ricerca. La sua
importanza emerge in ambito clinico-patologico. La suddivisione delle cellule in
sottopopolazioni funzionali, applicata ai tumori del sistema immunitario, ed in
particolare ai linfomi, permette uno studio delle cellule neoplastiche sulla base
dell�immunofenotipo. L�analisi di determinate molecole aiuta nel formulare la diagnosi
corretta e soprattutto serve ad impostare terapie specifiche e ad avanzare una prognosi
per i pazienti. L�assetto immunofenotipico � diverso, infatti, se il linfoma si presenta
con un decorso clinico pi� o meno aggressivo, oppure se il linfoma � primitivo o
secondario, e, di conseguenza, anche la terapia e la prognosi cambiano.
La maggior parte dei linfomi T cutanei � caratterizzata da un fenotipo T helper di
dipo memoria, ovvero presentano in superficie CD2, CD3, CD4, CD5, CD45RO,
TCRαβ.
6
1.4 Le sottopopolazioni di linfoma
Nei primi anni del �900, il riconoscimento di caratteristiche istologiche peculiari ha
permesso di effettuare una distinzione preliminare tra i linfomi, che vengono ancora
classificati in linfomi di Hodgkin e linfomi non Hodgkin.
5, 2
Linfomi di Hodgkin
Nel 1832 Thomas Hodgkin descrisse i primi casi della malattia che porta il suo
nome. La caratteristica di questa forma di linfoma � la presenza di cellule infiammatorie
normali di tipo reattivo attorno alle cellule neoplastiche.
11
I linfomi di Hodgkin costituiscono un terzo di tutti i linfomi e rappresentano meno
dell�1% di tutte le neoplasie.
2
L�incidenza stimata negli Stati Uniti � di circa 800.000 nuovi casi diagnosticati
all�anno.
1
L�et� media alla diagnosi � 32 anni, con un picco bimodale a 15-35 anni e dopo i 50
anni. Il sesso pi� colpito � quello maschile, con un rapporto maschi:femmine di 1.5:1, e
la malattia � pi� frequente nei bianchi rispetto ai neri.
Si riconoscono due tipi di linfomi di Hodgkin: il tipo classico, caratterizzato dalla
presenza della cellula di Reed Sternberg, e la variante a predominanza linfocitaria di
tipo nodulare, in cui le cellule tumorali sono chiamate linfocitiche e istiocitiche e
indicate con la sigla L&H.
8
Linfoma di Hodgkin Classico
Questo linfoma origina dalla cellula di Reed Sternberg,
caratterizzata dall�essere di grosse dimensioni, con
citoplasma azzurro, spesso vacuolato, nucleo unico
plurilobato o multiplo e nucleoli prominenti e speculari, che
conferiscono alla cellula il tipico aspetto �a gufo� o �a
civetta�. Frammisti alla cellula neoplastica, gli elementi
cellulari normali di significato reattivo sono costituiti da
linfociti T, plasmacellule, istiociti, eosinofili, con associata
una reazione stromale aspecifica.
Non � ancora stata chiarita l�esatta origine della cellula di Reed Sternberg, tuttavia
l�analisi del DNA con PCR (Polymerase Chain Reaction) ha permesso di acquisire
maggiori informazioni a riguardo.
2
Si ritiene che essa origini dai linfociti B. Il riarrangiamento dei geni delle catene pesanti
delle immunoglobuline, VH, DH e JH, � una condizione sine qua non per definire la
cellula di Reed Sternberg.
Si pensa che la malattia sia inizialmente policlonale e divenga monoclonale in seguito
ad accumulo di mutazioni genetiche. In alcuni pazienti �, infatti, stato possibile
individuare cellule con un diverso riarrangiamento dei geni delle catene pesanti delle
Cellula di
Reed Sternberg
12
immunoglobuline, in altri le cellule originavano da cloni diversi, avendo un assetto
genetico tra loro differente.
La presenza quasi costante di geni VH aberranti dovrebbe rendere la cellula non
funzionale e promuovere il processo di apoptosi. Questo non avviene nella cellula di
Reed Sternberg ed il motivo � ancora da chiarire, tuttavia sono state avanzate alcune
ipotesi in proposito.
E� possibile che sia l�infezione dei linfociti ad opera del virus di Epstein-Barr a
mantenere in vita la cellula, con la produzione di proteine, quali la LMP-1 (Latent
Membrane Protein-1), che inducono antiapoptosi e multinuclearit�. La presenza del
virus di Epstein-Barr nelle cellule di Reed Sternberg si ha nel 60% dei casi, tuttavia la
diffusione del virus a livello della popolazione della generale � troppo ampia per
definire con certezza il ruolo eziopatogenetico del virus nell�ambito della malattia di
Hodgkin.
La carenza di molecole di MHC sembra costituire l�alterazione principale che � alla
base del linfoma.
Le cellule di Reed Sternberg, a differenza dei linfociti B normali, presentano un�esigua
quantit� di molecole di MHC di classe I, rendendo impossibile l�eliminazione delle
cellule mutate da parte dei linfociti CD8+.
L�assenza di molecole di MHC di classe II impedisce la presentazione dell�antigene ai
linfociti Th1 e la stimolazione di essi ad eliminare le cellule malate.
L�espressione del CD30 in superficie spiega in parte la presenza dei linfociti T
disposti a rosetta attorno alle cellule di Reed Sternberg. Si tratta infatti di linfociti Th2
autoreattivi che interagiscono con i linfociti tumorali favorendone la proliferazione.
Infine, � la continua produzione di citochine da parte delle cellule di Reed Sternberg
e dei linfociti T attivati che provoca le importanti manifestazioni cliniche della malattia.
I linfociti neoplastici rappresentando meno dell�1% delle cellule all�interno della lesione
tumorale, non potrebbero altrimenti dare le alterazioni immunitarie e sistemiche tipiche
di questo tipo di linfomi.
La produzione di IL4, IL10 e TGFβ provoca immunosoppressione, riducendo l�azione
dei linfociti Th1 e aumentando quella delle cellule regolatrici Tr1 e Th3. Le alterazioni
di fase acuta, la fibrosi, l�eosinofilia e la linfopenia osservate variabilmente dei vari
13
sottotipi di linfoma di Hodgkin sono dovute alle citochine precedentemente citate, ma
anche a PDGF, IL11, IL5, IL6 e TNFα.
La diffusione neoplastica avviene inizialmente per contiguit� lungo le stazioni
linfonodale, ma diventa ematogena negli stadi avanzati di malattia.
Esistono quattro varianti di linfoma di Hodgkin di tipo classico.
La pi� frequente � quella a sclerosi nodulare, rappresentando il 50% dei casi.
La forma a cellularit� mista � presente nel 30% dei pazienti. La variante a deplezione
linfocitaria ha una frequenza del 10%.
I diversi tipi di linfoma differiscono per il grado di malignit� istologica, definito sia dal
numero di cellule di Reed Sternberg, sia dall�assetto infiammatorio intorno ad esse.
L�immunofenotipo delle cellule tumorali � peculiare, con positivit� per CD15 e CD30 e
negativit� per CD3, CD20 e CD45.
Linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria di tipo nodulare
La cellula neoplastica che d� origine al linfoma � la cellula
linfocitica e istiocitica, detta L&H. E� una piccola cellula
frastagliata, con nucleo lobato, e circondata da linfociti B e
istiociti. Viene definita �cellula popcorn�.
Le principali differenze con la cellula di Reed Sternberg sono
l�assenza delle alterazioni a livello dei geni VH e il decorso
benigno della malattia.
L�immunofenotipo della cellula popcorn � caratterizzato dalla positivit� per CD45 e
CD20 e dalla negativit� per CD3, CD15 e CD30.
Il linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria rappresenta il 10% circa dei linfomi
di Hodgkin.
Le sedi di localizzazione del linfoma di Hodgkin sono, in ordine di frequenza, i
linfonodi superficiali, intratoracici, retroperitoneali e intraddominali, il sistema nervoso
centrale, il midollo osseo, lo scheletro e la cute.
2
Nella maggior parte dei casi il linfoma di Hodgkin insorge a livello linfonodale, in un
singolo linfonodo o in una catena linfonodale per poi estendersi ai linfonodi
anatomicamente contigui.
5
La malattia esordisce con la tumefazione non dolente dei
Cellula
pop-corn
14
linfonodi interessati dalle cellule neoplastiche, associata o meno a prurito e ai sintomi
costituzionali, cio� febbre, perdita di peso e sudorazione notturna, che peggiorano la
prognosi e definiscono la categoria B dei linfomi.
La diffusione avviene per via linfatica, ematica e per contiguit�.
5
La diagnosi, effettuata mediante analisi istologica da biopsia in sede linfonodale o di
altro tessuto patologico, viene condotta secondo quattro livelli di analisi consecutivi:
una biopsia linfonodale a livello dei linfonodi cervicali, ascellari e inguinali; una biopsia
ossea associata ad aspirato midollare ed eventualmente una biopsia extranodale;
splenectomia, se strettamente necessaria; infine diagnosi molecolare a fresco su
materiale criopreservato in fisiologica.
La stadizione � di fondamentale importanza, poich� influenza notevolmente la prognosi
e le scelte terapeutiche. Essa si avvale di due sistemi, quello di Ann Arbor e lIndice
Prognostico Internazionale (IPI). La classificazione di Ann Arbor, proposta nel 1971,
identifica 4 stadi di malattia, crescenti per estensione e quindi gravit� di linfoma. Ogni
stadio viene ulteriormente suddiviso in A o B a seconda che siano assenti o presenti i
sintomi generali. Inoltre vengono affiancate la lettera X, qualora il tumore sia
particolarmente esteso, e la lettera E, ad indicare il coinvolgimento di un singolo sito
extranodale associato ad una localizzazione linfonodale nota. L�IPI � uno score a punti,
cio� un sistema basato su diversi parametri, cui vengono assegnati dei punteggi,
secondo criteri predefiniti. Le variabili considerate dall�IPI sono l�et� maggiore di 60
anni, un aumento dell� La somma ricavata dalle diverse valutazioni dar� un indice alto e
sfavorevole, quando sar� tra 3 e 5; un indice basso, tra 0 e 2, sar� invece indicativo di
buona prognosi.
L�insorgenza primitiva della malattia di Hodgkin in sede extralinfonodale � da
considerarsi un evento eccezionale, in particolare a livello cutaneo.
Il linfoma di Hodgkin cutaneo si manifesta con papule o noduli duri e lisci di colore
rosso cupo, da pochi millimetri a grandi placche, a volte ulcerate. Le sedi corporee pi�
frequentemente colpite sono le spalle, le scapole e il cavo ascellare. L�infiltrato �
localizzato a livello di derma o ipoderma. Le lesioni cutanee tendono a risolversi
spontaneamente, anche se, essendo possibile un�evoluzione linfonodale della patologia,
si preferisce intervenire comunque con terapia radiante. Le forme limitate alla cute
15
hanno una prognosi favorevole, quelle con evoluzione sistemica hanno una prognosi
meno buona e necessitano di una terapia pi� aggressiva e sistemica.
4
Linfomi non Hodgkin
I linfomi non Hodgkin rappresentano un gruppo eterogeneo di malattie
linfoproliferative che originano dai Linfociti B nel 90% dei casi, dai Linfociti T nel 10%
dei casi e dai Natural Killer in meno dell�1% dei casi. Sono malattie rare,
rappresentando il 2% circa di tutte le neoplasie.
L�incidenza � circa doppia rispetto a quella dei linfomi di Hodgkin; negli Stati Uniti
essa � di 15 persone/100.000/anno. Questi linfomi corrispondono a circa il 2% di tutte le
neoplasie.
2
Per ragioni ignote, tuttavia, la loro frequenza sta aumentando alla velocit�
del 4% all�anno.
1
I linfomi non Hodgkin sono pi� frequenti nel sesso maschile, con un rapporto
maschi:femmine intorno a 1.4:1, e la fascia d�et� pi� colpita � rappresentata
complessivamente dagli anziani, anche se la reale et� di incidenza varia a seconda del
tipo citologico.
2
E� stata notata anche una diversa distribuzione geografica della
frequenza dei diversi sottotipi di linfoma non Hodgking.
L�eziologia non � nota. Sono stati chiamati in causa diversi fattori ambientali, quali
agenti infettivi, chimici, farmaceutici, e diverse patologie predisponenti, in particolare
malattie autoimmuni e stati di immunodeficienza.
L�esordio clinico, in oltre un terzo dei pazienti, � rappresentato da una
linfoadenopatia periferica non dolente, con sintomi B, ovvero febbre, perdita di peso e
sudorazioni notturne, e sistemici associati in meno del 20% dei casi. La localizzazione
extranodale avviene nel 40% dei casi e la cute rappresenta, dopo il tratto
gastrointestinale, la sede pi� comune di linfoma extranodale, seguita dall�encefalo, le
orbite, il cuore, la mammella, le ghiandole salivari, la tiroide e il surrene.