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INTRODUZIONE
In origine sinceramente non avevo intenzione di
trattare tale argomento nello specifico, mi sarebbe
piaciuto indagare la realtà iugoslava attraverso l‟occhio
dell‟ Agenzia Stefani, che fu la prima agenzia di
stampa italiana, ma dopo accurate ricerche, svolte
presso l‟ Archivio centrale dello Stato a Roma, ho
dovuto desistere per la mancanza di materiale
sufficiente al lavoro. Mi sono accorto però del tanto
materiale riguardante i rapporti fra l‟ Italia fascista e la
Iugoslavia, così d‟ accordo con il Professor Iuso ho
iniziato i lavori per questa tesi.
L‟ obiettivo di tale lavoro è duplice: da un lato l‟
intenzione è quella di illustrare quali fossero i
meccanismi della propaganda e del controllo, dall‟
altro è di indagare e capire quali fossero le reali
motivazioni per le quali si cercavano consensi al di
fuori dei confini italiani.
3
Naturalmente la prima parte è dedicata ad una
ricognizione storica di ciò che era l‟ Europa nel post-
grande guerra, tanto per capire come si arrivò all‟
instaurazione dei due regimi dittatoriali, per illustrare i
tanti problemi geo-politici non risolti e l‟ importanza di
aree strategiche come quella balcanica.
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L’ EUROPA FRA LE DUE GUERRE
Già ai tempi della grande guerra del 1914-1918 i
Balcani (la “polveriera d‟ Europa”)
1
recitarono loro
malgrado un ruolo centrale, causa l‟ inarrestabile
declino della Turchia ed i suoi successivi ripiegamenti
2
acuivano gli appetiti delle varie potenze.
Tali potenze erano nello specifico la Russia, che si
atteggiava a protettrice naturale degli slavi della
regione (panslavismo), l‟ Austria-Ungheria, che era
diventata una potenza balcanica quando aveva ottenuto
nel 1878 l‟ amministrazione della Bosnia-Erzegovina,
ed infine la Germania che aspirava a ricacciare indietro
con una “spallata verso oriente” i confini della Russia,
inserendo il Baltico e la Polonia russa nel progetto di
una grande mitteleuropa guidata da Berlino.
1
F.Della Peruta, Storia del Novecento, cit. p. 13.
2
I quali avevano ridotto le terre sotto sovranità turca all‟ Albania, alla Macedonia
ed alle isole del Mar Egeo.
5
Conflitto secondario era quello che opponeva l‟ Italia
all‟ Austria per la questione delle terre irredente,
Trento e Trieste, e per il controllo dell‟ Adriatico.
A seguito delle guerre balcaniche (1912-1913) che
videro rafforzarsi la posizione della Serbia a
svantaggio dell‟ Austria, nel breve volgere di un anno
le cose precipitarono il 28 giugno 1914 quando l‟
arciduca ereditario d‟ Austria Francesco Ferdinando fu
assassinato insieme alla moglie a Sarajevo, capoluogo
della Bosnia, dallo studente bosniaco di nazionalità
austro-ungarica Gavrilo Princip.
Nel luglio del 14‟, la dichiarazione di guerra austro-
ungarica alla Serbia fece scattare il gioco delle alleanze
che portò a fronteggiarsi la Triplice Alleanza (Austria e
Germania) e la Triplice Intesa (Francia, Russia ed
Inghilterra).
Dopo anni di sostanziale equilibrio, nei quali nessuno
dei due schieramenti riuscì a prevalere sull‟altro, nel
1918 i rapporti di forza mutarono spostandosi a favore
6
degli Alleati occidentali, grazie soprattutto all‟
intervento degli Stati Uniti, fino a decretarne la vittoria
finale del conflitto.
In tale contesto l‟ Italia svolse un ruolo di attesa, da un
lato non intervenne a fianco dell‟ Austria perché
giudicò l‟ atteggiamento aggressivo della monarchia
asburgica una violazione della Triplice Alleanza, dall‟
altro la scelta era se rimanere neutrali o se intervenire a
fianco dell‟ Intesa. Attori di questa vicenda furono
Salandra ed i suoi Ministri degli Esteri, Antonio di San
Giuliano e Sidney Sonnino.
Il progressivo orientamento di Salandra verso l‟
intervento a fianco dell‟ Intesa era motivato da
aspirazioni di potenza, il pieno controllo dell‟
Adriatico e l‟ espansione nei Balcani. Le trattative
segrete con le potenze dell‟ Intesa si conclusero il 26
aprile 1915 con la stipulazione del Patto di Londra, con
il quale l‟ Italia s‟ impegnava a scendere in guerra
entro un mese a fianco dell‟ Inghilterra, della Francia e
7
della Russia. In caso di vittoria il nostro paese avrebbe
dovuto ottenere il Trentino ed il Tirolo cisalpino (Alto
Adige) fino al Brennero, Trieste, Gorizia, Gradisca, l‟
Istria sino al Quarnaro, la Dalmazia settentrionale,
quasi tutte le isole dalmate ed il possesso del porto
albanese di Valona. Le condizioni del Patto di Londra
assicuravano all‟ Italia quelle frontiere forti e quella
sicurezza nell‟ Adriatico che erano nelle aspirazioni di
Salandra e di Sonnino, ma erano in contrasto con il
principio di nazionalità. Il 24 maggio 1915 l‟ Italia
dichiarò guerra all‟ Austria-Ungheria con scarsi
risultati, esemplare fu il disastro di Caporetto, il più
grande rovescio italiano della grande guerra.
Come base delle discussioni dei trattati di pace di
Parigi vennero presi i “14 punti” di Wilson. Principi
centrali del documento erano la libertà dei mari, la fine
della diplomazia segreta, il rispetto delle nazionalità ed
il diritto dei popoli all‟ autodeterminazione.
8
Il programma idealistico di Wilson ebbe difficile
applicazione causa le divisioni interalleate. La Francia
voleva che si mettesse la Germania in una condizione
di permanente debolezza politica ed economica, l‟
Inghilterra temeva invece la formazione di un‟
egemonia francese sul continente e non voleva lo
schiacciamento totale dei tedeschi. La Russia sovietica
venne esclusa dall‟ elaborazione dei trattati di pace.
Il principio dei 14 punti fece si che Wilson si oppose
con decisione al passaggio della Dalmazia all‟ Italia. In
sostanza la Germania vide pesantemente ridotta la sua
potenza politico-economica-militare e l‟ Austria fu
ridotta ad un ottavo dei suoi antichi territori
3
.
Importante sottolineare il nuovo assetto del regno di
Iugoslavia, costituito con l‟ aggregazione al vecchio
Stato serbo sia del Montenegro (già indipendente) che
dei territori ex austriaci della Croazia, della Bosnia-
3
Montanelli-Cervi, Storia del Novecento, cit. p.26.
9
Erzegovina, della Dalmazia
4
, della Carniola, della
Slovenia e della Macedonia.
La sistemazione stabilita a Parigi lasciava aperti
numerosi problemi e soprattutto le questioni poste dall‟
esistenza di minoranze nazionali all‟ interno dei vari
Stati. Questi problemi erano assai complicati specie
nell‟ Europa centro-orientale, dove l‟ intreccio dei
popoli rendeva molto difficili una applicazione
rigorosa del principio di nazionalità e la formazione di
Stati compatti dal punto di vista etnico, basti pensare
che la Iugoslavia raggruppava sloveni, serbi, croati,
bosniaci, montenegrini, popoli diversi fra loro per
lingua, religione e tradizioni.
La radicale trasformazione della carta geografica dell‟
Europa determinata dai trattati di pace portò ad una
acutizzazione delle contraddizioni nazionali e dei
problemi di potenza tra vinti e vincitori e tra gli stessi
paesi vittoriosi, ed aprì la strada a nuove crisi
4
Inutilmente rivendicata dall‟ Italia.
10
internazionali che sarebbero sboccate nello scoppio del
secondo conflitto mondiale.
La storia europea a cavallo dei due conflitti mondiali
venne contraddistinta da un lato dall‟ esperienza
socialista nell‟ URSS e dall‟ altro dalla diversità
evolutiva fra i paesi che si mantennero fedeli alle
istituzioni democratiche, come la Francia e la Gran
Bretagna, e quelli che imboccarono invece la strada del
totalitarismo nazista, come la Germania, e del regime
fascista come in Italia.
I movimenti fascisti si presentarono come la risposta
alle frustrazioni nazionali e al malessere degli strati
colpiti dal disagio sociale. Essi predicavano uno Stato
forte in grado di impersonare la grandezza della
nazione e di inquadrare gli individui atomizzati in una
compagine salda, unanime, al di sopra delle classi. Al
cuore dell‟ ideologia fascista stava poi la violenza,
11
perché solo l‟ esercizio della forza poteva sopraffare gli
avversari
5
.
Nel 1919 anche in Iugoslavia venne introdotta una
sostanziale dittatura centralizzatrice dal re Alessandro I
Karageorgevic, che in un paese povero e con un‟
agricoltura primitiva cercò di reprimere le tendenze
autonomistiche dei croati e degli sloveni, i quali si
sentivano oppressi dall‟ egemonia dei serbi. La
maggiore forza di opposizione fu negli anni „30 il
Partito Contadino Croato, la cui corrente di destra
diede vita al movimento “ustascia”
6
di Ante Pavelic.
Gli ustascia, che si richiamavano all‟ ideologia ed ai
metodi del fascismo, svolsero una intensa attività
terroristica, che culminò nel 1934 nell‟ assassinio di
Alessandro I.
Naturalmente ci occuperemo principalmente dell‟
avvento di Mussolini e dell‟ instaurazione del
fascismo.
5
G.Carocci, Storia del Fascismo, cit. p. 21
6
Dal croato ustasa=insorto.
12
Questo movimento, il cui nome faceva riferimento al
fascio littorio dell‟ Antica Roma, si era costituito a
Milano il 23 marzo 1919 intorno a Benito Mussolini,
come continuazione dei “Fasci di azione
rivoluzionaria”
7
. L‟ ideologia iniziale del fascismo fu
composita e confusa, perché in essa confluivano
elementi disparati, derivanti dal nazionalismo
antidemocratico e antiparlamentare, dal sindacalismo
rivoluzionario e dal futurismo attivista ed
irrazionalista.
7
R.DeFelice, Storia del Fascismo-Il Regime Fascista, cit. p.13.
13
L’ AVVENTO DEL FASCISMO
LA FIGURA DI MUSSOLINI
Padre fondatore del fascismo fu naturalmente Benito
Mussolini, l‟ uomo nuovo, nato a Dovia, una frazione
di Predappio in quel di Forlì. Suo padre Alessandro
veniva da una famiglia di piccoli coltivatori diretti che,
andati in rovina, avevano dovuto vendere il podere, e
gestire un‟ officina di fabbro, ma ci si dedicava poco,
tutto preso com‟ era dalla politica. Militava nel Partito
socialista, che allora si chiamava “internazionalista” e
che ancora non si era liberato della sua matrice
anarchica. Aveva le virtù e soprattutto i vizi del
popolano romagnolo. Natura irruenta, amante della
violenza e tuttavia pauroso, non mancava talvolta di
una certa schietta umanità e di generosità, fatta
soprattutto di orgoglio e di vanità. Fu un corruttore
sapiente che all‟ occorrenza sapeva solleticare tutti i
14
difetti degli uomini, quelli del popolo e quelli dei
potenti. Non credeva negli uomini e li disprezzava, non
aveva amici. Contrariamente alle apparenze, nel fondo
era un debole, spesso mutevole nelle decisioni ed
irresoluto. La maschera di forza dietro la quale si
nascondeva corrispondeva solo in parte a quel bisogno
di imperio che caratterizza spesso le nature autoritarie
ma intimamente deboli. Tale maschera corrispondeva
soprattutto alle necessità del capofazione e dell‟ attore
8
.
IL MOVIMENTO DEI FASCI
Dopo la fondazione del primo Fascio di combattimento
avvenuta, come già detto nel marzo del 1919, il
movimento di Mussolini si dimostrò in grado di
approfittare della nuova stagione politica, caratterizzata
sul piano interno dalla flessione della spinta
rivendicativa di operai e contadini e dai primi sintomi
8
Montanelli-Cervi, Storia del Novecento, cit. p.68.
15
di riflusso del movimento socialista, e sul piano
europeo dall‟ insuccesso della linea rivoluzionaria
della Terza Internazionale. Il fascismo esercitò
anzitutto la sua forza di attrazione sulla massa della
piccola e media borghesia urbana, questi strati videro
così nel fascismo la possibilità di allontanare la
minaccia del declassamento, di uscire dalla loro
condizione di subalternità politica e di affermare il
proprio ruolo nella società inserendosi in una struttura
politica che si presentava come movimento di reazione
antisocialista ed antidemocratica. Dalla fine del 1920
da ristretto movimento cittadino divenne
prevalentemente rurale; nelle campagne, oltre che
presso la borghesia, trovò la sua base di massa. Questo
passaggio spiega perché in quel periodo lo squadrismo
fascista si affermò in modo sempre più clamoroso nelle
campagne della Valpadana, Emilia e Toscana. Erano le
campagne rosse, dove i proprietari e gli affittuari
grandi e piccoli, i commercianti ed i bottegai,
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esasperati dall‟ aggressività delle organizzazioni
socialiste, passarono al contrattacco non appena lo
permise la mutata situazione politica generale. Le
squadre d‟ azione fasciste distrussero con la violenza le
leghe e le cooperative socialiste, poi anche quelle
popolari. Mutarono così, a partire dall‟ Emilia-
Romagna, le condizioni per la creazione di un blocco
agrario ed antibracciantile esteso sino ai ceti intermedi
ma imperniato sui proprietari e gli affittuari, che videro
nel fascismo la forza capace di fiaccare il proletariato
agricolo. Espugnate le roccaforti rosse delle campagne
dell‟ Italia settentrionale e centrale, dalla metà del 1921
i fascisti cominciarono a penetrare più largamente nel
Mezzogiorno, grazie all‟ appoggio dei gruppi
clientelari e trasformistici disposti a passare dalla parte
dei vincitori.
Il governo Giolitti tenne un atteggiamento di
sostanziale debolezza verso il fascismo e non ne
contrastò, come avrebbe potuto, l‟ azione eversiva.