2
circostanze oggettive che escludono la pena. Spetta dunque all’interprete il delicato
compito di individuare quali tra le numerose ipotesi di non punibilità siano da
ricondurre nell’ambito delle cause di giustificazione, e quali invece ricadano sotto
l’egida di altri istituti giuridici.
Quanto alla collocazione che le cause di giustificazione trovano all’interno della
struttura del reato, va subito osservato che non si può dare risposta univoca a tale
quesito. Si ricorda a tale proposito che vi sono due principali teorie formulate in
dottrina relative alla sistemazione degli elementi del reato: la teoria tripartita e la
teoria bipartita.
Secondo la teoria tripartita, avallata tra gli altri da Fiandaca, Musco e Padovani, gli
elementi del reato sono tre: il fatto (elemento materiale), la colpevolezza (elemento
psicologico) e l’antigiuridicità (desumibile dalla conformità del fatto al modello
astratto di reato). Tale dottrina consente una razionale sistemazione degli elementi
del reato.
Per quanto riguarda invece i seguaci della teoria bipartita, in primis l’Antolisei, il
reato si scompone semplicemente in elemento oggettivo (fatto materiale) ed
elemento soggettivo (elemento psichico o atteggiamento della volontà). Secondo
una tale teoria le cause di giustificazione non costituirebbero una categoria
autonoma e sarebbero conglobate nell’ambito dell’elemento oggettivo del reato.
La preferenza espressa dai più per il sistema tripartito si giustificherebbe senz’altro
sulla base del fatto che la teoria in questione dà la possibilità all’interprete di
localizzare in modo compiuto le cause di giustificazione.
circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente solo se da lui conosciute ovvero ignorate per
colpa, o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze
aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui. Se l’agente ritiene per errore che esistano
circostanze che escludono la pena, queste sono sempre valutate a favore di lui; tuttavia, se si tratta di errore
determinato da colpa, la punibilità non è esclusa quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo”.
3
2. L’ ARTICOLO 52 DEL CODICE PENALE NELLA SUA FORMULAZIONE
ORIGINARIA.
L’articolo 52 del codice penale è stato modificato dalla legge 13 febbraio 2006, n.
59, prevedendo l’aggiunta di altri due commi al testo originario anteriore alla
riforma.
Il comma 1 che in origine costituiva l’intera norma recitava: “Non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità
3
di difendere un diritto
4
proprio o altrui contro il pericolo attuale
5
di una offesa ingiusta
6
, sempre che la
difesa sia proporzionata all’offesa”.
Tale scriminante implica, da un lato, un’aggressione o un’offesa, dall’altro, una
reazione o difesa; entrambi gli elementi presuppongono determinate condizioni:
l’offesa deve avere ad oggetto un diritto altrui, deve essere ingiusta e deve creare
un pericolo attuale per tale diritto; la difesa deve essere necessaria per
salvaguardare il diritto minacciato e deve essere proporzionata all’offesa.
E’ da notare come già prima della riforma del 2006 i maggiori orientamenti
giurisprudenziali riconoscevano come la legittima difesa fosse estendibile anche ai
diritti patrimoniali e che questi ultimi fossero difendibili anche con atti di violenza,
ma a determinate condizioni: che vi fosse proporzione tra il potenziale danno e la
reazione posta in essere, e che la violenza fosse l’unico mezzo per evitare
l’aggressione al patrimonio e non costituisse esclusivamente occasione per una
ritorsione
7
. Non sono mancate inoltre, in dottrina e giurisprudenza, le questioni
relative alla legittimità della difesa da parte di chi aveva la possibilità di evitare la
reazione difensiva dandosi alla fuga.
3
Necessità di difendere: la reazione deve risultare necessaria per salvare il diritto minacciato. La dottrina fa
riferimento al concetto di inevitabilità valutata mai in astratto ma in concreto; per tanto in sede di giudizio si dovrà
tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto.
4
Diritto: nel caso di specie si fa riferimento ai diritti personali (vita, integrità fisica, incolumità), ai diritti patrimoniali
(proprietà), nonché ai diritti morali (onore, riservatezza).
5
Pericolo attuale: per pericolo attuale si intende la probabilità del danno: attuale è il pericolo presente o incombente al
momento del fatto, non futuro o già esaurito; tale è anche il pericolo perdurante, che si ha quando la lesione è in corso. Il
pericol va accertato con tutti gli elementi possibili, compresi quelli rilevabili ex post.
6
Offesa ingiusta: l’offesa può consistere anche in una minaccia o in una omissione. L’ingiustizia si verifica
allorquando l’offesa sia contra ius (ossia contraria ai precetti dell’ordinamento giuridico) o non iure (quando non sia
espressamente autorizzata dall’ordinamento giuridico). Perciò non può invocare la legittima difesa il ladro che reagisce
contro il pubblico ufficiale che tenti di trarlo in arresto nell’adempimento dei suoi tipici doveri.
7
v. Corte di Cassazione Penale, sent. n. 20727 del 12 maggio 2003.
4
Secondo la dottrina prevalente il problema va risolto in base al criterio del
bilanciamento degli interessi per cui il soggetto non è tenuto a fuggire in tutti quei
casi in cui la fuga esporrebbe beni suoi personali (es: pericolo d’infarto per il
cardiopatico) o di terzi ( es. :rischio di investire i passanti con una fuga in
macchina) a lesioni uguali o superiori alla lesione che provocherebbe all’aggressore
difendendosi.
Sul punto la giurisprudenza è stata invece oscillante, precisando in alcuni casi che “
non è configurabile l’esimente della legittima difesa qualora l’agente abbia avuto la
possibilità di allontanarsi senza pregiudizio e senza disonore
8
”.
3. STRUTTURA, FONDAMENTO E REQUISITI DELLA SCRIMINANTE.
Si può senz’altro affermare che la legittima difesa è la più nota e comune delle
cause di giustificazione.
Il fondamento della scriminante è dato dall’insopprimibile esigenza dell’uomo di
tutelare se stesso e conservare i suoi beni, opponendosi alle aggressioni altrui,
un’esigenza cui l’ordinamento concede uno spazio limitato alle ipotesi in cui non sia
possibile il ricorso immediato alla protezione dello Stato attraverso l’intervento
tempestivo dell’Autorità.
A ciò deve aggiungersi che la scriminante ha in un certo senso anche una funzione
di “stabilizzazione dell’ordinamento
9
”: il privato, infatti, contrastando l’aggressione
del terzo, riafferma la validità ed il primato del diritto.
L’istituto della legittima difesa, dunque, secondo l’opinione dominante, realizza un
bilanciamento dei contrapposti interessi dell’aggredito e dell’aggressore,
accordando preferenza al primo e realizzando l’effetto consueto delle scriminanti,
per cui un fatto tipico lesivo di un interesse penalmente tutelato non è, in presenza
degli elementi costitutivi della scriminante, antigiuridico. L’interesse di chi sia
ingiustamente aggredito prevale rispetto all’interesse di chi si è posto fuori dalla
legge
10
(vim vi repellere licet).
8
v. Corte di Cassazione Penale sent. n. 5697 del 6 febbraio 2003.
9
v. ROMANO M., “Commentario sistematico al codice penale”, vol. I, Milano, 2005, p. 554.
10
v. Corte di Cassazione Penale, 6 maggio 1975, in Rep. Foro it. 1976, pag. 351.
5
La ragione per cui la legittima difesa esclude l’illiceità del fatto, comportando quindi
l’esenzione dalla pena, è che la reazione alla condotta dell’aggressore è
indispensabile per salvare l’interesse dell’aggredito. Il fatto che l’interesse
dell’aggredito ha per la comunità un valore superiore a quello dell’aggressore
implica che nella condotta difensiva manchi quel danno o disvalore sociale che
giustifica l’intervento dello Stato con la sanzione punitiva.
Al fine di invocare l’esimente in parola da sempre la giurisprudenza ha ritenuto
necessario porre l’accento in maniera incontrovertibile su alcuni parametri:
l’intenzionalità condizionata dell’azione tesa alla difesa di un diritto minacciato
attualmente da un’offesa ingiusta; l’involontarietà del pericolo , nel senso che
l’aggredito non deve avere creato volontariamente e scientemente la situazione di
pericolo da cui egli si è dovuto difendere legittimamente; l’inevitabilità del pericolo,
ovvero l’assenza di alternative meno gravi rispetto all’offesa utilizzata per
difendersi; infine la proporzionalità tra azione a difesa ed aggressione ingiusta.
Tutti questi paramentri risultano comprensibili proprio alla luce dell’analisi della
struttura della legittima difesa, la quale ruota sostanzialmente attorno ad una
aggressione ingiusta cui fa rimando una reazione legittima
11
.
Proprio in virtù di ciò si rende necessario esaminare nel dettaglio quali siano i punti
cardine della scriminante in esame.
3A. REQUISITI DELL’AGGRESSIONE.
Per quanto concerne la condotta aggressiva, rileva innanzitutto il fatto che la
minaccia deve provenire da una condotta umana; essa può anche scaturire da
animali o cose, ma solo se è individuabile un soggetto tenuto ad esercitare su di
essi una vigilanza, per cui in tal caso l’esimente si applicherà sia a favore di chi
reagisce direttamente contro l’animale, sia a favore di chi reagisce contro colui su
cui gravava l’obbligo di custodia
12
.
Il pericolo può provenire anche da una condotta omissiva; inoltre, la reazione
difensiva è giustificata anche laddove l’aggressore sia un soggetto immune o non
11
v. ZAINA C. A., “La nuova legittima difesa”, Maggioli Editore, 2006, pp. 842 ss.
12
v. FIANDACA G. – MUSCO E., “Diritto penale, Parte generale”, Zanichelli Editore, Bologna, 2002, pp. 244 ss.
6
imputabile: è sufficiente infatti che l’aggressore ponga in essere un comportamento
contrastante con l’ordinamento giuridico considerato nel suo complesso,
indipendentemente dal fatto che la specifica illiceità penale venga meno per difetto
di requisito di natura soggettiva
13.
La condotta dell’aggressore non deve poi necessariamente possedere il carattere
della violenza, visto e considerato il fatto che la norma parla semplicemente di
“offesa”; pertanto la legittima difesa sarebbe ammessa anche per reagire al
pericolo di uso di mezzi di per sé non violenti, quali, ad esempio, l’utilizzo di un
narcotico o di gas.
Quanto all’oggetto dell’aggressione, è difendibile qualsiasi diritto proprio o altrui,
qualunque situazione giuridica soggettiva attiva. Rileva, in tale ottica, il fatto che
l’art. 52 c.p. utilizzi il termine generico “diritto” senza fare espresso riferimento al
diritto soggettivo stricto sensu. La facoltà di difesa deve ritenersi applicabile a tutti i
diritti indistintamente, quindi sia a quelli personali che a quelli patrimoniali tenendo
però in debita considerazione il fatto che l’art. 2 della Convenzione dei diritti
dell’uomo limita la liceità dell’omicidio per legittima difesa ai soli casi di attacco a
beni quali la vita o la libertà delle persone, ritenuti questi essenziali rispetto a tutti
gli altri
14
.
Presupposto fondamentale della legittima difesa è che l’aggressione provochi un
pericolo attuale di offesa: non deve trattarsi di un pericolo in corso, perché in tal
caso la difesa non avrebbe alcun valore di prevenzione; né di un pericolo futuro,
che darebbe il tempo materiale di invocare la tutela da parte dell’Autorità. Occorre
una minaccia di lesione incombente al momento del fatto, tale cioè che la reazione
nei confronti dell’aggressore rappresenti l’unico mezzo utile e possibile per mettere
al riparo il bene posto in pericolo. Si ritiene altresì che nella nozione di pericolo
attuale debba farsi rientrare anche il pericolo perdurante, ovvero sia quello
riscontrabile nell’ambito dei reati permanenti, o ancora in quei casi nei quali, non
13
v. PADOVANI, “La condotta omissiva nel quadro della difesa legittima”, in Rivista italiana diritto penale, 1970,675
e ss.
14
v. ROMANO M., “Commentario sistematico al codice penale”, Milano, 2005, p. 555.
7
essendosi del tutto esaurita l’offesa, non si è ancora completato il trapasso dalla
situazione di pericolo a quella di danno effettivo
Pur nel silenzio del legislatore, la giurisprudenza e la dottrina dominante ritengono
che la scriminante non possa essere invocata laddove la situazione di pericolo sia
stata volontariamente cagionata dal soggetto che reagisce, dato che in tal caso
verrebbe meno il requisito della necessità della difesa, o quello dell’ingiustizia
dell’offesa, o addirittura entrambi. La legittima difesa risulta inapplicabile, pertanto,
al provocatore, a chi accolga una sfida, o affronti una situazione di rischio prevista
ed accettata; la legittima difesa è ancora esclusa nei casi di rissa, posto che i
partecipanti sono tutti spinti da un reciproco intento aggressivo
15
.
L’offesa al diritto, che permea la condotta aggressiva, deve essere un’offesa
ingiusta,ossia deve essere arrecata in assenza di un titolo legittimante.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ormai superata opinione tradizionale,
l’offesa ingiusta va intesa non come offesa antigiuridica, e dunque non contra ius,
perché ciò porterebbe a circoscrivere la legittima difesa alle sole offese colpevoli
(dolose o colpose), eccetto i casi marginali di responsabilità oggettiva. L’offesa va
invece considerata non iure cioè arrecata al di fuori di qualunque norma che la
imponga (adempimento del dovere legittimo) o che la autorizzi (esercizio del diritto,
consenso dell’avente diritto, legittima difesa, uso legittimo di armi). In definitiva ciò
che deve essere preso in debita considerazione è che il riferimento all’ingiustizia
dell’offesa sta ad indicare che l’aggressione, oltre a minacciare un diritto altrui, non
deve essere espressamente facoltizzata dall’ordinamento
16
. Se ne deduce che non
può invocare la legittima difesa chi pretende di reagire contro una persona che a
sua volta agisca nell’esercizio di una facoltà legittima espressamente prevista
dall’ordinamento o nell’adempimento di un dovere.
3B. REQUISITI DELLA REAZIONE.
Nell’ambito della condotta difensiva vengono in rilievo alcuni requisiti: innanzitutto
la necessità di una reazione; necessità della reazione significa costrizione, e cioè
15
v. Corte di Cassazione Penale, 2 ottobre 1972, in Giust. Pen., 1973, II, p. 201.
16
v. FIANDACA G. – MUSCO E., “Diritto penale, Parte generale”, Zanichelli Editore, Bologna, 2002, p. 249.
8
inevitabilità di porre in essere la condotta difensiva. Il secondo requisito, che oggi
alla luce della riforma della legittima difesa ad opera della legge 59/2006 viene
meno in ipotesi determinate, è quello della proporzione tra offesa e difesa.
Quanto al primo requisito si ritiene che una reazione sia inevitabile quando non è
sostituibile da un’altra meno dannosa ed ugualmente idonea ad assicurare la tutela
dell’aggredito. Da ciò deriva che l’applicazione della scriminante deve essere
esclusa allorché il soggetto aggredito abbia la possibilità di difendersi senza
offendere l’aggressore, ovvero qualora la difesa possa concretizzarsi con un’offesa
meno grave di quella di fatto arrecata; la condotta difensiva, dunque, intanto può
essere considerata necessaria in quanto appaia l’unica idonea neutralizzare il
pericolo. Il giudizio di necessità-inevitabilità naturalmente non è assoluto ma
relativo, perché si deve tener conto di quelle che sono le circostanze del caso
concreto, (tempo, luogo, modalità dell’aggressione, caratteristiche psicofisiche
dell’aggressore e dell’aggredito), per cui una medesima reazione può apparire
necessaria ed inevitabile in una determinata ipotesi, ma non altrettanto necessaria
ed inevitabile in una situazione differente. Si discute circa l’applicazione della
legittima difesa nei casi in cui l’aggredito possa porsi in salvo dandosi alla fuga
17
; il
nodo dei rapporti tra reazione e fuga va sciolto tenendo conto del principio del
bilanciamento degli interessi, per cui si ritiene che l’aggredito non sia tenuto a
fuggire in tutti quei casi in cui la fuga esporrebbe i suoi beni o quelli di terzi a rischi
maggiori di quelli incombenti sui beni del soggetto contro cui si esplicherebbe la
reazione (l’aggressore). Anche la Cassazione si è pronunciata sul tema affermando
che l’alternativa della fuga può venire in rilievo quando i mezzi di reazione
disponibili siano talmente sproporzionati rispetto alla natura dell’offesa da non poter
essere giustificati
18
.
Quanto al secondo requisito della condotta difensiva, necessario perché questa
possa considerarsi necessaria, è quello della proporzione tra difesa ed offesa. Circa
i criteri da utilizzare per formulare il giudizio di proporzione, la dottrina dominante
ha da tempo ripudiato l’interpretazione che desumeva la proporzione tra offesa e
17
v. ROMANO M., “Commentario sistematico al codice penale”, Milano, 2005, p. 557.
18
v. Corte di Cassazione Penale, 17 aprile 1980, in Riv. Pen., 1981, p. 42
9
difesa dal rapporto tra i mezzi utilizzati dall’aggredito e quelli che aveva a
disposizione. Viene
concordemente sottolineata invece l’importanza centrale che, ai fini di un siffatto
giudizio, assume la valutazione del confronto tra il bene dell’aggredito posto in
pericolo e quello dell’aggressore sacrificato dalla reazione. Accogliendo
l’orientamento che assume a termine del giudizio di proporzione il rapporto di
valore tra i beni o interessi in conflitto, si opera una sorta di bilanciamento tra il
bene minacciato ed il bene leso, con la conseguenza che all’aggredito che si
difende non è consentito ledere un bene dell’aggressore marcatamente superiore a
quello posto in pericolo dall’iniziale aggressione illecita
19
. Infatti è pacifico affermare
che la proporzione sussiste quando il male provocato dall’aggredito all’aggressore
risulta essere inferiore, uguale o tollerabilmente superiore a quello subito. Si è
altresì affermato che anche il giudizio di proporzione debba essere effettuato ex
ante e deve essere relativistico. La risoluzione dei dubbi che possono sorgere nella
varietà dei casi è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.
Occorre infine soffermarsi brevemente sulla legittima difesa putativa e sul concetto
di eccesso colposo. Per quanto riguarda la legittima difesa putativa, essa presenta
gli stessi requisiti di quella reale con la differenza che nel caso della esimente
putativa la situazione di pericolo non esiste obiettivamente, ma è erroneamente
percepita come esistente dall’aggredito sulla base di un errore scusabile
nell’apprezzamento dei fatti, errore determinato da una situazione obiettiva atta a
far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di
una offesa ingiusta.
Con riferimento al concetto di eccesso colposo, poi, rileva che esso già presuppone
l’applicazione dell’esimente della legittima difesa e consiste in un oltrepassamento
colposo dei limiti previsti per la causa di giustificazione stessa
20
.
19
v. Corte di Cassazione Penale, 28 novembre1978, in Rep. Foro it., 1979, p. 326.
20
v. MAZZON, R., “Le Cause di giustificazione”, Cedam, Padova, 2006, p. 193 ss.