7
anzitutto nel corso del capitolo primo tale lavoro fornirà una definizione di
piccole e medie imprese nell'Ue e verrà posto l’accento sulla considerazione
che le PMI rivestono una grande importanza per la crescita economica, lo
sviluppo regionale e la coesione sociale nell’Ue, in conseguenza del fatto che
esse costituiscono un notevole potenziale di crescita e di creazione di posti di
lavoro, sebbene si trovino ad operare in un ambiente economico complesso,
alla luce delle più recenti iniziative adottate a sostegno delle stesse come il
Programma integrato del 1996, il Terzo Programma pluriennale 1997-2000.
Il secondo capitolo offre una panoramica alquanto precisa sul miglioramento
del contesto normativo in cui operano le imprese attraverso la risoluzione del
Consiglio n. 97/C 18/01 del 1996, sulla piena realizzazione del potenziale
delle PMI, la raccomandazione della Commissione n 97/344/CE del 1997,
nonché il Programma pluriennale 2001-2005 (Quarto Programma) ancora in
fase embrionale, ma non ultimo in quanto a preziosi suggerimenti offerti.
Con il terzo capitolo si affronta la questione della cooperazione
internazionale attraverso la descrizione di alcuni programmi operanti tra
PMI dell’area Ue (EUROPARTENARIAT, INTERPRISE, …) e tra PMI
dell’Ue e quelle dei Paesi terzi dell’area euromediterranea o asiatica (MED,
ASIA-INVEST).
8
Questo capitolo mira a fornire qualche informazione sui servizi dell’Ue mette
a disposizione per promuovere la cooperazione attraverso partnership o
workshop internazionali (BC-NET, BRE) e lancia un rapido sguardo allo
strumento giuridico del gruppo europeo : il GEIE, volendo evitare ogni
problematica relativa al suo utilizzo e/o alla sua natura giuridica; note,
infatti, sull’argomento, le lunghe ed approfondite dissertazioni in sede
giurisprudenziale da parte di esperti di diritto di riconosciuta fama
internazionale.
Il capitolo quarto costituisce la seconda parte del nostro studio sulle PMI
dell’Unione europea, come del resto risulta dal titolo stesso della tesi.
Partendo da una breve riflessione sull’allargamento, si provvederà a fornire
una spiegazione generale del Programma JOP, specificandone poi gli aspetti
legati alla sua nascita e al suo funzionamento, giungendo ad una valutazione
dei risultati, sia attraverso i commenti propri di chi vive a stretto contatto con
la realtà di JOP, sia attraverso qualche dato statistico, utile per desumerne gli
aspetti quantitativi.
Proseguiremo verso l’analisi critica delle carenze ma anche dei benefici e
infine affronteremo diverse teorie sulle aspettative future del Programma.
9
Il quinto capitolo, che chiude questo nostro studio, fornirà un pratico esempio
di come viene elaborato un progetto Jop, valutato positivamente dagli studi di
fattibilità.
Il progetto stesso è frutto di mera invenzione per cui nomi, luoghi e dati
numerici, sono puramente casuali. Il vero intento dell’esposizione di un tale
modello è quello di fornire al lettore un approccio pratico, evitando in questo
modo l’utilizzo di un criterio soltanto teorico applicato spesso ai progetti
stanziati dall’Unione europea.
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CAPITOLO PRIMO
Le piccole e medie imprese (PMI) nel contesto comunitario e globale
È ormai un fatto riconosciuto che le piccole e medie imprese (PMI)
costituiscano il settore chiave ai fini della creazione dell'occupazione e della
crescita dell'Unione europea.
Olt re il 99,8% dei 17,9 milioni di imprese dell'Unione europea sono PMI, che
presentano il 66% della manodopera privata e il 56,2% del volume d'affari
totale.
La competitività dell'economia europea dipende dal dinamismo degli
imprenditori, dalla loro capacità di innovare, esportare e individuare nuove
opportunità nel complesso scenario della globalizzazione, e ancor di più della
New economy. Con il Mercato unico le imprese della Comunità hanno una
grande possibilità di rilanciare le proprie strategie ad un livello diverso da
quello nazionale o locale cui erano abituate nel passato, traendo numerosi
vantaggi quali la soppressione delle formalità doganali e l’eliminazione dei
controlli alle frontiere all’interno della Comunità.
11
Anche le PMI, per le quali i controlli costituivano oneri spesso insostenibili, si
trovano a godere di questi benefici, con la condizione di adattarsi alle nuove
regole di concorrenza.
Le medie imprese risentiranno maggiormente degli effetti della concorrenza
internazionale rispetto alle imprese di piccola dimensione in quanto
quest’ultime restano chiuse nei loro mercati locali o si adattano meglio ai gusti
di una clientela particolare che non interessa le grandi imprese. Queste infatti
mirano a prodotti di grande consumo fabbricati dalle medie imprese per i
mercati nazionali. Le piccole e le medie imprese sono le principali artefici del
loro successo nel Mercato unico; esse infatti devono compiere ogni sforzo
necessario per adattarsi al nuovo contesto, abbandonando alcune abitudini del
passato relative ad una gestione familiare cosi come i metodi di produzione e
commercializzazione talvolta obsoleti ed incompleti.1
1
MOUSSIS, N. Les PMI dans le Marché Unique, in Revue du Marché Unique europèen, 1992.
12
I.1 La definizione di Piccola e Media Impresa nell’UE
La Commissione europea ha ritenuto opportuno fornire una definizione più
dettagliata di piccole e medie imprese in considerazione del fatto che varie
politiche comunitarie relative alle PMI, utilizzavano criteri diversi per la loro
definizione.
Ne deriva una difformità dei criteri utilizzati per definire le PMI anche perché
molti Stati membri non disponendo di una definizione generale si
accontentavano di regole basate sugli usi locali o relative a settori particolari
mentre altri utilizzavano la definizione contenuta nella direttiva comunitaria n.
96/C 213/04 sugli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese2.
La relazione della Commissione al Consiglio europeo di Madrid del 15/16
dicembre 1995, sulle PMI come “fonte dinamica di occupazione, crescita e
competitività”, ha messo in rilievo la necessità di fare di più per le PMI al fine
di creare più posti di lavoro in tutti i settori dell'economia, inoltre il Consiglio
"Ricerca" del 29.9.1994 ha convenuto che un trattamento preferenziale alla
PMI deve poter essere abbinato ad una definizione più chiara di cosa sia e
come si muova una piccola e media impresa chiedendo di conseguenza alla
Commissione di riesaminare i criteri da adottare per definire le PMI.
2
GU C 213 del 19.8.1992, p. 2.
13
In seguito al Consiglio "Industria" tenutosi il 28.5.1990, la Commissione
aveva raccomandato l'adozione dei quattro criteri seguenti:
1. numero di dipendenti la cui soglia è di 50 e 250 dipendenti, rispettivamente
per le piccole e medie imprese;
2. fatturato;
3. totale di bilancio;
4. indipendenza.
In un Mercato unico senza frontiere interne, le imprese devono poter contare
su regole comuni, considerando poi che un tale approccio si rende necessario
proprio per le continue interazioni tra le misure di sostegno nazionali e
comunitarie.
L'osservanza della stessa definizione da parte della Commissione, degli Stati
membri, della Banca europea degli investimenti (BEI) e del Fondo europeo
degli investimenti (FEI), potenzierebbe la coerenza e l'efficacia delle politiche
rivolte alle PMI limitando, di conseguenza, il rischio di distorsioni della
concorrenza.
Definire i limiti di una tale definizione, non comporta disattenzione della
Commissione verso imprese che invece li superano questi limiti, al contrario
14
un problema di questo genere andrebbe affrontato con misure specifiche
nell'ambito di programmi di cooperazione internazionale.
Adottare come criterio, per la definizione, il numero di persone occupate , va
considerato come imperativo ma, affiancato da un criterio finanziario, quale il
fatturato che andrebbe abbinato a sua volta, ad un altro criterio finanziario,
cioè il totale del bilancio. Questo rispecchia la ricchezza generale di
un'impresa.
Altro criterio fondamentale è l’indipendenza, in quanto una PMI che
appartiene ad un grande gruppo dispone di mezzi e di sostegno inesistenti
rispetto alle imprese concorrenti di dimensioni equivalenti, ma non
appartenente ad alcun gruppo; occorre inoltre eliminare le strutture giuridiche
a sostegno di PMI la cui potenza economica in realtà supera quella di una PMI
effettiva. Gli Stati membri, la BEI e il FEI dovrebbero vigilare affinché alcune
imprese, nonostante rispondano formalmente a tale criterio, sono di fatto
controllate da una sola grande impresa. Più in avanti avremo modo di chiarire
la nozione di indipendenza.
Altro problema da considerare è che alcune PMI rivestono la forma di società
per azioni le quali non conoscono con precisione il nome dell'azionatario né
possiedono il requisito dell'indipendenza.
15
La soglia dei 500 dipendenti comprende la quasi totalità delle imprese (99,9%)
dei 14 milioni di imprese e quasi dei ¾ dell'economia europea in termini di
occupazione e di fatturato; un'impresa con 500 dipendenti dispone di risorse
umane, finanziarie e tecniche che si allontanano dalle medie imprese senza
posizione dominante sul mercato e con una natura prettamente familiare.
Le imprese con 250-500 dipendenti detengono molto spesso posizioni molto
forti sui rispettivi mercati possedendo inoltre strutture molto solide nella
produzione, vendita, commercializzazione, che le distinguono dalle medie
imprese che non superano i 250 dipendenti.
Secondo studi effettuati dall’Eurostat, il fatturato di un'impresa con 250
dipendenti non supera in media i 40 milioni di euro (cifre al 1999), il rapporto
medio tra il fatturato e il totale del bilancio è di 1,5 nel caso delle PMI e delle
piccole imprese, di conseguenza la soglia per il totale di bilancio andrebbe
fissata a 27 milioni di euro.
Un’ulteriore distinzione che occorre fare è tra medie imprese, piccole imprese
e microimprese che non dovrebbero essere associate alle imprese artigianali,
ma definite a livello nazionale a causa delle loro specifiche caratteristiche.
Per le piccole imprese vanno fissate la soglia di 7 milioni di euro per il
fatturato e la soglia di 5 milioni di euro per il totale del bilancio. Le soglie
16
prescelte rappresentano massimali destinati a consentire a tutte le imprese che
presentano caratteristiche di una PMI o di piccola impresa di essere incluse
nell'una o nell'altra fattispecie.
La raccomandazione n. 96/280/CE3 del 3.4.1996, sulla definizione di piccole e
medie imprese, all'art. 1 afferma che:
le piccole e medie imprese, in appresso definite PMI, sono imprese che hanno:
- meno di 250 dipendenti;
- un fatturato annuo non superiore a 40 milioni di euro, o un totale del
bilancio annuo non superiore a 27 milioni di euro;
- in possesso del requisito di indipendenza.
Per le piccole e medie imprese commerciali e di servizi sono stati stabiliti, con
DM 23.12.19974, limiti dimensionali inferiori, ai fini dell’ammissione alle
agevolazioni di cui alla legge n. 317 del 5.10.1991, (incentivi alla piccola e
media impresa).
Requisiti:
- Meno di 95 dipendenti
- Fatturato annuo non superiore a 15 milioni di euro oppure un totale di
bilancio (attivo patrimoniale) annuo non superiore a 10,1 milioni di euro
3
GUCE L 107 del 30.4.96.
4
GUCE 11.2.1998.
17
- Possesso del requisito dell’indipendenza.
Ove fosse necessario distinguere tra piccola impresa e media impresa, piccola
è definita un'impresa
- avente meno di 50 dipendenti,
- un fatturato annuo non superiore a 7 milioni di euro, o un totale di
bilancio annuo non superiore a 5 milioni di euro,
- in possesso del requisito dell'indipendenza.
La piccola impresa commerciale presenta i seguenti requisiti:
- meno di 20 dipendenti,
- fatturato annuo non superiore a 2,7 milioni di euro oppure un totale di
bilancio (attivo patrimoniale) annuo non superiore a 1,9 milioni di euro,
- possesso del requisito d’indipendenza.
Le microimprese sono quelle che occupano meno di 10 dipendenti.
Se un'impresa alla chiusura del bilancio supera, verso l'alto o verso il basso, le
soglie del numero di dipendenti o dei massimali finanziari specificati, perde o
acquista la qualifica di "PMI", "media impresa", "piccola impresa" o
"microimpresa" solo se tale circostanza si verifica anche durante i due esercizi
consecutivi.
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Il numero di persone occupate corrisponde al numero di unità-lavorative-anno
(ULA), cioè numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno; i
lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali sono frazioni di ULA.
L'anno da considerare è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato.
La raccomandazione 96/280 chiarisce anche cosa si intende per imprese
indipendenti, facendo luce su un altro criterio per la definizione: “sono
indipendenti quelle imprese il cui capitale o i cui diritti di voto non sono
detenuti per 25% o più, da una sola impresa, oppure, congiuntamente, da più
imprese non conformi alle definizioni di PMI o di piccola impresa”, come
individuato dal DM 18.9.19975.
Alla regola fanno eccezione due casi: quello in cui la PMI sia detenuta da
società di investimenti pubblici, da società di capitali di rischio o da investitori
istituzionali, a condizione che questi non esercitino alcun controllo,
individuale o congiunto sulla PMI; quello in cui il capitale della PMI è
disperso in modo che risulti impossibile determinare da chi sia detenuto e di
conseguenza, la PMI dichiari di poter presumere la propria indipendenza.
Provarla diventa un elemento importante ai fini dell’accesso agli aiuti
comunitari.
5
GU n. 229 del 01.10.97, adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri d’individuazione di piccola e
media impresa.
19
La raccomandazione, inoltre, prevede che i nuovi requisiti abbiano efficacia
retroattiva, cosicché nei precedenti programmi comunitari che presentino una
definizione contrastante, prevarrà la nuova definizione ai sensi dell’art.1 della
raccomandazione.
La nuova definizione di PMI contenuta nella direttiva n. 96/C 213/4 sugli aiuti
di Stato alle PMI, recepita con DM 18.9.1997.
La Commissione europea ha autorizzato l’applicazione della nuova
definizione ai regimi di aiuto di competenza del Ministero dell’Industria, del
Commercio e dell’Artigianato.
La legge n. 449 del 27.12.1997, collegata alla Finanziaria 1998, rinvia
espressamente alla definizione, suesposta, ai fini delle agevolazioni previste
per le attività di ricerca tra PMI e università (art. 5).
I.2 Il Programma integrato 1996 a favore delle PMI
Un primo tentativo di creare un quadro globale per l'insieme delle iniziative
intraprese a favore delle PMI a livello comunitario, nazionale e regionale è
stato il Programma integrato del 1994. Basato sul Libro bianco “Crescita,
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competitività, occupazione”, esso ha rafforzato il coordinamento e la
cooperazione tra tutte le parti interessate allo sviluppo delle PMI.
La creazione netta di posti di lavoro nelle PMI, nel '96, ha più che compensato
le perdite di posti di lavoro nelle grandi imprese, registrate nel periodo 1988-
1995.
Durante questo periodo si devono alle imprese con meno di 10 dipendenti
quasi tutti i nuovi posti di lavoro creati.
Nel suo documento politico sulle PMI presentato al Consiglio europeo di
Madrid del 19956, la Commissione ha sviluppato una politica più ambiziosa a
favore delle PMI, sottolineando che un aiuto diretto in modo specifico è un
modo efficace di favorire la creazione di posti di lavoro. Il documento di
Madrid sulle PMI sottolinea che il potenziale di crescita e creazione di
occupazione delle PMI non è stato adeguatamente sfruttato e che la crescita e
la creazione di posti di lavoro sono state frenate da imperfezioni e carenze del
mercato e della politica, cui non è stata ancora data una soluzione
soddisfacente.
6
Comunicazione della Commissione del 29.11.1995, Le PMI: una fonte dinamica di occupazione, crescita e
competitività nell’Ue. Documento CSE(95)2087 citato in seguito come documento di Madrid sulle PMI.