5
di Sapir e Whorf, mediante la quale si è giunti ad osservare il fatto che
l’individuo compie la costruzione sociale della realtà sulla base del
linguaggio che adotta. È da questo, infatti, che trae le sue scelte
interpretative, ed è attraverso di esso che sperimenta e comunica agli altri i
significati della realtà.
Naturalmente, l’analisi del processo di costruzione umana della
realtà, partendo dal rapporto esistente tra cultura e conoscenza, non poteva
escludere i contributi forniti dalla sociologia della conoscenza e dalla
psicologia.
In particolare, per quanto riguarda la psicologia, si è preso in esame
l’approccio che più si avvicina alla sociologia nello studio della
conoscenza, vale a dire quello della scuola di Serge Moscovici.
L’importanza che tale approccio riveste nell’analisi proposta in
questo lavoro, deriva soprattutto dalla sua capacità di sottolineare
l’impossibilità di isolare il pensiero e la conoscenza umana dal contesto
sociale in cui le persone si trovano ad interagire.
Il concetto fondamentale su cui tale approccio si basa, è quello di
rappresentazione sociale, particolarmente rilevante ai fini della nostra
analisi. In primo luogo perché ci consente di ritenere valida l’ipotesi che la
costruzione della realtà è innanzitutto una caratteristica implicita dell’essere
umano in quanto essere sociale, cioè impegnato, nelle interazioni con i suoi
simili, nella costruzione di un mondo condiviso.
Una rappresentazione sociale, infatti, è una forma di conoscenza
socialmente elaborata e contribuisce alla costruzione di una conoscenza
condivisa.
In secondo luogo, il concetto di rappresentazione sociale ci consente
di capire in che modo le rappresentazioni mediali finiscono per diventare gli
strumenti della nostra conoscenza, soprattutto per quanto riguarda quegli
aspetti del mondo che gli individui raramente conoscono direttamente
attraverso l’esperienza personale (cap. 3 p. 59).
6
Nell’ambito della sociologia della conoscenza, invece, e stato preso
in esame soprattutto il lavoro di Berger e Luckmann, in particolare la
nozione di <<conoscenza ordinaria>>, o sapere comune. Tale nozione è
importante perché sottolinea, ancora una volta, la necessità delle persone,
nelle loro interazioni, di fare appello a una conoscenza condivisa e
socialmente accettata come realtà autoevidente e indiscutibile.
Naturalmente, il ruolo dei media in questo senso, va ricercato nella
loro capacità di contribuire in maniera rilevante a costruire e diffondere un
sapere da tutti condiviso e accettato. Ciò è ancor più vero se si pensa che la
società contemporanea tende sempre più a coincidere con la società
mediale.
Nella seconda parte del lavoro, invece, si è analizzato l’insieme dei
processi e delle strutture di semplificazione, attraverso cui, di fatto,
l’individuo sperimenta il mondo e i suoi simili.
In particolare, si è partiti dalla considerazione che la realtà è troppo
complessa per essere percepita nelle sue infinite sfumature. Di
conseguenza, per giungere ad una sua comprensione, l’individuo ha bisogno
di ricorrere a delle strategie di semplificazione. Solo in questo modo può
attribuire un significato alla realtà e mettere ordine nel caos con cui, di
fatto, questa si presenta ai suoi organi di senso.
Tali strutture o strategie cognitive (stereotipi, categorie e schemi)
guidano l’individuo nella sua interpretazione del mondo, contribuendo, da
un punto di vista più strettamente psicologico, alla costruzione sociale della
realtà. Esse rappresentano forme di mediazione tra l’individuo e l’ambiente
in cui vive e risentono anch’esse di influenze di carattere sociale e culturale.
Dopo aver delineato il contesto teorico nel quale si inserisce il tema
generale della costruzione umana della realtà, si è passati, nella terza parte
del lavoro, ad esaminare più direttamente il ruolo dei media in questo
processo.
7
In particolare, si è cercato di dimostrare che nelle società
contemporanee, sempre più caratterizzate da una presenza continua dei
media nella vita quotidiana delle persone, la conoscenza di numerosi aspetti
della realtà dipende soprattutto dalla comunicazione veicolata attraverso
questi strumenti.
L’esperienza della realtà che le persone fanno attraverso i media,
fornisce modelli di riferimento, valori e atteggiamenti. Più in generale, i
media forniscono i contorni dell’ambiente simbolico entro il quale si vive e,
di conseguenza, il loro ruolo va inquadrato principalmente nella
costruzione e diffusione di rappresentazioni condivise, modelli di pensiero e
modi di intendersi sulla realtà, determinando così, i principali contenuti
della cultura contemporanea.
Inoltre, le persone poco coinvolte nelle relazioni interpersonali reali,
trovano nei mezzi di comunicazione di massa, e nella televisione in
particolare, la possibilità di stabilire relazioni con gli altri, vale a dire con le
persone che compaiono nei media. Questo tipo di relazione è stato definito
da Horton e Whol “interazione parasociale”.
In quest’ottica, si è giunti a sostenere che i media, ma soprattutto la
televisione, attraverso la presentazione di certe storie e certi personaggi,
assunti dalle persone come elementi di confronto, diventano uno “strumento
umanizzato”, al punto da rappresentare una vera e propria compagnia
virtuale, talvolta preferita in parte o in tutto a quella reale.
Inoltre il confronto diretto con dei modelli reali, ha lasciato spazio al
consumo di modelli televisivi, con cui identificarsi e di cui osservare
attentamente, gli schemi comportamentali da interiorizzare e da riprodurre
nelle relazioni quotidiane.
In sostanza, i media intervengono sui processi di elaborazione e sulle
strategie conoscitive, nonché sulle relazioni interpersonali e più in generale
su tutte le principali coordinate della costruzione umana della realtà.
8
1. La conoscenza della realtà sociale: un approccio
“psicosocioculturale”
Affrontando il tema dell’impatto dei media nella costruzione sociale
della realtà e nelle relazioni interpersonali, non si può prescindere dal
trattare il processo di formazione della cultura.
In primo luogo, perché la cultura rappresenta quella dimensione
simbolica – esclusiva degli esseri umani, in quanto esseri sociali –
attraverso cui le persone elaborano e scambiano con gli altri significati e
conoscenze sul mondo. In altre parole si ritiene che la costruzione della
realtà sia prima di tutto una caratteristica implicita dell’essere umano in
quanto essere simbolico, capace cioè di costruire, nelle interazioni con i
suoi simili, un mondo comune di riferimento per rendere comprensibile la
realtà.
In secondo luogo, i media possono essere considerati artefatti
culturali capaci di fornire agli individui le risorse simboliche che
consentono il posizionamento della loro esperienza di soggetti sociali,
all’interno di una cornice di senso.
In altri termini, i mezzi di comunicazione di massa danno la
possibilità di conoscere i contorni dell’ambiente simbolico entro il quale si
vive, rendendolo comune a più individui che raggiungono così un grado di
percezione comune della realtà.
In questa prima parte del lavoro, si cercherà, in particolare, di
focalizzare l’attenzione sul fatto che i sistemi simbolici di cui gli esseri
umani si servono per attribuire significato alla realtà, sono profondamente
radicati nella cultura di riferimento.
In quest’accezione, la natura stessa della mente umana viene
intrinsecamente connessa alla cultura in cui è inserita. Si vedrà allora, come
la cultura, in quanto sistema complesso di simboli e significati, modella le
9
menti degli individui, i quali, a loro volta, ridefiniscono la cultura stessa
ogni volta che si trovano ad utilizzarla per attribuire senso alla realtà.
1.1. La conoscenza della realtà tra pensiero e cultura
La cultura può essere considerata il risultato più rilevante dell’attività
umana. Essa rappresenta un ambiente invisibile entro cui ciascuno di noi è
totalmente immerso senza rendersene conto (Mantovani, 1998). In quanto
tale, la cultura è una realtà trasparente, poiché noi guardiamo il mondo e gli
accadimenti attraverso di essa, senza renderci conto, così, di ritenere
<<oggettivo>> ciò che in realtà viene osservato adottando un certo punto di
vista e una prospettiva specifica che è, appunto, la nostra cultura.
Ogni soggetto è immerso in una cultura, così come ogni cultura si
esprime attraverso le credenze e le condotte dei soggetti. In questa
prospettiva, mente e cultura vivono un rapporto indissolubile e permanente
di reciprocità, esse si compenetrano in modo tale che ogni comportamento è
inevitabilmente culturale (Jahoda, 1986, cit. in Anolli, 2004).
La cultura, infatti, è prodotta dalle menti umane che, a loro volta,
sono modellate dalla cultura. In questo rapporto di reciprocità tra mente e
cultura, la conoscenza assume un ruolo di primo piano, poiché essa
coinvolge aspetti di tipo psicologico non distinguibili però da quelli di tipo
sociale, storico e culturale. La conoscenza, infatti, può essere definita come
<<l’insieme di significati e di interpretazioni che l’individuo elabora e
attribuisce ai dati e alle informazioni che coglie nel contesto in cui vive>>
(Livolsi, 2005, p. 67).
Partendo dalla considerazione che la conoscenza è
fondamentalmente il risultato di un processo costruttivo, attraverso cui
l’individuo, in quanto essere sociale, rende intelligibile la realtà in cui si
trova immerso, possiamo affermare che: <<conoscere significa partecipare
alla “costruzione” dei significati inerenti la propria realtà sociale e culturale,
10
attivando varie strutture di conoscenza, così da trasformare il “reale” in un
universo simbolico rappresentato>> (Gardner, 1988, p. 113, cit. in Livolsi,
op. cit., p. 69).
In altre parole, conoscere significa procedere ad una
rappresentazione mentale della realtà, acquisire una mappa cognitiva degli
oggetti, eventi e contesti, giungendo ad una loro categorizzazione (Anolli,
op.cit.).
La cultura, dunque, costruita socialmente attraverso queste attività
cognitive, consente ai soggetti di comprendere e di dare senso alla loro
esperienza nell’interazione con l’ambiente fisico e sociale.
1.2. La cultura come guida all’interpretazione della
realtà
Definendo la cultura come l’insieme dei modelli di comportamento
che la comunità sociale ritiene validi, su cui dunque esiste un consenso
sociale e una condivisione, si può ritenere che essa, fornisce agli individui i
criteri in base ai quali orientare il proprio comportamento e dare un ordine e
un significato all’esperienza.
Da questo punto di vista, la cultura costituisce una sorta di
<<bussola>> del comportamento (Sciolla, 2002). Più in generale, essa può
essere considerata come un costrutto che fornisce schemi interpretativi,
coerenza e direzione ai suoi membri. Ci consente, inoltre, di condividere
con altri modelli di pensiero e modi di intendersi sulla realtà, di definire chi
siamo e che significati hanno gli eventi, di condividere emozioni, di
comunicare con gli altri, nonché di gestire l’ambiente nella sua globalità.
In quest’ottica, possiamo concepire la cultura come mediazione e in
quanto tale essa va pensata, anzitutto, in termini di conoscenza, nel senso
che, i membri di una cultura, conoscono la realtà a partire dalla
condivisione di certi modelli di pensiero e modi di interpretare il mondo, di
fare inferenze e previsioni. Può essere che Lewin avesse in mente questo
11
quando scrisse che <<La realtà, per l’individuo, è in grande misura
determinata da ciò che è socialmente accettata come tale>> (Lewin, 1984,
p. 57, cit. in Moscovici, 1989, p. 29).
Secondo Anolli (2004), il punto di partenza per lo studio dei rapporti
tra conoscenza e cultura, è dato dalla considerazione che l’organizzazione
sociale e le pratiche della vita quotidiana, orientano l’attenzione, la
coscienza e le risorse cognitive nel loro complesso, su certi aspetti della
realtà rispetto ad altri. Tale focalizzazione attiva l’elaborazione di un
sistema di significati e di credenze sulla natura del mondo e della società,
privilegia il ricorso a specifici dispositivi mentali di conoscenza e implica
una tacita epistemologia sugli strumenti e sui percorsi di conoscenza.
In altre parole, si può pensare alla cultura come prospettiva o punto
di vista da cui osservare il mondo, e in questo senso Anolli (op. cit.) ritiene
che <<la conoscenza di un oggetto (o evento) non è altro che la sintesi fra
un certo punto di vista (o prospettiva) e l’oggetto (o evento) stesso. Poiché
l’adozione di una prospettiva è essenziale per l’attività del conoscere, le
cose appaiono in modo differente a seconda della prospettiva da cui sono
osservate. […] In ogni momento le persone sono circondate da un flusso di
significati e di modelli interpretativi disponibili dall’esterno e influenzati
dalla cultura di riferimento>> (Anolli, 2004, p. 139).
In quest’ottica, come suggerisce Livolsi (2005), la conoscenza
rispetto ad un oggetto sociale, può essere solo in parte pensata come un
processo mentale intrapsichico di elaborazione dell’informazione. Molto
più significativo appare, invece, immaginare la conoscenza come un
processo che vede la mente del soggetto conoscente, aperta al contesto
culturale entro cui è inserita e dal quale trae costantemente ausili cognitivi e
interpretativi per ri-costruire i significati della realtà.