2
Tutte le autorità amministrative indipendenti, almeno quelle vere, si
occupano di definire il contenuto, e/o di disciplinare l’esercizio di diritti
fondamentali. Il diritto di libertà personale per l’Autorità garante della
privacy e la libertà di iniziativa privata (o sue varianti connesse
all’esercizio di attività economiche) per le altre.
Il primo diritto è riconosciuto come diritto fondamentale dalla
Costituzione, il secondo è diventato tale in seguito all’ingresso
nell’ordinamento costituzionale italiano di un principio comunitario che ha
sostanzialmente abrogato il terzo comma dell’art. 41 Cost., sostituendo il
mercato concorrenziale, come modo di esercizio della libertà economica, ai
programmi e ai controlli per indirizzare l’attività economica pubblica e
privata a fini sociali
1
. Né è possibile affermare che il mercato
concorrenziale è solo una delle opzioni costituzionali riconosciute dall’art.
41, perché, se il terzo comma non risultasse abrogato (o in qualunque forma
investito da una rottura della originaria Costituzione interventista), la
libertà di iniziativa economica non potrebbe essere considerata ora un
diritto fondamentale con tutte le conseguenze che da questa qualificazione
derivano
2
.
E quali sono le conseguenze che derivano in ogni caso dalla
qualificazione di un diritto come fondamentale? Dipendono dal rapporto
costituzionale che il diritto positivo stabilisce fra diritti fondamentali e
potere amministrativo.
Di fronte ad un diritto fondamentale non può esistere un potere
libero, ancorché residuale. Nel conflitto fra diritto fondamentale e potere
1
Lo stato dell’arte delle interpretazioni dottrinali e Costituzione formalmente vigente è riassunto di
recente da M. ANTONIOLI, Mercato e Regolazione, Milano, 2001, 69 ss.
2
Ma, poiché il diritto positivo di matrice comunitaria e nazionale è ormai nettamente contrario, è evidente
che c’è stata una “rottura” della Costituzione. Nonostante la diversa previsione costituzionale la libertà
economica è oggi un diritto fondamentale. Come è confermato ora dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza) che, all’art. 16, riconosce la libertà di impresa fra i diritti
fondamentali.
3
amministrativo non può prevalere un potere libero della Pubblica
Amministrazione sul diritto fondamentale. Quando c’è un diritto
fondamentale la preminenza del diritto fondamentale esige che il potere
amministrativo non sia discrezionale, bensì disciplinato in toto dalla legge e
che la disciplina della legge sia data rispettando in toto l’essenza del diritto
fondamentale.
È questo il motivo per cui il diritto comunitario ha imposto di
trasformare provvedimenti amministrativi discrezionali in provvedimenti
amministrativi vincolati nei presupposti, ad esempio concessioni e licenze,
atti per definizione discrezionali, in autorizzazioni vincolate. La
concessione e la licenza sono per loro natura discrezionali, l’autorizzazione
no se disciplina i presupposti per l’esercizio di un diritto
3
.
Ed è questo anche il motivo principale per il quale sono state create
le autorità amministrative indipendenti.
Di esse si tratterà in questo lavoro.
Nel primo capitolo le autorità amministrative indipendenti vengono
dapprima analizzate in chiave storica istituzionale, per poi passare ad un
approfondimento che tiene conto della loro natura giuridica e infine viene
analizzato il carattere della neutralità, paragiurisdizionalità e responsabilità
delle suddette autorità. Autorità prive di poteri discrezionali che debbono
amministrare il contenuto e i modi di esercizio di diritti fondamentali, la
libertà personale e la libertà economica nelle sue più diverse
manifestazioni.
3
Per un quadro d’insieme del rapporto legge-potere amministrativo in corrispondenza di diritti
fondamentali e per i problemi di tutela giudiziaria che ne derivano sono tuttora illuminanti le relazioni
contenute in V. GOTZ, H.H. KLEIN, C. STARCK (a cura di), Die öffentliche Verwaltung zwischen
Gesetzgebung und richterlicher Kontrolle, München, 1985. Nella dottrina italiana la stretta connessione
fra autorità indipendenti e tutela di diritti era stata individuata, in particolare da R. PEREZ, Autorità
indipendenti e tutela dei diritti, in Riv trim. dir. pubbl, 1996, 133 ss.
4
Con una conseguenza sul piano giurisdizionale che, almeno per
l’ordinamento italiano, sembrerebbe evidente: il giudice competente a
conoscere dell’attività di un’amministrazione priva di potere discrezionale,
nel nostro caso delle autorità amministrative indipendenti, è il giudice della
tutela dei diritti fondamentali e, in ogni caso, un eventuale riparto di
giurisdizione fra giudice ordinario e giudice della Pubblica
Amministrazione non può essere fondato sul presupposto della esistenza di
una situazione giuridica di interesse legittimo che nell’ipotesi in esame non
esiste (o meglio non esiste più) per definizione, dal momento che non esiste
un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione.
E poiché il giudice dei diritti dell’ordinamento italiano è il giudice
ordinario, il legislatore che ha istituito l’Autorità per la tutela della privacy
ha, con apparentemente necessaria coerenza, attribuito al giudice ordinario
la competenza a giudicare degli atti di tale autorità.
Ma è veramente tutto così semplice? Se c’è un diritto fondamentale
non c’è potere discrezionale della P.A. e, se non c’è potere discrezionale, il
giudice competente è il giudice dei diritti e cioè il giudice ordinario? Cui va
aggiunto l’ulteriore corollario che, poiché le autorità amministrative
indipendenti tutelano sempre diritti fondamentali, il giudice naturale delle
autorità amministrative indipendenti dovrebbe essere il giudice ordinario?
Con una possibile variante: forse quel che si è detto finora non corrisponde
al diritto positivo perché quel che si è detto sui diritti fondamentali vale
solo per il diritto di libertà personale e non per il diritto di libertà
economica, per il quale prevarrebbero ancora le conseguenze del dettato
costituzionale e non gli enunciati costituzionalmente fondativi della
Comunità Europea?
5
E qui le cose cominciano ad ingarbugliarsi, per cui sono necessari
parecchi distinguo che vengono sceverati minuziosamente nel secondo
capitolo dove, dopo aver analizzato il procedimento davanti alle
Amministrazioni indipendenti, si erge a cardine del lavoro la competenza
esclusiva del giudice amministrativo.
Che quando c’è un diritto civile o politico, comprendente quelli che
oggi chiamiamo diritti fondamentali, debba essere competente il giudice
ordinario lo diceva già la legge del 1865, che, come si sa, nonostante tutte
le avventure istituzionali della giustizia nei confronti della Pubblica
Amministrazione, è tuttora vigente. Per la legge del 1865 non era
censurabile il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione. Ma che
succede se il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione diventa
censurabile? Il giudice amministrativo può censurare soltanto l’esercizio
del potere discrezionale, che, come tale, degrada il diritto fondamentale ad
interesse legittimo, oppure può censurare, sempre e comunque, l’esercizio
del potere anche quando questo risulta non discrezionale bensì vincolato
dalla legge?
Già il primo Cammeo, messo di fronte al problema della censura del
potere non discrezionale, aveva risposto che competente non era la
neoistituita IV sezione del Consiglio di Stato, ma il giudice ordinario e di
tempo in tempo, qualche volta inconsapevolmente, qualche autore
riprospetta questa tesi, cui accede talvolta lo stesso legislatore, come è
avvenuto nel caso della tutela contro i provvedimenti dell’Autorità per la
protezione dei dati personali
4
.
Sennonché, di lì a poco lo stesso Cammeo avvertì che la sua tesi non
corrispondeva al diritto positivo o, per meglio dire, all’evoluzione
4
Si allude, ovviamente al noto lavoro di F. CAMMEO, La competenza di legittimità della sezione IV e
l’apprezzamento di fatti valutabili secondo criteri tecnici, in Giur. it., 1902, III, 275 ss.
6
istituzionale della giustizia amministrativa nel nostro ordinamento dopo
l’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato
5
. La giurisdizione del
giudice amministrativo non era connessa alla distinzione potere
discrezionale potere vincolato, bensì all’esercizio del potere comunque
regolato, cioè a quella che in seguito verrà definita la sequenza logica
norma-potere-fatto. L’esercizio del potere da parte della Pubblica
Amministrazione discrezionale o vincolato, autoritativo o non autoritativo,
imperativo, ablativo o concessorio viene sempre e comunque sottoposto
alla giurisdizione del giudice amministrativo. Qual è allora la situazione
giuridica soggettiva corrispondente all’esercizio del potere amministrativo?
E, in particolare, tale situazione giuridica soggettiva è compatibile con la
nozione “diritto fondamentale” costituzionalmente garantito (il diritto alla
salute, il diritto alla libertà personale, il diritto neocostituzionalizzato alla
libertà economica)? Cioè con la moderna e senz’altro più specifica, se non
più vasta, categoria dei c.d. “diritti civili e politici”?
È la nota situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo,
situazione che in questa prospettiva, e secondo quanto risulta dalla
giurisprudenza amministrativa ed ordinaria, non è una situazione specifica
corrispondente all’esercizio di un potere amministrativo discrezionale in
senso proprio, bensì una situazione universale avente per oggetto la pretesa
all’esercizio del potere secundum jus, riscontrabile non solo con riferimento
al potere amministrativo, ma con riferimento all’esercizio di qualsivoglia
potere privato (si pensi alla disciplina degli organi della società per azioni o
all’esercizio dei poteri aziendali dell’imprenditore) o processuale (si pensi
agli errores in procedendo nell’impugnazione delle sentenze). Di per sé
dunque l’interesse legittimo non è incompatibile con la nozione di diritto
5
Cfr. F. CAMMEO, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1911-14, ristampa con note di
aggiornamento a cura di G. MELE, Padova, 1960, 188.
7
fondamentale, ma si prospetta come una sua manifestazione quando si
tratta di tutelare un diritto fondamentale nei confronti dell’esercizio del
potere.
Stabilito ciò, bisognerebbe prevedere dei simboli per le variabili
“concetto giuridico indeterminato” e “norma tecnica” per le quali il
linguaggio corrente, non simbolizzato, continua impropriamente a parlare
di discrezionalità e analizzare il possibile contenuto di tali variabili.
Chiarito ciò, dovrebbe esser evidente anche che i simboli così
definiti attengono alla disciplina dei presupposti e dell’esercizio del potere
e che perciò nulla cambia per quanto attiene alla tutela giurisdizionale nei
confronti degli atti conseguenti all’esercizio del potere per gli ordinamenti
che, come quello italiano, lo affidano ad un giudice specializzato, il giudice
amministrativo.
Ma allora perché le leggi sulle singole autorità amministrative
indipendenti (ad esempio l’art. 33 della l. 10 ottobre 1990, n. 287
sull’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato) ed ora, per parecchie
di esse, l’art. 7 della l. n. 205/2000 attribuiscono al giudice amministrativo
una giurisdizione “esclusiva”, comprensiva perciò anche della giurisdizione
del giudice ordinario?
Certamente in corrispondenza di diritti fondamentali alla cui tutela
sono di solito preposte autorità amministrative indipendenti può delinearsi,
oltre alla sequenza norma-potere-fatto, anche il rapporto norma-fatto
6
.
È il caso, ad esempio delle sanzioni pecuniarie trattate sempre nel
secondo capitolo, assai frequenti nella disciplina della autorità
amministrative indipendenti, nelle quali si succedono la sequenza norma-
6
Si utilizza la nota sistemazione teorica di E. CAPACCIOLI (sviluppo a sua volta della teoria di
GUICCIARDI), prospettata ab initio in Interessi legittimi e risarcimento dei danni, Milano, 1963,
recentemente ripresa con riferimento alle autorità amministrative indipendenti, da P. LAZZARA, Autorità
indipendenti e discrezionalità, Padova, 2001.
8
potere-fatto per quanto attiene all’esercizio del potere sanzionatorio e la
sequenza norma-fatto per quanto attiene all’accertamento della violazione e
alla determinazione di una obbligazione pecuniaria a carico dell’autore
della violazione
7
, ma quel che deve aver spinto il legislatore a prevedere
una generalizzata giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei
confronti degli atti delle autorità amministrative indipendenti deve esser
stato il dubbio, avallato da buona parte della dottrina, su una presunta
incompatibilità fra la nozione di diritto fondamentale, costituzionalmente
garantito, e la nozione di interesse legittimo corrispondente all’esercizio di
un potere.
Nel dubbio la giurisdizione esclusiva elimina, almeno
apparentemente, ogni motivo di contrasto giacché è stato stabilito che il
giudice amministrativo è per le autorità amministrative indipendenti un
giudice con giurisdizione esclusiva.
Infine nel terzo capitolo, relativamente ai regolamenti delle autorità
indipendenti, il primo aspetto affrontato è quello relativo al riconoscimento
o no della natura normativa di tali atti. La denominazione “regolamento”
non assicura infatti la natura normativa dell'atto medesimo
8
. Ma, se nel
novero delle fonti rientrano tutti quegli atti con cui l'amministrazione,
7
Di recente il Consiglio di Stato, Sez. VI, Axa Assicurazioni e altri c. Autorità Garante per la concorrenza
e il mercato ha operato la seguente “sezione anatomica” del procedimento di irrogazione di sanzioni
pecuniarie da parte dell’autorità antitrust: “I provvedimenti dell’Autorità antitrust hanno natura atipica e
sono articolati in più parti, che corrispondono alle fasi del controllo svolto dall’Autorità: a) una prima fase
di accertamento dei fatti; b) una seconda di contestualizzazione della norma posta a tutela della
concorrenza, che facendo riferimento a concetti giuridici indeterminati (quali il mercato rilevante, l’abuso
di posizione dominante, le intese restrittive della concorrenza) necessita una esatta individuazione degli
elementi costitutivi dell’illecito contestato (le norme in materia di concorrenza non sono di stretta
interpretazione, ma colpiscono il dato sostanziale costruito da comportamenti collusivi tra le imprese, non
previamente identificabili, che abbiano oggetto o effetto anticoncorrenziale (v. sul punto Cons. Stato, VI,
n. 1189/2001, Rischi Comune Milano); c) una terza fase in cui i fatti vengono confrontati con il parametro
come sopra contestualizzato; d) una ultima fase di applicazione delle sanzioni, previste dalla disciplina
vigente”.
8
Cfr. M.S. GIANNINI, Regolamento (in generale), in Enc. dir., vol. XXXIX, Milano, 1988, p. 605:
regolamento è un sostantivo dietro il quale stanno realtà giuridiche molto disomogenee; v. già C.
MORTATI, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalità, Milano, 1964, p. 34: la fonte
unitariamente contrassegnata per tradizione setto il nome di regolamento racchiude in realtà una serie di
figure diverse tra loro.
9
dettando norme nel campo d'azione affidato alle sue cure, comunque
innova l'ordinamento giuridico
9
, pur rimanendo necessario l'esame concreto
dei diversi atti delle varie autorità indipendenti, non si può negare
l'esistenza di una potestà normativa di tali autorità.
In merito all'individuazione del fondamento del potere
regolamentare, bisogna sottolineare come tale questione venga ad assumere
un particolare significato nell'esame dei regolamenti delle autorità
indipendenti, giacché in tale contesto si pone in primo piano innanzitutto la
problematica concernente il rapporto (o, meglio, l'esigenza di
individuazione di un ragionevole punto di equilibrio) fra principio
democratico ed esigenze di efficienza (e quindi di competenza tecnica) e, in
secondo luogo, il tema dei rapporti tra ordinamento generale e ordinamenti
particolari
10
.
9
Cfr. A.M. SANDULLI, L'attività normativa della pubblica amministrazione (Origini – Funzione -
Caratteri), Napoli, 1970.
10
E, dunque, dello stesso concetto di «supremazia speciale» quale «potere pubblico esercitabile al di fuori
del generale circuito di responsabilità democratica e delle garanzie costituzionali», A. CERRI,
Regolamenti, in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XXVI, Roma, 1991, p. 4.
10
CAPITOLO PRIMO
LE AMMINISTRAZIONI INDIPENDENTI
SOMMARIO: 1.1. Autonomia ed indipendenza nella Costituzione. – 1.2. Natura giuridica e poteri delle
Amministrazioni indipendenti. – 1.3. La vicenda storico–istituzionale delle amministrazione
indipendenti: tra crisi dello Stato di diritto ed esigenze di garanzia per i settori “sensibili”. – 1.4. Le
amministrazioni indipendenti: tra neutralità, paragiurisdizionalità e responsabilità.
1.1. AUTONOMIA ED INDIPENDENZA NELLA COSTITUZIONE.
Il termine «autonomia» ha una ampia valenza di significato sia nel
linguaggio comune sia in quello giuridico. La dottrina tradizionale,
ricollegandosi al significato etimologico del termine, ritiene che l'unico
vero contenuto del termine in questione è rappresentato dal «potere di
darsi proprie leggi» (cosiddetta “autonomia normativa”)
11
.
Si considerano espressione di autonomia normativa, sebbene non
esista una elencazione in tal senso: gli statuti, salvo esplicite norme
contrarie; i regolamenti di organizzazione, cioè i regolamenti disciplinanti
le attività degli organi e degli uffici, i regolamenti organici ed i
regolamenti sul personale; i regolamenti con i quali l'ente disciplina la
prestazione dei propri servizi verso i terzi, sempre che vi sia una esplicita
norma di legge in proposito. Una particolare tipologia di «autonomia» è
quella c.d. istituzionale, istituto alquanto controverso che non riveste un
particolare rilievo ai fini della presente trattazione
12
.
11
Si veda in tal senso G. ZANOBINI, Caratteri particolari dell'autonomia, in Studi Ranelletti, II, Padova,
1951, 391 e ss., e S. ROMANO, Autonomia, in Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1957, 15.
12
Le ipotesi più significative che si sono fatte a riguardo sono: 1) dati due ordinamenti giuridici, il
secondo subordinato totalmente al primo quanto all'esistenza (per esempio ordinamento dello Stato–
ordinamento di ente pubblico minore a tipo associativo), il primo può attribuire al secondo «autonomia» di
darsi le sue proprie norme, nei limiti che gli prefigge; 2) dati due ordinamenti giuridici indipendenti
quanto all'esistenza (per esempio Stato–Chiesa) essi possono essere totalmente irrilevanti fra loro quanto
al contenuto o all'efficacia (per esempio Stato italiano–Chiesa shintoista), ma possono anche essere
parzialmente rilevanti unilaterali o bilaterali, e in tal caso ciascuno di essi resta limitato dall'autonomia
dell'altro (per esempio Stato italiano–Chiesa cattolica); 3) dato un ordinamento giuridico che si forma
spontaneamente (autogeno), e non deve cercare il titolo della propria esistenza in altro ordinamento (ossia è
originario), esso è autonomo rispetto ad ogni altro ordinamento; 4) inversamente all'ipotesi precedente,
sono autonomi gli ordinamenti autogeni subordinati quanto alla rilevanza e al contenuto. In particolare gli
ordinamenti privati leciti, i quali si possono costituire per iniziativa di soggetti (privati) di un ordinamento
11
Merita invece una maggiore attenzione la cosiddetta autonomia
organizzatoria. Quest’ultima si definisce come una figura organizzatoria in
cui rapporti organizzatori fra figure soggettive di un medesimo genere
vengono disciplinati, in deroga alla regola, in modo da attribuire ad una
delle figure soggettive poteri più ampi di quelli che sono attribuiti alle
figure congeneri
13
.
Partendo da questa nozione, è possibile costruire una serie pressoché
illimitata di autonomie organizzatorie (contabile, finanziaria, di gestione e
così via), ognuna delle quali può a sua volta graduarsi secondo una diversa
intensità, che da luogo nell'ambito dello stesso genus (si pensi, ad esempio,
all’autonomia contabile) ad una pluralità di tipologie di autonomie, per cui
si dovrà parlare di autonomie contabili, per stare all'esempio fatto o di
autonomie finanziarie o di autonomie di gestione e così via.
Tali considerazioni trovano puntuale riscontro rispetto alle autorità
indipendenti. A queste ultime, infatti, sono attribuite una serie di autonomie
di diversa natura: organizzatoria, che si estrinseca nella capacità di darsi una
propria struttura organizzativa; di organico, che si esprime nella facoltà di
autoregolamentare il funzionamento dei propri organi, anche mediante la
modificazione delle piante organiche dei dipendenti; contabile, che consiste
nella capacità di un ente di avere e gestire un proprio bilancio, diverso da
quello dello Stato: infatti, di regola, questi soggetti hanno una dotazione
patrimoniale propria, conferita dallo Stato, ma gestita in modo indipendente;
ciò non esclude comunque il controllo della Corte dei Conti, che avendo
natura essenzialmente finanziaria, non ne limita l'autonomia contabile.
Si deve, però, osservare, che se in teoria il riconoscimento della piena
generale (Stato) e che questo deve riconoscere, avendo in sé contenuta una norma di implicito
riconoscimento del potere dei propri soggetti privati di darsi un ordinamento particolare. Per maggiori
approfondimenti sul punto, si veda M.S. GIANNINI, Autonomia pubblica, in Enc. dir., vol. IV, Milano,
1959, 360 e ss.
13
Cfr. M.S. GIANNINI, op. cit., 362.
12
indipendenza si realizza con l'attribuzione della massima potestà di
determinazione sotto il profilo funzionale, organico, procedimentale,
contabile e finanziario, nella pratica, invece, siffatto riconoscimento viene
limitato unicamente ad alcuni di questi aspetti
14
.
Occorre, pertanto, chiedersi fino a dove si estenda l'autonomia
delle autorità e soprattutto se, in linea con il nuovo modello organizzativo
statale fondato sul decentramento e sulla pluralità dei centri di potere, questi
enti, in qualità di organismi rappresentativi di determinati interessi
comunitari, possano ritenersi dotati anche di un'autonomia, intesa come
capacità di individuare liberamente i fini che il soggetto intende perseguire.
La risposta, parzialmente positiva, andrebbe ricercata nel ruolo
concretamente svolto dalle varie autorità, le quali nella pratica risultano
titolari, non solo del potere di vigilare il rispetto delle regole di settore, ma
anche del potere di fissare quelle stesse regole, come veri e propri organi di
governo.
In sede di teoria generale, il concetto di «indipendenza»
presenta dei tratti comuni con il concetto di «autonomia». In particolare,
autorevole dottrina, nel definire quest'ultimo concetto, ritiene che essa
esprima una situazione di indipendenza relativa, laddove l'«indipendenza» si
atteggia, quali che possano essere le estensioni o restrizioni del concetto, ad
autonormazione, cioè alla possibilità di un'autoregolazione di attività e di
comportamenti, mentre la relatività si risolverebbe in un rapporto con altre
prescrizioni, poste da soggetti diversi (eteronomiche) e che, ove non
intervenisse l'autonomia, sarebbero le sole a condizionare i comportamenti
dei soggetti presi in considerazione
15
.
14
Cfr., in tal senso, C. FRANCHINI, Le Autorità amministrative indipendenti, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1998, 544, il quale sottolinea come nei vari organismi non sia possibile rinvenire tutti gli elementi che
realizzano completamente la piena indipendenza, ma solo parte di essi.
15
Cfr. C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, V ed., Torino, 1984, 859.
13
L'indipendenza, intesa come assenza di subordinazione di un soggetto
nei confronti dei poteri di un altro soggetto, esprime una condizione di
libertà e di sottrazione ai vincoli ed alle interferenze da parte di organi
sovraordinati, privi quindi della possibilità di condizionare l'azione altrui con
i propri poteri di indirizzo e di controllo.
La sottrazione ad ogni ingerenza esterna attribuisce all'organo
indipendente una particolare qualità soggettiva
16
, di natura relazionale
rispetto ad altri soggetti
17
, che nel caso specifico finiscono per identificarsi
nei rappresentanti del potere politico, del potere economico e del potere
burocratico.
La questione (anche storicamente intesa) dell'autonomia o
dell'indipendenza di organizzazioni in qualche modo differenziate rispetto a
quelle propriamente ascrivibili all'apparato di governo, e da esso, appunto,
dipendenti, si è posta sempre a fronte del «potere esecutivo»; giacché di
16
Ancora, si deve notare che le organizzazioni in oggetto non sempre sono dotate di personalità
giuridica. Anzi, quelle più propriamente ascrivibili al modello, quali le «autorità garanti» istituite
nel 1990, non hanno personalità giuridica, risultando confuse sotto il profilo soggettivo
nell'ambito della persona giuridica dello Stato. Ciò induce ad ulteriore svalutazione della
questione della personalità giuridica nell'ambito dell'organizzazione pubblica. Quest'ultima,
infatti, risulta formata nell'esperienza attuale da un universo di organizzazioni, ma non
necessariamente da un universo di persone giuridiche. E d'altra parte, come ormai è stato
chiarito (Giannini), quello che denominiamo Stato è un insieme di organizzazioni tra loro
differenziate (con gradi diversi di differenziazione) e unite soltanto dalla imputazione
unitaria della responsabilità patrimoniale.
17
Cfr. S. NICCOLAI, I poteri garanti della Costituzione e le Autorità indipendenti, Pisa, 1996, 108,
configura l'indipendenza anche come «una relazione qualificata tra il garante e il bene e il
valore che esso tutela o esprime, ottenuta separando il garante da tutto ciò che non sia
quell'interesse o quel valore». Indipendenza che, secondo l'Autrice, si traduce poi in
soggezione, che assolve alla funzione di sostenere l'autorità del garante, nel quale traspare il
valore a cui esso è collegato. Mette in evidenza la natura relazione dei concetti di
«autonomia» ed «indipendenza» V. CERULLI IRELLI, Premesse problematiche allo studio delle
«amministrazioni indipendenti», in Mercati e amministrazioni indipendenti, a cura di F. BASSI –
F. MERUSI, op. cit., 3, anche se non ritiene meritevole di approfondimento una distinzione netta
tra i due concetti. Si afferma, infatti, che «mentre indipendenza appare propria di
organizzazioni statali dotate di particolari caratteristiche relazionali con l'autorità di governo, tali
da sottrarle da (ogni) «ingerenza» di quest'ultima, pur essendo esponenziali non di un ambito
di interessi proprio (non autonome perciò), ma adibite alla cura di interessi fatti propri dallo
Stato. Comunque, sia autonomo che indipendente, ed altri similari termini qualificativi e
segnatamente indipendente sul quale occorre soffermarsi, hanno un valore eminentemente
relazionale, predicano cioè una qualità di un soggetto (di una organizzazione) rispetto ad
altro soggetto, ad altra organizzazione: indipendente da, autonomo da, e così via».
14
fronte alla legge (e quindi al legislatore) è pacifica la soggezione di ogni
articolazione dell'organizzazione pubblica (come di ogni soggetto
dell'ordinamento), salvi ovviamente i limiti costituzionali; come è pacifica la
soggezione degli stessi di fronte all'indirizzo politico nazionale in quanto si
esprima in atti legislativi (del Parlamento e del Governo). Indipendenza
quindi, sul piano organizzativo, dall'apparato di governo; sul piano
funzionale, dagli atti tipici (di natura formalmente amministrativa) nei quali
esso si esprime. La condizione soggettiva, coinvolgendo sia l’aspetto
strutturale–organizzativo che l'aspetto funzionale, si traduce poi
concretamente nella capacità di darsi una propria organizzazione nel solo
rispetto della legge e nella capacità di svolgere la propria attività in piena
autonomia, anche mediante l'esercizio di un potestà normativa secondaria
18
.
L'esistenza di una struttura dotata di una propria organizzazione e la
capacità di determinare la propria azione ed esercitare i propri poteri senza
sottostare a controlli esterni introducono così una diversa modalità di
relazione tra i pubblici poteri, comportando il venir meno di quel rapporto di
gerarchia
19
, che si sostanzia nel potere di supremazia esercitato dalle autorità
di governo nei confronti degli organi gerarchicamente inferiori, secondo il
18
Cfr. S. NICCOLAI, op. cit., 107 ss., analizza l’indipendenza sotto il doppio profilo funzionale ed
organizzativo. Nel primo caso ritiene che un garante possa più facilmente assumere atteggiamenti
oppositivi o propositivi verso l'indirizzo politico, quando il fondamento dei suoi poteri anziché derivare a
sua volta da quest'ultimo, risulta autonomo da esso. Nel secondo caso viene in rilievo uno status
caratteristico del potere garante, che può essere ottenuto attraverso date modalità dì istituzione e di
funzionamento, quali particolari tecniche di selezione e particolari requisiti richiesti per i componenti.
10
Giova osservare come,nell’ottica di un processo di modificazioni che sta invece il nostro
ordinamento,ed in particolare il settore dell'amministrazione pubblica, il rapporto di gerarchia, quale
rapporto esterno di subordinazione, stia man mano recedendo verso un rapporto di direzione, in cui
l'organo superiore, attraverso un potere meno penetrante di direttiva, indica solo gli obiettivi da
raggiungere, lasciando agli organi sottostanti la libertà di scegliere le modalità di perseguimento che
ritengono più idonee. Il formale riconoscimento di questa sostanziale posizione di autonomia operativa degli
organi inferiori si rinviene sia nella legge n. 241/90, che introduce la figura del responsabile del procedimento
amministrativo, sia nel d.lgs. n. 29/93, sulla privatizzazione del pubblico impiego, che, nell'ambito di
una netta separazione tra sfera di gestione amministrativa e sfera di indirizzo politico, sancisce il principio
di responsabilità personale dei dirigenti in caso di mancata realizzazione degli obiettivi assegnati
(cosiddetta responsabilità per risultati). V., oggi, il D.Lgs. 165/2001, recante “Testo unico sul pubblico
impiego”. Deve osservarsi, a riguardo, che tale orientamento è, oramai, consolidato.
15
modello di accentramento amministrativo, affermatosi nella seconda metà
del XIX secolo
20
.
Le authorities, quali soggetti di diritto aventi o meno personalità
giuridica
21
, rinvengono questa condizione di indipendenza nella loro
estraneità rispetto all'apparato burocratico amministrativo e nello
svolgimento di compiti propri e specifici, che fuoriescono da quelli di
competenza dell'organizzazione pubblica e che esse sono in grado di
svolgere autonomamente. In qualità di organizzazioni compiute, staccate
dall’apparato statale e non inserite in un'organizzazione più ampia, questi
nuovi organismi imputano direttamente solo a se stessi gli atti, gli effetti ed i
20
Secondo M. PASSARO, Le Amministrazioni indipendenti, Torino, 1996, 36, «ci sono due modi di
intendere l'indipendenza: uno strutturale ed uno funzionale. Indipendente è una struttura organizzativa
dotata di un proprio patrimonio, di un proprio personale, di una propria gestione, di una propria
personalità che rompe qualsiasi relazione gerarchica con l'alto. Indipendente è una struttura che esercita
in modo pieno ed autoreferenziale una propria funzione». In ambedue i casi l'indipendenza si traduce in
una rottura del canone gerarchico. L'indipendenza strutturale costituisce «la risultante delle posizioni di
autonomia accordate all'amministrazione in materia di reperimento delle risorse finanziarie, di
organizzazione interna, di reclutamento del personale, nonché delle disposizioni dettate per la scelta
dell'apparato di vertice dell'amministrazione medesima»: in tal senso G. VESPERINI, La CONSOB e
l'informazione del mercato mobiliare, Padova, 1993, 268. Allo stesso tempo queste attribuzioni gestionali,
organizzatone, finanziarie e contabili, di cui sono peraltro dotate le autorità indipendenti, si rivelano
strumentali per l'effettivo riconoscimento del carattere dell'indipendenza, «in quanto concorrono a creare
la struttura giuridica idonea al miglior esercizio della funzione»: cfr. C. FRANCHINI, Le autorità
amministrative indipendenti, op. cit., 574.
È interessante notare — osserva M. PASSARO, op. cit., 36–37 — come negli scritti di tutti questi autori
l'indipendenza si traduca in definitiva in un concetto di separazione, esprimendo, in buona sostanza, la
rottura di una relazione di gerarchia, la non dipendenza da altrui manifestazioni di volontà. In questi
termini l'indipendenza si sostanzia in un concetto puramente relazionale, alludendo in definitiva alla cesura
di ogni rapporto con l'altro da sé. Grazie all'indipendenza funzionale le autorità indipendenti dovrebbero
essere poste in grado parte degli organi politici o degli apparati dell’ordinaria vita amministrativa.
Il distacco dovrebbe essere peraltro realizzato anche rispetto agli interessi settoriali che fanno
capo ai gruppi economici oggetto della loro attività regolatrice. L'indipendenza funzionale è
quindi posta in rapporto di strumentalità rispetto all'esigenza di realizzare un esercizio
realmente autonomo della funzione di regolazione di determinati settori dell'ordinamento, al
fine di garantirne un regolare funzionamento ed un equilibrato sviluppo. Anche
l'indipendenza funzionale si traduce sul piano della rottura di una qualsivoglia relazione di
influenza o di direzione da parte di gruppi di potere esterni. Il connotato peculiare
dell'indipendenza, tanto strutturale quanto funzionale, è dunque un connotato
eminentemente relazionale: sta appunto ad indicare la rottura di una relazione con l'esterno,
con l'altro da sé. Sul ruolo dei partiti politici nel nostro ordinamento v. C. ROSSANO, Partiti
politici, in Enc. Giur. Treccani, voi. XXII, Roma, 1990 (e bibliografia ivi citata).
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L'attribuzione della personalità giuridica rappresenta per tali organismi un quid
pluris, che non costituisce un elemento necessario ai fini dell'indipendenza e dell'autonomia.
L'irrilevanza di tale elemento formale sui profili organizzativi e funzionali spiega come mai
nell'ordinamento siano formalmente dotate di personalità giuridica soltanto la Banca d'Italia,
l'Isvap e la CONSOB.