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In particolare nel primo capitolo evidenzieremo il concetto di Corporate
social Responsibility (CSR), i fattori che portano alla sua costruzione e
infine descriveremo le fasi per la realizzazione della rendicontazione
sociale.
Nel secondo capitolo approfondiremo dettagliatamente lo studio del
bilancio sociale. Descriveremo i principi cardine che ne reggono la
redazione, inoltre ne delineeremo il processo e le relative fasi, quindi
procederemo ad esaminare anche quali sono i principi internazionali e le
norme oggi vigenti che regolano la pubblicazione di questo documento.
Infine concluderemo il lavoro col terzo capitolo in cui studieremo
l’importanza del bilancio sociale nelle aziende italiane, attraverso una
descrizione quantitativo-numerica. Inoltre analizzeremo, attraverso i
confronti tra i bilanci sociali esaminati, l’importanza per determinate
aziende, nonché per determinati settori, di alcune problematiche rilevanti
dal punto di vista socio- ambientale.
CAPITOLO 1
La responsabilità sociale d’impresa
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1.1 Relazione tra immagine aziendale e responsabilità sociale
“Il problema della gestione della propria immagine pubblica, così come
riguarda ogni individuo nella vita quotidiana, coinvolge anche le imprese.
In esse il problema è centrato sul gioco di rapporti tra relazioni interne e
relazioni esterne, rapporti che confluiscono a proiettare all’esterno
l’immagine dell’impresa…” Così Sergio De Vio esordisce in un articolo
della nota rivista “L’impresa”; l’affermazione risalente al 1988, periodo
ormai appartenente al secolo scorso, risulta oggi tanto attuale quanto
innovativa e carica di contenuti.
Oggi quanto allora il problema dell’immagine aziendale si impone nel
nostro contesto economico e sociale come condizione di sopravvivenza
delle imprese operanti sui mercati nazionali ed internazionali. Il concetto di
immagine aziendale è ancora oggi in corso di determinazione, a causa della
sua complessità. Se volessimo darne una definizione approssimativa,
potremmo affermare che in generale l’immagine è una rappresentazione,
mentale o fisica, che una o più persone si formano di un determinato
fenomeno, oggetto o evento.
A tale rappresentazione si collegano le relazioni interne ed esterne che
l’azienda intrattiene con coloro che possono influenzare o essere influenzati
dalla sua azione. Nel linguaggio tecnico essi prendono il nome di
“stakeholder”. In particolare la costruzione di una determinata immagine di
un’azienda in questi soggetti, con gli opportuni atti di comunicazione, fa
5
parte dei compiti istituzionali delle relazioni esterne. Tuttavia bisogna
riconoscere che tutte le aree aziendali (produzione,marketing,finanza ecc.)
concorrono a tale processo e le stesse relazioni stanno subendo profonde
innovazioni, legate soprattutto al progresso tecnologico e ai nuovi metodi di
comunicazione. Dunque occorre procedere ad un riesame delle
responsabilità delle relazioni esterne e dei rapporti con le altre funzioni
aziendali.
Come accennato, anche nelle imprese, come nel singolo individuo, si
pone il problema della gestione della immagine pubblica, con la differenza
che per l’impresa è più difficile stabilire ciò che è interno da ciò che è
esterno. L’individuo infatti, ha una maschera dietro la quale albergano
pensieri, invisibili al pubblico. Dell’impresa invece, poco si conosce circa
ad esempio, l’amministratore delegato o i processi produttivi o le relazioni
tra il personale ecc. Da qui l’intervento delle relazioni esterne come atti di
comunicazione rivolti al pubblico con l’obiettivo di costruire una
determinata immagine che favorisce lo scambio con il mercato e con
l’ambiente sociale e istituzionale nel quale opera l’impresa. Nascono così le
esigenze di influire sull’opinione pubblica e sulle istituzioni per creare un
ambiente favorevole per certe iniziative o per alcuni prodotti. Per questo
motivo oggi le aziende sono sistemi aperti, con pareti permeabili attraverso
cui passano prodotti, informazioni, servizi. Si pensi a tale proposito
all’allargamento del concetto di prodotto: dal prodotto semplice al prodotto
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come insieme di prestazioni di funzionamento e di servizio (attività di
prevendita, installazione, formazione dell’utente, manutenzione,
aggiornamento, assistenza post-vendita). Ciò ha avuto come conseguenza
l’aumento del numero di soggetti che dal mercato entrano in contatto con
l’azienda. Risulta evidente in questi casi il ruolo determinante che gioca il
personale nella costruzione dell’immagine dell’impresa; ed in particolare
tutto ciò che viene comunicato al cliente attraverso il prodotto finito, risulta
dalle relazioni interne e dalle condizioni organizzative (se queste sono
buone l’immagine sarà positiva, altrimenti sarà negativa). A questo punto è
rilevante che chi gestisce le risorse umane consideri i propri dipendenti
come clienti interni al fine di coltivare i valori centrali di un’impresa (che
nella realtà costituiscono la vera immagine) e di garantire la continuità
istituzionale della stessa.
Merita qui attenzione un articolo di Sergio Cherubini e Giorgio
Eminente, dal titolo Fattori critici di successo in aziende di servizi
1
, in cui
si identificano alcuni tra dieci fattori di successo, ossia l’integrazione tra
marketing, personale ed esercizio (il cosiddetto marketing interno, orientato
al consumatore e la gestione strategica dell’immagine). Essi affermano che
il più importante aspetto che distingue le aziende di servizi da quelle
manifatturiere è la ridotta distanza tra alcune funzioni; nei servizi vi è una
coincidenza di tempo e di spazio tra produzione, vendita e consumo. Ma
1
Vedi I fattori critici di successo nelle aziende di servizi, Cherubini S. , Eminente G. , in
L’Impresa, n. 5, 1985.
7
questo si verifica sempre di più anche nelle aziende manifatturiere, come
conseguenza del processo di terziarizzazione e dell’evoluzione del concetto
di prodotto. Per queste ultime infatti, il fattore immagine è diventato un
vero e proprio problema interfunzionale, chiamando in causa l’intero
sistema organizzativo.
Per questi motivi la gestione del processo di comunicazione assume un
valore strategico perché condiziona il raggiungimento degli obiettivi; tale
ottica quindi deve essere estesa a tutto il personale aziendale, dai dirigenti,
agli amministratori, ai quadri, agli operai. E’ chiaro che il tutto dovrà essere
coordinato secondo un processo di orchestrazione da parte di personale
qualificato e competente in tale settore.
In base a questo assetto l’impresa di oggi ha obblighi di natura morale e
ambientale, oltre che legale, nei confronti della società in cui opera; in altri
termini è responsabile socialmente. Tale concetto di responsabilità sociale è
andato evolvendosi nel corso degli anni di pari passo con il mutamento
della nozione di comportamento etico. Nascono, quindi problemi legati alla
RSI (Responsabilità Sociale d’Impresa), o CSR (Corporate Social
Responsibility). L’obiettivo è quello di illustrare le ragioni per cui non si
considera più sufficiente che l’impresa miri alla sola massimizzazione del
profitto per dirsi legittimata di fronte alla società civile.
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1.2Evoluzione della figura del consumatore e CSR
Il primo punto saliente riguarda una novità della nostra epoca di
sviluppo: la responsabilità sociale del consumatore-cittadino
2
. Oggi la
figura del consumatore come ricettore passivo delle proposte di produzione,
cede il posto ad un soggetto che vuole sì consumare, ma in modo critico.
Ciò significa che con le sue decisioni di acquisto, il consumatore
intende contribuire alla costruzione dell’offerta dei beni e servizi di cui fa
domanda sul mercato. Non gli basta più il celebrato rapporto qualità-prezzo,
ma vuole sapere come quel prodotto è stato realizzato e se nel corso del
ciclo produttivo l’impresa ha violato, ad esempio, i diritti fondamentali
della persona che lavora oppure se ha inquinato l’ambiente in modo
inaccettabile, ecc.
Si prenda il caso della multinazionale Nike. Dopo che alcune
associazioni di consumatori avevano denunciato lo scandalo del lavoro
minorile mal pagato in India e Pakistan, il titolo Nike precipitò da circa 66
dollari dell’agosto 1997 a 39 dollari del gennaio 1998, e ciò in
conseguenza di una campagna di boicottaggio (esperienze analoghe hanno
coinvolto anche la Nestlè e la Reebok). Inoltre recenti indagini di mercato
hanno evidenziato come l’80% dei consumatori europei si dichiari propenso
a favorire lo sviluppo di imprese impegnate nel sociale. E il 72% dei
consumatori italiani intervistati ha dichiarato che sarebbero propensi a
2
Vedi La responsabilità sociale dell’impresa: presupposti etici e ragioni economiche, S. Zamagni,
Università di Bologna.
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pagare un prezzo più elevato per i beni che acquistano se avessero la
certezza che le imprese si sottopongono alla certificazione sociale,
misurando l’eticità dell’intero ciclo produttivo. Da questi dati si evince il
netto passaggio dalla figura del consumatore-cliente a quella del
consumatore-cittadino.
Il consumatore-cliente non interagisce con i soggetti dell’offerta e si
preoccupa di scegliere l’opzione migliore tra tutte quelle che altri hanno
deciso di portare sul mercato.
Diversa è la figura del consumatore-cittadino che non si limita a
consumare i servizi che preferisce, ma pretende di concorrere a definire
quello di cui ha bisogno, insieme ai soggetti dell’offerta. Egli utilizza le
nuove tecniche di comunicazione per mettersi in relazione diretta con le
imprese e diventare partner attivo nel processo di programmazione e nella
adozione delle conseguenti scelte strategiche.
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1.3 I sette fattori della CSR
L’attenzione alla CSR è alimentata da fenomeni in ascesa nel contesto
economico e sociale; si tratta di problemi di cui l’impresa di oggi si fa
carico, ma che in precedenza erano di esclusiva competenza dello Stato o
della società civile. Si identificano sette fattori di particolare rilievo: la
globalizzazione che ha condotto a un sempre maggiore flusso di capitali
verso i Paesi in via di sviluppo; l’attenzione al problema ecologico (effetto
serra, i disastri dovuti all’inquinamento petrolifero e all’energia nucleare, le
mutazioni climatiche) e allo sviluppo sostenibile; i diritti delle persone ed in
particolare dei lavoratori (si pensi allo sfruttamento del lavoro minorile) ;lo
sviluppo del capitale umano; l’evoluzione dei valori e degli atteggiamenti
dei consumatori ormai propensi ad acquistare marche che mostrano una
attenzione a temi sociali; i mercati finanziari che includono la
globalizzazione e, infine, i problemi legati agli scandali aziendali che
hanno travolto la reputazione di molte aziende importanti, come la
Parmalat
3
. In base a questi fattori alcune istituzioni comunitarie, come la
Commissione Europea, hanno definito la CSR come “integrazione
volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed
ambientali nelle operazioni commerciali e nei rapporti con le parti
interessate. Essere socialmente responsabili- afferma il Libro Verde della
Commissione- significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi
3
Vedi I modelli di responsabilità sociale nelle imprese italiane,M. Molteni- M. Lucchini, 2004,
Franco Angeli, Roma.