6
che esercitano particolari attività….”. Tale circostanza
determina delle problematiche che si riflettono sulle
strutture di rappresentazione dei fenomeni e dei valori che
hanno contraddistinto l’attività d’azienda. Con
l’introduzione del vigente Codice Civile nel nostro
ordinamento giuridico, le uniche imprese tenute alla
presentazione del bilancio in schemi-tipo erano le imprese
esercenti l’assicurazione.
Successivamente con la legge 4 marzo1958, n. 195,
novellata poi dalla legge 11 luglio1966, n. 50, si è
provveduto ad introdurre modelli obbligatori di bilancio
per le imprese di produzione e distribuzione di energia
elettrica. Per inciso tali modelli sono stati imposti
all’ENEL in forza dell’art. 1, della legge 6 dicembre 1962,
n. 1643 che ha provveduto ad istituire l’ente medesimo.
Assoggettate all’obbligo di uno schema tipo di
bilancio erano anche le testate dei giornali quotidiani e
periodici per effetto dell’emanazione della legge 6 giugno
1975, n. 172. Tali modelli sono stati poi introdotti con
D.P.C.M. 3 giugno 1978. Infine, in forza dell’art. 24,
quarto comma della legge 5 agosto1978, n. 468, è stato
emanato il D.M. 4 febbraio 1980 con il quale si è stabilito
7
il bilancio-tipo delle aziende di servizi dipendenti dagli
enti territoriali (Province, Comuni e Regioni). Pertanto
fino al 1980 le aziende tenute ad esporre la situazione
patrimoniale e a dare conto delle loro risultanze di
esercizio in modelli di bilancio tipo, tra quelle rientranti
nel nostro campo d’interesse, erano: le aziende elettriche,
le aziende editrici di giornali quotidiani e/o periodici
(distintamente per ogni singola testata) e le aziende di
servizi municipalizzate e provincializzate o regionalizzate.
La più recente fase di tipizzazione dei bilanci di
imprese svolgenti particolari attività risale al momento in
cui è stato recepito nel nostro ordinamento il bilancio c.d.
europeo, avvenuto con il D.Lgs. 9 aprile 1991, n 127.
Dopo l’introduzione degli schemi di bilancio di
derivazione europea, sembra che le cose stiano cambiando
in fatto di strutture obbligatorie di bilancio, vale a dire che
gli interventi successivi al 1991 hanno chiaramente
mostrato l’affermarsi di una nuova tendenza ovvero il
ricorso sempre più frequente al contenuto degli artt. 2424
e 2425 cod. civ. Più precisamente si consideri il D.L. 23
dicembre 1995, n. 544, recante ” Disposizioni urgenti in
materia di bilanci per le imprese operanti nel settore
8
dell’editoria e di protezione del diritto d’autore”. Si
consideri inoltre, la legge 23 dicembre 1996, n. 650 che ha
convertito in legge con modificazioni, il D.L. ottobre
1996, n. 545. Con essa vengono ricondotte all’osservanza
delle disposizioni del Codice Civile in materia di bilancio
molteplici società operanti nel settore dell’editoria di
giornali quotidiani e periodici, della radiodiffusione e
delle telecomunicazioni, dell’emittenza televisiva in
ambito locale, dell’emittenza televisiva in forma
codificata, nonché delle imprese del settore pubblicitario.
Diversamente, invece, dalle imprese rientranti nei settori
sopracitati, si sono avuti schemi di bilancio appositamente
predisposti per le aziende di servizi dipendenti da enti
territoriali con decreto ministeriale 26 aprile 1995. Altri
interventi hanno riguardato il bilancio delle società di
calcio dell’ottobre 1993 e, addirittura la predisposizione
del “piano dei conti”delle stesse società nel 1992.
Così pure, si è avuto lo schema di bilancio delle
aziende sanitarie ed ospedaliere, appositamente
predisposto con decreto 20 ottobre 1994, sostituito di
recente con D.M. 11 febbraio 2002.
9
CAPITOLO I
I bilancio delle aziende sanitarie locali
(ASL) e delle aziende ospedaliere (AO)
1.1 Fonti ed evoluzione normativa
Le Unità sanitarie locali e gli Ospedali in possesso
di determinati requisiti costituiscono le due nuove realtà
operative della sanità nel nostro paese. Tuttora è in corso
un processo di adeguamento-trasformazione di queste
attività verso modelli più rispondenti alle nuove esigenze
avvertite dai destinatari.
In questo processo di riforma e di continui
cambiamenti in campo sanitario si introducono metodi e
strumenti di misurazione e di rappresentazione tipici di
imprese di produzione-imprese. Ne sono esempi
10
significativi la contabilità economica e il bilancio
economico- patrimoniale.
1
Prima della riforma del 1992, le aziende sanitarie
dovevano effettuare le registrazioni contabili dei fatti
amministrativi secondo i dettami della contabilità
finanziaria, che rappresentava il sistema tradizionalmente
adottato dalle aziende pubbliche. Si trattava, al riguardo,
di un sistema contabile strutturato per rispondere a finalità
conoscitive differenti rispetto a quelle della contabilità
generale (economico-patrimoniale), adottata dalle aziende
di produzione per il mercato, e successivamente introdotta
–come vedremo- anche nelle realtà sanitarie.
Come strumento di rilevazione dei fatti
amministrativi, la contabilità finanziaria, presenta come
unico oggetto di rappresentazione entrate ed uscite, che
vengono osservate nelle diverse fasi giuridicamente
rilevanti rispetto alle operazioni poste in essere
dall’azienda. Con la contabilità finanziaria, le aziende
sanitarie pubbliche dovevano redigere tra l’altro: Il
1
Si veda, L. C. Lucianetti, Bilanci di impresa e bilanci tipo, G.
Giappichelli, Torino, 2005, pag. 467.
11
bilancio pluriennale, il bilancio annuale di previsione e il
rendiconto. Tale metodo di rilevazione presenta tutta una
serie di limiti informativi quali, il carattere
“monodimensionale”, vale a dire un metodo strutturato
per avere come unico oggetto di rilevazione le variazioni
numerarie, pertanto inadeguato ad evidenziare le
conseguenze delle decisioni assunte dai responsabili della
gestione in termini di risorse acquisite (proventi) e
consumate (costi) nello svolgimento dell’attività
aziendale. Allo stesso modo questo sistema di rilevazione
non è neppure in grado di supportare giudizi in merito al
grado di conseguimento dell’economicità
2
, da fondare, tra
l’altro, proprio sulla conoscenza dei flussi delle risorse
acquisite e consumate in un dato arco temporale. Sempre
in merito ai limiti della contabilità finanziaria, non
bisogna dimenticare, ancora, quello della prevalenza
dell’aspetto formale su quello sostanziale.
Nel processo di “aziendalizzazione” della sanità,
pertanto non poteva mancare il ridisegno del sistema
informativo-contabile, che è stato adeguato alle nuove
2
Si veda, E. Borgonovi, “Del nuovo sistema di contabilità nelle
aziende sanitarie”, in Ragiusan, n. 186/187, 1999.
12
esigenze aziendali attraverso l’introduzione della
contabilità economico-patrimoniale in luogo di quella
finanziaria in base a quanto stabilito dal D.Lgs. n.
502/1992.
La rivoluzione contabile voluta dal legislatore è
stata realizzata disponendo l’affidamento alle ragioni il
compito di definire un apparato normativo per la gestione
economico-finanziaria e patrimoniale delle aziende
sanitarie, facendo riferimento ai principi civilistici per le
società di capitali; e ai Ministeri del Tesoro e della Sanità
(ora rispettivamente , dell’Economia e delle Finanze e
della Salute) di emanare un apposito schema per conferire
uniforme struttura alle voci di bilancio delle aziende
sanitarie del nostro paese. Le regioni però sono state
vincolate da detto decreto, ad intervenire
tempestivamente, in modo da far partire la nuova
disciplina contabile il 1 gennaio 1995.
A distanza di qualche anno si è potuto notare che le
regioni non hanno osservato i tempi previsti dal D.Lgs.
502/1992, assumendo comportamenti difformi, basti
pensare che la regione Toscana così come il Piemonte
hanno avviato il nuovo sistema di contabilità nel 1997
13
mentre la regione Campania nel 2000, ed ancora la
regione Sicilia nel 2001.
3
In osservanza del D.Lgs 502/1992 in data 20 ottobre
1994 il Ministero del Tesoro, d’intesa con quello della
Sanità, ha emanato un decreto col quale ha approvato
appositi schemi tipo di Stato Patrimoniale e Conto
Economico per AUSL e aziende ospedaliere
4
, nulla
disponendo per quel che attiene la Nota Integrativa, che
secondo le disposizioni civilistiche per le società di
capitali è parte integrante del bilancio. Nel silenzio della
norma, considerando l’ampio richiamo ai “principi del
Codice Civile”, sembra applicabile l’art. 2427 Cod. Civ.
salvo, naturalmente, le disposizioni incompatibili con la
particolare natura dell’attività svolta dalle aziende
sanitarie. A corroborare questa tesi è il rinvio, in materia
di Nota Integrativa, delle normative regionali di attuazione
del D.Lgs. 502/1992, proprio alla disciplina prevista
dall’art. 2427 del Codice Civile. In seguito all’emanazione
3
Si veda, Ministero della Salute, Direzione Generale Della
programmazione sanitaria, Uff. VI, tratto da
www.ministerosalute.it/servizio/usldb/dati_economici.
4
Si veda, V. Sforza, L’economia delle aziende sanitarie pubbliche,
CEDAM, Padova, 2005, pag. 122.
14
degli schemi tipo a livello nazionale, una gran parte delle
regioni ha comunque approvato propri schemi di bilancio,
parzialmente differenti rispetto ai primi, rendendo più
complessa l’opera di consolidamento dei conti pubblici
delle aziende sanitarie del nostro Paese
5
.
Al fine di migliorare l’informativa contabile e
recuperare quella comparabilità perduta nel corso dei
pochi anni di vita della contabilità economica, nel
febbraio 2002 il Ministero dell’Economia e delle Finanze,
di concerto con il Ministero della Salute, ha disposto una
nuova versione dello schema di bilancio di AUSL e
aziende ospedaliere, emanandola con decreto 11 febbraio
2002. Lo Stato Patrimoniale se confrontato con lo schema
previgente, si presenta ancor più “uniformato” a quanto
previsto dall’art. 2424 cod. civ., così pure il Conto
Economico, naturalmente aperto alle esigenze del settore
per quanto afferisce alla denominazione di poste e voci di
bilancio
6
.
5
Si veda, V. Sforza, L’economia delle aziende sanitarie pubbliche,
CEDAM, Padova, 2005, pag. 122.
6
Si veda, L. C. Lucianetti, Bilanci di impresa e bilanci tipo, G.
Giappichelli, Torino, 2005, pag. 467.
15
1.2 Il sistema sanitario in Italia
Il modello sanitario attualmente operante nel nostro
Paese è stato delineato dal D.Lgs. 229/99
7
secondo cui le
regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di
assistenza – previsti dal D.Lgs. 502/1992
8
- avvalendosi
dei presidi direttamente gestiti dalle AUSL, delle aziende
ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico. Nell’attuale
panorama, le AUSL assumono la duplice veste di
erogatore delle prestazioni, producendole tramite proprie
strutture aziendali, e di acquirente-pagatore, quando dette
prestazioni sono garantite ai cittadini attraverso il loro
acquisto da erogatori esterni
9
. Ciò vuol dire che le AUSL
sono chiamate a tutelare la salute dei residenti nel proprio
territorio garantendo loro i livelli essenziali di assistenza
7
Pubblicato nella G.U. n. 165 del 16 luglio 1999 – Supplemento
Ordinario n. 132.
8
Pubblicato nel supplemento ordinario della G.U. n. 305 del 30
dicembre 1992.
9
Si veda, V. Sforza, L’economia delle aziende sanitarie pubbliche,
CEDAM, Padova, 2005, pag. 6.
16
previsti dal D,Lgs. 502/92; che gli stessi cittadini possono
rivolgersi, per soddisfare i propri bisogni sanitari, presso
le strutture della propria AUSL di appartenenza, o presso
erogatori esterna a questa; che nel caso le prestazioni
siano acquistate all’esterno, le AUSL devono
corrispondere agli erogatori una remunerazione
proporzionale alla quantità e alla tipologia dei servizi da
questa offerti ai cittadini, secondo un sistema di tariffe
predeterminate e governate a livello regionale
10
.
La possibilità che le AUSL possano avvalersi di
soggetti, pubblici e privati, per erogare i livelli di
assistenza, ha posto in modo forte il problema della
garanzia che le varie strutture sanitarie possano offrire
sempre un dato livello qualitativo minimo nei confronti
dell’utenza
11
. Per questa ragione nel corso degli ultimi
anni è stata predisposta tutta una serie di norme per la
disciplina del cosiddetto “accreditamento” delle strutture e
dei servizi sanitari, di modo che le stesse possano produrre
10
Si veda, V. Sforza, L’economia delle aziende sanitarie pubbliche,
CEDAM, Padova, 2005, pag. 6.
11
Si veda , L. Anselmi e M. Saita, L’evoluzione del sistema sanitario
nella prospettiva federale, il Sole 24 Ore, Milano, 2002, pag. 125.
17
prestazioni per il Servizio Sanitario Nazionale solamente
nel rispetto di condizioni prefissate.
Per le strutture che desiderano operare nell’ambito
del Servizio Sanitario Nazionale, la riforma-ter del 1999
ha previsto una sequenza di adempimenti, quali:
1) Autorizzazione alla realizzazione
delle strutture sanitarie;
2) Autorizzazione all’esercizio delle
attività sanitarie;
3) Accreditamento;
4) Accordi contrattuali.
La prima fase del processo di accreditamento si sostanzia
nella valutazione da parte della regione del progetto di
costruzione di nuove strutture sanitarie, della
trasformazione di strutture già esistenti, in funzione del
fabbisogno sanitario presente nel territorio ed alla
localizzazione delle strutture preesistenti.
Il secondo passo che una struttura sanitaria deve
compiere per produrre servizi per conto ed a carico del
Servizio Sanitario Nazionale è rappresentato
dall’autorizzazione all’esercizio delle attività sanitarie, di
cui al punto sub 2). Occorre far presente a riguardo, che
18
detta autorizzazione viene rilasciata quando la data
struttura presenta i requisiti minimi che consentono
l’esercizio dell’attività sanitaria, al di sotto dei quali non è
possibile erogare prestazioni sanitarie. Il conseguimento
di detta autorizzazione non comporta ancora, in verità, il
riconoscimento di erogatore del servizio, per cui invece è
richiesto anche un requisito di livello superiore,
rappresentato dal cosiddetto accreditamento
12
. Le regioni
infatti hanno la potestà di “laureare” una struttura sanitaria
con il titolo di “erogatore del Servizio Sanitario
Nazionale”, solamente laddove siano rispettati standard
qualitativi più impegnativi rispetto a quelli necessari per
essere autorizzati all’esercizio sanitario.
Il complesso rapporto tra Regioni e strutture
pubbliche e private che vogliono erogare prestazioni per il
Servizio Sanitario Nazionale è completato con i cosiddetti
accordi contrattuali, di cui al punto sub 4). Spetta a questi
accordi, infatti, disciplinare gli aspetti più importanti
dell’attività delle strutture coinvolte.
12
Si veda, V. Sforza, L’economia delle aziende sanitarie pubbliche,
CEDAM, Padova, 2005, pag. 9.