2
“maggiorata”,cioè diretta a realizzare un volume edilizio maggiore di
quello che gli spetterebbe in base ai limiti plano volumetrici in vigore
in quella zona.
Ma prima di passare ad una precisa e attenta analisi della disciplina
privatistica del contratto in esame,occorre a mio avviso ripercorrere
l’escursus storico che ha portato alla nascita di tale istituto.
Il contratto di trasferimento di volumetria, nasce intorno agli anni ’70
e in particolar modo successivamente al periodo in cui al proprietario
del suolo era riconosciuto un libero ed insindacabile diritto di
edificare. Fu il sorgere della necessità di razionalizzare lo
sfruttamento del territorio che portò ad effettuare controlli, via via
sempre maggiori, sullo sviluppo delle aree edificabili e
all’imposizione di limiti agli spazi che in concreto erano utilizzabili.
Ciò fu reso possibile grazie all’introduzione dei Piani Regolatori che
stabiliscono ciò che è considerato legittimo costruire e soprattutto
assegnano ai singoli suoli i limiti previsti dagli indici di fabbricabilità.
Quindi,la riduzione delle possibilità di utilizzazione del territorio e la
previsione di indici di edificabilità sempre più ridotti, al fine di
consentire la creazione di aree verdi per la precipua soddisfazione
dell’interesse collettivo, hanno determinato la possibilità che il
proprietario di un singolo suolo possa non ritenere sufficiente l’indice
3
di edificabiltà a sua disposizione. Ne è conseguito il diffondersi di
strumenti contrattuali aventi ad oggetto la cessione di aree edificabili e
in particolar modo la cessione della cubatura,dove per cubatura, o
volumetria, si intende la misura ,espressa in termini tecnici e
matematici,che può occupare una costruzione realizzata su di un
fondo,o in altri termini lo spazio edificabile in concreto sulla base del
rapporto tra metri quadri (mq) al suolo e metri cubi (mc) in
estensione.
Un’ultima precisazione, va fatta in relazione al fatto
che, solitamente, nella prassi viene adoperato indifferentemente tanto
il termine “cessione”, che il termine “trasferimento” di cubatura.
Tuttavia, la questione non può considerarsi solo di natura
terminologica. Infatti si può osservare che mentre il termine
“cessione” attiene a rapporti che si instaurano tra le parti ed è più
pertinente alla stipulazione dell’atto inter vivos a titolo oneroso o a
titolo gratuito; il termine “trasferimento”, invece, si adatta meglio agli
effetti generali del negozio e sembra essere maggiormente attinente
quando è riferito agli effetti di uno strumento attuazione del piano
regolatore.
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CAPITOLO I
Volumetria ed edificabilità dei suoli
1.1 Standard planovolumetrici e relative funzioni.
Il sistema di zonizzazione.
1
L’origine del contratto di trasferimento di volumetria deve essere
ricostruita attraverso il riferimento alla tecnica urbanistica degli
standard. L’introduzione di tali standards è avvenuta con la l. 6 agosto
1967 n. 765 (legge ponte), il cui art. 17 tramite il ricorso alla tecnica
della novellazione, è divenuto l’art. 41-quinques della Legge
Urbanistica (l. 17 agosto 1942, n. 1150), anche se una più completa
attuazione di tale tecnica è avvenuta ad opera del D.M. 2 aprile 1968
n. 1444.
1
Candian A.: “Il contratto di trasferimento di volumetria”. Giuffrè editore, Milano, 1990.
Candian A.: “Trasferimenti di Volumetria”. In aggiornamento “Digesto Civile”, Utet,
Torino, 2000.
Ceccherini G.: “Il cd. “trasferimento di volumetria”, Giuffrè ed., Milano, 1985.
Cimmino N. A.: “la cessione di cubatura nel diritto civile”, in Riv. Notar., luglio-agosto 2003.
De Martinis.: “Accorpamento urbanistico di più aree, con particolare riferiemntoal
trasferimento di volumetria”, nota a Cass. 22 febbraio 1996, n. 1352, in Ngcc, I, 1997.
Grassano P.: “La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia
privata”, in Giur. It., 1990, IV.
Grassano P.: “La cessione di cubatura”, in Riv. Not., 1992.
Libertini M. “Trasferimenti di Cubatura”, in “I contratti del commercio,dell’industria e del
mercato finanziario”, trattato diretto da Galgano F.,Utet.
Pagano A.: “In tema di c.d. Trasferimento di cubatura”, in Corr. Giur., 1996.
Selvarolo S.G. “Il negozio di cessione di cubatura”,Ed. Sc. It,1989.
Vanghetti V.: “Profili civilistici della c.d. cessione di cubatura”, in Notariato, 1996.
5
Disposizioni più recenti in materia di edilizia, sono contenute nel
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, “Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia”, entrato in vigore a
partire dal 30 giugno 2003 e che tra le novità di maggior rilievo
annovera il cambio della espressione concessione edilizia con quella
di “permesso di costruire”.
Gli standards sono dei criteri con cui si fissano i limiti inderogabili di
altezza e di distanza dei fabbricati, ma soprattutto gli indici di densità
edilizia, nonchè i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli
insediamenti residenziali da un lato e gli spazi destinati al verde
pubblico, attività collettive, parcheggi dall’altro.
Così, il Consiglio di Stato “La volumetria che secondo gli standards
urbanistici spetta a più terreni edificabili viene concentrata su una sola
area in modo da realizzare, nella suddetta area, una costruzione di
maggiore cubatura, nel rispetto, comunque, dell’ indice di densità
fondiaria”
2
.
Tra i vari tipi di standard urbanistici, quelli su cui è necessario porre la
attenzione, in quanto maggiormente attinenti alla problematica del
trasferimento di volumetria, sono gli “Standards Planovolumetrici”,
ovvero quegli standards che definiscono il rapporto tra la superficie
2
Cons. St., sez V, 13 agosto 1996, n. 918, in Rep. Giu. It., Edilizia e urbanistica, n. 701.
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del fondo (espressa in m/q) su cui deve realizzarsi l’intervento
edificatorio ed il volume (espresso in m/c) dell’edificio da erigere;
mettendo in evidenza il fatto che tali standards sono di norma
contenuti nei Piani Regolatori o in altri strumenti urbanistici
equivalenti, ma in mancanza di questi gli standards planovolumetrici
sono fissati dal già citato art. 41-quinques L. U.
La legge pone gli standards come una limitazione alla proprietà
privata e soprattutto al diritto di edificare in capo al fondo stesso, al
fine di consentire un più razionale sfruttamento dei suoli e garantire la
salute degli individui e la salvaguardia del territorio. Quindi la
funzione di tali standard è fondamentalmente quella di evitare la
creazione di inzeppamenti edificatori e consentire uno sviluppo
edilizio controllato. In mancanza, però, di espresse prescrizioni
urbanistiche la determinazione di uno standard planovolumetrico
consente al soggetto che vuole costruire, una ampia discrezionalità
circa la possibilità di concentrare la volumetria edificabile in un unico
spazio ristretto; con la conseguente edificazione solo in altezza e ampi
spazi circostanti lasciati liberi o viceversa. Infatti, poiché l’indice di
densità edilizia è stabilito per zone e non per singole aree, l’interesse
pubblico (edilizio) in vista del quale viene posto il limite di
edificabilità da parte degli strumenti urbanistici vigenti, risulterà
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essere soddisfatto anche se le costruzioni verranno ad essere
concentrate in un'unica determinata zona, anche se le altre resteranno
inedificate o in edificabili purchè per quella determinata zona il
rapporto volume/superficie (espresso con la formula mc/mq) non
superi i limiti previsti. Inoltre gli standards si pongono in una
posizione di indifferenza rispetto ai confini delle dimensioni delle
proprietà private, in quanto ciò che rileva non è come le potenzialità
edificatorie siano distribuite tra i singoli proprietari ma come il carico
edilizio sia distribuito su tutto il territorio (e a prescindere di come il
territorio sia frazionato tra i privati). Una particolare attenzione merita
il problema della cd “zonizzazione” o “azzonamento”, ovvero la
questione riguardante la regolamentazione delle altezze, dei volumi
dei distacchi, dei limiti di distanza tra i vari edifici etc., contenuta
nella L. 17 agosto 1942 n. 1150 con particolare riferimento all’art. 7
di tale legge riguardante il “Contenuto del piano regolatore generale”;
nel d. m. 2 aprile 1968 n. 1444 riguardante i “Limiti inderogabili di
densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti
massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali etc.” (cosi
come previsto ai sensi dell’art. 17 della L. 6 agosto 1967 n. 765); ed
infine nell’art 4 L. 28 gennaio 1977 n. 10 ( “Norme per la edificabilità
dei suoli”) riguardante le “Caratteristiche della concessione”, articolo
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che, insieme al art. 1 della stessa legge, è stato abrogato dal precitato
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Ciò su cui si deve incentrare la nostra attenzione, è l’importanza che
acquista, sulla base di tale normativa, la perimetrazione complessiva
di una certa zona. Considerando, infatti, il totale dei volumi destinati
ad una certa utilizzazione, eventuali modifiche circa la localizzazione
di tali volumi si possono realizzare solo se la volumetria prevista per
quella certa zona non risulta essere stata alterata. Ciò che ne consegue
è una limitazione dello ius aedificandi che determina delle differenze
di valore dei suoli che potrebbero essere attenuate,per non creare dei
veri e propri squilibri attraverso la previsione di Piani Regolatori
Generali che contengono un’articolata previsione dei trasferimenti di
cubatura. I piani regolatori debbono però conformarsi alle indicazioni
dei piani paesistici e quindi le eventuali cessioni di cubatura dovranno
essere realizzate secondo tali limiti.