Introduzione
2
produzione del biodiesel, quali la formazione di saponi (che consumano il
catalizzatore impiegato) e la loro non semplice successiva asportazione
dal prodotto finale.
Tutto questo con lo scopo di minimizzare la spesa energetica e
quindi massimizzare il rendimento globale dell’impianto.
E’ definito cogenerativo un impianto che, utilizzando un determinato
tipo di combustibile, permette di produrre potenza elettrica e termica per
diversi tipi di utenza. Generalmente gli impianti cogenerativi sono installati
in industrie che, necessitando di un elevato fabbisogno di potenza termica
per i propri processi interni di produzione, combinano tale produzione con
quella di energia elettrica che in parte può essere utilizzata per usi interni
e in parte venduta alla rete nazionale.
L’impianto cogenerativo produce solitamente vapore surriscaldato o
acqua calda che può essere utilizzata direttamente dall’utenza termica
oppure inviata in scambiatori di calore intermedi per riscaldare il fluido da
utilizzare nell’utenza termica finale.
Per talune applicazioni si può utilizzare come fluido vettore l’aria che
tuttavia presenta come principale svantaggio bassi coefficienti di scambio
termico che impongono
dimensioni elevate agli scambiatori di calore.
Dal punto di vista energetico, il successo di un impianto cogenerativo
è fortemente condizionato alla capacità di soddisfare la produzione
elettrica e termica richiesta dall’utenza con consumi di combustibile
inferiori rispetto a quelli che si avrebbero con una produzione separata di
potenza termica ed elettrica in impianti dedicati.
Nel primo capitolo (“Produzione del biodiesel”) si accenna alla
situazione energetica mondiale, introducendo il biodiesel come un
combustibile in grado sia di limitare le emissioni di anidride carbonica ed
altri composti inquinanti in atmosfera, sia di ridurre la dipendenza
energetica dai tradizionali combustibili fossili; successivamente si
descrivono tutti i metodi disponibili attualmente per la sua produzione
(catalisi acida, basica, enzimatica ed in condizioni supercritiche). Infine si
Introduzione
3
trattano tutti i parametri influenzanti i diversi tipi di reazione e le specifiche
che il biodiesel deve avere per poter essere commercializzato e quindi
utilizzato in tutti i motori a ciclo Diesel.
Nel secondo capitolo (“Cogenerazione”) si affronta in maniera
approfondita il tema della cogenerazione, molto sentito al giorno d’oggi,
introducendo tutti gli indici di valutazione e le relazioni utili alla sua
trattazione. Si fa riferimento in particolare ai gruppi cogenerativi con
turbina a vapore, in quanto essa è la risorsa che verrà sfruttata in questo
lavoro di Tesi.
Nel terzo capitolo (“Produzione industriale di biodiesel con
catalizzatori basici”) si elencano le migliori tecnologie disponibili per la
transesterificazione di diversi tipi di oli vegetali (girasole, soia, colza,
Brassica Carinata e palma) combinati con alcool (metanolo ed etanolo) e
catalizzatore (KOH e NaOH). Vengono riportati in particolare tutti i
parametri coinvolti, i diagrammi e le tabelle utili alla trattazione. Il
contenuto di questo capitolo è il risultato di varie sperimentazioni.
Nel quarto capitolo (“Impianto a vapore e di disalcoolazione
esistente”) si descrivono la turbina a vapore esistente alimentata a
biomasse vegetali, l’impianto di disalcoolazione delle vinacce e tutti gli
elementi accessori; si elencano in particolare i dati d’esercizio relativi alla
produzione di energia elettrica, i consumi di combustibile e i trattamenti dei
fumi.
Nel quinto capitolo (“Produzione di etanolo puro”) si introducono i
concetti della distillazione semplice e frazionata, focalizzando l’attenzione
sui problemi dovuti alla separazione fisica dell’azeotropo etanolo-acqua. Si
accenna quindi all’eliminazione dell’azeotropo con benzene; infine si
approfondisce la distillazione salino-estrattiva con CaCl
2
, un metodo
innovativo che consente di ottenere etanolo con purezza del 99.998%
molare, sempre con eliminazione dell’azeotropo, e dispendio energetico
minimo, inferiore a diverse sperimentazioni effettuate in precedenza da
altri autori.
Introduzione
4
Nel sesto capitolo (“Dimensionamento impianto di produzione
biodiesel”), tenendo conto dell’impianto esistente (turbina a vapore ed
impianto di disalcoolazione), si dimensiona l’impianto di produzione di
biodiesel, ricavando i quantitativi di materia prima (olio vegetale, etanolo,
catalizzatore KOH) e di energia termica ed elettrica necessari. In
particolare l’energia termica viene sfruttata con spillamenti di vapore dalla
turbina mentre quella elettrica viene prelevata per mezzo dell’alternatore
posto a valle dell’impianto a vapore. Sarà poi ricalcolato il rendimento
globale della turbina effettuando un confronto tra la spesa energetica con
cogenerazione e quella relativa all’utilizzo di combustibile fossile.
Nelle Conclusioni infine viene riassunto a grandi linee tutto il lavoro
effettuato, con particolare riguardo ai risultati ottenuti ed ai possibili
sviluppi futuri del presente progetto.
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
5
1 - PRODUZIONE DEL BIODIESEL
1.1 Nozioni generali
Il problema energetico mondiale sta assumendo un’importanza vitale
per due motivi fondamentali, la riduzione delle riserve naturali dei
combustibili fossili e l’inquinamento atmosferico.
Questi due aspetti accoppiati non fanno presagire nulla di buono per
il futuro del pianeta. Da un lato, la riduzione delle scorte dei combustibili
fossili obbliga alla ricerca di nuove fonti energetiche in grado di sostituirli;
dall’altro, le variazioni climatiche ormai evidenti, forniscono un successivo
elemento per proseguire con decisione su questa strada.
Il primo effetto è ormai evidente agli occhi di tutti: infatti, il costo dei
combustibili fossili ha raggiunto livelli tali da mettere in discussione il
tenore di vita dei Paesi tecnologicamente avanzati e da pesare
negativamente sullo sviluppo dei Paesi poveri.
Una sana politica energetica dovrebbe cercare di ridurre i consumi di
questi combustibili in tutti quei casi ove esistono alternative disponibili,
lasciando il loro utilizzo a quei settori ove non è possibile, almeno per ora,
la loro sostituzione con altre fonti energetiche; tutto questo al fine di
allontanare sensibilmente la data di esaurimento delle riserve naturali e
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
6
contemporaneamente migliorare la situazione ambientale [10.]
Il biodiesel può svolgere un ruolo sempre più attivo nelle strategie di
salvaguardia ambientale delle nostre città, in quanto è una fonte
energetica a basso impatto ambientale, senza idrocarburi aromatici quali il
benzene, con minori emissioni di particolato e priva di zolfo. E’ una fonte
d’energia rinnovabile e come tale uno degli strumenti individuati per
limitare l'emissione di anidride carbonica in atmosfera, ritenuta uno dei gas
che più stanno influenzando l'equilibrio climatico del nostro pianeta.
I punti cruciali dell’utilizzo del biodiesel sono essenzialmente due: il
primo riguarda la qualità intesa come specifiche del prodotto definite per
garantire il corretto funzionamento dei motori a combustione interna
attualmente in uso e la seconda altrettanto importante è il costo effettivo
del biodiesel.
Per quanto riguarda il primo punto basta ricordare le notizie di poco
tempo fa sull’utilizzo dell’olio di colza nelle autovetture e spiegare come in
realtà non è vero che se noi mettiamo dell’olio nel motore questo non
funziona; in realtà questo brucia l’olio che è pur sempre composto da
idrocarburi che si ossidano durante la combustione ma il problema è che a
lungo andare il motore si rovina a causa della densità dell’olio, della sua
viscosità (10-100 volte più elevate di quelle del gasolio fossile, a parità di
temperatura) e del basso numero di cetano, e ciò comporta una maggior
fatica soprattutto all’accensione del motore.
Questo punto è fondamentale nel perché non possiamo immaginare
di modificare in tempi brevi la tecnologia dei motori utilizzati per adattarli
ad un combustibile composto completamente da olio per cui si stanno
sviluppando diversi metodi per rendere utilizzabile questa risorsa
rinnovabile.
Esistono diverse soluzioni al problema: la prima è quella di miscelare
una percentuale d’olio con il diesel derivato dal petrolio in modo tale da
avere una miscela con caratteristiche più vicine a quelle utilizzate di solito,
la seconda è quella di trasformare l’olio attraverso un processo definito
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
7
”transesterificazione” in biodiesel, che ha dei parametri ben specificati che
gli consentono di essere utilizzato come ottimo combustibile per i motori di
questa generazione, le altre consistono nella microemulsione con alcool a
catena corta come il metanolo o l’etanolo e nella pirolisi o cracking
termico.
La tecnica più promettente è quella della “transesterificazione”. A
questo punto entra in gioco l’altro nodo fondamentale e cioè il costo del
biodiesel transesterificato: il prezzo definitivo dipende molto dalle materie
prime utilizzate, perciò lo sviluppo di questo processo è mirato ad ottenere
un prodotto con le caratteristiche richieste dai motori moderni sfruttando
materie prime con prezzi ragionevoli.
In primo luogo bisogna dire che il minor costo di produzione del
biodiesel è per lo meno doppio rispetto al gasolio o alla benzina; unico
fattore che però risulta essere fortemente incentivante è l’impatto
ambientale nettamente inferiore ai combustibili tradizionali. Infatti, non
contribuisce all’«effetto serra» poiché restituisce all’aria solo la quantità di
anidride carbonica utilizzata da colza, soia e girasole durante la loro
crescita, riduce le emissioni di monossido di carbonio e di idrocarburi
incombusti, non contenendo zolfo il Biodiesel non produce una sostanza
altamente inquinante come il biossido di zolfo e consente maggiore
efficienza alle marmitte catalitiche, diminuisce rispetto al gasolio la
fumosità dei gas di scarico emessi dai motori diesel e dagli impianti di
riscaldamento (-70%), non contiene sostanze pericolosissime per la salute
quali gli idrocarburi aromatici benzene, toluene e omologhi o policiclici
aromatici.
A questo punto è necessario menzionare il protocollo di Kyoto e la
situazione attuale in Italia per quanto riguarda i combustibili rinnovabili e le
emissioni.
Il Protocollo di Kyoto rappresenta un’importante risposta per ridurre i
quantitativi di CO
2
immessi in atmosfera e contrastare i cambiamenti
climatici globali. Gli obiettivi generali del Protocollo sono condivisi anche
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
8
dall’industria petrolifera italiana. Gli impegni sottoscritti a Kyoto dai paesi
industrializzati prevedono il raggiungimento di riduzioni di emissioni di gas
serra nel 2010 rispetto al 1990 nella seguente misura: Unione Europea –
8%; Stati Uniti –7%; Giappone –6%. L'Italia si è assunta l'impegno di
ridurre le emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2010 rispetto alle
emissioni del 1990. Con la ratifica del Protocollo di Kyoto da parte del
Parlamento Italiano, attraverso la Legge n. 120 del 1° giugno 2002, l’Italia
si è ufficialmente impegnata a rispettare gli obblighi di riduzione sui gas
serra previsti dal Protocollo per il nostro Paese. I tagli necessari sono stati
stimati in 93 milioni di tonnellate di CO
2
che si prevede verranno raggiunti
attraverso tre settori di intervento:
• attuazione delle misure di contenimento nell’industria energetica;
• interventi nel settore agricolo e forestale;
• ulteriori misure nei settori trasporti, civile e terziario;
• modernizzazione del paese attraverso la realizzazione di opere
infrastrutturali;
• realizzazione di nuovi impianti a ciclo combinato e di nuove linee di
importazione dall’estero di gas ed elettricità;
• gestione integrata del territorio e dell’ambiente per lo sfruttamento
delle energie rinnovabili in particolare di quella eolica, la gestione
dei rifiuti e lo sfruttamento delle biomasse.
Sul piano ambientale si stima che l’impiego di un chilogrammo di
biodiesel in sostituzione del gasolio comporta, nel migliore dei casi, una
riduzione massima delle emissioni di CO
2
di 2,1 kg (60% in meno rispetto
all’emissione del gasolio che è pari a 3,2 kg di CO
2
).
Dal punto di vista fiscale, per rendere competitivo sul mercato il
biodiesel, risulta necessario esentarlo completamente dalle accise.
Questo ultimo aspetto renderebbe particolarmente oneroso per il bilancio
dello Stato l’obiettivo della Delibera di incrementarne i consumi, nel settore
dei trasporti, dalle attuali 250.000 tonnellate ad oltre un milione di
tonnellate nel 2010.
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Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
10
temperature e pressioni non elevate. Altrimenti si parla di tempi molto
lunghi o di temperature dell'ordine dei 250°C. Per oli grezzi con acidità
elevata (superiore a 1%) l'utilizzo di catalizzatori alcalini può portare alla
formazione di saponi, quindi sarebbe meglio usare quelli acidi.
Normalmente però gli oli raffinati hanno una bassa acidità e perciò si
impiegano proprio catalizzatori alcalini. Il prodotto finale ha una viscosità
molto inferiore (circa 6-7 cSt a 20°C, dello stesso ordine di grandezza di
quella del gasolio) rispetto all'olio grezzo, le caratteristiche a freddo sono
tali da renderlo idoneo per quasi tutti i climi, il numero di cetano aumenta
di 12-15 unità ed è inoltre possibile aggiungere combustibile minerale in
qualsiasi proporzione.
Si ottiene anche un sottoprodotto: una fase acquosa a base di
glicerolo, la cui raffinazione richiede impianti piuttosto complessi. Il
bilancio di massa semplificato dell'intero processo è il seguente:
1000 kg di olio raffinato + 100 kg metanolo = 1000 kg biodiesel + 100 kg glicerolo
Poiché si tende ad ottenere un elevato tasso di conversione in estere
metilico (se possibile superiore al 97%), occorre eliminare fosfolipidi e
mucillagini e mantenere il tasso di acidità dell'olio il più basso possibile.
Per accelerare il processo si opera in due modi:
1. Aggiunta di metanolo/etanolo in eccesso (tipicamente in rapporto
1:6).
2. Eliminazione della glicerina formata.
Il metanolo non è totalmente solubile nell'olio a temperatura
ambiente, occorre quindi ricorrere al riscaldamento e agitazione della
miscela. La temperatura di reazione, in effetti, non è standard, ma deve
essere individuata tenendo conto anche dei tempi di reazione.
Indicativamente dopo un'ora non si osservano differenze significative di
resa con temperature di 45°C o di 60°C, mentre a 32°C la resa è
leggermente inferiore. Dopo quattro ore invece la resa è sempre attorno al
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
11
98-99%.
L'alcool residuo nella soluzione di metilestere è separato per
distillazione sotto vuoto e quindi tutto o quasi l'eccesso di metanolo
immesso viene recuperato. Una piccola parte rimane nella soluzione
acquosa e verrà recuperata in un secondo momento.
Esistono comunque differenti tipologie di processo che analizzerò nel
seguito.
1.2.1 Processo a medio-alta temperatura
Utilizzato per grandi impianti. Prevede:
1. Un pretrattamento di raffinazione dell'olio: per migliorare le rese e
aumentare l'efficienza del processo seguente è opportuno eliminare
le lecitine ed eventuali acidi grassi liberi ed ottenere una materia
prima con caratteristiche costanti.
2. La miscelazione dell'alcool con il catalizzatore (quasi sempre KOH)
in ambiente controllato e sicuro in quanto la reazione libera una
notevole quantità di energia.
3. La miscelazione dell'olio con il mix alcool/catalizzatore.
Normalmente si opera con il doppio (1:6) del rapporto
stechiometrico che vuole, per ogni mole di olio, tre moli di alcool
(1:3). L'utilizzazione di metanolo richiede di adottare, come previsto
dalla legislazione, opportuni accorgimenti di sicurezza che incidono
sensibilmente sui costi. Tale operazione può avvenire in continuo
(richiede alti costi, grossi impianti, circa 20-25.000 t/anno,
tecnologie di punta) oppure in batch (discontinuo) utilizzando
agitatori. La miscela viene fatta reagire a 70°C per un'ora.
L'ambiente di reazione è corrosivo, per cui tutta l'impiantistica deve
essere realizzata in acciaio inossidabile e in materiale plastico.
4. La purificazione del metilestere per eliminare le tracce della fase
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
12
idrofila (glicerolo, eccesso di metanolo, catalizzatore). Normalmente
si eseguono semplici lavaggi del prodotto con acqua che
successivamente viene fatto decantare o viene centrifugato.
5. Il recupero dell'alcool in eccesso per mezzo di un procedimento di
evaporazione sottovuoto (stripping) e la sua reimmissione nel ciclo.
Tale operazione si esegue sia sul prodotto (metilestere) che sulla
fase acquosa contenente glicerolo.
6. La raffinazione della glicerina ottenuta in funzione dei differenti
utilizzi.
1.2.2 Processo a temperatura ambiente
Utilizzato per piccoli impianti (1000-3000 t/anno). Richiede poca
energia e quindi è relativamente economico; può essere utilizzato per
esterificare oli grezzi o oli esausti di frittura, ma in tal caso si devono
dosare i reagenti (soprattutto il catalizzatore) in funzione della
composizione, molto variabile, della materia prima e si deve usare
l'accortezza di non miscelare stock differenti. Il processo prevede:
1. L’analisi dello stock da trattare per poter individuare le giuste
quantità di reagenti.
2. La miscelazione dell'alcool con il catalizzatore (normalmente
idrossido di potassio) in ambiente controllato. Poiché il catalizzatore
alcalino reagisce con gli acidi della miscela e crea dei saponi si
osserva un certo consumo di tale reagente.
3. La miscelazione dell'olio con il mix alcool/catalizzatore in un primo
serbatoio. Normalmente si opera con il doppio (1:6) del rapporto
stechiometrico che vuole, per ogni mole di olio, tre moli di alcool
(1:3). Tale miscela viene fatta reagire, fatta decantare e
successivamente la frazione idrofila viene allontanata dal fondo del
serbatoio. L'intero processo dura 8 ore circa a 20°C.
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
13
4. Il travaso della fase idrofobica contenente il metilestere in un
secondo serbatoio nel quale si ripete il processo di miscelazione
con l'alcool e il catalizzatore al fine di raggiungere un buon livello
qualitativo del prodotto finale. I processi più semplici riducono al
minimo, sino a quasi annullarlo, l'impiego di acqua (che implica
sempre problemi di smaltimento) per il lavaggio del prodotto.
5. La neutralizzazione del catalizzatore con acido fosforico e
conseguente produzione di fosfato di potassio (utilizzabile come
fertilizzante).
6. Il recupero dell'alcool in eccesso per mezzo di un procedimento di
evaporazione sottovuoto (stripping) e la sua reimmissione nel ciclo.
1.2.3 Processo continuo ad alta temperatura e pressione
Come accennato il processo di esterificazione è normalmente
discontinuo, ma per impianti con elevata capacità si può utilizzare un
processo in continuo caratterizzato da elevate pressioni e temperature di
reazione, dall'uso di catalizzatore acido e quindi dalla possibilità di
utilizzare oli con acidità fino al 4%; altro vantaggio è la produzione di
glicerina che non richiede successiva raffinazione. Il processo continuo
prevede:
1. La riduzione del contenuto di fosforo fino a 25-50 ppm.
2. La miscelazione dell'olio con metanolo (purezza del 99,5%) in
quantità pari al 13,5% dell'olio trattato e con il catalizzatore in
quantità pari allo 0,15%.
3. Il riscaldamento a 200°C e la pressurizzazione a 5 MPa della
miscela in un reattore.
4. Il recupero del metanolo in eccesso per evaporazione e stripping.
5. La decantazione della miscela per separare l'estere dalla fase
acquosa.
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
14
6. Il lavaggio della miscela con acqua.
7. L'asciugatura dell'estere.
8. La distillazione del composto per ottenere una purezza del 99% in
metilestere. I mono-, di- e tri-gliceridi residui vengono reimmessi nel
processo.
9. La distillazione di tutte le frazioni per recuperare il metanolo che
viene reimmesso nel processo (purezza del 98,5%) e infine la
concentrazione della glicerina per usi industriali (82-88%) o per usi
farmaceutici (99%).
Comune a tutti i processi è il controllo della qualità e l'eventuale
aggiunta di additivi (gli stessi utilizzati per il gasolio). In genere, vengono
verificati: contenuto in esteri e glicerina, flash-point (affetto dal metanolo
residuo), contenuto di catalizzatore o di acido utilizzato per l'arresto della
reazione. Se la qualità non è soddisfacente, il prodotto viene rinviato a
monte dell'impianto.
Per avere un'idea sugli attuali orientamenti qualitativi, si possono
consultare le tabelle con le caratteristiche commerciali degli esteri di olio
vegetale. La soluzione acquosa, sottoprodotto principale del processo,
può essere trattata per ottenere glicerina a diversi gradi di purezza. A tale
fine, deve essere neutralizzata, centrifugata e separata nei suoi
componenti.
Capitolo 1 – Produzione del Biodiesel
15
1.3 Cinetica
1.3.1 Transesterificazione
La transesterificazione è il termine generale usato per descrivere una
delle più importanti categorie di reazioni organiche in cui un estere si
trasforma in un altro estere mediante uno scambio di parte della molecola.
Quando l'estere originale reagisce con un alcool, il processo di
transesterificazione è denominato alcolisi (figura 1.2):
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Figura 1.2: Equazione generale per la reazione di transesterificazione
In questo testo il termine transesterificazione sarà usato come
sinonimo di alcolisi degli esteri carbossilici, in accordo con la maggior
parte delle pubblicazioni in questo campo. La transesterificazione è una
reazione di equilibrio e la trasformazione si presenta essenzialmente
mescolando i reattivi.
Tuttavia, la presenza di un catalizzatore (tipicamente un acido o una
base forte) accelera considerevolmente la velocità di reazione e di
conseguenza il raggiungimento dell'equilibrio.
Per ottenere un alto rendimento inteso come quantità di metilestere
prodotto rispetto all'estere utilizzato, bisogna aggiungere un eccesso di
alcool rispetto al quantitativo stechiometrico. La reazione di
transesterificazione non si limita all’applicazione nei soli laboratori, ma
viene utilizzata in larga scala in numerosi processi industriali per produrre
diverse tipologie di composti.