Economia offre un ampio ventaglio discipline riguardanti le strutture economiche, le
tematiche legislative, gli strumenti matematici e contabili, e tutti quei temi che aiutano a
capire il contesto in cui si trova l attuale sistema economico e le sue dinamiche evolutive.
La scelta per Ł caduta su un tema foorse troppo trascura to, ma sempre di maggior
rilevanza nel contesto economico del nostro paese, l energia. Partendo dal presupposto
che sul tema energetico si giocheranno crescita e civilt de i prossimi decenni ho voluto
approfondire un tema specifico del mercato delle fonti energetiche, le energie
ecosostenibili, quelle fonti cioŁ che hanno un impatto nullo o quasi sull ecosistema. Tra le
varie fonti di energia rinnovabile ho scelto di approfondire quella che poteva risultare piø
d immediata applicazione nella provincia in cui vivo. La provincia di Mantova ha una forte
rilevanza del settore zootecnico nella propria economia. Le difficolt economiche
attraversate dall agricoltura nell ultimo decennio, e il grande impatto inquinante che le
attuali centrali elettriche hanno su una provincia con alti tassi di inquinamento dell aria, mi
hanno portato ad analizzare una opportunit che desse u na soluzione quantomeno
parziale a queste due problematiche.
Il punto di partenza della mia analisi Ł stata la schematizzazione dei processi chimico-fisici
che portano alla produzione del biogas, per poter avere gli elementi di base che
intervengono nella digestione anaerobica dei materiali organici.
Successivamente ho voluto analizzare la struttura e i componenti dei biodigestori, per
capire quali fossero i passaggi tramite i quali si arriva ad ottenere energia dalla
decomposizione della materia organica.
L applicabilit di questa tecnologia Ł sottoposta a part icolari disposizioni, e per capire quali
siano i limiti e le opportunit che la legislazione at tuale offre, ho raggruppato le
disposizioni attuali nel terzo capitolo.
Per valutare la situazione attuale della zootecnia mantovana mi sono avvalso del
contributo fondamentale offerto dalla provincia di Mantova, che mi ha messo ha
disposizione il proprio database di gestione dei Piani di Utilizzazione Agronomica. Il
database contiene informazioni dettagliate sulle tipologie di capi, sul numero, sulla
produzione di liquame e sulla localizzazione di tutti gli allevamenti presenti sul territorio
virgiliano. Raggruppando e selezionando le informazioni ho potuto avere un quadro
generale dell attuale situazione.
Dal piano agricolo triennale della provincia, e dalla collaborazione dei rappresentanti
provinciali della Coldiretti ho potuto estrarre uno spaccato dell attuale distribuzione delle
coltivazioni nel mantovano, dei costi e ricavi delle varie colture.
I vari colloqui con i resposabili di aziende che costruiscono e gestiscono i biodigestori mi
hanno aiutato a capire quali fossero le condizioni ottimali di funzionamento e quali fossero
i costi e rendimenti degli stessi.
Partendo da queste informazioni ho voluto analizzare dapprima le potenzialit delle varie
aree della provincia, alla luce della presenza di allevamenti, delle dimensioni degli stessi e
della reperibilit dei fattori necessari alla produzi one di biogas.
Una volta classificate le aree, ed individuate le opportunit e le problematiche di ognuna,
l analisi Ł passata alle valutazioni di convenienza economica della realizzazione dei
biodigestori. In questa fase ho individuato 2 tipologie organizzative per il trattamento dei
reflui. E infatti possibile la costituzione di consorzi tra piø allevamenti per la raccolta ed
iltrattamento dei liquami o la costruzione di biodigestori nei singoli allevamenti. Ho quindi
analizzato i fattori di costo, i potenziali ricavi ed i fattori critici di queste 2 diverse soluzioni,
per valutarne l economicit . Come indice discriminante n ella scelta di convenienza ho
utilizzato il payback time, il tempo in cui l investimento viene ripagato, e di ogni fattore ho
analizzato l incidenza su questo indice.
La ricerca di parametri univoci e di indicazioni di lavoro si Ł rivelata particolarmente
difficile, e questo Ł dovuto sia alla scarsa applicazione di questo tipo di tecnologie in Italia,
sia alla fase di sviluppo che sta attraversando il settore. Questa situazione e la mancanza
di studi specifici sull argomento mi hanno indotto alla formulazione di alcune premesse su
cui basare le argomentazioni.
Le ipotesi sono state di varia natura. I costi e ricavi sono stati forniti dai costruttori, che
hanno anche indicato quali fossero le dimensioni minime. Inoltre si Ł presupposto, sempre
su indicazione delle ditte operanti nel settore, che questa struttura dei conti cresca
linearmente al crescere delle dimensioni degli impianti.
Ho inoltre considerato un rapporto costante tra silomais e liquame. In realt entro certi
parametri (quantit minime e massime di azoto, potassio e fosforo, e percentuali minime si
sostanza secca) Ł possibile introdurre nei biodigestori anche altri materiali organici, ma lo
studio di queste possibilit compete piø ad un trattato di ingegnieria ambientale che ad
uno di economia. Pertanto ho trattato l argomento considerando la possibilit di introdurre
nei digestori un solo mix tra silomais e reflui, seguendo quella che le principali aziende del
settore mi hanno indicato come soluzione piø redditizia.
CAPITOLO 1
IL PROCESSO DI DIGESTIONE ANAEROBICA: ELEMENTI DI
BASE
1.1 Generalit sul processo
La degradazione biologica della sostanza organica in condizione di anaerobiosi (in
assenza, cioŁ, di ossigeno molecolare, come O2, o legato ad altri elementi, come nel caso
dell azoto nitrico, NO3), determina la formazione di diversi prodotti, i piø abbondanti dei
quali sono due gas: il metano ed il biossido di carbonio.
Essa coinvolge diversi gruppi microbici interagenti tra loro: i batteri idrolitici, i batteri
acidificanti (acetogeni ed omoacetogeni) ed, infine, i batteri metanigeni, quelli cioŁ che
producono metano e CO2, con prevalenza del gas di interesse energetico, che
rappresenta circa i 2/3 del biogas prodotto. I batteri metanigeni occupano quindi solo la
posizione finale della catena trofica anaerobica. Il metano, poco solubile in acqua, passa
praticamente nella fase gassosa, mentre la CO2 si ripartisce in fase gassosa e nella fase
liquida.
Un tipico esempio di degradazione anaerobica di un substrato organico puro Ł
rappresentato dalla digestione anaerobica del glucosio. In questo caso si ha un primo
passaggio in cui il glucosio viene convertito ad acido acetico ed un successivo in cui
l acido acetico viene ulteriormente degradato a metano e biossido di carbonio:
C6H12O6 -> 3 CH3COOH
CH3COOH -> CH4 + CO2
Qualora si considerino substrati organici piø complessi si possono ottenere ulteriori
prodotti del processo degradativo anaerobico e, tra quelli di maggior rilievo, troviamo
l ammoniaca che deriva dalla demolizione delle proteine.
Come si pu vedere dalla relazione riportata si ha la parziale distruzione di materiale
organico complesso con formazione di metano, biossido di carbonio, acqua ed
ammoniaca.
L attivit biologica anaerobica Ł stata evidenziata in un ampio intervallo di temperatura: tra
5 e + 70 C. Esistono, tuttavia, differenti specie di microrganismi classificabili in base
all intervallo termico ottimale di crescita:
psicrofili (temperature inferiori a 20 C),
mesofili (temperature comprese tra i 20 C ed i 40 C )
termofili (temperature superiori ai 45 C).
L industrializzazione biotecnologica di questo processo naturale ha consentito di passare
dall iniziale concetto di stabilizzazione estensiva della sostanza organica in ambienti
naturali a veri e propri processi industriali per la produzione di biogas. Ci a partire da
diversi substrati organici quali acque derivanti dall industria agro-alimentare, fanghi di
supero degli impianti di trattamento acque reflue, deiezioni animali, biomasse di natura
agricola, residui organici industriali e la frazione organica di rifiuti urbani.
1.2 Fasi del processo di digestione anaerobica
La conversione di substrati organici complessi in metano avviene, come accennato,
attraverso una catena trofica anaerobica. Ad essa partecipano almeno tre gruppi
metabolici distinti di microrganismi che si differenziano sia per i substrati che per i prodotti
del loro metabolismo. Il processo biodegradativo si compone delle seguenti fasi:
una prima fase di idrolisi dei substrati complessi accompagnata da acidificazione con
formazione di acidi grassi volatili, chetoni ed alcoli;
una successiva fase acetogenica, in cui, a partire dagli acidi grassi, si ha la formazione di
acido acetico, acido formico, biossido di carbonio ed idrogeno molecolare
ed, infine, un ultima fase in cui, a partire dai prodotti della fase precedente, si osserva la
metanizzazione, cioŁ la formazione di metano a partire dall acido acetico o attraverso la
riduzione del biossido di carbonio utilizzando l idrogeno come co-substrato. In minor
misura si ha la formazione di metano a partire dall acido formico.
Il processo di digestione anaerobica Ø schematicamente illustrato in figura 1.1 mentre
l insieme dei principali processi coinvolti nelle diverse fasi della digestione anaerobica e le
diverse relazioni che intercorrono tra i diversi gruppi di batteri sono riportate in figura. Le
varie fasi del processo illustrate in figura 1.1 sono di seguito discusse con maggior
dettaglio.
Schema 1 Il processo di digestione anaerobica
Idrolisi ed acidificazione
In questa prima fase, per intervento di diversi gruppi batterici, si ha la degradazione di
substrati organici complessi particolati o solubili, quali proteine, grassi e carboidrati, con
formazione di composti semplici, quali aminoacidi, acidi grassi e monosaccaridi in forma
solubile. In particolare, i microrganismi idrolizzanti possono colonizzare il materiale
particolato e degradarlo, oppure produrre enzimi extracellulari in grado di scindere le
molecole organiche complesse in oligomeri e monomeri che sono quindi resi disponibili
per il trasporto all interno delle cellule di microrganismi acidogenici fermentanti. Questi
operano generalmente l ossidazione dei substrati organici semplici a piruvato che viene
poi trasformato in acidi grassi volatili, alcoli e chetoni che rappresentano i substrati di
partenza per la successiva fase acetogenica.
Il processo idrolitico pu essere inibito dall accumulo di aminoacidi e zuccheri a causa
dell interferenza nella produzione ed attivit degl i enzimi idrolitici.
Contestualmente all idrolisi del materiale organico complesso, particolato o solubile,
avviene il processo fermentativo acidogenico in cui i batteri fermentativi degradano i
monomeri ed oligomeri organici, zuccheri, acidi grassi ed aminoacidi, producendo acidi
grassi volatili, per lo piø a catena corta quali il propionato ed il butirrato.
Dalla fermentazione degli aminoacidi viene inoltre prodotto ammonio. In generale il
processo idrolitico non implica la crescita di microrganismi.
Acetogenesi
A partire dai substrati formatisi nel corso della fase di idrolisi ed acidificazione (acidi
volatili, essenzialmente propionato e butirrato, ma anche alcoli) i batteri acetogeni
producono acido acetico, acido formico, CO2 ed H2. Angelidaki et al. (1998) hanno
riportato che due differenti meccanismi devono essere considerati a seconda che la
degradazione avvenga a partire da acidi grassi a catena lunga (LCFA, long chain fatty
acids) o a catena corta (SCFA, short chain fatty acids, o VFA, volatile fatty acids). In
generale, si definiscono acidi grassi a catena lunga quelli con piø di 5 atomi di carbonio.
Durante la produzione di acido acetico la presenza di idrogeno molecolare nel mezzo pu
determinare problemi di inibizione. Se per H 2 viene mantenuto a basse concentrazioni,
grazie all attivit dei batteri metanigeni H 2 ossidanti (idrogenotrofi), la degradazione degli
acidi grassi ad H2 ad opera dei batteri acetogeni Ł resa piø probabile, nonostante la
formazione di H2 sia energeticamente sfavorita.
Metanogenesi
La produzione di CH4 rappresenta la conclusione della catena trofica anaerobica. Il
metano infatti Ł l unico composto non reattivo nell intero processo di digestione anaerobica
e pu , pertanto, essere considerato il prodotto finale dell intero processo. La produzione
del metano pu avvenire essenzialmente attraverso due differenti vie di reazioni: una via
prevede la metanogenesi ad opera dei batteri idrogenotrofi, che operano l ossidazione
anaerobica dell idrogeno, mentre la seconda via, la cosiddetta via acetoclastica, prevede
la dismutazione anaerobica dell acido acetico con formazione di metano e biossido di
carbonio. La maggior parte della produzione di metano avviene attraverso questo secondo
meccanismo. La figura 1.2 quantifica percentualmente la distribuzione nei diversi cammini
metabolici coinvolti nel processo di digestione.
Schema 2 Il processo anaerobico e le percentuali dei sui risultanti
Produzione e composizione del biogas
Il monitoraggio della quantit e della composizione (almeno in termini di metano e biossido
di carbonio) del biogas Ł di fondamentale importanza per il controllo della stabilit del
processo di digestione anaerobica.
Se il reattore sta operando in condizioni di stabilit la produzione e la composizione del
biogas risultano costanti.
Una diminuzione nella produzione complessiva di biogas ed un aumento nella percentuale
di CO2 possono indicare fenomeni di inibizione a danno della componente metanigena
dovuti, ad esempio, all eccessiva presenza di acidi grassi volatili ed inibizione del
processo. Ne consegue che l analisi della produzione e della composizione percentuale
del biogas dovrebbe sempre essere associata al controllo di parametri quali la
concentrazione degli acidi grassi volatili e l alcalinit del mezzo.
Si potr osservare che in presenza di eccessivi carichi di su bstrato la percentuale di CO2
tende a crescere, a scapito della presenza di metano. Tutto ci in stretta relazione con le
variazioni di concentrazione degli acidi grassi volatili nel mezzo.
In particolare si potranno osservare tre diverse situazioni:
1. una bassa concentrazione di VFA, unitamente ad una elevata produzione di biogas, in
cui la CO2 si attesti su valori bassi compresi tra il 25-33%, indica che il processo Ł stabile e
si ha una buona capacit di trasferimento dai batter i acidificanti a quelli metanigeni;
2. concentrazioni crescenti nel tempo dei VFA, unite ad una produzione di biogas in cui la
presenza relativa della CO2 cresca nel tempo (valori superiori ai 2/3 del biogas prodotto)
indicano che le popolazioni acidificanti stanno prendendo il sopravvento sui batteri
metanigena e si ha quindi un progressivo accumulo di VFA nel mezzo di reazione;
3. concentrazioni crescenti di VFA unite a produzioni di biogas progressivamente
decrescenti possono indicare problemi di inibizione o tossicit .