5
La confusione generata dal proliferare continuo di nuovi prodotti,
nuove marche e formati ha fatto sì che agli inizi degli anni ’90 gli
scaffali presenti presso ogni punto vendita fossero sommersi da una
molteplicità di prodotti simili tra loro ma differenti per marca e
prezzo disposti senza un preciso obiettivo strategico, assortimenti
sempre più omogenei incapaci di evidenziare precisi segni distintivi
e la relativa utilità rappresentata per il consumatore, il cui
comportamento costituisce uno dei temi maggiormente affrontati
dalla teoria economica, al fine di comprendere le motivazioni alla
base delle scelte del consumatore e definire l’articolazione del
processo decisionale volto alla soddisfazione dei bisogni individuali.
La novità risiede nel fatto che tali studi in passato consideravano le
decisioni del consumatore relative al prodotto o alla marca da
acquistare, per passare successivamente alla selezione del punto
vendita; ma gran parte della teoria economica ritiene che la scelta del
punto vendita e del relativo assortimento non occupi più una
posizione marginale, essendo la soddisfazione finale del
consumatore influenzata sia dalla soddisfazione ottenuta dal prodotto
sia dalla soddisfazione ottenuta dal processo di acquisto; da ciò
segue che parallelamente alla domanda di prodotti emerge perciò una
domanda di servizi offerti da intermediari specializzati che
consentano l’accesso ai prodotti stessi nei tempi, nei luoghi e nei
modi preferiti dal consumatore. Infatti uno dei servizi centrali offerti
dall’impresa commerciale riguarda la selezione, formazione e
proposta espositiva dell’assortimento, il quale, per far fronte al
continuo aumento di nuovi prodotti che generano a loro volta
problemi circa le politiche d’acquisto e di assortimento, è stato
6
suddiviso in settori-reparti, famiglie e linee di prodotti. Una
categoria e’ appunto un insieme di articoli che il consumatore
considera correlati e/o interscambiabili nella soddisfazione di un suo
bisogno.
Ma il sistema di classificazione dell’assortimento risulta complesso
perché deve tradursi in coerenti sistemi espositivi presso ogni punto
vendita.
I distributori classificano l’offerta merceologica per
funzione/occasione di consumo o, come negli ultimi anni, per stili di
vita. Il category manager avvalendosi di specialisti di merchandising,
di logistica e di promozione riesce a controllare ogni aspetto della
categoria a lui assegnata avendo piena responsabilità decisionale e
misurando i relativi risultati sulla redditività delle categorie, essendo
un processo finalizzato a gestire le categorie di prodotti come unità
di business.
Così facendo tramite il category manager un produttore e un
distributore interessati all’affermazione di una certa categoria
decidono di collaborare, evidenziando di fatto l’appartenenza del
category management sia all’industria che alla distribuzione, essendo
la categoria il punto d’incontro nella creazione di valore per il
consumatore. Negli ultimi anni infatti si è assistito a come l’industria
di marca si impegni a traslare la propria politica distributiva dal
Trade Marketing al Category management, mostrando interesse
verso lo studio delle categorie giustificato dal fatto che ci si è accorti
che solo aiutando la distribuzione a migliorare le performance sulle
vendite della categoria si è in grado si far crescere la quota della
propria marca.
7
Nei capitoli che seguono si tenta di fornire un quadro delucidativo a
riguardo, analizzando in primis le linee evolutive del rapporto tra
industria e distribuzione, le fonti di valore per il cliente quali
innovazioni di prodotto e processo e quindi l’impatto del Category
Management, cercando di intendere la categoria merceologica come
una strategic business unit e analizzando in concreto il caso di una
azienda distributiva italiana che ha adottato la filosofia del category
management negli ultimi 10 anni e che continua ad apprezzare i
risultati conseguiti:la xxx
8
Capitolo 1
MUTAMENTO DEL RAPPORTO TRA INDUSTRIA E
DISTRIBUZIONE
1.1
CHE RUOLO GIOCANO INDUSTRIA E DISTRIBUZIONE NEL
PROCESSO DI CREAZIONE DI VALORE
Nei cambiamenti che hanno caratterizzato il rapporto industria
distribuzione entrambi si sono ritrovati ad essere comunque
accomunati nel processo di creazione di valore per il consumatore,
poiché entrambi si sono sforzati di introdurre nuovi prodotti sul
mercato, innovando, differenziando e comunicando il proprio in
modo da indurre il consumatore a preferirlo rispetto alle alternative
offerte dai rivali
1
.
L’obiettivo del marketing operativo e strategico è appunto quello di
generare nel cliente la disponibilità a pagare un prezzo che sia il più
elevato possibile rispetto al costo di produzione del prodotto
industriale e commerciale
2
.
1
La distribuzione italiana ha infatti subito accelerazioni nel processo competitivo a
seguito dell’entrata nel nostro mercato di competitors esteri interessati a conquistare
quote di mercato attraverso l’esportazione di forme distributive di successo;a tal fine
possono essere citate ad esempio le diverse formule distributive di discount ( hard e
soft ),le grandi superfici specializzate ( prodotti per la casa,l’arredo,prodotti per
ufficio,per il bricolage,il tempo libero e così via.),i wholesale clubs,i category killers
etc,formule in grado di coprire vuoti di offerta. Largo Consumo , 2000
2
Lugli G., Pellegrini L., Marketing distributivo, 2002
9
La massimizzazione del valore è il fine ultimo che ogni sistema
economico e ogni impresa deve perseguire, con l’obiettivo di
generare valore per il cliente, misurato in base al prezzo che questi è
disposto a pagare . Ma la creazione di valore deve essere distinta
dalla sua distribuzione tra gli attori lungo la filiera in quanto dipende
dalle alternative orizzontali, dalla efficacia dei sostituti, dalla rivalità
diretta e dal grado di concorrenza tra imprese industriali e
commerciali. La quota di plusvalore, infatti, detenuta da quest’ultima
dipende in larga misura dal potere contrattuale
3
nei rapporti di
canale
4
, quota che va progressivamente aumentando nel corso del
tempo. La distribuzione , infatti, sottrae valore all’industria di marca
trasferendolo a valle abbassando i prezzi di vendita.
Creazione di valore che si esprime, nei paesi industrializzati,
attraverso due tipologie di marca: la marca che il produttore sviluppa
sul prodotto e la marca che il distributore sviluppa sul punto vendita
con l’insegna
5
. La marca rappresenta ciò che il consumatore
3
Diversi indicatori possono essere utilizzati per valutare l’intensità della forza
contrattuale tra cui :
-peso della clientela nel fatturato del produttore
-contributo del produttore al giro d’affari del distributore
-investimenti in marketing e quote di mercato dei fornitori
-ritmi di sviluppo e quote di mercato delle imprese commerciali
-grado di sostituibilità dei prodotti
-presenza e peso della marca commerciale.
Lugli, Evoluzione dei rapporti contrattuali nella filiera del grocey, Sinergie. 1998
4
Il potere è la capacità di un membro del canale “to control the decision variables in
the marketing strategy of any members in a given channel at a different level of
distribution . El Ansare e L.W. Stern,in “Power measurament in the distribution
channel”, Journal of Marketing, 1972
5
Lugli a riguardo distingue tra il ruolo della marca industriale e quello della marca
commerciale affermando che la marca industriale punta alla massimizzazione della
penetrazione e della quota di mercato;la penetrazione della marca commerciale è
invece limitata ai clienti dell’insegna, e la crescita in quota non è giustificabile di per
sé, ma solo in relazione al miglioramento delle performance di categoria. . Lugli G. ,
Branding distributivo , 2003
10
acquista, ma non il prodotto, bensì l’idea che egli ha maturato nel
tempo per effetto dell’esperienza di consumo.
I prodotti si evolvono nel tempo, modificandosi e trasformandosi: la
marca no. L’innovazione quindi di prodotto e processo non sono che
facce nascoste della marca (migliorare la forma): la prima interessa
una parte consistente di consumatori e si traduce in un mercato del
venditore fino a quando non viene prepotentemente imitata; la
seconda invece si ottiene realizzando livelli di produttività elevati o
producendo a costi contenuti: entrambe le innovazioni sono perciò
fonte di valore.
Nel settore distributivo l’innovazione di processo
6
costituisce una
tra le principali fonti di vantaggio competitivo
7
. In ambito
commerciale l’innovazione coincide con la comparsa sul mercato di
nuove forme distributive in grado di offrire servizi sempre nuovi ed
aggiuntivi rispetto a quelli esistenti fino a quel momento. Il concetto
di innovazione nel commercio viene in un primo tempo spiegato
dalla teoria della Wheel of Retailing
8
, secondo la quale un prodotto
6
Il Category Management rappresenta appunto un’innovazione di processo.
7
A riguardo si sostiene che il vantaggio competitivo esterno realizzato con
l’innovazione e la differenziazione abbia una maggiore consistenza e sostenibilità
rispetto al vantaggio competitivo interno generato dall’aumento di produttività e la
connessa riduzione dei costi:il vantaggio esterno sarebbe infatti meno vulnerabile
rispetto ai cambiamenti ambientali e più difficile da riprodurre. R. M. Grant , L’analisi
strategica nella gestione ambientale,1991
8
La teoria della Wheel of Retailing è un modello interpretativo delle innovazioni
introdotte nel sistema distributivo. Secondo questa teoria le forme distributive si
inseriscono nel mercato riducendo i servizi offerti e ciò consente di ridurre costi e
prezzi. L a convenienza di prezzo induce segmenti sempre più ampi di consumatori a
servirsi della nuova formula distributiva. L’aumento delle vendite e della rotazione
delle scorte consente alle imprese di distribuzione innovative di ottenere profitti e
svilupparsi. La concorrenza ,in questa prima fase,è tra la nuova formula distributiva e
il dettaglio tradizionale. Superata questa fase iniziale caratterizzata dalla price
competition,in quella successiva la competizione diventa intra_type competition,cioè
tra imprese appartenenti alla nuova forma distributiva e stimola l’impiego della leva
11
commerciale si afferma sul mercato per soddisfare una domanda di
alternative inferiori di prezzo.
Ma la generazione di valore è anche determinata dalla
differenziazione del prodotto, modificandone gli attributi agli occhi
del consumatore in modo da soddisfare meglio i bisogni di uno
specifico target, generando un’espansione della domanda globale
aumentandone il prezzo massimo
9
che il consumatore è disposto a
pagare
10
. La differenziazione però riguarderebbe solo gli stadi finali
del ciclo di vita di un prodotto quando nasce l’esigenza di sviluppare
e consolidare le preferenze del consumatore in un mercato che ormai
ha smesso di crescere.
La distribuzione risulta avere effetti implicativi intersettoriali, e di
conseguenza l’economia di mercato funziona ottimamente se il
consumatore è soddisfatto e la distribuzione
11
non si limiti a
del servizio. Inizia così il trading-up durante il quale le imprese commerciali allargano
la gamma dell’assortimento e inseriscono nuovi servizi:proseguendo però l’impresa
crea un segmento di clientela insoddisfatta,creando un vuoto d’offerta e facendo
nascere l’opportunità per inserire innovazioni. Così the Wheel , la ruota, , riprende a
girare . Hollander, The wheel of retailing, Journal of marketing, 1963
9
Prezzo di resistenza:si intende il prezzo massimo che il consumatore sarebbe
disposto a pagare per un dato prodotto. La differenza tra prezzo di resistenza e prezzo
effettivamente pagato determina la cosiddetta “rendita del consumatore”. Wikipedia
10
A differenza del passato infatti il distributore è in grado di reperire in tempi più
rapidi ed a costi contenuti(in molti casa anche gratuiti a grazie alla collaborazione con
società del tipo Nielsen e Iri ) informazioni sul comportamento della domanda. Con
l’utilizzo dei pos-scanner e delle informazioni riguardanti il comportamento di
consumo dei diversi segmenti di domanda è possibile per i distributori avviare
politiche di micromarketing. Lugli, Economie e politiche di marketing delle imprese
commerciali, 1993
11
La distribuzione ampliando lo spettro delle sue funzioni valorizza il proprio ruolo in
modo da rispondere in modo più dettagliato ai bisogni del cliente e stimolarli lì dove
non riescono i produttori.
Il valore aggiunto creato diventa un’ulteriore potenzialità di affermazione del proprio
ruolo all’interno del canale poiché la distribuzione non si limita più ad arricchire i
prodotti con una molteplicità di servizi,ma riescono a dare delle vere risposte
funzionali sia alle diverse occasioni d’uso di un prodotto sia a bisogni specifici del
consumatore.
12
compiere funzioni logistiche, ma anche e soprattutto di marketing.
Ecco che emerge la complementarità del ruolo della distribuzione
rispetto al ruolo dell’industria nella creazione di valore, sviluppando
la marca del distributore su due livelli: sul punto vendita e sui singoli
articoli di varie categorie merceologiche: nel primo caso attraverso la
marca dell’insegna e nel secondo attraverso la marca commerciale,
interferendo però con quest’ultima nel processo di creazione del
valore dell’industria. La marca commerciale, infatti, viene proposta
con un prezzo inferiore alla marca industriale, scontando anche il
fatto che ha una qualità percepita inferiore a quella della marca
industriale di riferimento.
La convenienza ad essere acquistata risiede dunque principalmente
nel prezzo,più contenuto. Ma anche nella garanzia che essa risulta
avere grazie alla firma apportata dal distributore: funzione di
garanzia essenziale per ogni consumatore che decide di acquistare la
marca commerciale.
Nel prossimo paragrafo si analizzerà l’innovazione più in profondità
cercando di capire il ruolo che può esercitare la marca – insegna e la
marca commerciale, essendo quest’ultima alla base del patrimonio di
valori che l’impresa commerciale ha costruito, valori basati, di
norma, sulla qualità e naturalità dei prodotti, sulla ricerca costante
degli elementi di sicurezza e rintracciabilità anche attraverso il
ricorso a significativi investimenti realizzati sulla filiera
12
.
Quacquarelli Barbara, Il Category Manager:la possibilità di un’innovazione
organizzativa per le imprese commerciali , Sviluppo & Organizzazione , Luglio 2001
12
Condor J.M,Peterson E.B.,Market structure determinations of national brand private
label price differences of manufactured food products. The journal of industrial
economics,1992