4
interpretazioni. Al contrario sembrerebbe di quanto accade
nell’individuare le dinamiche relazionali come lo strumento più efficace
per la sua realizzazione o forse sarebbe più appropriato scrivere co-
edificazione. La preposizione con, infatti pur essendo per definizione
semplice, ha però nelle parole composte il prezioso dono di indicare
concetti come complementarietà e reciprocità, che secondo noi
costituiscono il paradigma secondo il quale dovrebbe essere declinata
oggidì la parola integrazione, mai così utilizzata come adesso. Essenziale
per un significato comunque più ampio, se non proprio onnicomprensivo,
che non può prescindere difatti anche dal contributo delle molteplicità e
delle complessità che si sono affacciate sulla ribalta italiana in questi ultimi
trentacinque anni. Un filo dunque difficile da dipanare, che tenta di cucire
tra loro prassi e ricerca bibliografica, per provare a facilitare la risposta a
questa domanda apparentemente innocua, ma che in realtà ha reclamato
l’esecuzione di una serie di particolareggiate istantanee, attraverso la cui
ricomposizione abbiamo provato a restituire la nostra percezione e le
nostre riflessioni. Abbiamo quindi appurato che al di là delle indagini
sulle fisionomie e biografie delle singole associazioni degli stranieri, sono
ben pochi gli studi organici sulla loro capacità o meno di rappresentare le
varie comunità di riferimento, sui servizi e sulle attività svolte, sul loro
radicamento sul territorio, sul numero di iscritti ecc. . Infatti è più facile
imbattersi in un paragrafo o in un capitolo all’interno di testi che
affrontano altre tematiche legate al mondo dell’immigrazione, in quanto
fino adesso sembrerebbe essere stato considerato, stando almeno alle
pubblicazioni esistenti, un tema tutto sommato marginale. Presumibilmente
ciò è dovuto anche al fatto che si tratta di una realtà mutevole, in continuo
movimento e trasformazione, non ancora del tutto riconosciuta in ambito
istituzionale, talora informale, precaria e proprio in virtù di queste
5
caratteristiche non facilmente analizzabile con gli strumenti della ricerca
sociale. Perciò nell’impostazione di questa ricerca abbiamo deciso di
assumere sia un approccio nomotetico, che uno idiografico, cercando
però contemporaneamente anche dei punti di convergenza tra i due metodi
per evitare due rischi opposti, ossia arrivare ad una generalizzazione troppo
decontestualizzata oppure correre il pericolo di perdersi in una infinità di
casi particolari.
Una impostazione forse di taglio antropologico e sociologico, in quanto il
fenomeno dell’associazionismo sembra trovare il suo habitat naturale
proprio in una posizione intermedia tra queste due discipline, una
collocazione comunque ben accolta in quanto consapevoli
dell’importanza di un <<un rapporto “inquieto e critico dialettico” tra
pedagogia generale e scienze dell’educazione secondo un’interpretazione
non definitiva e un lavoro non conclusivo, bensì aperto a integrazioni, a
riprese, a aggiustamenti, come avviene in ogni campo regolato
esclusivamente dalla logica della ricerca>>
1
.
Inoltre abbiamo indicato quella che dovrebbe essere l’evoluzione
“naturale” dei modelli associativi verso forme e modelli in grado di
favorire i processi d’integrazione degli immigrati: dal gradino più basso
occupato dai gruppi informali a base parentale e amicale verso realtà
strutturate con una certa affidabilità e trasparenza, due requisiti
indispensabili per l’iscrizione ai vari albi comunali, regionali e nazionali e
senza la quale non è possibile pure la partecipazione ai diversi capitolati
d’appalto. Il nostro ideale è quindi quello di un’associazione che sappia
interpretare il ruolo di interlocutore autorevole tra le istituzioni autoctone e
le comunità straniere presenti sul territorio nazionale.
1
A. Mariani, Introduzione, in A.Mariani (a cura di), Dalle pedagogie alla pedagogia. Seminari itineranti.
Pensa MultiMedia Editore, 2005, p.13.
6
L’aver ascoltato però un ragazzo, presidente di un’associazione, affermare
che quando si emigra il talento muore, testimonia la necessità di
un’integrazione non solo di tipo socioeconomico, ma anche di una più
profonda, vale a dire quella dell’anima. E’ stato questo il pretesto per
lasciare almeno per il momento questi modelli ideali come forza
d’attrazione e con uno sguardo più realistico volgersi verso quegli ostacoli
che purtroppo quasi sempre si frappongono fra realtà e utopia, adottando
dunque quest’ultima come il <<principio regolativo rispetto al quale
progettare il cambiamento della realtà>>
2
nella quale siamo immersi.
L’obiettivo è stato quindi quello di approfondire alcuni tratti che
costituiscono la multiforme e proteiforme fisionomia dell’associazionismo
straniero, osservandone sia le caratteristiche strutturali, che le interazioni
con l’esterno, prestando ovviamente anche attenzione alle sue potenzialità
congenite.
2
F.Frabboni, F.Pinto Minerva, Introduzione alla pedagogia generale, Roma-Bari, Editori Laterza, 2003,
p.18.
7
PARTE PRIMA
L’ASSOCIAZIONISMO DEGLI STRANIERI IN ITALIA
CAPITOLO PRIMO
DALL’IMMIGRAZIONE ALL’ASSOCIAZIONISMO DEGLI
STRANIERI: ALCUNE CONSIDERAZIONI GENERALI
1. Il ruolo delle reti tra le concause dei processi migratori
I media seducono e attraggono i turisti cioè coloro che scelgono di
viaggiare alla ricerca di sensazioni piacevoli e nuove e allo stesso tempo
come sirene omeriche lanciano canti spesso ineludibili per i giovani che
provengono dai paesi definiti in via di sviluppo o che sarebbe meglio
definire in via di ulteriore sottosviluppo. Lo stesso Zygmunt Bauman per
evidenziare meglio il contrasto suddivide queste due tipologie di
viaggiatori in turisti e vagabondi. <<I turisti si muovono perché trovano
che il mondo alla loro portata (globale) è irresistibilmente attraente, i
vagabondi si muovono perché trovano che il mondo alla loro portata
(locale) è inospitale, fino ai limiti della sopportazione>>
3
. Non è questa
però la sede per sviluppare ulteriormente l’analisi delle interconnessioni
che sono presenti su scala planetaria tra il Nord e il Sud del mondo e tra
immigrazione e globalizzazione. Quello che a noi casomai può interessare,
ai fini del prosieguo della tesi, è tentare di capire se già all’interno del
flussi migratori e/o dei contesti socioculturali di provenienza possono
essere presenti in maniera più o meno latente delle inclinazioni
all’associazionismo, pronte poi a svilupparsi una volta che si sono innestate
3
Z. Bauman, Dentro la globalizzazione.. Le conseguenze sulle persone, (ed.orig.:.1998), Roma-Bari,
Laterza, 2005, p. 103.
8
in uno specifico contesto d’emigrazione. Quanto detto fino adesso mi pare
in ogni caso sufficiente a introdurre la cornice macro-sociologica entro cui,
almeno per gli studiosi di quest’area, si inseriscono le migrazioni nazionali
e internazionali. In rapporto a questa prospettiva le disparità tra i redditi, tra
le risorse tecnologiche e i dislivelli tra gli andamenti demografici risultano
fondamentali
4
. Anche se allo stesso tempo queste argomentazioni non
sono esaurienti nel descrivere, nella loro multiforme complessità, le
caratteristiche, le dimensioni e le direzioni delle varie correnti migratorie
presenti sul pianeta. In altri termini i fattori di espulsione e di attrazione
richiamati sono certamente un requisito imprescindibile, ma non
sufficientemente adeguato a spiegare le origini di una tendenza
migratoria. D’altra parte all’interno di un identico ambiente
socioeconomico solo alcuni, tra coloro che possono procurarsi le risorse
finanziarie, perlomeno per le spese iniziali del viaggio, stabiliscono di
emigrare
5
. In maniera analoga pare essere ugualmente insoddisfacente e
certamente tacciabile di riduzionismo, qualora sia considerata
singolarmente, la concezione microeconomica detta anche ipo-
socializzata
6
. Questo modello interpretativo ha invece il proprio cardine
sulle capacità razionali del singolo individuo, investitore o lavoratore che
sia, di scegliere dopo una accorta valutazione tra le varie opzioni che gli si
possono prospettare, quella più conveniente esclusivamente da un punto di
vista finanziario, senza essere però in questa decisione influenzato dai
4
G. Scidà e M. Pendenza, Comunità transnazionali e capitale sociale:due concetti promettenti ma
delicati, in G.Scidà (a cura di), I sociologi italiani e le dinamiche dei processi migratori, Milano, Franco
Angeli, 2000, p.25.
5 E. Reyneri, Sociologia del mercato del lavoro, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 320-321.
6
<<Possono essere definite ipo-socializzate le prospettive più sensibili all’influsso dell’economia neo-
classica: qui i migranti sono rappresentati come attori individuali, che razionalmente scelgono, in base ad
un calcolo dei costi e dei benefici, dove investire le proprie risorse, in termini di risparmi, capitale umano,
capacità di lavoro>> M. Ambrosini, Migrazioni internazionali, reti etniche e mercato del lavoro: per una
revisione degli approcci teorici e delle letture correnti, in G.Scidà (a cura di), I sociologi italiani e le
dinamiche dei processi migratori, Milano, Franco Angeli, 2000, pp.47-48.
9
condizionamenti sociali, culturali e relazionali. Questi due approcci teorici
che mirano a spiegare le scelte dell’ “ipotizzabile partente” sembrano
essere però ancora incompleti senza l’integrazione e l’interazione con un
terzo, cioè quello meso-sociologico o meso-relazionale. Secondo questo
punto di vista invece il potenziale migrante compirebbe la sua scelta
confrontandosi con la rete di relazioni socioculturali (parentali, amicali,
politiche religiose
7
,ecc.) che lo riguardano. <<Le reti migratorie…
forniscono [quindi] un riferimento per elaborare spiegazioni delle
migrazioni capaci di gettare un ponte tra teorie “macro”, o strutturaliste, e
teorie “micro”, o “individualiste”, rappresentando quanto meno delle
concause nella scelta migratoria>>
8
. In questo modo si comprende allora
con più chiarezza perché in una determinata area del pianeta influenzata
dagli stessi fattori strutturali solo alcuni possono prendere la decisione di
emigrare e soprattutto verso quale destinazione. L’ambiente socioculturale
d’estrazione ha in tal modo riflessi anche sulle modalità d’integrazione
nelle varie società di arrivo
9
, mostrando quanto sia importante sapere di
poter disporre su di un patrimonio collettivo di conoscenza migratoria. Si
è infatti più facilmente disponibili ad affrontare i rischi che sempre possono
presentarsi quando si lasciano le proprie “certezze” e costellazioni
culturali e simboliche di riferimento se si è consapevoli della presenza di
una rete che può attutire eventuali pericoli e “cadute”. La presenza di una
catena migratoria tra una rete di famiglie nell’ area di provenienza e una
comunità in quella di arrivo è quindi spesso anche causa delle dimensioni
7
G. Scidà e M. Pendenza, Comunità transnazionali e capitale sociale:due concetti promettenti ma delicati,
in in G.Scidà (a cura di), I sociologi italiani e le dinamiche dei processi migratori, op. cit. p.26.
8
M. Ambrosini, Delle reti e oltre: processi migratori, legami sociali e istituzioni, in F.Decimo e
G.Sciortino (a cura di), Stranieri in Italia, Bologna, Il Mulino, 2006, p.22.
9
G. Scidà e M. Pendenza, Comunità transnazionali e capitale sociale:due concetti promettenti ma
delicati, in in G.Scidà (a cura di), I sociologi italiani e le dinamiche dei processi migratori, op. cit. pp.26-
27.
10
del flusso
10
. Quindi ancora prima di addentrarci nel mondo
dell’associazionismo degli stranieri possiamo osservare quanto il suo
background sia caratterizzato dalle dinamiche relazionali, le quali a loro
volta sembrano costituire il criterio di selezione per la popolazione che
decide di emigrare. Si comprende in tal modo pure perché le caratteristiche
di una comunità, almeno nelle fasi iniziali di insediamento, siano piuttosto
omogenee sia per l’area di provenienza, che per la sua composizione
socioculturale
11
. Anche se nelle fasi successive del consolidamento di un
flusso migratorio sembrano comunque esserci aperture e opportunità
anche per ulteriori presenze che giungono da regioni diverse dello
stesso paese e con appartenenze e dotazioni di capitale sociale
12
più
eterogenee rispetto a coloro che le hanno precedute
13
.
Si mette pertanto in risalto un humus molto favorevole, anche se
Maurizio Ambrosini mette in guardia da possibili enfatizzazioni del ruolo
delle reti. In questo modo infatti corriamo il rischio di ridimensionare le
funzioni che esercitano le caratteristiche dei vari paesi di destinazione e
nello specifico le relative politiche di accoglienza e di integrazione, le
istituzioni e la società civile. Sono questi nel loro insieme gli elementi
attrattivi iniziali senza i quali non si attiverebbe la corrente migratoria.
In aggiunta a tutto questo è pure opportuno tenere presente che negli ultimi
10
E.Reyneri, Sociologia del mercato del lavoro, op. cit., p.321.
11
A. Pirni, Immigrati e associazionismo: lo stato della ricerca, in E. Recchi ( a cura di), L'arcobaleno
della partecipazione : immigrati e associazionismo in Toscana, Firenze, Cesvot, 2006, p.12.
12
Capitale sociale: <<Questo può essere visto, infatti, come il prodotto della partecipazione alle reti
migratorie, e quindi definito come la capacità degli individui di beneficiare di risorse di vario genere
(accreditamento, contatti sociali, sostegno materiale e morale, ecc.), in virtù della loro appartenenza a reti
di rapporti interpersonali (nel nostro caso, principalmente quelli a base etnica) o strutture sociali più
ampie>>. M. Ambrosini, Delle reti e oltre: processi migratori, legami sociali e istituzioni, in F.Decimo e
G.Sciortino (a cura di), Stranieri in Italia, op. cit., p.26.
<<Risorsa in forza al soggetto, ma di tipo comunitario (dove per comunità si deve intendere una rete di
relazioni entro un sistema comune di appartenenza)>> G. Scidà e M. Pendenza, Comunità transnazionali
e capitale sociale:due concetti promettenti ma delicati, in in G.Scidà (a cura di), I sociologi italiani e le
dinamiche dei processi migratori, op. cit., p.44.
13
M. Conte, Percorsi migratori e nascita di organizzazioni, in M. Caselli (a cura di), Le associazioni di
migranti in provincia di Milano, Milano, Franco Angeli, 2006, p.44.
11
dieci, quindici anni gli approcci di rete hanno assistito anche a degli
ampliamenti concettuali e la ricerca di vie nuove tra le quali spiccano i
networks transnazionali e il transnazionalismo. In questo caso non si parla
più di migranti, ma di transmigranti, che sarebbero coloro che attraverso
un ampia gamma di possibili legami sociali, affettivi, economici e culturali
collegano le due estremità della catena migratoria
14
. Si delinea così
anche la definizione di comunità transnazionale, il cui significato
prescinde dai confini geografici e politici e rappresenta l’identità di un
gruppo nazionale diviso in due o più Stati e che all’occorrenza può
divenire anche una <<risorsa concreta da spendere in aiuti materiali o
esistenziali per i migranti. Non è detto, poi, che questa “abilità” sia in forza
a tutte le comunità - comprese quelle transnazionali -, e nemmeno che essa
agisca nello stesso modo>>
15
. Culture quindi che non sono più
identificabili con singoli territori e spazi ben delimitati su cui ostentare la
propria signoria, ma i cui segni e significati circolano, seppur con
gradazioni dissimili, liberamente oltre le linee dei confini nazionali.
14
M. Ambrosini, Migrazioni internazionali, reti etniche e mercato del lavoro: per una revisione degli
approcci teorici e delle letture correnti, in G.Scidà (a cura di), I sociologi italiani e le dinamiche dei
processi migratori, op.cit, pp.33-50.
15
G. Scidà e M. Pendenza, Comunità transnazionali e capitale sociale:due concetti promettenti ma
delicati, in G.Scidà (a cura di), I sociologi italiani e le dinamiche dei processi migratori, op. cit., p.35.
12
2. L’integrazione del singolo immigrato tra la propria comunità e la
società di arrivo
<<Ciascuno di noi dovrebbe essere incoraggiato ad assumere la propria diversità, a concepire la
propria identità come la somma delle sue diverse appartenenze invece di confonderla con una sola, eretta
ad appartenenza suprema e a strumento di esclusione, talvolta a strumento di guerra>>
16
Lo straniero sradicato dal proprio contesto di origine una volta giunto a
destinazione, a causa proprio della sua condizione di spaesamento che lo
contraddistingue, si trova ad ondeggiare tra l’inserimento nella propria
comunità di appartenenza e la società di arrivo. Quindi una doppia
integrazione quella che interessa l’immigrato, ma mentre nel primo caso le
affinità sembrerebbero immediatamente evidenti, nel secondo
apparirebbero come minimo frutto di rielaborazioni, se non in alcuni casi
di forzature
17
. Integrazione è un termine molto usato nel nostro tempo sia
dai media, che dai politici locali e nazionali, talvolta anche in modo
inappropriato e confuso, però per nostra buona sorte in questo frangente ci
viene incontro la oramai più che decennale definizione di Reyneri, sulla
base della quale si ha <<una piena integrazione di tipo socioeconomico,
quando [gli immigrati] hanno le stesse probabilità della popolazione
nazionale di accedere alle posizioni occupazionali più elevate e sicure, di
raggiungere buoni livelli di vita e di usufruire delle prestazioni
pubbliche>>
18
. Una sorta di “egualitarismo anticulturalista” che per Clara
Silva è in grado di svolgere anche la funzione di anticamera al paradigma
del “pluralismo culturale”, che indichiamo essere il modello di integrazione
più capace di considerare le complessità esistenti. Sulla scorta di
quest’ultimo modello sono riconosciute certamente le differenze tra le
culture, ma all’interno delle loro specifiche manifestazioni. Non si tratta in
16
A. Maalouf, L’dentità, (ed. orig.:1998), Millano, RCS Libri, 1999, p. 29.
17
F. Carchedi, Le associazioni degli immigrati, in E.Pugliese (a cura di), Rapporto immigrazione. Lavoro,
sindacato, società, Ediesse, Roma, 2000, p.146.
18
E.Reyneri, Sociologia del mercato del lavoro, op. cit., p.340.
13
questo caso di una esaltazione satolla di curiosità per le diversità culturali
come nel sistema di integrazione multiculturale, ma anzi si ambisce a
tenere in uguale considerazione i “valori comuni”, ritenuti i piloni sui quali
edificare i collegamenti necessari per le relazioni interculturali e poter così
tentare di ridurre fenomeni di disintegrazione e ghettizzazione
19
. Quindi
una via intermedia che privilegia le intersezioni e le aperture al dialogo e al
confronto e che osteggia i particolarismi, così come la piena adesione sul
piano culturale e agli stili di vita standard degli autoctoni. Circostanza
infatti che potrebbe anche assumere una connotazione negativa, soprattutto
se portatrice di un’omologazione acritica ai modelli dominanti, un’insidia
tra l’altro sempre in agguato anche per le popolazioni native. In questo caso
l’atteggiamento dell’immigrato può quindi oscillare tra la difesa a oltranza
dei propri valori fino alla completa assimilazione o mimetizzazione. Il
mimetismo, cioè il tentare di confondersi con l’ambiente circostante solo
per sentirsi parte di un gruppo, ha però spesso come contrappasso il
mettere a rischio di estinzione la propria diversità e originalità
20
. Anche
perché è indiscutibile che il migrante che lascia la propria patria non sia
certo un neonato e non approdi in una nuova terra svestendosi
completamente di tutte le sue esperienze pregresse di tipo culturale,
relazionale, formativo e lavorativo, casomai è giocoforza costretto a
lasciarle, almeno per qualche tempo, a decantare in qualche angolo
recondito della propria personalità. Accanto magari alla sua
Weltanschauung, alle sue usanze e costumi, alle sue abitudini e
tradizioni e pure ai suoi sistemi simbolici, morali ed etici di riferimento.
19
C. Silva, L'educazione interculturale: modelli e percorsi, Tirrenia (Pisa), Edizioni Del Cerro, 2005,
p.117.
20
A. Jacques, Lo straniero in mezzo a noi, (ed.orig.:.1986), Torino, Claudiana Editrice, 1987, p.157.