4
affermarono di aver individuato il “segreto della vita” in una bizzarra forma, che
racchiude in modo organizzato i geni che ci caratterizzano individualmente: i nostri
tratti fisici, il funzionamento del nostro organismo, le nostre capacità cognitive, etc.
Questa peculiare struttura, formata da due catene complementari e parallele capaci di
dissociarsi e duplicarsi in due doppie eliche identiche a quella originale, permette la
trasmissione di questi dati genetici di generazione in generazione.
Dalle prime scoperte, che hanno aperto agli scienziati e ai ricercatori un “mondo
nuovo”, si è oggi arrivati a progettare strategie e tecniche di controllo dei geni e del
materiale di cui siamo formati, impensabili ai tempi delle prime scoperte.
1.2. RETROTERRA SCIENTIFICO
Nel volume a cura di Adelino Zanini e Ubaldo Fadini, “Lessico Postfordista”, c’è un
intero paragrafo dedicato alle biotecnologie in cui si discutono le sue varie
sfaccettature anche a livello scientifico: ne vengono qui riportate alcune parti.
“Le biotecnologie innovative comprendono un complesso di tecniche che permettono
di utilizzare la materia vivente (molecole biologiche, cellule, tessuti, interi organismi)
per la produzione di beni e servizi. Si basano in buona parte sulla manipolazione dei
sistemi viventi e in particolare del loro contenuto genetico. Nascono negli anni
settanta, quando viene messa a punto la tecnologia del Dna ricombinante o ingegneria
genetica. Si differenziano dalle biotecnologie tradizionali – riferite a attività antiche
come la storia: agricoltura, allevamento, trasformazioni alimentari quali la
fermentazione – soprattutto in ragione dell’utilizzo di tecniche avanzate di
manipolazione genetica o cellulare, e trovano applicazione in ambiti molto differenti
tra di loro, accomunati dall’intervento su sistemi viventi o comunque organici: nella
ricerca biologica e medica (diagnostica clinica, terapie geniche, produzione di
farmaci intesi come proteine, vaccini); nell’industria farmaceutica e agroalimentare;
nella difesa ambientale; nell’industria chimica ecc.
5
L’ingegneria genetica interviene sulla molecola del Dna, che ha caratteristiche molto
importanti, la prima delle quali è quella di essere la molecola vettore
dell’informazione ereditaria. […] Il Dna è caratterizzato dalla capacità di replicarsi,
cioè di riprodursi, e contemporaneamente dalla capacità di esprimersi, cioè di
permettere la sintesi di una proteina. […]
All’inizio degli anni settanta, si arriva a chiudere il cerchio delle conoscenze e degli
strumenti tecnologici necessari per l’ingegneria genetica, a partire dalle conoscenze
sviluppate nell’ambito di discipline diverse come la biochimica e la genetica. […]
Questo ha consentito la costruzione della prima molecola di Dna ricombinante, cioè
la prima molecola costruita con frammenti di molecola provenienti da diversi
organismi. […] Con la costruzione di questa prima molecola ibrida (chimera) si può
far coincidere la nascita dell’ingegneria genetica. Negli anni successivi, la comunità
scientifica manifesta forte preoccupazione per i rischi sanitari derivanti dall’uso di
molecole ricombinanti. Le prime persone a essere esposte agli effetti non controllati
di queste nuove molecole sono infatti gli stessi ricercatori; emerse perciò il timore
della possibile insorgenza di patologie sconosciute o non controllabili. A ciò fece
seguito un acceso dibattito in ambito scientifico e pubblico. La metafora più diffusa
per descrivere le nuove preoccupazioni era quella del vaso di Pandora, cioè
dell’apertura di un contenitore da cui sarebbero potute scaturire catastrofi per
l’umanità. […] In quel periodo, grazie alla possibilità di applicare queste tecnologie
alla produzione di beni e servizi, nasce una vera e propria nuova industria. […] Le
biotecnologie rappresentano un investimento ancora non remunerativo, che non può
più essere sostenuto dalle piccole aziende nate alla fine degli anni settanta. Si è
assistito quindi a una chiara concentrazione a opera delle grandi imprese, soprattutto
chimiche, dotate di ingenti capitali, che hanno la possibilità di sopportare ingenti
investimenti per raccogliere più avanti i frutti. Tale concentrazione desta
preoccupazione in sé, ma diviene ancor più pericolosa quando le nuove grandi
imprese biotecnologiche tentano di ottenere un controllo monopolistico sulle risorse
genetiche, ossia sui geni (di interesse sia farmaceutico sia alimentare) contenuti in
6
piante o comunque in organismi (uomini e donne inclusi) certamente non
sottoponibili a controllo proprietario.
Con le biotecnologie innovative ci si è dunque trovati in uno scenario che ripropone,
aggiornati in chiave moderna e postindustriale, temi già tipici del colonialismo
economico. […]
L’ingegneria genetica aveva consentito a scienza e tecnologia di avvicinarsi e
intervenire sulla materia vivente in modo radicalmente nuovo. In realtà questo era già
stato fatto nei secoli precedenti, però era stato fatto senza violare la naturale
aleatorietà legata ai processi di riproduzione. L’ingegneria genetica invece consente
di introdurre una mentalità, una attitudine pianificatoria, progettuale dell’uomo
nell’intervento sulla materia vivente. In realtà anche questo non è del tutto vero: la
famosa pecora clonata Dolly è stato il risultato di trecento tentativi. […]
La condizione prometeica dovuta al crescere della potenza tecnica, associata alla
concentrazione del potere economico, genera un senso di inquietudine che la
comunità dei ricercatori e degli esperti ha progressivamente superato, ma che
l’opinione pubblica non oltrepassa e probabilmente non supererà mai. Ciò dipende,
come detto, dalla potenza della tecnica dell’ingegneria genetica, pervasiva e
insinuante (oggi vera dominatrice delle scienze del vivente) e dalla sua
particolarissima natura. La modificazione del Dna e le metodiche dell’ingegneria
riproduttiva evocano profondi archetipi culturali. […] E’ anche per questa ragione
che le biotecnologie, pur essendo a livello sociale molto meno pervasive di altre
tecnologie, come quelle dell’informazione e della comunicazione (certamente
l’informatica e le reti hanno un impatto sociale e hanno cambiato il nostro modo di
lavorare e di vivere molto più di quanto abbia fatto l’ingegneria genetica) sollecitano
risposte sociali molto più forti. […] Inoltre ci sono fondati motivi di preoccupazione
derivanti dalle particolari dinamiche innescate dalle notevoli potenzialità economiche
delle biotecnologie. La confluenza tra industria e ricerca, tra interessi economici e
“disinteresse scientifico”, ha infatti provocato la notevolissima diffusione di un
atteggiamento proprietario sugli stessi risultati della ricerca. […] Al di là
7
dell’ammissibilità o meno dei brevetti sulla materia vivente (invenzione o scoperta?
patrimonio dell’umanità o proprietà industriale? eticamente accettabile o irrilevante?),
c’è una problema di controllo dell’informazione riguardo alle stesse sequenze di Dna.
Questo per dire che ci sono istituti di ricerca che concentrano queste sequenze di Dna
in banche dati e ne consentono l’accesso solo dietro pagamento. […] E’ accettabile
lasciare nelle mani di poche (pochissime, non più di cinque) grandi imprese
multinazionali il controllo di sementi che potrebbero diventare fondamentali e
strategiche per l’alimentazione e il sostentamento di interi popoli? E’ giusto che il
patrimonio naturale (la biodiversità) dei paesi della fascia tropicale, nonché il sapere
tradizionale di quei popoli, che da sempre usano certe piante per curarsi, venga
sfruttato da altri? E’ opportuno cercare di risolvere i problemi delle carenze
alimentari nei paesi poveri introducendo tecnologie sempre più sofisticate e
inducendo ulteriore dipendenza, per non parlare degli eventuali rischi per l’ambiente?
Infine, è auspicabile modificare la base alimentare occidentale per lasciare sempre
più spazio ai prodotti innovativi e sempre meno a quelli tradizionali? Per ora – ma
solo per ora – i governi si stanno incamminando su una strada di moderazione, sotto
l’occhio vigile e preoccupato di milioni di consumatori e cittadini/e del mondo.”
1
Nel panorama delle biotecnologie del XXI secolo, il progetto che più di ogni altro
porrà una sfida all’umanità sarà sicuramente quello del Progetto Genoma Umano, a
cui lavorano centinaia di scienziati e ricercatori; questo progetto ha una duplice
finalità: l’intera mappatura delle ventitré coppie di cromosomi umani e il
disvelamento della sequenza delle circa tre miliardi di basi che costituiscono il Dna di
ogni cromosoma; il progetto ha il suo punto di forza nelle diagnosi prenatali, dato che
alcuni scienziati ritengono che la maggior parte delle malattie possano ricondursi a
fattori genetici, anche se questa è solo un’ipotesi, perché in effetti un essere vivente è
il risultato di molti altri fattori, tra cui l’ambiente esterno. Accanto a queste finalità
terapeutiche, comunque, se ne affiancano anche altre piuttosto criticabili, come il
1
FABIO TERRAGNI, Biotecnologie, in, Lessico postfordista, a cura di A. ZANINI, U. FADINI, Feltrinelli, Milano,
2001, pp. 40-45.
8
rafforzamento del concetto di determinismo biologico e di “normalità”, grazie ai
quali sia possibile, con una terapia correttiva, rimettere in linea coloro che deviano
dalla norma.
1.3. UNA NUOVA MATRICE OPERATIVA
Vengono qui di seguito riportati dei passi dal volume “Il secolo Biotech” di Jeremy
Rifkin, come ulteriore spiegazione delle caratteristiche più rilevanti della nuova era
biotecnologica in cui stiamo entrando.
“I grandi cambiamenti economici nella storia avvengono quando forze sociali e
tecnologiche si uniscono per creare una nuova “matrice operativa”. Ci sono sette
regole che compongono la matrice operativa del secolo della biotecnologia. Insieme
esse creano la nuova struttura di una moderna era economica.
Innanzitutto, l’abilità di isolare, identificare e ricombinare i geni fa del pool genetico
una nuova materia prima per l’attività economica futura. Le tecniche del Dna
ricombinante e altre biotecnologie consentono agli scienziati di individuare,
manipolare e sfruttare le risorse genetiche per fini economici specifici.
In secondo luogo, la concessione di brevetti sui geni, sulle linee cellulari, sui tessuti,
sugli organi e sugli organismi manipolati geneticamente, nonchè sui processi usati
per alterarli, dà al mercato l’incentivo commerciale per sfruttare nuove risorse.
In terzo luogo, la globalizzazione dei commerci rende possibile una ricostruzione
complessiva della biosfera mediante una seconda genesi concepita in laboratorio, la
creazione di una natura bioindustriale prodotta artificialmente e costruita per
rimpiazzare gli schemi propri dell’evoluzione. [...]
In quarto luogo, la mappatura dei circa 100.000 geni che fanno parte del genoma
umano, le nuove scoperte nel campo dello screening genetico, i bio-chip, la terapia
genica a livello delle cellule somatiche e l’imminente prospettiva della manipolazione
genetica degli ovuli, degli spermatozoi e delle cellule embrionali umane, stanno
9
aprendo la strada alla totale alterazione della specie umana e alla nascita di una civiltà
eugenetica pilotata dal commercio.
In quinto luogo, una serie di nuovi studi scientifici sulle basi genetiche del
comportamento umano e la nuova sociobiologia, che privilegia la natura rispetto
all’educazione, forniscono un contesto culturale per l’estesa accettazione delle nuove
biotecnologie.
In sesto luogo, il computer fornisce il mezzo di comunicazione e di organizzazione
per gestire le informazioni genetiche che costituiscono l’economia della
biotecnologia. In tutto il mondo, i ricercatori usano comunemente i computer per
decifrare, scaricare, catalogare e organizzare le informazioni genetiche, e ciò
permette loro di creare un nuovo magazzino di capitale genetico da usare nell’era
bioindustriale. Le tecnologie del calcolo e le tecnologie genetiche si stanno fondendo
in una potente realtà tecnologica.
In settimo luogo, un nuovo atteggiamento culturale nei confronti dell’evoluzione sta
cominciando a rimpiazzare l’impostazione neo-darwiniana, con una visione della
natura che è compatibile con gli assunti delle nuove tecnologie e della nuova
economia globale.”
2
2
JEREMY RIFKIN, Il secolo biotech, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano, 2003, pp. 35-36.
10
1.4. EFFETTI DELLE BIOTECNOLOGIE
A testimonianza delle influenze possibili e reali della rivoluzione biotech sulla nostra
società e la nostra vita, si citano varie dichiarazioni di intellettuali e critici
contemporanei.
“Le sempre più sofisticate tecnologie di controllo e manipolazione del vivente da un
lato (biotecnologia, ingegneria genetica, etc.), e di elaborazione e trasmissione di
informazioni dall’altro (realtà virtuale, intelligenza artificiale, etc.), impongono la
rielaborazione di alcune delle nozioni fondanti del pensiero moderno, scientifico e
non; in particolare, quelle tra materia o vita organica e inorganica, tra vivente e non
vivente, tra ente biologico e meccanico, ed infine tra maschio/femmina, e tra specie,
specificamente, tra la specie umana e le altre specie animali. Questa rielaborazione
coinvolge in egual misura e con uguale urgenza discipline filosofiche tradizionali e
distinte quali la filosofia della scienza, l’etica e la filosofia del diritto.”
3
Secondo Foucault “la creazione […] di questa grande tecnologia a due facce –
anatomica e biologica, agente sull’individuo e sulla specie, volta verso le attività del
corpo e verso i processi della vita – caratterizza un potere la cui funzione più
importante ormai non è forse più di uccidere ma d’investire interamente la vita”
[Foucault, 1988, 123].
4
“Nel momento in cui la dimensione vitale viene formalizzata in codici infinitamente
manipolabili – il caso del DNA, in proposito, si rivela particolarmente eloquente – la
stessa dimensione biologica assume come referenti non organismi, ma componenti
biotiche, caratterizzate dalla composizione di coefficienti genetici, nervosi,
informazionali, immunitari, ecc. A tale scenario corrisponderebbe, sul versante delle
strategie di potere, il dispiegarsi di un’”informatica del dominio” volta a codificare in
termini strategici, secondo linee di classe, genere e etnia, i potenziali disponibili, a
discriminare, sulla base di specifici criteri formalizzati nel lessico dell’oggettività
3
Dal sito http://www.lex.unict.it/dottorato/std/tecnoscienza.htm
4
M. GUARESCHI, Biopolitica, in Lessico..., a cura di A. ZANINI, U. FADINI, op. cit., p.35.
11
universalistica, l’attualizzazione di determinate virtualità a scapito di altre.
Nell’orizzonte biopolitico che in tal modo si disegna, le problematiche inerenti la
scienza e la tecnologia assumono un carattere decisamente strategico e, per molti
versi, immediatamente ontologico e politico. A entrare in gioco è non solo la lettura
ma anche, e soprattutto, la creazione della realtà.”
5
“Gli ultimi decenni del millennio, da parte loro, si sono caratterizzati per il crescente
impatto della biologia e delle scienze del vivente in generale, tanto sull’immaginario
quanto sui più diversi settori disciplinari. Un esempio fra tutti: la pervasività della
metafora del virus in un ampio spettro di territori che vanno dall’informatica al
linguaggio quotidiano, dalla letteratura alla teoria della conoscenza.”
6
“Quella delle biotecnologie è una rivoluzione che si svolge nel chiuso dei laboratori
di ricerca, con pochi clamori e scarso risultato mediatico, ma le sue conseguenze sono
destinate a modificare le nostre concezioni della vita, della sua dignità e della natura
umana, e il nostro rapporto col mondo.”
7
“Questa rivoluzione comporta non soltanto
la mera estensione del corpo e delle sue immagini, ma, questo è l’aspetto
fondamentale, la saturazione, la replicazione, l’alterazione e la creazione del processo
organico del corpo, se non dello stesso corpo vero e proprio, mediante la
tecnoscienza.”
8
“Negli ultimi anni, le biotecnologie innovative sono diventate una delle più esplosive
materie di conflitto globale, una clamorosa occasione di scontro tra le organizzazioni
dei consumatori e le multinazionali dell’alimentazione, tra paesi poveri di tecnologie
ma ricchi di risorse e paesi industrializzati, tra le associazioni ambientaliste e gli
ottimisti tecnologici, tra i rappresentanti dei piccoli agricoltori e i sostenitori del
libero commercio mondiale. Hanno fatto sognare profitti e destato angosce. Si tratta
di un complesso di tecniche biologiche e chimiche che promettevano di rivoluzionare
il rapporto tra l’umanità e l’intera materia vivente, e che per ora – ma solo per ora –
5
M. GUARESCHI, Biopolitica, in Lessico..., op. cit., pp. 36-37.
6
M. GUARESCHI, Biopolitica, in Lessico..., op. cit., p. 33.
7
Dal sito www.exibart.com
8
BENDER-DRUCKREY, citato in FRANCESCA ALFANO MIGLIETTI, Identità mutanti, Bruno Mondadori, 2004,
p.91.
12
hanno dato vita soprattutto a mirabolanti prestazioni in materia sanitaria e a
inquietanti sperimentazioni in materia agricola – oltre che a una battaglia che per il
momento ha visto le arroganti certezze di grandi imprese e liberisti a oltranza cedere
il passo di fronte alla richiesta di applicazione di un principio precauzionale.
Le recenti controversie e i conflitti in materia non sono una novità: da quando sono
nate, le biotecnologie innovative sono sempre state accompagnate da furiose
polemiche.
9
9
FABIO TERRAGNI, Biotecnologie, in Lessico..., op. cit., p. 39.
13
CAPITOLO II
ARTE ORIENTATA VERSO LE BIOTECNOLOGIE
2.1. INTRODUZIONE
Nel panorama artistico contemporaneo stanno emergendo, negli ultimi anni, nuove
forme artistiche legate alle tematiche del biotech. La ricerca creativa si pone oggi
davanti a una nuova e stimolante situazione, anche in considerazione del fatto che il
concetto stesso di “arte” ha, ultimamente, acquistato una considerevole dilatazione,
altresì con la nascita di nuove forme espressive. Arte concentrata sul transito, sulla
mutazione, sul divenire; arte ricombinante nell’epoca della sua riproducibilità
genetica; arte come filosofia del trasferimento: questi ed altri sono i nuovi concetti
comunicati dalle espressioni artistiche a noi contemporanee.
2.2. FUNZIONE ETICA DELL’ARTE
“Il rapporto con il nuovo e sconvolgente campo della ridefinizione della vita
biologica ripropone il problema della funzione etica dell’arte e il confronto con
ipotesi inedite del mutamento della realtà.”
10
“Uno dei ruoli primari dell’arte è di contribuire a rappresentare e a definire l’identità
naturale e culturale del proprio tempo. Oggi tale identità è costantemente e sempre
più rapidamente trasformata dalla ricerca tecnoscientifica. Gli aspetti epistemologici
ed etici del rapporto tra ricerca tecnoscientifica e società sono dunque diventati
oggetto di crescente attenzione da parte degli artisti contemporanei. […] In questo
complesso panorama multidisciplinare e transdisciplinare, l’arte contemporanea si
10
Dal sito http://www.ekac.org/lorenzo.html (testo pubblicato in LORENZO TAIUTI, Corpi sognanti. L’arte
nell’epoca delle tecnologie digitali, Feltrinelli, Collana Interzone, Roma, 2001, pp.66-68).
14
pone tra il complesso apparato della ricerca tecnoscientifica e la società.”
11
L’arte è la
possibilità di mettere in evidenza i tabù, l’indicibile, l’indimostrabile; è la metafora
più potente dell’uomo in un mondo artificiale fatto di flussi di informazione; è un
moltiplicarsi di energie nella libertà infinita dell’immaginazione; è come un campo di
battaglia in cui avviene una forma di creazione radicale; ha il compito di esporre i
problemi e produrre consapevolezza.
2.3. PANORAMA ARTISTICO CONTEMPORANEO
Quella a noi contemporanea viene descritta come “un’arte soprattutto della
contaminazione, non più chiusa e “protetta” in luoghi separati, un’arte che inizia a
diffondersi fuori dai canali specializzati, che crea luoghi, direzioni, intrecci, che ha la
capacità di costruire schermi mentali su cui proiettare i desideri e le trasformazioni di
neorganismi, di nuove situazioni cognitive, di nuove estensioni del corpo, una
dimensione dell’arte, quella più viva, più estrema, quella che ha assunto una
rivoluzionata concezione di ciò che si intende per corpi della mutazione, degli
organismi come ribellione, delle nuove categorie di umano, transumano, postumano.
Finora la scienza non ha operato cambiamenti profondi nella nostra natura fisica,
anche se i suoi effetti culturali hanno notevolmente alterato alcuni dei comportamenti
stabiliti nel corso dell’evoluzione dell’uomo, come ad esempio i ruoli sessuali. Forse
nei prossimi decenni le domande rispetto al corpo, alla mente, all’Io, diventeranno
prive di senso. Le nuove tecnologie, ingegneria genetica, intelligenza artificiale,
cibernetica e realtà virtuale, stanno rapidamente ridefinendo le condizioni
dell’esperienza fisica. […]
11
Dal sito http://www.lex.unict.it/dottorato/std/tecnoscienza.htm
15
Contaminazione e mutazione, questi i “luoghi” che tracciano le nuove alterazioni
dell’arte, un’arte che si mimetizza sulla pelle e sui meccanismi di strumenti che
attivano la trasformazione, del linguaggio, del corpo, dell’epoca.”
12
La scena dell’arte contemporanea ci presenta una rivoluzionata concezione dell’uomo
e delle sue relazioni, è una scena definitivamente mutata in cui gli orizzonti teorici
dei nuovi rapporti di umano e non umano si intrecciano alle nuove sperimentazioni
artistiche.
L’idea delle prime mutazioni importanti e consapevoli del corpo umano ci arrivano
dagli anni sessanta, quando hippy nudi testarono la prima liberazione sessuale e
astronauti nella loro passeggiata nello spazio privo di peso sancirono l’inizio di una
nuova condizione umana e dell’era delle possibilità senza limiti. Sempre dalla fine
degli anni sessanta ci arrivano, oltre all’attestazione del corpo da parte degli hippy,
anche la Body Art e i primi fenomeni di replicazione identitaria, i primi seguaci degli
idoli rock e i presagi di futuri “mentali”, di psicologie alterate, di mondi possibili
previsti nelle opere di Burroughs, Ballard e Dick, in cui si delinea una nuova figura
umana che ingloba gli strumenti tecnocomunicativi. Le Avanguardie, con le azioni di
Surrealismo e Dadaismo, avevano realizzato la mescolanza di vari linguaggi artistici;
con la Body Art tali legami si rafforzano e si fondono e l’artista stesso diviene opera
d’arte, il corpo diviene linguaggio assoluto, materiale plasmabile. Se la Body Art è
stata una pratica di coinvolgimento personale, corporale e fisico, il corpo che emerge
dagli anni Ottanta e Novanta trascina ancora con sé la carne e il sangue, ma misti alle
alterazioni prodotte da scorie nucleari, microtecnologie, Aids, ingegneria genetica,
saturazione dei media, alienazioni sessuali, crescita demografica. Il corpo diviene la
zona di confine dell’identità, di ibridazione tra l’io e l’altro, tra le culture e tra il reale
e il virtuale; la nuova era inizia con un’alterazione e un annullamento dei confini tra
interno ed esterno.
Secondo Mario Perniola, noto docente universitario e autore di numerosi testi, tra cui
“Il sex appeal dell’inorganico” (1994), va condivisa pienamente “l’idea che nel
12
FRANCESCA ALFANO MIGLIETTI, Identità..., op. cit, pp. 17-18, 73.
16
passaggio tra gli anni ottanta e gli anni novanta avvenga qualcosa di assolutamente
nuovo e allora questa novità consiste proprio nel fatto che essa difficilmente può
essere espressa in termini tradizionali [...]. Quello che cambia è in qualche modo
l’idea stessa dell’arte, nel senso che ciò che emerge in un’accezione assolutamente
nuova è l’esperienza, la dimensione dell’esperienza per cui si pone il problema di
quale tipo di esperienza si tratti. [...] In questo caso si ha veramente l’apertura verso
un nuovo tipo di esperienza in cui il rapporto tra organico e inorganico, tra naturale e
artificiale si pone in termini completamente nuovi e completamente diversi.”
13
“In parallelo con la ricerca sul corpo mutante che ha rappresentato il centro della
ricerca delle arti plastiche negli anni ’90, le tecnoarti si collocano dentro la tematica
del mutamento biologico con gli strumenti inediti dell’Hi-tech. […] Il “corpo
postumano” rappresentato e esorcizzato dalle arti plastiche durante questi anni si
presenta complesso e minaccioso e l’utilizzazione di processi e elementi del campo
biogenetico consente ai creativi di approfondire e partecipare e di sorvegliare quanto
avviene. Robot, cyborg, corpo reso “postumano” da una ingegneria genetica che già
opera sulla deviazione, ricreazione, modificazione dei geni originali. Un’area che fa
leva (aldilà dell’ondata di emozione davanti ai primi sconvolgenti risultati) sulle forti
pulsioni a superare i limiti del corpo, a migliorarlo, perfezionarlo e renderlo
(naturalmente) non deperibile, immortale. Si prefigura il passaggio dal robot come
sostituto (ma anche come doppio), dal Cyborg come forma prostatica di tecnologie
bio-meccaniche (ma anche come cross-over culturale) al “corpo ricreato” e
finalmente “creato”.
14
Il termine “cyborg”, che sta per “cybernetics organism”, fu adottato dalla
fantascienza nel corso degli anni Sessanta per indicare i nuovi ibridi uomo-macchina,
cioè esseri umani modificati dall’aggiunta di protesi meccaniche o elettromeccaniche,
e a volte anche esseri completamente artificiali ma con aspetto antropomorfo, come
gli “aneroidi”, i “robot umanoidi” o i “replicanti”. L’immagine evocata da questa
13
Intervista a Mario Perniola di ROBERTO TERROSI, in Virus art, a cura di FRANCESCA ALFANO MIGLIETTI,
Ed. Skira, 2003, pp. 50-54.
14
.Dal sito http://www.ekac.org/lorenzo.html (testo pubblicato in L. TAIUTI, Corpi..., op. cit., pp.66-68).
17
parola è quella di un essere umano con inserti artificiali nel suo corpo, come ad
esempio arti meccanici, ma essa può anche arrivare a rappresentare esseri interamente
artificiali che di umano hanno solo l’apparenza. Il cyborg rimanda a un rapporto fra
uomo e tecnologia che sta mutando, allude a una vicinanza tra uomo e macchina che
denuncia dei mutamenti di dimensione, logica e funzionamento della macchina, ma
anche delle inevitabili mutazioni nell’uomo. Ciò che è difficile capire è
l’atteggiamento giusto da assumere nei confronti del cyborg, figura sempre più
complessa nell’immaginario e nel reale contemporanei; una cosa è però certa, e cioè
che l’ibridazione con l’artificiale è una prospettiva ineluttabile, a cui non ci si può
sottrarre: l’unica scelta che abbiamo è quella del senso da dare a questa prospettiva.
Nel 1991, il critico e curatore Jeffrey Deitch, presenta a New York una collettiva
coniando un termine, “postumano”, destinato a definire una corrente artistica e un
movimento di pensiero ben determinati e importanti; concetto base di questo pensiero
è il superamento dei limiti biologici. Ora l’uomo ha la possibilità di intervenire nel
processo biologico sia a livello ontogenetico e conoscitivo che a livello filogenetico,
creando intelligenze sintetiche e protesi. Il passaggio è da un’idea del corpo come
limite di un’identità fisica all’idea di un corpo come supporto di un’identità mobile.
Maggior esponente attuale dell’arte postumana è l’artista australiano Stelarc, il cui
pensiero è basato sull’idea di un corpo biologico ormai obsoleto, che va migliorato
con la meccanica e l’elettronica. Concretizzando l’idea che la protesi non è più una
mancanza, ma un eccesso, Stelarc si è fatto impiantare un terzo braccio meccanico sul
tessuto di un suo braccio biologico.
A testimonianza della mutata concezione del corpo si cita, qui, un passo di Tiziana
Villani, tratto da “Lessico postfordista”, testo redatto da Adelino Zanini e Ubaldo
Fadini: “Il corpo come luogo, territorio di relazioni e come potenza performativa
costituisce la vera frontiera materiale del nostro tempo. Allo sviluppo delle società
moderne corrisponde un divenire del corpo come “strumento di performance”. Il
corpo nella sua concretezza, nella sua finitezza, costituisce una soglia: soglia del
tempo, della malattia, dell’imperfezione. Ma è proprio questa soglia che indica il