8
Ciò pone dei problemi, sia dal punto di vista ambientale (ad esempio per l'effetto serra
o lo smaltimento delle scorie), sia dal punto di vista geopolitico.
La scelta di una fonte energetica è quindi diventata un fatto socio-politico complesso ed
importante, che dipende dalla disponibilità di risorse, dal costo di una fonte in relazione
alle condizioni particolari di una nazione, dall'affidabilità delle centrali di produzione di
energia e dalla protezione dell'ambiente.
La nostra società, dunque, si trova ad affrontare due sfide fondamentali: reperire ed
assicurare le risorse energetiche per sostenere la crescita e lo sviluppo economico dei
Paesi sviluppati e, ancor più, di quelli in via di sviluppo; mitigare i processi di
cambiamento climatico in atto garantendo la protezione dell’ambiente.
Trovare un equilibrio fra queste esigenze ci obbliga a realizzare una vera e propria
transizione verso un sistema energetico ed uno sviluppo più sostenibile: il prezzo del
fallimento potrebbe essere catastrofico. La tecnologia ci offre gli strumenti per
realizzare questa transizione; occorre la disponibilità a cambiare comportamenti e a
mettere in atto politiche adeguate.
Consumi energetici mondiali per fonte
Fonte: International Energy Agency
9
1.2 Situazione attuale: l’energia nel mondo
Le risorse energetiche attualmente utilizzate derivano, come mostrato nella tabella
precedente, per l’80% da combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale) e per il
resto da energia nucleare, idraulica e biomasse, in proporzioni più o meno uguali. I
combustibili fossili e lo stesso uranio, tuttavia, sono risorse esauribili.
Per il petrolio ed il gas si sono già evidenziati problemi di scarsità, resi più acuti dalla
particolare distribuzione geografica delle risorse restanti, distanti dai centri di consumo
e concentrate in zone politicamente “a rischio” (infatti circa il 65 % delle risorse
mondiali di petrolio sono localizzate nel Medio Oriente). Per il petrolio, ben prima che
la produzione abbia raggiunto il suo massimo, c’è da attendersi una crescita dei prezzi
accompagnata da fluttuazioni anche brusche.
Lo stesso problema dovrebbe manifestarsi qualche decennio dopo anche per il gas. La
competizione internazionale, già evidente, per risorse che diventano sempre più scarse
tenderà dunque a intensificarsi e, per l’Europa, i problemi di dipendenza energetica e di
sicurezza di approvvigionamento, non potranno che aggravarsi.
Il carbone, la risorsa fossile globalmente più abbondante, si avvia inevitabilmente ad
essere utilizzato in maniera crescente, soprattutto fuori dall’Europa, in aree dove le
disponibilità sono cospicue e la domanda energetica è in forte crescita (Cina, India,
Indonesia, Sud-Africa).
Il carbone costituisce, d’altro canto, una alternativa che, in assenza di opportuni
accorgimenti tecnologici, rischia di compromettere ancora di più l’ambiente; questa
fonte, infatti, è fra le fonti energetiche quella che a parità di resa energetica produce più
anidride carbonica (CO2), il più importante dei gas ad effetto serra.
Nella Tabella che segue sono riportate le stime accertate di combustibili fossili e di
Uranio, espresse in Gtoe (miliardi di tonnellate di petrolio equivalenti).
10
Si tenga conto che il consumo energetico totale nel 2005 è stato di 11 Gtoe, così
ripartiti: 2.7 Gtoe per il carbone, 3.8 per il petrolio, 2.3 per il gas naturale, 0.7 per il
nucleare, 0.2 per l'idroelettrico, e solo 0.04 Gtoe per geotermico/solare/eolico.
Secondo la tabella, quindi, con le riserve accertate di petrolio si potrebbe andare avanti
per 150/3.8=39.4, cioè circa 40 anni. Per il carbone, la durata è circa 700/2.7=260 anni.
Riserve di combustibili fossili accertate e stimate
2 - Fonte: World energy council, survey of energy resource
http://www.worldenergy.org/publications/324.asp
Riserve (in Gtoe = 1000 Mtoe)[2] Accertate Stimate
Carbone
36% Europa; 30% Asia; 30% Nord America
700
3400
Petrolio
65% Medio Oriente; 10% Europa; 10% Centro e Sud
America;
5% Nord America
150
300
(+500 non
convenzionale)
Gas naturale
40% Europa; 35% Medio Oriente;
8% Asia; 5% Nord America
150
400
Uranio (235U) reattori termici
25% Asia; 20% Australia;
20% Nord America (Canada); 18% Africa (Niger)
60
250
Uranio (238U) reattori veloci 3500
15000
Energia solare per anno 130000
---
11
1.3 Scenari futuri: i problemi ambientali
È ormai generale il consenso scientifico sull’evidenza dei cambiamenti climatici e sulle
sue cause; in particolare, con il nuovo rapporto “Climate Change 2007", l’autorevole
Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) [3], nel confermare le indicazioni
generali già presenti nel precedente rapporto del 2001, fa salire dal 66% al 90% la stima
dell’incidenza del fattore antropico sull’innalzamento della concentrazione di gas serra
in atmosfera.
Secondo questo rapporto intervenire per contrastare le cause dei cambiamenti climatici
è un impegno da assumere soprattutto nei confronti delle generazioni future,
considerando che le emissioni di CO2 oggi prodotte resteranno per circa 100 anni
nell’atmosfera. Alcuni effetti dei cambiamenti climatici in corso sono già visibili e
riguardano l’aumento della temperatura media del pianeta; l’incremento della frequenza
di eventi estremi; l’accelerazione della crescita del livello del mare nonché fenomeni di
desertificazione e riduzione o modificazione della biodiversità, con effetti anche sul
settore agricolo.
Secondo Nicholas Stern[4], estensore di un recente rapporto commissionato dal governo
britannico, le conseguenze economiche a lungo termine dei cambiamenti climatici
potranno essere imponenti: dal 5 al 20% del prodotto lordo mondiale dovrà essere
impegnato annualmente per rimediare ai danni provocati dai nuovi assetti climatici.
Azioni tempestive di riduzione delle emissioni consentirebbero invece di ottenere una
mitigazione dell’effetto dei cambiamenti climatici con un costo molto più contenuto
che l’economista valuta in un ammontare pari all’1% annuo del PIL mondiale.
3 – IPPC: costituito nel 1988 dalle Nazioni Unite come organo scientifico di supporto agli organi
decisori, con il compito di valutare lo stato delle conoscenze scientifiche, tecniche e socio-
economiche su cause e conseguenze dei cambiamenti climatici
4 – Stern Review on the Economics of Climate Change, 2006
12
L’orientamento degli investimenti che saranno effettuati nei prossimi 10-20 anni avrà
dunque un profondo effetto sul clima e influenzerà in misura considerevole il futuro del
pianeta: i costi di stabilizzazione delle emissioni sono significativi ma sopportabili,
ritardare gli interventi potrebbe risultare pericoloso e molto più costoso.
Occorre osservare che, accanto agli investimenti per la mitigazione degli effetti dei
cambiamenti climatici, vanno, fin da subito, realizzati quelli che consentono
l’adattamento del pianeta ai danni già prodotti.
Per quel che riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, il Protocollo di Kyoto
rappresenta il primo strumento negoziale per la riduzione concordata a livello
internazionale delle emissioni dei gas a effetto serra.
Il Protocollo assegna all’Italia un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra, da
realizzarsi entro il 2012, del 6,5% rispetto ai livelli del 1990. In realtà nel nostro Paese
le emissioni, invece di diminuire, sono aumentate del 13%, portando a circa il 20% la
riduzione da realizzarsi da oggi al 2012.
La complessità dei problemi energetico-ambientali, qui brevemente delineati, richiede
un approccio soprannazionale e impone la necessità di sviluppare a livello
internazionale (ed europeo in particolare) azioni congiunte in grado di armonizzare le
politiche e gli strumenti di intervento, assicurando una massa critica adeguata per
affrontare su base cooperativa le attività sul piano della ricerca e dell’innovazione
tecnologica.
13
2 DIPENDENZA ENERGETICA
2.1 Situazione in Europa
Serie debolezze strutturali caratterizzano oggi i sistemi energetici. In primo luogo il mix
energetico in cui, nella media dei Paesi membri dell’UE, i fossili, rappresentano la fonte
prevalente (quasi l’80% nell’UE-27, circa il 90% per l’Italia).[5] Un altro problema a
carattere strutturale è quello della dipendenza dall’estero. L’Unione Europea a 27
presenta attualmente una dipendenza dalle importazioni d’energia per oltre il 50% del
suo fabbisogno. Vi è, infine, un problema di adeguatezza delle reti di
approvvigionamento, trasformazione e distribuzione dell’energia.
Le proiezioni dell’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia – organismo dell’OCSE)
al 2030 indicano che la domanda mondiale di energia crescerà fino a raggiungere un
incremento del 50% rispetto a oggi. Se la composizione delle fonti dovesse rimanere
quella attuale, la dipendenza dell’Europa dall’estero raggiungerebbe il 65%, fronte
dell’attuale 50% circa.
Dipendenza energetica di alcuni Paesi rispetto alla media UE
Fonte: elaborazione su dati EUROSTAT[6]
5 – Enea: Rapporto energia e ambiente 2006
6 – Eurostat: Ufficio Statistico delle Comunità Europee, raccoglie ed elabora dati dell'Unione
Europea a fini statistici
14
2.2 Situazione in Italia: domanda e offerta di energia
Alla modesta crescita dell’economia italiana ha corrisposto, nel corso del 2005, un
limitato innalzamento della domanda complessiva d’energia e dell’intensità energetica.
Il consumo di energia primaria per fonti (come mostrato nel grafico sottostante)
evidenzia un’ulteriore riduzione dei consumi dei prodotti petroliferi, che restano
comunque la fonte che contribuisce in quota maggiore alla domanda di energia.
Consumi di energia per fonte in Italia – anno 2005
Fonte: elaborazione su dati Ministero Sviluppo Economico
La corrispondente crescita del ricorso al gas naturale conferma d’altronde un processo
di sostituzione in atto già dalla metà degli anni 90 (come riportato nel grafico trend
1990/2005).
Anche il carbone fa segnare un calo nel 2005, invertendo in questo caso una tendenza
all’aumento che si era verificata negli anni precedenti.
Sostanzialmente stabile nel lungo periodo il dato dell’energia elettrica importata, che
vede nel 2005 una riduzione rispetto al 2004. In riduzione di quasi 1 punto percentuale
il contributo delle rinnovabili che, data la forte prevalenza della fonte idroelettrica, è
condizionato dai fattori stagionali.
15
I dati dal 2002 al 2005 mettono in evidenza un aumento continuo dei consumi totali di
energia con un tasso più elevato nel periodo 2002-2003 e un rallentamento nel periodo
2004–2005 mentre l’andamento del PIL nello stesso periodo è rimasto quasi
stazionario, registrando una leggera diminuzione nel 2005.
Consumi di energia per fonte – trend 1990/2005 (Mtep)
Fonte: elaborazione su dati Ministero Sviluppo Economico
L’aumento della domanda di energia riguarda soprattutto i settori residenziale e
terziario ed è causato essenzialmente da fattori climatici.
In particolare, nel 2003, tali consumi sono aumentati in maniera sostenuta con un
incremento sia dei consumi di gas per il riscaldamento ambientale sia dei consumi
elettrici per la climatizzazione estiva.
L’andamento dei prezzi del greggio ha fatto crescere ulteriormente la fattura energetica
italiana che ha sfiorato nel 2005 i 40 miliardi di euro, una cifra che rappresenta il 2,9%
del PIL, facendo segnare uno degli incrementi annuali più elevati degli ultimi due
decenni con un aumento di oltre il 30% rispetto al 2004.
16
L’aumento della fattura energetica riflette un andamento delle importazioni di fonti
primarie dall’estero, e quindi della dipendenza energetica dell’Italia, il cui andamento è
in continua crescita a partire dalla fine degli anni 90.
Come si vede nel grafico, la dipendenza complessiva dalle importazioni sale nel 2005
all’85,07% e fa segnare il suo massimo in relazione alle importazioni di petrolio
(92,86%) e il suo minimo per le importazioni di energia elettrica (16,13%)[7].
Andamento percentuale della dipendenza energetica per fonte
Fonte: elaborazione su dati Ministero Sviluppo Economico
7 – Fonte: Enea, Rapporto energia e ambiente 2006
17
3 LE FONTI RINNOVABILI DI ENERGIA: OBIETTIVI
Nonostante le misure adottate dall’Unione Europea già dal 1997, non sarà possibile
raggiungere al 2012 l’obiettivo del 12% da rinnovabili sul totale delle fonti di energia,
soprattutto per l’assenza di un quadro strategico coerente ed efficace e di una visione
stabile sul lungo termine.
In seguito a questa situazione nasce la necessità di realizzare un nuovo quadro
legislativo di riferimento in materia di promozione e di utilizzo delle rinnovabili
nell’Unione Europea al fine di garantire al settore privato quella stabilità a lungo
termine che è condizione necessaria per definire piani di investimento in questo settore.
Per conseguire entro il 2020 l’obiettivo del 20% di rinnovabili sul consumo totale di
energia, la Commissione ha previsto un costo aggiuntivo medio annuo tra il 2005 e il
2020 compreso, in funzione essenzialmente del prezzo del petrolio, tra 10 e 18 miliardi
di euro. Tale costo verrebbe però compensato dalle rilevanti riduzioni di fonti fossili
importate e di emissioni di gas serra realizzate grazie alla sostituzione accelerata dei
combustibili fossili con le fonti rinnovabili. Questi investimenti consentirebbero, d’altra
parte, di creare numerosi posti di lavoro e di sviluppare nuove imprese tecnologiche
europee.
Per raggiungere tali obiettivi il Consiglio europeo ha invitato espressamente la
Commissione ad elaborare entro il 2007 una proposta di direttiva che contenga
disposizioni in merito agli obiettivi nazionali degli Stati membri, agli obiettivi settoriali
per fonte e alle misure per il loro conseguimento nonché disposizioni per garantire la
produzione e l’uso sostenibile di biomassa evitando i conflitti tra i diversi usi. [8]
8 – Fonte: Enea, Rapporto energia e ambiente 2006
18
4 CONSIDERAZIONI
La domanda energetica in forte crescita non potrà essere soddisfatta, a livello globale,
dalle tecnologie tradizionali, senza aumentare fortemente la pressione sull’ambiente,
sulla salute dell’uomo e sulla sicurezza dell’approvvigionamento.
Sarà invece necessario che acquistino un ruolo dominante tecnologie in grado di
soddisfare la domanda riducendo al minimo tali pressioni.
L’efficienza energetica e l’aumento delle quote delle rinnovabili realizzate con le
tecnologie disponibili nel prossimo futuro, acquisiranno sempre più un ruolo
determinante per rispondere alla sfida. Ciò vale ancor più se si concentra l’attenzione
sul sistema energetico nazionale, che si caratterizza per diverse peculiarità che hanno
un impatto negativo sul sistema-paese.
19
Capitolo 1
Analisi territoriale del Comune di Albareto
20
1.1 CENNI STORICI
Comune dell'Appennino parmense, situato nel cuore della valle del torrente Gotra, nel
confine tra Emilia, Toscana e Liguria. La località è citata nei diplomi di Ottone (963) e
e Federico I (1185) che attestano la podestà su questa terra dei vescovi di Luni.
Albareto prende nome dal vasto territorio montano e boscoso in cui si trova ed in cui,
un tempo, si insediarono gli Etruschi, come ne fa testimonianza il cippo funerario che
reca inciso il nome del proprietario MI SEPUS (cippo trovato nel pianoro sommitale di
Monte Ribone ed attualmente esposto nella sala Archeologica del Seminario di
Bedonia) e i Liguri, ai quali va l'organizzazione del patrimonio dei beni indivisi, le
Comunalie.
Il territorio fu feudo dei Fieschi di Lavagna che lo tennero fino al 1574, anno in cui
passò al Ducato di Parma di cui seguì le vicende. Il capoluogo, sviluppatosi negli ultimi
decenni, conserva alcune opere edilizie: la parrocchiale di S. Maria Assunta, di origine
medioevale, fu ricostruita nel 1475 e restaurata nel 1843 e nel 1967; nell'interno si trova
un interessante altare del XVII sec. in legno d'ontano scolpito e dorato. A Groppo, la
chiesa di S. Pietro (XVII sec.) conserva una bellissima statua in marmo della Madonna
col Bambino (fine '600) e una importante croce astile (XV sec.) in rame cesellato.
Nel territorio comunale, caratterizzato da un paesaggio ancora vergine, la ricchezza
della vegetazione spontanea favorisce la crescita di preziosi frutti del sottobosco.
Sotto l'aspetto politico-religioso Albareto faceva parte dell'antica Diocesi di Luni e, in
seguito all'insabbiamento di questa Città, di Sarzana.
Alla dominazione romana seguì quella dei Goti (V° secolo), quindi quella bizantina
(VI° secolo) a nord del Gotra e dei Longobardi a sud[9].
9 – Fonte: Comune di Albareto, http://www.comune.albareto.pr.it/