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RESUMEN
Este trabajo tiene dos objetivos principales. El primero es el de resaltar el paisaje desde
el punto de vista estético e insertarlo en el amplio proyecto de revalorización del paisaje
que ha tenido inicio en nuestros días comenzando cuando se tomó conciencia de que el
paisaje mucho más que la simple reunión de los elementos de la naturaleza es la unión
de naturaleza y cultura, porque es la manifestación de lo que el hombre puede construir
en el contexto que lo rodea. De esta manera también los geógrafos y los expertos del
sector tienen que tener presente el aspecto estético en su propio estudio y cuando estén
frente a algún paisaje que pueda revelarse un buen instrumento al interno de un
programa de tutela del paisaje como bien cultural. Las descripciones que los artistas nos
han brindado, que pertenecen al enorme patrimonio de la literatura italiana, no tendrίan
lugar si no existieran estos escenarios y lo que éstos traen con ellos. Es realmente a
partir de testimonios de artistas como Byron que podemos comprender la importancia
que muchos sitios han tenido en si mismos y no solamente para el imaginario poético
italiano; los paisajes con los cuales era a diario en contacto han influido en el curso de
su vida y en sus trabajos, a nosotros, nos ofrecen la posibilidad de viajar. A travéz de
sus experiencias y por sus historias podemos recrear y reproducir en nuestras mentes las
imágenes que nos ofrecen, con el mismo entusiasmo que algunos componentes de la
naturaleza han despertado en la mente del autor. Una especie de viaje imaginario que
nos permite movilizarnos y descubrir nuevas cosas comodamente quedándonos
sentandos en el sillón de nuestra casa, cada vez lo queremos. Esto es lo que me ha
sucedido y lo que me objetivo por el cual me puse siguiendo a Byron a lo largo de sus
tantas peregrinaciones. Hay algunos que dicen que las escenas descritas o pintadas no
pueden ser comparadas con las escenas vividas personalmente. Sostengo que muchas
veces puede ser más emocionante el proceso inverso. La experiencia indirecta que
hacemos, intentando reconstruir la fisonomía de un lugar y provando a entender su
esencia por medio de la historia de un artista, puede estimular el interés y éste puede
ayudarnos a ver con otros ojos y bajo otra luz todo lo que nos rodea. Con toda
seguridad, lo que está descrito puede asumir un significado más intenso, tanto para
quienes ya hemos tenido la experiencia de ello como para los que no.
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INTRODUZIONE
Uomo e Natura: Letteratura e Paesaggio
È un’equazione naturale se si pensa che da sempre il soggetto della geografia è stato lo
spazio, percepito nel tempo dalla coscienza dell’ io come paesaggio: pianure, colline,
montagne, distese erbose, praterie, laghi fiumi, cascate e tutto ciò che è vivo e si
propone alla mente. Questi elementi del paesaggio diventano conoscenza concreta per
l’ uomo che in essi conduce la sua esistenza e agisce. Il paesaggio è il punto di partenza
dell’esplorazione del mondo, cioè di un percorso che dalla percezione porta alla
comprensione e all’espressione.
1
L’uomo vive dunque immerso nel paesaggio e ne
acquisisce sempre nuove esperienze, infatti uomo e ambiente hanno sempre vissuto in
stretto contatto, dipendenti l’ uno dall’ altra. L’uomo vive sulla terra, la coltiva, si nutre
dei suoi frutti, e la terra si dimostra duttile nelle sue mani trasformandosi e facendosi
comprendere nell’ espressione concreta del paesaggio, nel quale è contenuto il senso
della cultura, poiché è oggetto dell’interesse dell’ uomo, accolto dai sensi e dall’
intelletto
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e arricchito dalla memoria, il paesaggio non è più solo “oggi” ma è anche il
passato, la storia. Ed è questo suo essere in atto che ne consente la definizione di
culturale. Il paesaggio è spazio comprensivo di oggi e di ieri, di memoria e ricordi,
condizionati dalla cultura personale, che lo trasfigurano e lo arricchiscono di sentimenti,
così da renderlo oggetto della letteratura. L’aspetto culturale della geografia deriva dalla
presa di coscienza dell’uomo dell’essere e del vivere uno spazio. Infatti il paesaggio è
perché l’ uomo lo percepisce, lo descrive, lo inserisce nella sua storia, traendolo fuori
rendendolo partecipe della vita. L’ ambiente, la Natura espressa nei paesaggi sono sì
vegetazione, fauna, clima, ma sono anche storia, testimonianze del passato dell’ uomo, e
soprattutto, personaggi nella vita dell’ uomo, agenti insieme all’ uomo. Allora era
inevitabile che la geografia, scienza della terra e, di conseguenza, dell’ uomo che su di
essa vive, si incontrasse con l’ arte per la quale la terra diventa come una scrittura da
1
G. Dematteis Una geografia mentale come il paesaggio in Scritture di paesaggio a cura di Girolamo
Cusumano, Pàtron Editore, Bolona 2003, pp. 65
2
P. Betta, M. Magnani, Paesaggio e Letteratura, Parma, Maccari, 1996, pp. 4
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decifrare,
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così che il linguaggio del geografo può divenire facilmente quello dell’ arte
poetica, senza perdere il rigore della scienza. Si tratta di decifrare la scrittura attraverso
la quale l’ anima si fa percepibile, nel caso del paesaggio significherà soltanto cogliere
quei tratti che identificano il luogo nella sua singolarità e gli conferiscono un’
individualità, che però non può essere pensata, se non appunto metaforicamente, come
manifestazione di un’ interiorità. Senza termini scientifici, la scrittura è meno rigorosa e
il lettore viene maggiormente colpito dalla grazia e dallo stile. È nell’ universo del
letterato che il paesaggio si anima. Nel paesaggio si fondono geografia fisica umana e
mentale, come aveva intuito lo stesso Dardel
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più di mezzo secolo fa quando scriveva:
«Il paesaggio non è un cerchio chiuso, ma un dispiegarsi. È veramente geografico per i
suoi prolungamenti, per lo sfondo reale e immaginario che lo spazio apre al di là dello
sguardo[…] Il paesaggio è uno scorcio su tutta la terra, una finestra aperta su possibilità
illimitate: un orizzonte. Non una linea fissa, ma un movimento, uno slancio.
5
» La
letteratura nei secoli è ricca di racconti di viaggio, di scoperte o di semplici narrazioni di
fatti avvenuti nel corso di permanenze all’ estero, e ogni volta gli autori trasmettono la
meraviglia di fronte alle manifestazioni della Natura, lo stupore difronte a quelle che la
perizia umana mai sarebbe in grado di ricreare. C ’è quindi un legame tra geografia e
letteratura, e questo legame consiste nel fatto che le lettere ci mostrano come le persone
fanno esperienza del mondo. La percezione descrittiva del paesaggio è oggi uno dei
punti di confronto tra tra scienza della geografia e opere letterarie. Lo stile letterario può
rivelarsi un’ottimo mezzo per la descrizione di una realtà territoriale, valido sostituto di
aride spiegazioni scientifiche.
6
Spesso nell’ opere si fa riferimento a luoghi reali che
danno più attendibilità all’autore e infondono all’opera un carattere di autenticità.
Condizione necessaria per il narratore o per il poeta è quella dell’ esilio, vero o
immaginario che sia. Il poeta a differenza del narratore che crea i luoghi dove calare i
suoi personaggi
7
e le loro azioni, va alla ricerca di una terra dove poter stare. Nel
romanticismo in particolrare, cambia il rapporto tra uomo e natura, rispetto al
3
E. Dardel L’uomo e la Terra. Natura della realtà geografica, Milano, Unicopli, 1986, pp. 12
4
Eric Dardel assieme a John K. Wright sono ritenuti i precursori dell’interesse della geografia per l’arte,
in particolare per la letteratura.
5
E. Dardel op.cit, pp. 34
6
F. Lando I segni del radicamento: luogo territorio paesaggio in Scritture di paesaggio a cura di G.
Cusumano, Pàtron Editore, Bologna, 2003, pp. 185
7
A. Camilleri Realtà, Invenzione e memoria dei luoghi letterari in Scritture di pasaggio di Girolamo
Cusumano, Pàtron Editore, Bologna, 2003 pp. 76
5
Neoclassicismo, e di conseguenza anche lo stesso concetto di paesaggio, inteso non più
come entità oggettiva, preesistente all’ osservatore, ma come operazione simbolica che
scaturisce dalla tensione tra oggetto e soggetto, tra natura e cultura, tra sfera sociale e
ambito sociale. In Byron talvolta si sente l’ ebrezza che egli prova nel ricrearlo al solo
nominare gli elementi che lo costituiscono, talvolta la difficoltà del poeta a trovare le
parole che sia in grado di esprimere quella voce del paesaggio che risuona in sintonia o
in contrasto con l’animo umano e che si rivela nei modi più inattesi: ora il mistico
silenzio che aleggia tra le rovine, soprattutto se contrapposto al fragore della città, ora il
rumore del fiume o della pioggia o dei tuoni in una tempesta, ora la forza di un fulmine
che si scaglia tra le montagne.
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CAPITOLO 1
UNA STORIA FANTASTICA
1.1 La giovinezza
George Gordon Byron nacque a Londra nel 1788
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, trascorse la sua infanzia in Scozia in
ristrezze economiche per colpa del padre, John Byron, poeta perseguitato dai creditori
che sperpera anche le ricchezze della madre Catherine Gordon di discendenza nobile.
Alla mala conformazione di un piede egli univa l’ apparenza di una costituzione
rachitica. Per rafforzare le sue condizioni di salute Byron si dedicò da subito all’
esercizio fisico privilegiando il nuoto e le calvacate dei quali ci rimangono racconti di
imprese o di semplici ricordi. Frequenta una modesta scuola elementare e ad Aberdeen.
In quei luoghi nasce in lui l’ammirazione per il paesaggio montano e marittimo, e la
fede calvinista nella predestinazione della colpa. Nel 1798 alla morte del suo prozio egli
ereditò il titolo di “ Lord ” ma i beni che accompagnano il titolo non erano tali da
potergli offrire molto più che diritti formali e la situazione economica della famiglia
rimase precaria:
«Childe
9
Harold veniva nomato: ma l’origine del suo nome/ e l’ antico lignaggio
riverarlo non mi conviene;/ basti dire che forse erano rinomati,/ e che furono in altri
tempi illustri
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[ … ]».
Sempre nello stesso anno si trasferisce nella residenza di Newstead Abbey lasciatagli
dal prozio. Inizia a scrivere molto presto a causa dell’ infatuazione per una sua cugina,
Margaret Parker. Dopo aver concluso le scuole ad Harrow, nel 1805 entrò al Trinity
8
Per tutte le informazioni biografiche e bibliografiche di Byron si rimanda al volume Byron Opere scelte,
testo originale a fronte a cura di Tomaso Kemeny con uno scritto di G. Tommasi di Lampedusa, Oscar
Mondadori, Milano, 1993
9
Childe (giovane) è il titolo arcaico che designa un giovane di nobile nascita. Questo titolo tende a
proiettare Aroldo nel mondo poetico tardomedievale mentre il sottotitolo A remaunt lo colloca in ambito
di avventure rischiarate da ideali cavallereschi
10
Lord Byron op. cit. canto I, vv. 19-22. questi versi fanno parte delle stanze 2-11 in cui è contenuto il
ritratto di Aroldo-Byron
7
College di Cambridge e l’anno dopo pubblicò in forma anonima Fugitive Pieces, ben
presto ripudiati e riscritti con il titolo di Poems on Various Occasion, sempre in forma
anonima. Nella terza ristampa, col titolo di Hours of Idleness, apparve il suo nome e la
bocciatura dell’ opera da parte di Edinbourgh Reviews gli ispirò English Bards and
Scotch Reviewers, in cui , in uno stile tutto derivato dal Pope,
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egli estende il suo
sarcasmo dai recensori ai grandi poeti del tempo menzionandoli esplicitamente
(Wordsworth, Coleridge, Southey e Scott). In quest’ opera si delineano le sue qualità di
scrittore: la sua satira feroce e la sua misantropia poiché
«[ … ] la sua non era quella aperta e candida anima/ che prova sollievo a lasciare gli
affanni fluire,/ né cercava un’ amico per consigliarsi o confidarsi,/ quale che fosse la sua
irrefrenabile pena».
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scriveva in altri versi della sua, già citata, opera che ha tutte le carte in regola per essere
considerata un’ autobiografia. Durante le vacanze estive da Harrow nel 1803 a
Newstead frequenta la cugina Mary Chaworth della quale si innamora disperatamente
ma lei non ricambia i suoi sentimenti peraltro, già promessa sposa ad un nobile di
campagna che sposerà poi nel 1805. Fu la prima vera delusione d’ amore di Byron della
quale parlera anche nel Pellegrinaggio del giovane Aroldo dedicando questi versi:
«Poiché aveva rapido attraversato il lungo labirinto del peccato/ [ … ] si logorò con
tante seppure ne amasse una sola, e quella unica amata, ahimè, non potè mai essere sua./
[ … ] lui che in breve avrebbe abbandonato il suo incanto per il volgare godimento,/ e
rovinato avrebbe le sue avveneti terre per indorare il proprio deserto».
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La sua ammirazione per Pope nasce nel 1803, in Byron vi è una nostalgia fortissima per quell’ordine
quella disciplina classica che gli erano negati e che riscontrava in Pope. Rivelatrice a questo proposito al
lettera a Murray del 15 settembre 1817: «Riguardo alla poesia in generale, sono convinto che egli è tutti
noi- Scott, Southey, Wordsworth, Moore, Campbel, io- siamo tutti nel falso, l’uno come l’altro, e siamo
in un falso sistema, o sistemi, poetico rivoluzionario, e dal quale nessuno, tranne Rogers e Crabbe, è
libero: e che la presente e le future generazioni saranno finalmente di questa opinione. Io sono più
confermato in questo per avere di recente riletto alcuni dei nostri classici, particolarmente Pope, che
questo ho provato: ho preso le poesie di Moore le mie e di alcuni altri, e le ho paragonate tratto per tratto
con quelle di Pope, e son rimasto davvero meravigliato (avrei voluto che non fosse così) e mortificato
dell'ineffabile distanza del senso, dell’armonia, dell’effetto, e anche dell’immaginazione, passione e
invenzione che c’è fra il piccolo uomo della regina Anna e noi del Basso Impero. Dipende da ciò che era
tutto Orazio ed era tutto Claudiano, fra noi, e se dovessi ricominciare mi modellerei in conformità.»
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Lord Byron op. cit. canto I, stanza 8 vv. 69-72
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Lord Byron op. cit. canto I, stanza 5