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Nella prima parte dell’elaborato ci siamo soffermati sull’analisi del mezzo
fieristico, cercando di ricostruirne le origini e comprendere le potenzialità
che esso ha assunto oggi. Nel Capitolo 2 invece abbiamo trattato il mercato
dell’olio di oliva in Italia, per comprendere importanza, caratteristiche e
dimensioni di questo settore produttivo. L’ultima sezione dell’elaborato
presenta e commenta i dati ottenuti grazie alla ricerca svolta all’interno
della fiera.
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CAPITOLO 1
LE MANIFESTAZIONI FIERISTICHE
1.1 Introduzione
Le manifestazioni fieristiche rappresentano oggi, per molti settori
produttivi, uno dei mezzi più utilizzati per comunicare l’immagine
aziendale, presentare nuovi prodotti, stabilire o mantenere contatti con il
mercato.
Le imprese espositrici dedicano notevoli risorse finanziarie ed organizzative
a questo mezzo comunicativo
1
, che per molti settori produttivi rappresenta
il principale strumento di contatto con il mercato. Secondo un’indagine
realizzata dal Censis (1998) sul panorama nazionale delle medie imprese
industriali
2
è emerso che l’83% indica l’esposizione dei propri prodotti in
fiera come uno dei principali (se non il principale) strumento di marketing
utilizzato come strada privilegiata per far conoscere i propri prodotti al
mercato.
La fiera, infatti, costituisce un'occasione di interazione diretta con gli
acquirenti ed una possibilità di presenza all’interno delle alternative di
acquisto del tutto particolari rispetto ad altri strumenti del mix di
comunicazione.
1
Secondo ricerche svolte dall’Osservatorio Fiere del CERMES, Centro di Ricerca sui Settori e i
Mercati Industriali dell’università Bocconi, si stima che la partecipazione a fiere assorba circa il
30% del budget di comunicazione delle imprese italiane.
2
Sono tali le aziende industriali che secondo la classificazione adottata dall’Unione Europea
occupano un numero di addetti compreso tra 51 e 250 e realizzano un fatturato annuo compreso tra
1 e 40 milioni di euro.
7
Il processo comunicativo attivato all’interno dello stand è d’altro canto
molto complesso e ricco di potenzialità espressive e richiede una
pianificazione ed uno sforzo organizzativo notevoli per poter essere
sfruttato al massimo delle sue possibilità; spesso invece la partecipazione
fieristica non viene declinata dalle imprese espositrici nella maniera più
completa ed efficace. Ciò probabilmente dipende dal fatto che spesso la
fiera viene considerata principalmente come strumento di vendita, mentre in
realtà essa rappresenta un potente strumento di comunicazione
dell’innovazione, dell’immagine aziendale e delle specificità del settore
merceologico in cui l’azienda espositrice opera
3
.
In tal senso il processo di specializzazione degli eventi fieristici che ha
cominciato verificarsi nel corso degli ultimi 15 anni costituisce una
importante evoluzione verso una consapevolezza della portata informativa
del mezzo e della necessità di operare una segmentazione per target e settori
merceologici per poter beneficiare delle caratteristiche di questo strumento.
3
Francesca Golfetto, Fiere e Comunicazione, Cap. I, Egea 2004
8
1.2 Storia dell’istituto fieristico nei secoli
4
La Fiera come la conosciamo oggi è il risultato di un’evoluzione che trae le
proprie origini sin dal Medioevo.
La fiera nasce come fiera mercantile, ovvero fiera di merci. La principale
caratteristica di questo tipo di fiera è costituita dal fatto che le merci in
vendita sono fisicamente presenti all’interno dell’esposizione e gli
acquirenti, una volta concluso il processo d'acquisto, ritirano i prodotti in
loco e sul momento. Nel Medioevo le fiere ed i mercati annuali segnarono
un nodo centrale del commercio transregionale.
Considerando che a quel tempo la comunicazione era ancora precaria e
fragile e le strade, i contatti e i passaggi d'informazione erano
costantemente minacciati da interruzioni e pericoli, la fiera si è dimostrata
comunque una stabile piattaforma di scambio mercantile.
Il contatto personale e lo scambio diretto rappresentavano il nucleo delle
fiere, le fondamenta di un dinamico andamento d'affari promettente. In un
mondo imponderabile e rischioso la fiera rappresentava in modo evidente
un luogo di fiducia.
Durante le manifestazioni fieristiche medievali veniva addirittura concesso
un regime di pace per permettere lo svolgimento del commercio, ciò a
testimonianza dell’importante ruolo che esse svolgevano all’interno della
dinamica dei commerci.
Le fiere erano principalmente annuali, avevano una durata limitata nel
tempo e generalmente il loro svolgimento era legato ad una ricorrenza
religiosa, pagana o cristiana.
4 Per questa sezione e per il paragrafo 1.3, fonte: AAVV, “La pratica dello scambio. Sistemi di
fiere, mercanti e città in Europa (1400-1700)”, Marsilio 2003 a cura di Paola Lanaro.
9
Durante i giorni della fiera, venivano esposte enormi quantità delle merci
più disparate. Questo era sicuramente un ottimo motivo per stimolare la
curiosità di molti acquirenti, che decidevano di affrontare un lungo viaggio
in cambio della soddisfazione delle proprie necessità.
Dal punto di vista dei commercianti, la partecipazione a questi
appuntamenti era sicuramente qualcosa di necessario, perché permetteva
loro di far conoscere e vendere i propri prodotti anche al di fuori della zona
d’origine.
La fiera divenne, quindi, uno strumento utile per allargare il proprio giro
d’affari o per superare momenti di crisi.
La differenza tra fiere e mercati andò pian piano delineandosi: mentre le
prime rappresentavano un evento eccezionale per la tipologia dei prodotti
scambiati, per la loro quantità, per la presenza di commercianti provenienti
sia dalle zone limitrofe che non e per la durata limitata nel tempo della
manifestazione, i secondi vedevano come espositori commercianti locali
che vendevano prodotti di origine esclusivamente locale ad acquirenti
provenienti da zone limitrofe.
Il grande esempio per tutte le fiere medievali era costituito dalle Fiere di
Champagne (1150) le quali rappresentarono un modello per le fiere
successive a Francoforte, Lipsia, Genova, Verona e Bolzano.
Le "foires de Champagne" rappresentano ancora oggi le "madri” di tutte le
fiere
5
.
Fino alla metà dell’800 le fiere costituirono così il principale veicolo di
scambio, diventando grandi esposizioni a carattere nazionale inizialmente,
internazionale poi.
5
“La mercatura medievale “ a cura di Armando Sapori, da www.storia.unive.it.
10
1.3 Nascita della Fiera Campionaria
Nel XIX secolo, grazie al grande sviluppo industriale, la fiera subì
un’importante trasformazione, che la portò ad essere il luogo privilegiato
per la promozione delle produzioni industriali nazionali.
Le cause possono essere riconducibili principalmente a due: la produzione
in serie e lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione. Questi due
elementi diedero grande impulso al cambiamento, perché aprirono il
commercio a percorsi impensabili nel secolo precedente, attivando un
processo di sviluppo a lungo termine del quale è possibile vedere i frutti
ancora oggi.
Grazie quindi ad una “mercificazione” dei prodotti (in seguito alla
standardizzazione della produzione industriale) e alla maggiore velocità di
comunicazione, le fiere videro l’ingresso del campione da utilizzare come
riferimento per effettuare gli ordini.
E’ cambiata in questo modo la concezione della fiera stessa, che da
mercantile si è evoluta in campionaria.
La prima fiera campionaria in ordine di tempo si svolse nel 1894 a Lipsia,
con l’originale formula dell’esposizione di campioni.
Dal punto di vista dell’espositore la fiera campionaria permette la
presentazione dei campionari completi dell’azienda (senza necessariamente
portare in fiera un gran numero di prodotti), l’acquisizione di ordini ed il
confronto con la concorrenza per i successivi sviluppi dei prodotti.
Dal lato dei visitatori il fatto di poter prendere visione dei campioni dei
prodotti è un elemento di grande vantaggio per poter scegliere con
maggiore chiarezza le opportunità presenti e poter facilmente fare gli
ordinativi senza dover prelevare le merci in loco.
11
Fino al secondo Dopoguerra lo sviluppo della fiera campionaria fu costante
e in continua espansione, perché questa formula fieristica rispondeva in
maniera ottimale al nuovo modo con cui venivano prodotte le merci e
perché l’utilizzo del campione permetteva la semplificazione del lavoro di
esposizione.
La tipologia presentata a Lipsia venne infatti ben presto adottata anche in
Francia a Lione e Parigi, in Italia a Milano, fino a diffondersi in tutte le
principali città fieristiche d’Europa.
12
1.4 Verso una specializzazione degli eventi fieristici
6
Nella prima metà degli anni Sessanta il modello fieristico era rappresentato
dunque dalla fiera campionaria: un evento che aveva come principale
funzione quella di presentare l’offerta produttiva e le innovazioni dei più
svariati settori produttivi ad un pubblico estremamente variegato e
composto da operatori, curiosi e utilizzatori finali. Questo modello
riproponeva il concetto di “piazza” sulla quale esporre la propria merce e
ottenere contatti di vendita. Successivamente abbiamo assistito ad un
approccio di segmentazione delle fiere per settori di offerta: le associazioni
nazionali di produttori hanno gestito manifestazioni che avevano come
principale scopo la promozione del comparto e che vedevano come
espositori i propri associati. Questo modello in realtà ha rappresentato
solamente una spaccatura e frammentazione della vecchia fiera
campionaria, non riportando nella sostanza evoluzioni organizzative e
comunicative degne di nota.
Un processo di segmentazione più significativo si è avuto nel passaggio da
fiere a target multiplo a fiere divise per tipo di utenza: infatti la maggiore
propensione degli utenti professionali a sostenere i costi di visita della fiera
(registrata sulla base delle esperienze degli anni precedenti) ha portato gli
organizzatori a mantenere il modello della fiera campionaria per quanto
riguarda il pubblico non esperto ed a sviluppare invece fiere specializzate
per il pubblico business.
Questo processo ha favorito uno sviluppo eccezionale dell’utenza ed una
saturazione delle strutture espositive europee di più lunga tradizione
7
ed ha
spinto gli organizzatori ad un capovolgimento della filosofia del mezzo
6
Per questa sezione, fonte: Francesca Golfetto, Fiere&Comunicazione,Egea Editore, 2004
7
In Germania, Francia e Italia.
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fieristico che da attrazione centrata principalmente sui mercati di offerta ha
iniziato a comprendere l’importanza dell’orientamento al mercato e ad
abbandonare i quartieri fieristici nazionali cominciando a presenziare sui
mercati di domanda extraeuropei.
Le manifestazioni rivolte ad un pubblico non professionale (manifestazioni
consumer), le quali, come accennato, tendono a mantenere un'impostazione
meno specialistica, assumono oggi un ruolo di punti di monitoraggio dei
bisogni emergenti e dei nuovi stili di vita/consumo rispetto a determinati
prodotti e presentano caratteristiche ludico-culturali. Nei confronti del
pubblico consumer il ruolo di strumento leader è svolto dalla pubblicità; gli
eventi fieristici invece costituiscono occasioni di socializzazione,
sperimentazione e svago.
Le fiere business to business invece offrono una informazione pre-acquisto
che crea competenza per il visitatore e inoltre, grazie anche agli eventi
collaterali come convegni, dibattiti e dimostrazioni, costituiscono una
“palestra” di professionalizzazione per tutti gli operatori ed espositori
coinvolti.
A partire dagli anni ’90 abbiamo dunque assistito ad una graduale
trasformazione del sistema fieristico (in particolar modo per quanto
riguarda gli eventi rivolti ad un pubblico di professionisti) verso una
maggiore specializzazione degli eventi ed un abbandono del modello della
fiera campionaria.
Le attuali aggregazioni espositive sono infatti segmentate secondo
molteplici criteri: vi sono manifestazioni differenziate per target (fiere
business to business e business to consumer), per categoria merceologica,
per funzioni e occasioni d’uso dei prodotti, per canali distributivi dei
14
compratori ecc.. In poche parole si è passati da un orientamento al
produttore/espositore ad un orientamento all’acquirente/visitatore
8
.
1.5 Caratteristiche del mezzo
Le manifestazioni fieristiche, come già accennato, assorbono una quota
considerevole del budget di comunicazione delle imprese italiane. Si
calcola che in Italia gli utenti di questo mezzo di comunicazione siano circa
90000 (contro i 2000/3000) utenti pubblicitari e che ciascun utente partecipi
a 5-6 fiere l’anno. Questi dati forniscono chiaramente un’idea
dell’importanza di questo strumento per le aziende operanti sul territorio
nazionale: in un paese come l’Italia in cui la maggior parte delle aziende ha
una dimensione limitata e si rivolge ai mercati intermedi, la fiera ha assunto
particolare rilievo all’interno del marketing mix perché consente
un’interazione di tipo diretto e personale con il mercato di riferimento ed
una occasione di confronto con la concorrenza a costi relativamente
contenuti.
La quantificazione dell’esborso monetario necessario per la partecipazione
a fiere non è di facile stima: al costo di affitto dello stand dobbiamo
aggiungere i costi di assistenza in fiera, di allestimento dello stand, di
movimentazione delle merci da esporre e del personale di stand che spesso
è costituito da personale interno all’azienda e che quindi rappresenta un
costo in termini di assenza dal posto di lavoro. Inoltre vanno considerate
altre voci di spesa quali la preparazione dei prodotti/campionari da esporre,
di materiale informativo/pubblicitario e della promozione pre-evento. In
ogni caso il costo della manifestazione fieristica, a differenza di quello di
8
Francesca Golfetto, Fiere&Comunicazione, pagina 31. Egea editore, 2004