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Temporanea. Da quel momento in poi ne verranno edificati quattordici sul territorio
nazionale e una quantit di persone entrer , in un modo o nell altro, in contatto con essi.
Dal momento in cui gli attori interagiscono all interno di questa istituzione, o dall esterno
con l istituzione stessa, si arriva alla necessit di oggettivarla. Il nome comune deve
richiamare un oggetto comune per essere univocamente interpretato e per i Cpt non Ł mai
stato cos . L insufficiente quantit di informazion i attendibili che li riguarda e che circola
nella societ civile li circonda di un alone di ind eterminatezza. Questa genericit consente il
consolidarsi di un consistente margine di discrezionalit lasciato nelle mani degli enti gestori.
La confusione che aleggia intorno a questi Centri ha permesso loro di trasformarsi in
qualcosa di nuovo ogni volta che a parlarne erano attori di categorie diverse: i politici, i
giornalisti, gli immigrati. Come ho avuto modo di verificare con la ricerca sul campo, si
tratta in alcuni casi di manipolazione intenzionale, ma in altrettanti di forme di diniego
inconsapevoli che tramandano l indeterminatezza e l ignoranza.
Quindi siamo in presenza di un oggetto solo abbozzato dalla legislazione italiana, spesso
manipolato da maggioranza e opposizione, talvolta come baluardo della lotta alla
clandestinit , talaltra come emblema dell inumanit dell altra fazione. Un istituzione che per
essere oggettivata e resa intelleggibile deve essere ricondotta ad altre istituzioni
immediatamente riconoscibili. Ed ecco che si spiegano i numerosi nomi , spesso
contraddittori o totalmente avulsi l uno dall altro , riferiti ai Centri di Permanenza
Temporanea.
Prigione, hotel di lusso, lager, gulag, albergo, queste sono solo alcune delle denominazioni
che hanno stuzzicato la mia curiosit sociologica. Sono partita da qui, da questi nomi,
chiedendomi come potessero definire uno stesso oggetto, come percezioni cos diverse
potessero essere riferite all esperienza di uno stesso luogo e perchØ di esso trasparisse cos
poco sui mezzi di informazione nazionali. Ho cercato di ricostruire il percorso che l oggetto
ha fatto dalla data della sua costituzione, fino all attualit , passando tra le mani di diversi
attori, diventando ora prigione, ora lager, ora hotel. Ho provato ad andare a fondo nelle
rappresentazioni che le categorie di persone interagenti con l oggetto si danno di esso. Nel
farlo mi sono soffermata sull uso del linguaggio, dei lemmi scelti per spiegare la natura
dell istituzione cui si riferivano.
Inizialmente pensavo che andando a fondo avrei fatto chiarezza, avrei trovato un significato
univoco da attribuire ad una denominazione consolidata. Proseguendo con la ricerca, invece,
ho constatato che l unica certezza cui sarei potuta arrivare era proprio la multiforme variet
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di espressioni da cui ero partita. E che paradossalmente a quello stesso oggetto si potevano
parimenti riferire tutti quei significati.
Lo scontro coi fatti Ł stato rivelatore, perchØ all interno di uno di quei luoghi io ci sono stata
e l ho trovato le stesse contraddizioni che impera vano fuori.
Il Centro di Permanenza Temporanea di Torino Ł una cosa per il suo staff, un altra per i suoi
trattenuti. Eppure queste categorie di persone convivono nello stesso tempo e nello stesso
spazio, al di l del medesimo muro col filo spinato e sullo stesso spiazzo grigio di cemento.
Le mie visite hanno avuto luogo il 9 e il 10 ottobre 2007, dalle ore 15.00 alle ore 17.00. Le
date e gli orari sono stati concordati in seguito alla presentazione da parte mia, per mezzo
del mio Relatore, professor Rocco Sciarrone, di una richiesta ufficiale di ingresso per motivi
di ricerca, inviata all attenzione del Prefetto e del Questore di Torino1.
Con somma sorpresa mia e del docente, alla lettera Ł seguita tempestiva risposta. Ho
ottenuto un colloquio con la Dottoressa Donatella Giunti, assistente sociale coordinatrice
della Prefettura e due settimane piø tardi sono entrata nel Centro di Torino.
Menziono lo stupore relativo alla totale disponibilit nei confronti della mia ricerca, perchØ
raccogliendo informazioni sul tema, ben sapevo quanto fosse stato difficile per giornalisti e
associazioni umanitarie accedere ai Centri di Permanenza Temporanea. Inoltre avevo
raccolto testimonianze di simili difficolt da stud enti laureatisi prima di me e che avevano
fatto il medesimo tentativo.
Il primo giorno sono stata accolta da quattro persone: il responsabile del personale interforze
del Centro, il Direttore, la Dottoressa Giunti della Prefettura e la Dottoressa Fassone della
Questura. Queste ultime si erano recate al Cpt appositamente in occasione del mio arrivo.
Sono stata assecondata in tutte le mie richieste di chiarimento, ho potuto visitare tutte le aree
e persino entrare nelle celle e nei container. Ho parlato indisturbata coi trattenuti che hanno
voluto farlo e ho registrato le conversazioni. Mi sono trattenuta anche oltre l orario
prestabilito e non ho subito alcuna perquisizione.
I colloqui coi trattenuti, che riporto per intero in appendice, hanno subito le interferenze
proprie di un ambiente difficile e affollato, dacchØ sono avvenuti per la quasi totalit
attraverso le recinzioni delle varie aree del Centro. La trascrizione ha pertanto richiesto un
lavoro assiduo di scissione delle battute degli interlocutori, con l aggravante del fattore
lingua parlata (oltre l italiano, il francese e l inglese) e comprensibilit della stessa
qualora fosse l italiano. In nessun caso, comunque, ho avuto bisogno di un traduttore.
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La citata richiesta Ł allegata in appendice, insieme con il foglio di autorizzazione.
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A parte le domande introduttive di rito per inquadrare la persona e il periodo del suo
trattenimento, non ho usato una traccia prestabilita nella conduzione dei dialoghi, proprio
perchØ sapevo che le condizioni esterne non sarebbero state da manuale . Ho cercato
comunque di toccare alcuni punti fissi in ogni colloquio, orientando il filo del discorso a mia
discrezione. Questo mio tentativo non sempre ha sortito i risultati sperati. Piø volte, infatti, i
miei interlocutori hanno tentato di ribaltare i ruoli della conversazione, ponendomi domande
sulla mia vita privata e sul mio lavoro.
Di tutt altra qualit sono invece le interviste agl i ex-trattenuti nel Centro di Corso
Brunelleschi, incontrati a Torino, dove vivono da clandestini. Sono entrata in contatto di due
di questi quattro soggetti sfruttando la mia rete di legami deboli che mi ha portata a
conoscere un ragazzo marocchino che ha svolto il ruolo di intermediario tra me e loro. Li ho
incontrati in momenti diversi in un bar in citt , u n posto tranquillo che mi ha permesso di
ottenere una buona qualit di registrazione. Questa tranche di interviste ha potuto facilmente
seguire una traccia precedentemente definita e non ha risentito del fattore comprensibilit
della lingua parlata dagli intervistati, dato che entrambi risiedono in Italia da molti anni.
Ho avuto modo di incontrare altri due soggetti rientranti nella categoria degli ex-trattenuti .
Per farlo ho contattato il Gruppo Abele, Onlus di Torino, che si occupa, tra l altro, anche di
accoglienza agli immigrati. La sezione del drop in del Gruppo mi ha dato la possibilit di
fare conoscenza con alcuni dei fruitori del servizio, in gran parte immigrati marocchini
irregolari e, in alcuni casi, con alle spalle l esperienza del Cpt. Ho ottenuto due interviste
particolarmente difficoltose per il fattore lingua : il primo soggetto non parlava italiano,
perci Ł stato necessario l intervento di un altro ragazzo marocchino con una buona
conoscenza della lingua; il secondo intervistato aveva un italiano stentato, aggravato dalla
forte emotivit connessa alla vicinanza temporale d el periodo di cui si parlava, il chØ ha
significato lunghe interruzioni e balbettamenti che hanno reso piø difficile l intelleggibilit
del suo discorso.
Il fattore emotivit Ł stato di difficile gestion e per tutto il corso della ricerca. Essendo
l argomento piuttosto delicato e lo scontro coi fatti decisamente crudo e impietoso, piø volte
mi sono trovata a dover fare i conti coi sentimenti che le storie raccolte suscitavano in me.
Le maggiori difficolt sono sorte nel momento dell analisi del materiale raccolto e del
resoconto dello stesso, che corrispondono al terzo capitolo. Ho scelto di fare emergere le
mie impressioni personali e ho cercato di presentarle come un dato in piø su cui riflettere e
parte integrante dei risultati della mia scesa in campo. Penso, comunque, di essere riuscita a
mantenere il necessario distacco dall oggetto studiato.
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Al di l dei colloqui con trattenuti ed ex-trattenu ti, ho raccolto informazioni preziose da
alcuni testimoni privilegiati e da esperti. Anche in questi casi ho ottenuto i contatti grazie
all intercessione di soggetti terzi, miei diretti conoscenti. Le interviste semistrutturate hanno
avuto luogo in sedi idonee, senza interferenze di sorta, sono state interamente registrate e
trascritte in appendice.
Altri due gruppi di attori hanno completato la ricostruzione definitoria dell oggetto: i politici
e i mass media. Queste fonti sono state reperite grazie agli articoli apparsi su La Repubblica
e La Stampa, inerenti i Centri di Permanenza Temporanea. Per entrambi i quotidiani ho
avuto accesso ai relativi archivi on line; questo mi ha permesso di inserire alcune parole
chiave, selezionare la sezione di riferimento e il periodo di tempo di interesse, e reperire
abbastanza agevolmente tutti i brani utili.
Per la prima categoria di attori, i politici, ho selezionato su La Stampa solamente due annate
cruciali, il 1998 e il 2002, corrispondenti all approvazione delle due leggi sull immigrazione.
La ricerca Ł avvenuta per la sezione politica interna e cronaca di Torino . In questo modo
ho potuto reperire e analizzare tutte le dichiarazioni della classe politica nazionale e locale
(di Torino) inerenti i Cpt. I risultati sono riportati nel secondo capitolo.
Il quarto capitolo concerne la definizione data dalla seconda categoria di attori, i mass
media. In questo caso ho selezionato su La Repubblica il periodo di tempo che va dalla
nascita dei Centri (1998) fino al 2006. La sezione di riferimento Ł quella della cronaca
nazionale . Dei brani risultanti ho analizzato il l essico utilizzato per affrontare il tema e ho
focalizzato l attenzione sullo spazio ad esso riservato, calcolato in base alla quantit di
articoli pubblicati.
La ricerca di cui ho argomentato l essenza e le scelte metodologiche si basa su un
fondamento teorico che mi ha dato l input per organizzare e impostare tutto il lavoro: il
cosiddetto battello di Coleman . L autore di Fondamenti di teoria sociale (2005) fornisce
ai ricercatori uno strumento che permette di coniugare l analisi micro e l analisi macro dei
sistemi sociali. Di affrontarli, cioŁ, nel loro insieme e di limitare il divario tra teoria e ricerca
empirica.
Il Centro di Permanenza Temporanea Ł un istituzione. Perci gli Ł propria la complessit
che Ł insita in tutte le istituzioni, dacchØ in ese convivono livello macro e livello micro.
Le istituzioni sono aggregati che conducono un esistenza sovraindividuale e che allo stesso
tempo canalizzano l agire individuale (de Leonardis, 2001). Ecco come in esse si coniugano
i due livelli di ricerca.