rappresentanti delle credenze e delle superstizioni solitamente ed ingiustamente
attribuite al mondo orientale, importati dalla tradizione orale.
La materia di Midnight’s Children e del legame conflittuale tra storia
individuale e Storia ufficiale che si evince da questo romanzo, è molto vasta. Per
questo motivo, si è preferito soffermarsi soltanto sulle metafore più suggestive,
sulle immagini più spesso citate e che più spesso sono state considerate
emblematiche del concetto di Storia. Alla vastità della materia di Midnight’s
Children va affiancato un altro problema: essendo questo un romanzo relativamente
recente e di un autore ancora in vita, non esistono molti studi a riguardo e molti
degli studi esistenti non sono obiettivi, ma sono inevitabilmente influenzati dal
ruolo di scrittore impegnato che Rushdie ha assunto, volontariamente o
involontariamente, nell’ambito del dibattito politico e culturale tra occidente ed
oriente, tra mondo ‘laico’ e Islam. Non si è avuto modo, per esempio, di discutere a
fondo delle rappresentazioni dei personaggi femminili e della loro funzione nella
descrizione di un India che si sta emancipando; non ci si è concentrati sulla natura
peripatetica del romanzo, sulla quale si sofferma soltanto di sfuggita Philip
Engblom nel suo saggio A Multitude of Voices, cioè sulla moltiplicazione degli
spazi, sul percorso geografico della storia di Saleem e sulla descrizione dei luoghi,
anch’essa rappresentativa di due mondi in contrasto. Non è stato possibile
soffermarsi sugli innumerevoli aspetti ‘marginali’ del romanzo, come l’influenza
del linguaggio cinematografico; la teatralità dei personaggi che spesso ricordano
quelli di Charles Dickens, come anche Rushdie ha detto in alcuni suoi scritti; il
significato dei molti riferimenti espliciti alla mitologia induista, ma anche alla
tradizione biblica e al corano. Nonostante ciò si è cercato di dare una visione
d’insieme di questo romanzo, con l’augurio di poter approfondire la conoscenza
dell’opera di questo autore.
Nel primo capitolo si propone una spiegazione del concetto di Storia nel
postmoderno: in cosa, cioè, si può dire che sia mutata la visione della Storia in
letteratura; in cosa consiste la distinzione tra la Storia e le storie e come essa
influisca in ambito letterario; cos’è il metaromanzo storiografico e come viene
affrontato il tema della Storia in Midnight’s Children. In particolare, il secondo
paragrafo del primo capitolo si concentra su Rushdie e sulle sue idee a riguardo,
3
soprattutto sulla sua visione della letteratura post-coloniale e su alcune riflessioni
sulla natura degli ‘errori’ storici contenuti nel romanzo.
Il secondo e il terzo capitolo, invece, si concentrano sul contenuto del
romanzo e su quelle immagini che si ricollegano al problema della conservazione
della Storia e alle sue cause. Partendo dalla metafora del lenzuolo perforato che dà
anche il titolo al primo episodio del romanzo, si amplia la discussione e ci si
sofferma su altre metafore ricorrenti. La metafora del lenzuolo perforato viene
estesa anche ad altri ambiti e viene ribattezzata ‘la metafora del buco’, in quanto
rievoca non soltanto l’impossibilità di guardare il mondo per intero, ma anche la
necessità del passaggio dal dentro, cioè dal proprio mondo interiore, dalla propria
patria, al fuori (e viceversa), nel tentativo di conoscere la Storia come un intero
piuttosto che come un’irricostruibile serie di pezzi. Il passaggio dal dentro al fuori è
particolarmente presente nel personaggio principale, Saleem Sinai, e nelle continue
descrizioni del suo corpo e di ciò che esso rappresenta. Nel terzo capitolo, quindi, si
propone una descrizione del personaggio principale come entità fisica che si mette
in contatto con il resto del mondo. Essendo Saleem il gemello della nazione, il suo
corpo è descritto come simile a quello dell’India e subisce una serie di danni che
sono indicativi del legame indissolubile tra la sua storia personale e quella della sua
nazione.
Nel quarto capitolo ci si concentra sulla struttura del romanzo. In particolare,
si fa riferimento all’intertestualità e all’influenza della tradizione orale, che fanno di
Midnight’s Children quello che Stefano Manferlotti ha definito un ‘romanzo-
ragnatela’. Una particolare attenzione è posta sul ruolo del personaggio di Padma in
quanto narratario e sulla differenza tra il punto di vista dell’autore e quello del
narratore. Molto si è discusso, infatti, sull’uso di Rushdie di figure di potere e sul
finale del romanzo: Salman Rushdie ha una visione pessimista o ottimista del futuro
dell’India? Ciò che l’autore stesso ha cercato di dimostrare nei saggi che hanno
seguito la pubblicazione di Midnight’s Children è che questo non è importante e che
non si può cercare un’opinione politica come chiave di lettura di un romanzo nel
quale l’autore ha provato, spinto dalla stessa esigenza di conservazione, dalla stessa
tendenza all’elefantiasi dei suoi personaggi, a racchiudere tutta l’India.
4
Capitolo 1:
La Storia e le storie
1.1. Il concetto di Storia nel postmoderno
Per postmodernismo si intende quella tendenza culturale che si va delineando
nelle varie culture europee a partire dalla seconda metà del XX° sec., e che è
caratterizzata da un ravvivato interesse per alcune tecniche letterarie, quali il
pastiche e la parodia, fino ad arrivare alla Metafiction, cioè al romanzo che parla di
sé. Nell'ambito del postmodernismo nasce non solo un nuovo tipo di romanzo
storico, che Linda Hutcheon definisce 'historiographic metafiction'
1
, ma anche,
come conseguenza dello sgretolamento dell'Impero Britannico, della fine del
colonialismo e di tutte quelle migrazioni, forzate e non, che caratterizzano quel
periodo storico, un nuovo tipo di letteratura, all'interno della quale convergono
elementi appartenenti a diverse culture ed esperienze: soprattutto nasce una
rielaborazione del concetto di memoria e, in particolare, di Storia.
E' molto importante, per dare un quadro del cambiamento nella visione della
Storia, definire la condizione dell'uomo postmoderno: in cosa, cioè, gli intellettuali
di questo periodo ritengono che sia cambiata la sua Weltanschauung. Trovo che
possa essere d'aiuto, a questo scopo, la scena finale di un film molto recente rispetto
al periodo al quale si riferiscono le teorie dei postmodernisti: Men in Black
2
.
Assistiamo, nel momento in cui crediamo che la storia di fantascienza e di mondi
alternativi sia finita, ad un nuovo inizio, che dà un ulteriore spunto per
l'interpretazione del film, pur lasciandone aperto il finale. Lo sguardo della
telecamera si allontana velocemente: all'automobile con i due MIB si sostituiscono
la strada, poi la città, poi il continente, fino ad arrivare fuori dall'atmosfera, fuori
dalla via lattea, nelle mani di un viscido mostriciattolo che gioca con le sue biglie e
1
Steven Connor, Postmodernist Culture, an Introduction to the Theories of the Contemporary,
Oxford, Blackwell Publishers, 1997, p.131.
2
Men in Black, scritto da Ed Solomon in base a un fumetto di Lowell Cunningham, regia di Barry
Sonnenfeld, 1997.
5
che le tiene nascoste in un sacchetto, dentro il quale nasconde anche noi con tutto il
nostro mondo. Le biglie sono i mondi possibili, sia reali che immaginari, e
possiedono diverse qualità. Non sono soltanto tanti, racchiusi in un solo sacchetto,
in apparenza identici ma separati; sono anche contenuti uno dentro l'altro come in
un gioco di scatole cinesi. Un'altra galassia, per esempio, è 'sulla cintura di Orione',
il gatto misterioso che abbiamo incontrato durante la storia della galassia dalla quale
siamo appena usciti. Insomma, alla fine dei conti sembra proprio che il nostro
mondo, che crediamo di conoscere così bene, sia composto da molteplici realtà non
tutte ugualmente conoscibili (all'interno del film troviamo alterazioni della
memoria, mondi sotterranei e identità segrete), e per di più sembra proprio che il
nostro mondo, che appare così grande rispetto alla galassia sulla 'cintura di Orione',
sia altrettanto piccolo e altrettanto manipolabile, oltre a non essere l'unico mondo
possibile, ma soltanto uno dei tanti.
Mi sembra che questa immagine possa davvero descrivere la condizione
postmoderna come è vista da McHale, che fa riferimento nel suo saggio a Roman
Jacobson e al concetto di ‘dominante’: 'The dominant may be defined as the
focusing component of a work of art: it rules, determines, and transforms the
remaining components'
3
. Per i modernisti dell'inizio del '900 la dominante era
epistemologica, e quindi la domanda che era stata posta alle opere d'arte e attraverso
le opere d'arte concerneva il modo di conoscere il mondo: “How can I interpret this
world of which I am a part? And what am I in it?”
4
. Il mondo era ancora concepito
come unitario e l'io come parte centrale di esso, come punto di partenza nella
ricerca di uno scopo. Però, continua McHale,
Intractable epistemological uncertainty becomes at a certain point
ontological plurality or instability: push epistemological questions far
enough and they 'tip over' into ontological questions
5
.
E' proprio come conseguenza degli eccessi del metodo epistemologico e della
scoperta della sua fallibilità e incompletezza, che emerge come dominante il nuovo
3
Brian McHale, Postmodernist Fiction, London, Routledge, 1987, p.6.
4
Ibid. p. 9.
5
Ibid. p. 11.
6