. 3
Questi frammenti, tratti da altre recensioni, saggi, monografie e
dichiarazioni di Marco Ferreri, serviranno a definire meglio la sua
poetica, il suo metodo di lavoro, la sua visione della realtà,
dell’uomo e del cinema, e ad evidenziare tratti del suo pensiero e
della sua particolare personalità.
Nella seconda parte quindi, analizzerò questo difficile rapporto tra
opera ( e autore ) e critica cinematografica ; il modo, quindi, in
cui sono state affrontate e restituite tematiche, significati e
linguaggio del suo cinema ed i modi in cui è stato descritto e
classificato negli anni l’uomo e l’autore Ferreri.
. 4
Prima parte
1.0 Analisi dei testi (Introduzione)
Nei dieci anni anteriori al periodo da me preso in esame, la critica
cinematografica italiana su Marco Ferreri è caratterizzata dal
disagio con cui le riviste specializzate affrontano i suoi testi
filmici. Dalla fine degli anni cinquanta fino ai primi anni sessanta
i giudizi sono riconducibili a precisi standard esegetici, a letture
prevalentemente contenutistiche del testo filmico, a metri di
giudizio selettivo-valutativi e ad analisi superficiali.
Facendo ricorso alle più o meno abusate categorie della “ commedia
all’italiana ”, del “ neo-realismo ” e dell’ “ humour nero ”, la
maggior parte della critica ha spesso denotato un disorientamento
che si traduce in ( non numerose ) analisi assai approssimative, in
giudizi spesso travisanti e pesantemente negativi, nonché in una
certa diffidenza e indifferenza di fondo.
Dalla metà degli anni sessanta, in mezzo a un coro di giudizi così
fuorvianti, si isolano tuttavia delle voci che segnalano il sorgere
di un interessamento e di una curiosità critica verso l’opera del
regista. Da L’harem, del 1967 e di più con Dillinger è morto, del
1969, parte della critica inizierà ad intraprendere nuovi percorsi
analitici e interpretativi, con la tendenza però a situare la
produzione ferreriana in una prospettiva che risente fortemente
della situazione culturale e ideologica del periodo.
Si mettono in evidenza i messaggi e i contenuti ai quali però viene
impressa un’impronta ideologica, ma allo stesso tempo si presta
maggiore attenzione alla dimensione stilistica e alla sua
funzionalità nel contesto narrativo.
L’uscita, nel solito anno, de Il seme dell’ uomo, fornirà alla
critica l’opportunità di proseguire il difficile viaggio
interpretativo nel cinema del regista, opportunità che, come
vedremo, sarà colta solo in parte.
Nel periodo da me preso in esame, vedremo come parte della critica
cinematografica ha recepito le opere di Marco Ferreri.
Mi limiterò a tracciare dei percorsi di analisi che verranno poi
argomentati nella seconda parte di questo lavoro.
. 5
1.1 L’udienza
Produzione : Vides ( Roma ) / Films Ariane ( Parigi )
Anno : 1971-1972
Regia : Marco Ferreri
Soggetto : Marco Ferreri, Rafael Azcona
Sceneggiatura : Marco Ferreri, Dante Matelli
Fotografia : Mario Vulpiani
Musica : Teo Usuelli
Montaggio : Giuliana Trippa
Interpreti : Enzo Jannacci, Claudia Cardinale, Ugo Tognazzi,
Michel Piccoli, Vittorio Gassman, Alain Cuny.
Durata : 111’
Il film, girato tra la fine del 1970 e la primavera del 1971, esce,
dopo varie difficoltà, nelle sale italiane solamente un anno dopo a
causa di una crisi interna dell’Italnoleggio e al consiglio di non
acquistarlo (insieme a In nome del padre di Marco Bellocchio) da
parte di alcuni critici cinematografici democristiani perché
ritenuto “privo di qualità artistiche e culturali”.
“L’udienza è l’analisi di un potere che è in disfacimento ma che è
ancora pericoloso; la mia analisi parla della Chiesa in rapporto
alla vita italiana; la Chiesa è uno strumento di potere, che si
serve del lato spirituale per dominare gli uomini grazie ad una
soggezione secolare e continua ; i principi del vivere cattolico
sono i principi della nostra società.
Il tentativo di Giovanni XXIII non fu altro che un tentativo al
servizio del potere. Nel film non c’è nostalgia per papa Giovanni o
per il Concilio.“
1
La critica cinematografica su L’udienza, qui presa in esame, è
caratterizzata dalle diverse chiavi di lettura del film e dei temi
trattati ; dalla difficoltà ad individuare ciò che i personaggi
1
W il papa! Intervista con Marco Ferreri, a cura di Goffredo Fofi, Ombre Rosse, n.
2, 1972
. 6
rappresentano ; dal confronto qualitativo con Il castello di Franz
Kafka e da analisi superficiali e riduttive dei contenuti.
Nonostante le dichiarazioni dell’autore si vuole evidenziare un
carattere nostalgico e pessimista del discorso di Ferreri.
In diversi articoli si cerca di imprimere una dote “pittorica“ al
regista per nascondere e ridurre la carica polemica presente nelle
scene più critiche riguardo all’istituzione-chiesa.
Ferreri ci dice : “Troppo spesso le immagini sembrano foto di un
viaggio di nozze, ciò che sembra contare è il concetto di bellezza
estetica, edulcorata, ma io non cerco il bello, cerco il necessario,
l’essenziale.“
2
1.1.1 Cinemasessanta
La rivista Cinemasessanta nasce nel 1960 per mezzo di critici di
formazione marxista, nutrita però da apporti culturali molteplici e
attraversata da letture critiche di diversa estrazione ideologica,
culturale e politica: marxisti, cattolici, laici, radicali,
socialisti e post-comunisti.
Il primo testo, dal titolo “Un punto di convergenza parallela”
3
, di
Gian Piero Dell’Acqua, mette a confronto L’udienza con Il cane di
paglia di Sam Peckinpah.
Dalle prime righe si può già capire su quali toni è impostata la
recensione.
“L’udienza e Il cane di paglia, sotto apparenze diverse ( che a noi
sono parse non particolarmente felici nel primo caso, decisamente
infelici nel secondo ). Ed è questa in fondo e al postutto,
l’analogia che più ci ha colpito nei film di Ferreri e Peckinpah: che
entrambi abbiano perso del tempo, e noi con loro.”
Si giudica negativamente il film.
“ troppo gracile, troppo sentimentale; affannato ed estenuato per il
suo eccessivamente programmatico simbolismo.”
2
Angelo Migliarini, L’ossessione dell’immagine, Intervista a Marco Ferreri, in
Marco Ferreri, Il cinema e i film, a cura di, Stefania Parigi, Marsilio, Venezia
1995
3
Gian Piero Dell’Acqua, Cinemasessanta, n. 90, 1972
. 7
Dell’Acqua individua il tema trattato dal film e indica la sua
chiave interpretativa ; riduce inoltre la carica polemica
dell’opera.
“[…] questo modo di toccare e discutere il tema dell’involuzione
della Chiesa post-giovannea sia infelice, puramente polemico,
superficiale, e presenti oltretutto il rischio di pericolose
mescolanze di carte sul piano della realtà storico-politica, offrendo
d’altro canto un sola chiave, in sostanza: quella del rimpianto,
della nostalgia, dell’ “ umorismo, cortesia della disperazione.”
“Giovanni XXIII è stato uno dei più grossi “ public relations man ”
degli ultimi anni di questa istituzione, di questa forma di
potere. ”
4
Nell’articolo sembra che il critico voglia in qualche modo
nascondere la lucidità di analisi della realtà del regista.
“Aver perso di vista che Giovanni XXIII è stato un papa-uomo politico
per eccellenza, ha giocato a Ferreri un brutto scherzo.”
Il giudizio su Ferreri e sulla “ attendibilità ” del suo film, pare
venga esposto in modo che la seconda parte del discorso ci faccia
subito dimenticare della prima ( anche se la prima frase che
sembrerebbe un piccolo elogio in realtà ci nasconde le ben più
importanti qualità del cineasta ).
Troveremo più avanti e in forme diverse questo particolare tipo di
giudizio ( sulla rivista Cinema Nuovo e in due articoli
precedentemente usciti sulla stampa quotidianista ).
“ Ferreri è indubbiamente cineasta d’ingegno e d’ingegnose trovate e
di curiosi schizzi il suo film è gremito. C’è però anche dell’altro:
c’è un tessuto di fatti che, pur nella loro patente pretestuosità,
stanno male in piedi. ”
4
W il papa!Intervista con Marco Ferreri, a cura di Goffredo Fofi, Ombre Rosse, n.
2, 1972
. 8
Verso la fine dell’articolo il critico si chiede :
“che senso ha il personaggio della Cardinale?”
Ferreri ci dice che il personaggio della Cardinale : “Rappresenta il
sesso nel rapporto con la Chiesa cattolica”
5
.
Nel film infatti si può vedere anche un’analisi del rapporto
dell’uomo con il sesso ( e con la donna ) in questa società che su
principi cattolici è basata, e che ha avuto a che fare anche con
nuovi modelli di comportamento dettati dai mass-media della società
dei consumi e dove il sesso gioca un ruolo importante.
“ La fede, questa pericolosa illusione, questo mostruoso
condizionamento ideologico, questa forza animale che si radica
nell’emotività triviale dell’uomo contro la ragione ”
6
, oltre a
condurre Amedeo alla morte lo spinge ad avere atteggiamenti
contraddittori verso la sessualità.
Amedeo pur così educato e legato ai valori cristiani, porta con sé
Playboy e non disdegna neppure i giochetti erotici con tanto di
parolacce.
Interessante notare l’insicurezza e il timore di Amedeo quando
chiede ad Aiche se stanno facendo male o no, mentre lei
risponde che “ fare l’amore non è peccato ”.
Anche la violenza e il vizio fanno parte di questa società.
Amedeo viene schiaffeggiato da un cardinale conservatore e il
principe Donati crede di difendere la sua religione con la guerra,
addestrando squadroni militari.
Il Monsignor Amerain beve Porto e fuma sigarette ; anche al principe
Donati piace ubriacarsi di Porto, e non nasconde di apprezzare le
gambe di Aiche e le sue prestazioni.
5
W il papa!Intervista con Marco Ferreri, a cura di Goffredo Fofi, Ombre Rosse, n.
2, 1972
6
Maurizio Grande, Marco Ferreri, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia, Firenze, 1980
. 9
1.1.2 Cinema Nuovo
La rivista specializzata Cinema Nuovo, rivista di aria
dichiaratamente marxista e che si erge a difesa del realismo
critico, promuove e difende il cinema incentrato sui problemi delle
classi subalterne e della lotta di classe, un cinema quindi con
forte funzione sociale.
Il testo è intitolato “ L’udienza ”
7
.
Alonge si serve del conronto con Il castello per giudicare l’opera.
Ferreri dice che : “ Con Azcona, abbiamo subito pensato a una grossa
parabola sulla Chiesa servendoci delle opere di Kafka ”
8
.
“La chiave del film - ma tanto poco segreta da essere rivelata da
diverse citazioni esplicite del film stesso – è ovviamente la
situazione kafkiana del Castello; e qui è, propriamente, il limite
dell’opera. Ed è precisamente il senso di questo meccanismo, di
questa costruzione capovolta rispetto al modello kafkiano che finisce
per condizionare negativamente l’opera di Ferreri.”
Il recensore, che vorrebbe forse vedere nel film una soluzione alla
lotta di classe, lo giudica inutile sotto alcuni aspetti perdendo di
vista che Ferreri con L’udienza oltre a fare un’analisi
sull’istituzione-Chiesa, intesse un discorso più generale sul Potere
e sull’Uomo in questa società.
“una volta denunciato il velleitarismo sostanziale del
film …; non crediamo che oggi in Italia, sul piano della lotta
di classe, sia decisivo il rapporto credente-istituzioni
ecclesiastiche.”
La storia di Amedeo viene giudicata :
“improbabile, non sufficientemente “tipica”.”
7
Roberto Alonge, Cinema Nuovo, n. 223, 1973
8
W il papa!Intervista con Marco Ferreri, a cura di Goffredo Fofi, Ombre Rosse, n.
2, 1972
. 10
Si attribuisce valore a qualità esteriori di certe scene del film.
“il mondo esterno penetra dentro la vicenda interiore del
protagonista con tocchi abbastanza superficiali, più decorativi e
pittorici che realmente significanti.”
Anche Alonge crede che Ferreri veda nella figura di papa Giovanni
XXIII un possibile cambiamento radicale della Chiesa.
“il mito di Giovanni XXIII come figura di “ papa del dialogo ”, da
contrapporre al papa dell’ impossibilità del dialogo.”
La parola nostalgia, su cui torneremo, compare anche nel suo
articolo.
“ […] richiami al “ papa buono ” ( la processione filmata di Amedeo
), ma soprattutto nel particolare modo - a cerchio – di disporsi di
alcuni di questi riferimenti ( il “ long play ” di Giovanni XXIII nel
negozio di oggetti sacri, all’inizio, dopo le prime opposizioni, e
nell’epilogo, alla fine di tutte le frustrazioni, prima di morire,
con l’abbraccio della suora ) si confessa la nostalgia per un modello
di chiesa praticabile. ”
1.1.3 Rivista del cinematografo
La rivista cattolica dell’Ente dello Spettacolo dedica a questo film
la recensione dal titolo “ Amedeo, il “ fastidioso ” messaggero di
Ferreri ”
9
.
Nonostante si parli positivamente del film, la lettura che ne dà
Bolzoni fa veicolare il discorso di Ferreri verso una
interpretazione “ evangelica ” del testo filmico ( nell’articolo
troviamo anche versetti estratti dalla Bibbia ), paragonando il
protagonista Amedeo ad un profeta.
“ Marco Ferreri ha intuito che l’uomo, il cristiano ha il dovere di
battere, senza mai stancarsi, alla porta del Padre. Non ha importanza
se essa resterà chiusa o verrà aperta ma il Vangelo, anche se il film
pare ignorare il suo messaggio di speranza, promette una risposta a
9
Francesco Bolzoni, Rivista del cinematografo, n. 6, 1972
. 11
chi non si stancherà di chiedere. La sua fame di verità non è
saziata, la sua necessità di testimoniare non è vinta. In un modo o
nell’altro, come Amasia ad Amos, gli ripetono: “ Visionario, vattene,
fuggi dal paese di Giuda. Là mangia il pane e là profetizza; ma a
Betel non continuare a profetare perché esso è santuario del re e
tempio regale ” ( Amos, 7, 12-13 ). ”
Il protagonista, secondo il recensore, cerca una risposta al tema
del “ silenzio ” di Dio, che secondo lui è il tema trattato dal
film.
“ Ferreri, questo bizzarro e dotato regista, affronta in L’udienza il
tema, difficilissimo, dell’apparente “ silenzio ” di Dio e
all’arrivo, tra noi che non sappiamo riconoscerlo, di un suo
profeta. ”
Bolzoni riduce la carica polemica del film facendoci notare come il
discorso di Ferreri :
“ appare ritardato rispetto a quello del movimento di liberazione,
che sta maturando nella Chiesa e che, non unicamente per merito del
lavoro dei “ contestatori ”, in futuro darà i suoi frutti. ”
La scena del convento che mette in evidenza le dissidenze interne
alla Chiesa viene giudicata dal critico in base ad una non ben
precisata qualità della “ resa stilistica ” ignorandone totalmente
il significato di contestazione.
“ Non a caso i brani ambientati nel convento, dove confinano Amedeo,
sono i meno felici di L’udienza anche sul piano della resa
stilistica. Qui, il regista si affida a facili soluzioni
espressionistiche ( si veda il grande idolo diabolico che domina sul
refettorio ). ”
. 12
1.1.4 Segnalazioni cinematografiche
La rivista è edita dal Centro Cattolico Cinematografico di Roma.
Gli articoli apparsi su questa rivista sono tutti anonimi.
Riporto per intero tutta la recensione
10
.
Recensione negativa per tutti gli aspetti del film: dal protagonista
alle scelte espressive, dai temi trattati e alla loro esposizione.
Il discorso del critico non lascia spazio a ripensamenti.
Per quanto diretto con uno stile sobrio e asciutto, questo film non
cela le sue intenzioni satiriche che, tuttavia, non vengono sorrette
da adeguate scelte espressive.
La figura moralmente ambigua del protagonista - che ama la voce di
Papa Giovanni XXIII e si reca all’udienza con “ Playboy ” in tasca;
che brama colloquiare con Paolo VI onde rivelargli ineffabili segreti
e nel frattempo accetta protezione da una “ squillo ” - non può dare
consistenza né al clima di coartazioni kafkiane derivanti
dall’oscurantismo religioso o dal Potere in generale, né a polemiche
dottrinali.
Svuotato di vigore il dramma del personaggio-chiave a causa del nulla
verso cui i suoi ingenui sforzi tendono, la galleria dei personaggi
che lo avvicinano appare gratuita, banalmente allusiva, più prossima
alla barzelletta volgare che alla realtà effettiva ; e lo spettacolo
risulta discontinuo e inconcludente.
Se la pellicola vuole essere, come alcuni sostengono, una denuncia e
una polemica anticlericale, non si può dire riuscita, perché basata
su una storia che, se da un lato appare incredibile, dall’altro,
anche sforzandosi di darle un significato emblematico, perde il
vigore anticlericale propostosi.
E’ per questo che il film va preso per quello che è realmente : o un
tentativo di polemica mal posto e mal riuscito, o un divertimento
assurdo. Un film da non prendere sul serio in ambedue le ipotesi.
Nella prima infatti, la polemica risulta inconsistente e immotivata ;
cioè non seria. Nella seconda si tratta di una barzelletta.
10
Segnalazioni Cinematografiche, Volume LXXII/11, 1972
. 13
1.1.5 La stampa quotidianista
Su La Gazzetta del Mezzogiorno
11
, dove si riconosce pienamente e su
vari aspetti il valore dell’opera di Ferreri, si hanno dubbi sul
rapporto Amedeo-Aiche, che, per il critico :
“non sarebbe del tutto convincente.”
Si individua inoltre, secondo una tradizione critica ormai
consolidata nei riguardi del cineasta milanese, un’influenza
cinematografica bunueliana nel film di Ferreri.
“Ferreri rivela le sue radici formative imbevute degli umori tematici
di Bunuel.”
Su L‘Espresso Alberto Moravia
12
recensisce così il film.
Lo scrittore, che ha recensito positivamente molte delle opere d
Ferreri, non ha parole felici nei riguardi de L’udienza.
Moravia fa un confronto con il testo de Il castello di Kafka ( ma
non aveva detto Ferreri che lui ed Azcona si erano serviti delle
opere di Kafka e non de Il castello in particolare ? ).
Il tema della nostalgia di trascendenza de Il castello, per Moravia
deve in qualche modo essere trasposto anche nel film.
“Ne Il castello, il mito del castellano inavvicinabile nasce da una
serissima nostalgia di trascendenza, in un ambiente però fantastico.
Invece ne L’udienza, mentre l’ambiente è quello reale e storico della
Chiesa, con la sua burocrazia e i suoi riti : la nostalgia di
trascendenza, ridotta a fissazione, non è né seria né presa molto sul
serio.”
Moravia giudica Amedeo :
“ un personaggio programmaticamente devitalizzato. ”
11
P. V., La Gazzetta del Mezzogiorno, 4 aprile 1972
12
Alberto Moravia, L’Espresso, 9 aprile 1972
. 14
Evidenzia solamente qualità esteriori del film riducendo la carica
polemica e di contestazione di alcune scene.
“ [Amedeo] serve soltanto a Ferreri per acquarellare una serie di
quadri irriverenti e divertenti della vita ecclesiastica a tutti i
livelli. ”
Tuttavia Moravia, a differenza degli altri critici qui presi in
esame, riconosce ( in parte ) a Ferreri l’attualità del tema
trattato dal film.
“ Ferreri ha affrontato un tema relativamente attuale. ”
Tullio Kezich recensisce il film su Panorama
13
.
Secondo il noto critico :
“ il significato dell’apologo allude alla situazione di estraneità in
cui viene mantenuta la chiesa dei poveri. ”
Kezich imposta il giudizio sul film positivamente ma con
superficialità.
“ Tra i più tipici e riusciti dell’autore di Dillinger è morto,… ”
Anche secondo Kezich :
“ … il film è tuttavia caratterizzato da un abbandono addirittura
sentimentale nei confronti della memoria di Giovanni XXIII. ”
Su La Stampa appare il seguente articolo di Leo Pestelli
14
.
Il recensore sminuisce la carica polemica e riflessiva del film.
“ La satira ardente di Ferreri non ci sembra commisurata al
bersaglio, ma che abbia dello sforzato e del ritardato ;
la contestazione di Ferreri, un po’ infatuata e vecchiotta ;
il “ soggetto “ prescelto sa di pretesto. ”
13
Tullio Kezich, Panorama, 13 aprile 1972
14
Leo Pestelli, La Stampa, 31 maggio 1972