6
Questo saggio si propone di prendere in considerazione la natura
controversa e, per certi versi contraddittoria, del processo di
integrazione politica ed istituzionale dell’Unione, nella
consapevolezza delle enormi difficoltà, che gli stati membri e gli
addetti ai lavori devono superare allo scopo di realizzare gli obiettivi
di trasparenza e democrazia, indicati come fondamentali nel ben noto
vertice di Laeken.
D’altro canto, il Trattato costituzionale -a prescindere da qualsiasi
possibile interpretazione della sua natura, costituzionale o meno- ha
cercato di dare una sua risposta al problema deficit democratico e lo
ha fatto affermando un maggiore peso politico delle istituzioni
parlamentari, di livello nazionale e comunitario.
Pur non trattandosi di una decisiva e completa svolta verso il
Parlamentarismo (che avrebbe implicato una netta convergenza verso
il federalismo) e nonostante il permanere di logiche di tutela della
centralità degli esecutivi, la “riforma” della power map comunitaria
appare sicuramente incoraggiante, se non altro come riprova di un
tangibile segno verso la parlamentarizzazione degli assetti istituzionali
europei.
Ma, indipendentemente da ogni giudizio di merito sulle modifiche
istituzionali apportate dal TC, il superamento del deficit democratico
7
rimane pur sempre l’obiettivo principale del processo di integrazione
politica dell’ordinamento comunitario, nella consapevolezza che il
ruolo dell’Unione dovrebbe essere quello di attenuare e mitigare le
conseguenze dell’inesorabile incedere della globalizzazione, giacché
solo in questo modo sarà possibile realizzare gli obiettivi imposti
dall’art. 2 TUE (e in particolar modo lo sviluppo economico
sostenibile, gli alti livelli di occupazione, il miglioramento delle
condizioni di vita dei cittadini europei, nonché la solidarietà tra gli
stati membri).
8
Capitolo I: Il concetto di democrazia
1. Introduzione
Prima di iniziare ogni discorso direttamente collegato al concetto di
“deficit democratico” è essenziale e doveroso definire, seppur in
modo approssimativo
1
, il concetto di democrazia
2
. Sarà, infatti,
propedeutico a questo lavoro dare alcune brevi nozioni sul termine
“democrazia”, sia per la sua immanenza rispetto all’oggetto di tale
saggio, sia per la sua importanza e centralità nel costituzionalismo
moderno.
Inoltre, negli ultimi tempi, con l’affermazione di un ordinamento
sovrastatale quale l’UE, siffatte tematiche (deficit democratico e
democrazia) sono quanto mai rilevanti dal momento che
innegabilmente esse gravano sul dibattito de iure condendo, che
naturalmente è teso a realizzare un sistema ordinamentale UE - stati
membri che, nel suo complesso, sia compatibile con i principi
1
“Il potere di una parola non dipende dal suo significato, ma dall’immagine che essa
suscita. I termini del significato più confuso possiedono a volte il più grande potere. Così
ad esempio per i termini di democrazia, socialismo, uguaglianza, libertà, il cui significato
è tanto vago che grossi volumi non bastano a precisarlo”, Gustave Le Bon, Psicologia
delle Folle, 1980, Oscar Saggi Mondatori,. cap. 2, paragrafo 1 .
2
Difatti, per deficit democratico bisogna semplicemente intendere una mancata
realizzazione della democrazia, così come viene intesa storicamente in una data
collettività.
9
democratici universalmente riconosciuti dalle comuni tradizioni
giuridiche europee.
D’altronde, da una parte, il deficit democratico dell’UE appare
strettamente legato alla mancata affermazione di un demos europeo
3
e,
dall’altra, è proprio tale mancanza la causa principale delle difficoltà
legate alla incompiuta realizzazione della Costituzione europea.
A quanto detto è opportuno aggiungere un’ ultima considerazione :
l’integrazione europea rappresenta un’esperienza nuova ed
impegnativa, che deve coinvolgere non solo gli aspetti economici
della società, ma anche (e si spera) soprattutto gli aspetti sociali,
culturali e morali dei vari Paesi membri.
Del resto per molti aspetti la genesi dell’Unione Europea è stata per lo
più politica e giuridica. Infatti, alle sue origini non vi è un evento
fondativo (quale potrebbe essere una riforma ideologica, morale o
religiosa…), ma si presenta, secondo alcuni, semplicemente come
“una soluzione di politica economica (altri direbbe , e forse a ragione,
soluzione tecnocratica), decisa dagli Stati non con la rinuncia, ma nel
pieno esercizio della loro sovranità”
4
.
3
G. Ferrara, Verso la costituzione europea? Un’ ambiguità non risolta, pp.29-36, da
http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/26/indice.html
4
Natalino Irti, Norma e luoghi, Editori Laterza, Bari, 2001 p.78. Più avanti l’Autore
sottolinea come l’UE rappresenti “un caso di grande e fruttuoso rilievo di combinazione
di inter-statualità e artificiosità normativa”(p. 80). Secondo Irti più in particolare solo
l’artificiosità normativa (la quale viene appunto ritrovata negli accordi fra gli stati e ,più
10
D’altra parte, tuttavia, nessuno può negare la volontà nelle diverse
sedi europee di realizzare una più completa integrazione dei Paesi
membri, che vada al di là dei meri aspetti economico-produttivi e che
si concretizzi in una vera e propria unione politica.
Quindi, alla luce di quanto detto, lo sviluppo dell’Europa ed il
superamento delle sue problematiche più incalzanti (quali il deficit
democratico)
5
deve indirizzarsi soprattutto verso una riduzione dello
“scarto tra integrazione economica e integrazione politica ed
istituzionale”
6
, poiché non sono i buoni risultati economici, né i
conseguenti miglioramenti nei livelli di benessere della società
europea a creare un comune sentimento di popolo, ma ben altro.
7
Solo lo sviluppo di una idea di popolo (seppure secondo un’accezione
sui generis del termine) potrà giustificare gli ulteriori passi verso una
più stretta unione dei Stati membri, soprattutto sul versante politico-
istituzionale.
in particolare, nei trattati istitutivi dell’ UE) è in grado di far funzionare il diritto di fronte
ai problemi globali. Ad ogni modo, i problemi del rapporto tra spazio e diritto saranno
approfonditi in un apposito paragrafo (cfr § 4 del Capitolo II).
5
Oltre al suddetto deficit democratico possono essere ricordati anche il deficit
internazionale e deficit sociale (Cfr. C. Amirante, Costituzionalismo e Costituzione nel
nuovo contesto europeo, G. Giappichelli Editore, Torino, 2003 p.23 ).
6
C. Amirante, UNIONI SOVRANAZIONALI E RIORGANIZZAZIONE
COSTITUZIONALE DELLO STATO, G. Giappichelli Editore, Torino, 2001, p.25.
Secondo l’ A., siffatto scarto, causando diseguaglinze sociali e territoriali, inasprisce e
riacutizza risentimenti e chiusure localistiche.
7
Mi riferisco soprattutto ai valori della solidarietà e della fratellanza tra popoli, fondati
non solo e non tanto sulla necessità di una pacifica convivenza, ma radicati
principalmente nell’ idea di una comunanza di origini, storia e tradizioni.
Quindi, un popolo europeo inteso come concetto diverso , ma al tempo stesso simile all’
idea tradizionale di popolo.
11
2. Aspetti generali della Democrazia
Le difficoltà legate alla definizione di democrazia dipendono
fondamentalmente dai diversi significati che tale termine può
assumere (ed ha assunto) a seconda del tempo e dello spazio
8
.
Nel suo significato etimologico, comunque, la parola sta ad indicare
“governo di popolo” e già questa semplice indicazione è utile per
poter comprendere il reale significato e la concreta portata del
termine, poiché circoscrive la nostra attenzione su due referenti
(appunto Governo e Popolo) indicando una relazione ben precisa tra
gli stessi. Quindi, dal momento che ogni società prevede un’autorità o
un complesso di autorità (indicato anche con il nome di governanti)
cui viene affidata la direzione dei consociati
9
(altrimenti definiti nel
8
”Il concetto e la parola democrazia ci giungono dunque dall’antica Grecia: già Erodoto,
il padre della storia, nel V secolo avanti Cristo utilizzava democrazia nel senso di
governo popolare.
Nell’Atene di Pericle fu sperimentata una forma di governo democratico che resterà un
modello per la nostra tradizione politica e civile, e su questa base Aristotele, un secolo
dopo, attuò la prima grande teorizzazione politica, distinguendo tra la monarchia - il
governo di uno solo -, l’aristocrazia - il governo dei migliori, non necessariamente della
nobiltà - e la democrazia, intesa come governo di tutti i cittadini.
In italiano, il termine democrazia è ripreso per la prima volta nel Cinquecento, in
opposizione proprio a monarchia e aristocrazia, quando viene riscoperta la tradizione
classica della filosofia politica, appunto aristotelica. In precedenza si parlava di governo
di popolo o popolare.
Ma è nel periodo delle rivoluzioni giacobine che la parola democrazia si diffonde nel
linguaggio comune, in riferimento alle vicende e alle lotte ideologiche prima ancora che
politiche dell’epoca.
Al concetto di democrazia vengono subito associati quelli di libertà, uguaglianza e
fraternità, principi posti alla base del nuovo sistema politico”,da
http://www.educational.rai.it/lemma/testi/politica /democrazia .htm
9
“… il fenomeno giuridico nasce col nascere di un gruppo sociale, il che val quanto dire
che esso si rinviene là dove vi sia un fatto razionale di composizioni di interessi ed una o
più regole che esprimano valori e stabilizzino nel tempo le procedure di composizione
12
loro complesso con il nome di governati)
10
, uno Stato può definirsi
democratico se i governanti vengono posti in continuo collegamento
con i governati, in modo che l’attività governativa e la direzione della
cosa pubblica siano il più possibilmente rispondenti agli interessi e
bisogni della collettività. Il legame tra popolo e governo deve essere
effettivo e concreto: in una parola, gli indirizzi prescelti dai
governanti devono essere una sorta di proiezione della volontà
comune del popolo.
Secondo autorevole dottrina
11
quanto sinora detto sulla democrazia e
sullo Stato democratico può essere ulteriormente chiarito mediante un
raffronto tra Stato democratico e Stato autoritario. In quest’ultimo,
infatti, non vi è alcun collegamento effettivo tra governanti e
governati, ritenendosi che soltanto coloro che sono a capo
dell’ordinamento abbiano la capacità di interpretare la volontà del
popolo e siano in grado di compiere le scelte più appropriate
nell’interesse del popolo stesso. A sua volta, quest’ultimo non ha
degli interessi configgenti… Viene, in tal modo, riaffermata la socialità e storicità del
diritto”,Temistocle Martines, DIRITTO COSTITUZIONALE, X edizione, Giuffrè
Editore, Milano, 2002, p.26 ; è importante ricordare,tuttavia,che il pluralismo giuridico
trova il suo più importante teorizzatore in Santi Romano, che ritiene strettamente legate
tra di loro la sfera giuridica e quella sociale.
10
E’ universalmente riconosciuto (e non solo in ambito giuridico…) che il fenomeno
associativo richiede sempre ed in ogni caso una organizzazione gerarchica dotata di
poteri coercitivi, che tradizionalmente viene indicata con il nome di “Autorità”. Si veda
in tal senso T. Martines, Diritto Costituzionale, edizione per i corsi triennali, Giuffrè
Editore, Milano ,2002, p.128.
11
Cfr. T. Martines ,op. ult. cit. , p.129.
13
alcuna capacità politico-decisionale, nessun potere di influire sul
governo dello Stato, poiché lo si ritiene assolutamente inadeguato ad
agire per i propri interessi. Come conseguenza di siffatta ideologia,
viene meno la complessa struttura dei procedimenti elettorali, dei
controlli sui governanti, delle stesse libertà politiche e di alcune
libertà civili, le quali potrebbero creare e/o alimentare il dissenso
politico verso le istituzioni e verso i governanti.
Tutto ciò ovviamente non si realizza in uno stato democratico, che,
per definizione, cerca di esprimere al meglio (e di comporre in modo
ragionevole) gli svariati interessi espressi dai consociati. E’
importante, infatti, ricordare che non è possibile nella pratica una
perfetta corrispondenza tra gli indirizzi di governo e popolo, anzi più
quest’ultimo si presenta articolato e disomogeneo più ci saranno
interessi assolutamente incompatibili da contemperare.
Ecco, dunque, l’importanza dei vari strumenti attraverso i quali lo
stato (quindi i governanti) realizza una tale composizione di bisogni e
necessità (rectius di interessi) facenti capo ai diversi gruppi sociali di
cui si compone una data collettività.
14
3. Gli strumenti di democrazia diretta e quelli di democrazia
indiretta
Gli ordinamenti degli Stati democratici prevedono diversi istituti
giuridici che hanno lo scopo di realizzare un collegamento più o meno
stretto tra popolo e Stato. Questo collegamento può essere:
1) indiretto, allorché si realizza attraverso i rappresentanti eletti
dal popolo (strumenti di democrazia indiretta o
rappresentativa), oppure
2) diretto, allorché si attribuiscono al corpo elettorale poteri di
impulso o di decisione (strumenti di democrazia diretta).
Entrambi questi strumenti sono sanciti e disciplinati dalla nostra
Costituzione, anzitutto attraverso l’affermazione secondo cui “la
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti
della Costituzione” (art. 1).
Per quanto riguarda gli strumenti di democrazia indiretta, il legame
tra governanti e governati è assicurato facendo sì che gli organi del
potere legislativo siano eleggibili da parte di tutti i cittadini che
abbiano raggiunto la maggiore età (solo per l’elettorato attivo del
Senato della Repubblica è richiesta l’età di 25 anni), nonché
stabilendo un nesso di omogeneità politica tra Parlamento e Governo
15
attraverso l’istituto della fiducia ( art. 94). A tutto ciò, bisogna
aggiungere l’ampia tutela delle minoranze (democrazia pluralista)
sancita nel nostro ordinamento, la quale traspare dall’intero assetto
della Costituzione (cfr. paragrafo successivo).
Per quanto riguarda gli strumenti di democrazia diretta, d’altra parte,
suddetto rapporto tra governanti e governati è garantito attraverso gli
istituti del referendum abrogativo (art. 75 Cost.), del referendum
costituzionale (art.138) e dei referendum in materia di creazione,
fusione o modifiche territoriali di regioni e ,come sostiene la maggior
parte della dottrina, in materia di creazione o modifiche territoriali,
con legge regionale, dei comuni (artt. 132-133); attraverso gli istituti
di iniziativa popolare delle leggi e della petizione (rispettivamente, gli
artt. 71 e 50 Cost.).
Dopo questa breve digressione è utile concludere il discorso
precisando un dato rilevante, che emerge sul tema degli strumenti di
democrazia diretta e indiretta: entrambi concorrono a realizzare
l’assetto democratico dello stato, ma il rapporto tra l’utilizzo dell’una
e dell’altra tipologia di strumenti è importante ai fini della
concretizzazione del loro comune scopo (la traduzione sul piano dei
fatti della democrazia stessa nonché la creazione di un certo modello
di democrazia). Più in particolare, la nostra costituzione, disciplinando
16
limiti e modalità di ogni singolo strumento, sia di democrazia diretta
che di democrazia indiretta, sembra dare un peso maggiore alla
democrazia rappresentativa e quindi all’organo parlamentare che,
come si dirà nel paragrafo seguente, rappresenta per il costituente il
fulcro della democrazia italiana.
4. Concetto di democrazia nella dottrina italiana
La Democrazia rappresenta sicuramente un principio fondamentale
della Costituzione italiana; entrambi gli strumenti attraverso cui la
stessa viene realizzata (cfr. paragrafo precedente) sono stati oggetto di
studio ed approfondimento da parte sia della Dottrina che della
Giurisprudenza e con risultati di grande rilevanza.
Per quanto riguarda la dottrina, tra i più importanti contributi si può
ricordare quello offerto dal famoso costituzionalista Vezio Crisafulli:
“La cosiddetta contemplatio domini, ossia la dichiarazione espressa
dell’agire per altri, che caratterizzerebbe la rappresentanza stricto
sensu, si ritrova, infatti, nella disposizione della seconda parte dell’art.
1 (…). Dalla quale si ricava, precisamente, che la sovranità è e rimane
del popolo, e che lo Stato soggetto è dunque soltanto una tra le
“forme” (rectius tra i mezzi) in cui essa viene costituzionalmente
esercitata. Ciò che può considerarsi sufficiente a concretare il
17
requisito della contemplatio domini, in linea generale, con riferimento,
cioè, una volta per tutte, all’intera parte della potestà di governo il cui
esercizio è demandato alla persona giuridica statale. Per talune
manifestazioni, poi, della sovranità, esistono anche ulteriori più
specifiche disposizioni, che ribadiscono tale requisito. Così, per la
funzione giurisdizionale, l’art. 101, a termine del quale, ‘la giustizia è
amministrata in nome del popolo’; così, indirettamente, per la
funzione legislativa, l’art. 67, sistematicamente inquadrato nel
complesso delle disposizioni concernenti la formazione della legge
(…)”.
12
Il modello crisafulliano, quindi, si basa su una fonte di legittimazione
certa dei poteri dello Stato e cioè il Popolo, il quale si avvale di
diversi mezzi per esercitare la sovranità attribuitagli dal costituente
13
.
Inoltre, secondo il pensiero di Crisafulli, la sovranità popolare pur
spettando alla comunità civile, viene esercitata dallo Stato-soggetto in
12
V. CRISAFULLI, La sovranità popolare nella Costituzione italiana (note preliminari)
(1954), ripubblicato in Stato, popolo, governo. Illusioni e delusioni costituzionali,Giuffré,
Milano, 1985, p. 143.
13
Vedi in tal senso Gaetano Silvestri, Sovranità popolare e magistratura, par. I
(“Relazione al Convegno di studio Esposito, Crisafulli, Paladin. Tre costituzionalisti nella
cattedra padovana. La sovranità popolare”, Padova, 19-20-21 giugno 2003, reperibile nel
sito http://www.costituzionalismo.it):” dalle parole di Crisafulli emerge una concezione
rigorosamente giuridica del fondamento democratico dello Stato contemporaneo. Tutte le
potestà statuali, esplicazioni delle diverse funzioni, emanano da un’unica fonte di
legittimazione, al tempo stesso giuridica e politica, il popolo, che si avvale di una
pluralità di “mezzi” per esercitare costituzionalmente la propria sovranità”.
18
nome e per conto del popolo stesso, secondo una “concezione
rigorosamente giuridica del fondamento democratico dello Stato”
14
.
Da tale assunto emerge, tuttavia, una conseguenza importante
strettamente legata al concetto di sovranità popolare:
la rappresentanza giuridica del popolo da parte dello Stato ritrova il
suo fondamento in un rapporto di gestione (negotiorum gestio), in
virtù del quale il rappresentante (cioè lo Stato) compie una serie di atti
allo scopo di realizzare un interesse altrui
15
.
Gli atti posti in essere dallo Stato (o meglio dai vari organi che lo
compongono) sono riconducibili, in virtù del suddetto rapporto di
gestione, agli interessi del popolo e non a quelli degli organi che li
compiono o allo “Stato-soggetto” nel suo insieme
16
. Secondo questa
concezione, quindi, la rappresentanza del popolo segue le regole
ordinarie relative alla gestione di un affare altrui.
14
Vedi supra nota 13.
15
Per quanto riguarda la definizione di “rapporto di gestione”, cfr. S. PUGLIATTI, Il
rapporto di gestione sottostante alla rappresentanza (1929), ora in Studi sulla
rappresentanza, Milano, Giuffrè, 1965, p. 166, in base al quale il rappresentante compie
“una serie di operazioni per la realizzazione di uno scopo altrui (…)”.
16
Vedi in tal senso G. Silvestri, Sovranità popolare e magistratura, Relazione al
convegno di studio “Esposito, Crisafulli, Paladin. Tre costituzionalisti nella cattedra
padovana. La sovranità popolare”, Padova, 19-21 Giugno 2003, reperibile nel sito
http://www.costituzionalismo.it, paragrafo I: “la rappresentanza giuridica del popolo da
parte dello Stato-soggetto poggia su un sottostante rapporto di gestione”.
Inoltre, l’ Autore precisa, in relazione al suddetto rapporto di gestione, che: esso si
presenta come un rapporto necessario intercorrente tra lo Stato ed il popolo; la
necessarietà della rappresentanza de qua non trae origine da uno stato di incapacità
soggettiva di quest’ ultimo, bensì dall’ impossibilità di esercitare diversamente le tante
funzioni in cui la sovranità si sostanzia e concretizza.
19
Inoltre, secondo tale ricostruzione, è la stessa costituzione ad
assurgere a fonte di tale rapporto di gestione, dal momento che
proprio l’art. 1 cost. stabilisce che la sovranità spetta al popolo, “che
la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”.
La Costituzione, nella sua veste di fonte della rappresentanza del
popolo da parte dello Stato, è un prius logico e giuridico sia dello
Stato che del popolo stesso, nel senso che senza la carta costituzionale
non esisterebbe né la compagine statuale (con i suoi organi, i suoi
poteri e le complesse norme che regolano il loro funzionamento), né
tanto meno un popolo giuridicamente inteso. Non esisterebbe la
sovranità popolare, ma “l’arbitrio popolare”
17
.
In sintesi, quindi, il modello di Crisafulli enuncia il principio
fondamentale secondo cui la sovranità popolare si svolge
nell’ambito della Costituzione.
17
C. ESPOSITO,Commento all’art. 1 della Costituzione (1948), ripubblicato in La
Costituzione italiana – Saggi, Cedam, Padova, 1954, p. 11 : “…la disposizione che il
popolo è sovrano nelle forme e nei limiti della Costituzione non significa che la
Costituzione sopravvenga per porre limiti estrinseci all’esercizio di una preesistente
sovranità del popolo (e che in sostanza la Costituzione neghi la sovranità popolare per
affermare la propria), ma proprio all’opposto che la sovranità del popolo esiste solo nei
limiti e nelle forme in cui la Costituzione la organizza, la riconosce e la rende possibile, e
fin quando sia esercitata nelle forme e nei limiti del diritto.
Fuori della Costituzione e del diritto non c’è la sovranità, ma l’arbitrio popolare, non c’è
il popolo sovrano, ma la massa con le sue passioni e con la sua debolezza”.