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dell’infanzia. Il mio elaborato mira quindi a focalizzare l’attenzione su questi due
eventi, per comprendere quali miglioramenti abbiano apportato al sistema.
In quanto donna, inoltre, e quindi futura madre, ho avuto l’esigenza e l’interesse di
capire quali passi siano stati fatti nel tempo per risolvere problemi quali la mortalità
infantile, il disagio, ecc., conscia che potrebbero essere i problemi del domani, con i
quali tutti noi dovremo convivere. Erroneamente presupponevo che un problema come
quello della mortalità infantile fosse superato nel ventunesimo secolo; le indagini mi
hanno invece fatto comprendere come sia un problema più che attuale, vissuto al giorno
d’oggi in numerosi paesi del mondo. Pensare di poter essere madri con il quadro
mondiale che oggi è sotto gli occhi di tutti potrebbe essere difficile, sicuramente invita a
riflettere sulle possibilità che si potranno offrire ai figli una volta messi al mondo; la
vita costa cara, ed il suo prezzo pare in aumento, perciò se per vivere si dovrà lavorare
ancor più di adesso, il tempo da dedicare all’educazione dei bambini sarà relativamente
poco, sicuramente inferiore a quello attuale. Già al giorno d’oggi molti genitori lavorano
entrambi, per ovvie esigenze economiche, e i figli vengono parcheggiati in asili nido, da
parenti, o con baby-sitter. I genitori hanno moltissime cose a cui pensare per i propri
bambini, se desiderano educarli secondo principi morali sani e garantire loro un futuro.
In passato hanno avuto scarso sostegno dagli enti, o dai loro stessi datori di lavoro, ma
oggi, fortunatamente, le cose sono cambiate e stanno cambiando continuamente. È un
mio grande desiderio capire come esattamente sono cambiate, quali possibilità e quali
sostegni vengono offerti alla genitorialità, quali personaggi si sono spesi per arrivare
dove si è arrivati, quali enti si sono mossi, cosa è stato fatto e cosa ancora manca da
fare; nella speranza, chiaramente, di poter dare ai miei figli un futuro sereno. A volte le
possibilità esistono già e non si conoscono, perché nessuna informazione è riuscita a
filtrare attraverso i canali che abitualmente utilizziamo.
Questa deve diventare l’eccezione, e non la regola, poiché ogni persona ha il diritto di
poter usufruire dei servizi che vengono creati appositamente per lei. Mi interessava
dunque comprendere anche quali canali venissero sfruttati per tutelare genitori e
bambini, quali metodi fossero utilizzati e quale target si riuscisse a raggiungere. Per
comprendere meglio questi aspetti ho ritenuto opportuno concretizzare il lavoro,
analizzando una realtà sul territorio, e quindi vicina a me, per osservare le reali
possibilità assistenziali e tutelari offerte da un ente. Ho preso così in esame il
Consultorio Familiare di Ponte San Pietro, innanzitutto perché gestisce un territorio
ampio, poiché fa parte del Distretto dell’Isola Bergamasca, e in secondo luogo perché
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ne ho sentito parlare come di un servizio efficiente e particolarmente utile alla
collettività che ne usufruisce.
L’argomento della tutela materno infantile, come molti altri, è delicato da trattare,
poiché si situa al centro di sfere di appartenenza diverse, come quella sanitaria, quella
sociale, quella psicologica, solo per citarne alcune. Non risulta quindi facile gestire la
situazione, sia che i campi siano interconnessi, sia che si stia lavorando in un solo
settore alla volta. Se una donna si reca dal ginecologo per problemi di aborto o di
contraccezione, entrano in gioco anche fattori psicologici che normalmente non sono
competenza di un medico professionista in ginecologia, ma di uno psicologo. E se una
donna ha partorito da poco il primo figlio e non conosce nessuno a cui chiedere
consigli, a chi si può rivolgere per risolvere i piccoli problemi quotidiani? Forse ad
un’ostetrica, la quale è un’infermiera specializzata nell’assistenza prima e dopo il parto
e potrebbe non comprendere o non voler ascoltare i problemi di tutte le donne che ha
assistito. Per questi motivi servono figure in grado di coordinarsi, poiché sostenere a
aiutare una famiglia, una donna ad essere madre, o un bambino, richiede degli sforzi che
vanno al di là delle capacità dei singoli e invitano ad un lavoro d’equipe basato sulla
collaborazione e sul riconoscimento dell’importanza di tutte le figure impegnate.
La situazione che volevo osservare è proprio questa, la tutela materno infantile si ottiene
unendo le diverse forze che operano per valorizzarla, sostenerla e renderla possibile.
Il mio lavoro si è collocato perciò in un’ottica essenzialmente di comprensione di ciò
che lo Stato italiano offre in questo senso e di analisi della situazione attuale, volta a
capire quali potrebbero essere le prospettive future.
Obiettivi
Gli obiettivi che mi sono posta nella stesura dell’elaborato ricalcano a grandi linee le
motivazioni che mi hanno spinto a svolgere un lavoro di tal genere. Desideravo
innanzitutto avere un quadro più chiaro dell’evoluzione storica delle figure che hanno
operato, nei diversi momenti, per tutelare genitori e figli. Non soltanto medici o pediatri,
ma anche associazioni, che si sono adoperate perché il lavoro di molte menti non
venisse perso o sprecato. La finalità primaria di questa panoramica è quella di
comprendere meglio il periodo attuale, confrontandolo con quello precedente. Molti
cambiamenti acquistano un diverso significato se vengono contestualizzati in un luogo o
in un determinato momento storico, e possono fornire chiavi più utili per leggere e
interpretare la situazione attuale.
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Procedendo con il lavoro poi alcuni obiettivi si sono aggiunti in itinere, ovvero
comprendere ed ipotizzare quale potrebbe essere una prospettiva futura plausibile alla
luce delle modifiche succedutesi nel tempo, ma mi rendo conto di quanto possa essere
difficile supporre qualsiasi cosa, e quindi ho preferito limitare a qualche considerazione
riassuntiva le posizioni emerse.
Modalità operative
Per operare la mia indagine ho svolto innanzitutto un lavoro di ricerca delle fonti
storiche attendibili a cui attingere le informazioni necessarie per tracciare il quadro
storico, poi ho raccolto informazioni circa gli enti, le associazioni, le figure coinvolte
nella tutela, e quindi ho rielaborato le informazioni rilevanti ai fini della trattazione.
Per quanto concerne la realtà del Consultorio di Ponte San Pietro ho utilizzato delle
interviste, sia perché mi permettevano di cogliere meglio l’atmosfera e la realtà del
luogo, sia perché essendo un ente di recente formazione era sprovvisto di materiale
informativo circa la storia e l’organizzazione. Un colloquio informale mi è sembrato più
indicato per trarre gli elementi di mio interesse riguardo alle attività che vi si svolgono.
Per quanto riguarda, invece, i testi di legge, legati necessariamente alla trattazione, sono
stati visionati, ma poiché le finalità che intendevo perseguire erano più che altro socio-
sanitarie e storiche, ho preferito inserire nel testo solo degli accenni qualora fosse
opportuno per comprendere alcune considerazioni, e non concentrarmi sulle normative
vigenti, comunque disponibili.
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Capitolo 1
Storia della pediatria e dell’evoluzione della maternità
Ripercorrere la storia della pediatria è come sfogliare un vecchio libro: si materializzano
mondi ormai lontani, fatti di pratiche desuete (che ci possono far inorridire o sorridere),
ma anche della volontà e della inventiva, che nel corso del tempo ci hanno poi lasciato
in eredità questa stupenda branca della medicina.
L’evoluzione del pensiero medico attorno al problema dell’embriogenesi
In antichità
Lo studio dei fenomeni biologici e delle loro leggi suscitò la curiosità dei primi
pensatori, i presocratici “filosofi della natura”. Dotati di una prodigiosa intuizione
questi filosofi erano giunti alle prime formulazioni dottrinali, dando soluzioni spesso
geniali che sovente si accordavano nelle loro linee generali con quelle degli scienziati
del mondo moderno. Così Empedocle di Agrigento (VI sec. a.C.) sostenne che alcune
parti del corpo fetale sarebbero racchiuse nel seme femminile altre nel seme maschile.
Queste parti, attirate dal reciproco amore, si cercherebbero e si mescolerebbero per dar
vita al nuovo essere. Per Alcmeone di Crotone (VI sec. a.C.) il seme fecondato sarebbe
emanato dal cervello (teoria encefalomielogenetica). Nell’embrione il primo a formarsi
sarebbe il capo, perché in esso ha sede l’egemonico, cioè il principio direttivo di tutto
l’organismo. Per Parmenice, fondatore della scuola eleatica (V sec. a.C.), l’embrione
deriverebbe dall’intima fusione, all’interno dell’utero, del seme maschile col seme
femminile. Dal testicolo destro proverrebbe il principio maschile, dal testicolo sinistro
il principio femminile. Per Democrito (V sec. a.C.), le membra comuni ai due sessi
9
proverrebbero dal feto indifferentemente dall’uno o dall’altro dei genitori, mentre i soli
organi genitali deriverebbero direttamente da quello dei due da cui il feto riceve il
sesso.
→ Ippocrate di Kos (V sec. a.C.) e la sua Scuola compirono la sintesi delle dottrine
precedenti sulla generazione dell’individuo formulando la dottrina “pangenetica”,
secondo la quale gli individui verrebbero generati dall’incontro del seme paterno col
seme materno proveniente da tutte le parti del corpo e da tutti gli umori. Una volta che il
seme femminile sia stato fecondato da quello maschile si formerebbe un embrione che
comincerebbe a svilupparsi in un involucro paragonabile a un uovo di pollo. Tale
sviluppo avverrebbe con l’aiuto del sangue mestruale che però, nella maggior parte,
salirebbe alle mammelle per trasformarsi in latte. La differenziazione degli organi si
compirebbe entro il I mese nel maschio, al 42° giorno nella femmina, perché
quest’ultima deriverebbe da seme più debole e più umido. I maschi si svilupperebbero
più spesso nella metà destra, le femmine nella metà sinistra dell’utero.
→ Secondo Aristotele (IV sec. a.C.), il seme sarebbe costituito dalla miglior parte del
sangue e conterrebbe in potenza i caratteri del corpo e della psiche dei generandi
1
. Il
sangue, dopo avere subito una nuova digestione, diventerebbe sperma, discendendo nei
testicoli da cui sgocciolerebbe sopra il sangue mestruale all’interno dell’utero, “natural
vasello”, come lo chiamò Dante. Aristotele riconobbe che il liquido emesso dalle
ghiandole del Bartolino durante l’amplesso, non avrebbe alcuna parte nel fenomeno
della generazione, contrariamente a quanto creduto fino ad allora. In sintesi, l’atto della
fecondazione sarebbe l’unione del sangue maschile, principio attivo, con il sangue
femminile, principio passivo. Questa teoria, chiamata “emogenetica”, è in perfetta
sintonia con i principi fondamentali della filosofia aristotelica, che si basa sui concetti di
“materia” e “forma”, dove la materia è la sostanza di cui è fatto ogni organismo vivente
ed è allo stato potenziale, inerte, indeterminato e passivo, mentre la forma è l’impulso
che modella la materia dandole aspetto compiuto e perfetto.
→ Passarono quasi cinque secoli da Aristotele, prima che si potesse avere una nuova
formulazione teorica sulla generazione dell’individuo e la concepì Galeno di Pergamo
(II sec. d.C.), greco di nascita, alessandrino di formazione, romano di elezione, che nella
sua immensa opera riassunse e coordinò tutta la scienza medica dell’antichità. Egli
considerò le ovaie come testicoli femminili, pensando che a strutture simili
1
Ma il vero padre di questa teoria fu Diogene di Apollonia, filosofo greco del V sec. a.C., seguace della
scuola ionica.
10
corrispondessero sempre funzioni simili. Le ovaie produrrebbero seme durante
l’amplesso; il seme percorrerebbe le tube, paragonate ad altrettanti deferenti maschili,
per unirsi nell’utero allo sperma maschile dando vita all’embrione, ignorando quindi
che il concepimento deriva dalla fecondazione dell’uovo femminile da parte del seme
maschile, nei mammiferi come negli ovipari.
Durante il Medio Evo
Per tutto il Medio Evo la generazione dell’individuo si basò sulla teoria emogenetica
aristotelica, sostenuta anche dalla Chiesa attraverso la “Summa teologica” di Tommaso
D’Aquino, ma con lo svilupparsi dell’Umanesimo e di uno spirito critico confortato
dalle indagini filologiche di Lorenzo Valla e del Leoniceno, fatte direttamente sui testi
greci, si rientrò in possesso delle opere anatomiche e fisiologiche di Galeno e la dottrina
dei due semi tornò alla ribalta affiancandosi a quella emogenetica, fin quasi a sostituirsi
ad essa. Tuttavia le indagini anatomiche effettuate sistematicamente, dopo l’assenso
della Chiesa, su cadaveri umani, avrebbero consentito di sottoporre a critica anche la
dottrina galenica, che si basava esclusivamente sull’anatomia animale.
Il XVII secolo
Fu necessario attendere il XVII secolo perché le teorie sulla generazione dell’individuo
cessassero di essere oggetto di speculazione filosofica e cominciassero ad essere oggetto
di studio sperimentale. L’inglese William Harvey, nel 1631, gettò luce sul problema
sottoponendo a dissezione cerve gravide nei diversi stadi della gestazione, concludendo
che “omne vivum ex ovo
2
”, negando l’importanza data da Aristotele al sangue
mestruale (Le cerve non hanno mestruazioni). Harvey tuttavia negò la capacità del seme
maschile di superare il canale cervicale, interpretando la fecondazione dell’uovo come
dovuta ad uno spirito volatile (Aura spermatica).
Stenone e Van Horne attribuirono alle ovaie, considerate fino ad allora alla stregua di
testicoli atrofici, secondo la teoria galenica, il compito di procurare le uova come
materia prima della generazione dell’individuo. Si unì a loro De Graaf nell’avvalorare la
tesi ovista
3
, cadendo però nell’errore di identificare come uova i follicoli ovarici
(follicoli di Graaf), al posto degli ovociti. Mentre De Graaf affermava che la donna
2
Tutto nasce dall’uovo.
3
Secondo la tesi preformista ovista i “ germi” degli esseri viventi conterrebbero in dimensioni
infinitesimali tutti gli organi degli adulti. Ad essi si oppose la tesi epigenista secondo la quale l’embrione
deriverebbe da una sostanza amorfa secreta dagli organi genitali dei genitori che si organizzerebbe con la
fecondazione per virtù di una sua forza essenziale.
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produce le uova solo durante l’amplesso, il suo contemporaneo Kerking, per contro,
affermò che la donna, raggiunta la pubertà, produrrebbe regolarmente le uova,
compiendo un ulteriore passo avanti.
Nel 1677 il commerciante di stoffe olandese Leeuweunhoek, appassionato di studi
biologici e dotato di un potente, per l’epoca, microscopio, comunicò alla Royal Society
di Londra la scoperta degli spermatozoi
4
, da lui definiti “animalculi”, che egli assimilò
agli infusori, ritenendoli di natura animale, perciò in qualche modo generati e perciò
sessuati
5
. Leeuwenhoek era convinto che l’embrione fosse contenuto nella testa degli
spermi, o animalculi, come lui amava definirli. La funzione dell’uovo sarebbe stata solo
quella di fungere da nutrimento all’embrione trasmessogli dallo sperma.
Il XVIII secolo
Tuttavia nel XVIII secolo la tesi ovista fu nettamente predominante su quella
animalculista, specie in Italia. Qui il modenese L. Spallanzani continuò a credere che gli
spermatozoi fossero analoghi agli infusori, chiamandoli “vermicelli spermatici”,
negando loro ogni potere fecondante, ma negò pure il potere fecondante dell’“aura
spermatica”. Riconobbe invece l’importanza del contatto diretto dello sperma con le
uova per ottenere la fecondazione di queste ultime, dove l’embrione esisterebbe
preformato.
Il XIX secolo
Nel XIX secolo Prèvost e Dumas dimostrarono sperimentalmente il potere fecondante
degli spermatozoi sull’uovo e che l’incontro tra lo spermatozoo e l’uovo si verifica nelle
tube e nell’utero dei mammiferi. Nel 1827 Von Baer comunicò ufficialmente la scoperta
dell’ovocito. Nel 1875 Hertwig dimostrò che la fecondazione è il risultato della fusione
del pronucleo maschile con quello femminile. Sul declinare del XIX secolo il
plurimillenario assillo di filosofi e scienziati si era concluso.
Storia dei primi ospedali pediatrici e delle prime scuole di pediatria
La palma della prima scuola di pediatria spetta all’Italia, anche se quell’esperienza fu
piuttosto effimera. L’8 aprile 1802 nasceva infatti in Firenze una cattedra di pediatria
per iniziativa del re d’Etruria Lodovico I di Borbone, che ne affidava l’incarico al prof.
4
la verità, la scoperta è da attribuirsi allo studente di Danzica Giovanni Ham, che la comunicò a
Leeuwenhoek, e anche a Nicola Hartsoeker.
5
La reale natura degli spermatozoi fu messa a fuoco soltanto nel 1841 da Kolliker che dimostrò
indiscutibilmente che gli spermatozoi sono un particolare tipo di cellula.
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Gaetano Palloni, il quale era incaricato di tenere lezioni teoriche e pratiche nell’Ospizio
degli Innocenti al pomeriggio, per evitare che gli studenti dell’Arcispedale di S. Maria
Nuova perdessero le lezioni del mattino. Nello stesso anno, l’illuminato re d’Etruria,
così sensibile al problema della medicina infantile, ripristinò il posto di dissettore presso
l’Ospizio degli Innocenti dandone l’incarico al prof. Giuseppe Nannoni, perché si
esercitasse sui cadaveri dei bambini e ne approfondisse le cause della loro morte,
facendo integrare così l’insegnamento clinico con quello anatomico.
La scuola del Palloni durò appena un triennio, fino al 16 marzo 1805, quando la regina
reggente Maria Luisa di Spagna, soppresse la cattedra delle malattie dei bambini. Il
prof. Palloni fu destinato ad altro incarico in quel di Livorno, mentre al prof. Nannoni fu
concesso di continuare ad esercitare la pratica settoria nell’Ospedale degli Innocenti. Ma
nel giugno 1807 la stessa regina reggente ripristinò la cattedra di pediatria affidandone
l’incarico allo stesso dott. Giuseppe Nannoni e si dice che la regina si fosse ricreduta
perché allarmata dalla forte moria di bambini e stimolata dai medici della Facoltà.
Ma anche questa volta la Scuola di pediatria fiorentina non ebbe fortuna, perché con gli
sconvolgimenti provocati dalle gesta napoleoniche, tutte le vecchie istituzioni furono
soppresse o rinnovate e, quando ancora nel corso dello stesso anno 1807 la Toscana
divenne provincia francese, la Scuola venne definitivamente chiusa. Nel corso del XIX
secolo l’Italia fu sconvolta dalle guerre risorgimentali e si dovette attendere il
raggiungimento dell’Unità nazionale, prima che i governi di allora mettessero mano alle
moderne istituzioni; perciò si attenderà per quasi tutto il XIX secolo prima che in Italia
compaia nuovamente una scuola di pediatria, sull’esempio delle altre nazioni europee.
Se l’Ospedale degli Innocenti di Firenze fu la prima sede dell’insegnamento pediatrico,
peraltro effimera, ma pur sempre la prima, Parigi vide nascere nel 1802, in piena epoca
napoleonica, il primo vero ospedale pediatrico, il 13 maggio di quell’anno. L’ospedale,
che venne chiamato “l’Hopital des enfants malades”, fu allestito all’interno di un
vecchio convento di monache che nelle diverse epoche era stato variamente utilizzato,
finché, nell’epoca della Rivoluzione, non diventò un orfanotrofio amministrato dagli
Istituti ospedalieri, la “Maison de l’Enfant Jesus”. L’Ospedale fu subito dotato di 300
letti ed ospitò bambini dai 2 ai 15 anni. La beneficenza privata consentì, di lì a poco, di
portare il numero dei letti a 660, perché il successo dell’operazione aveva superato ogni
possibile previsione. Accanto ai reparti di degenza fu istituito anche un ambulatorio per
l’assistenza dei bambini meno gravi e non necessari di ricovero. Nella stessa sede si
svolgeva un’attività di diffusione degli elementi di puericoltura alle madri delle classi
13
popolari.
Col passare dei decenni anche questo ospedale si rivelò insufficiente e nel 1853 venne
istituito in un vecchio edificio che era stato adibito a brefotrofio un altro ospedale
pediatrico, capace di 405 letti, cui fu dato il nome di “Hopital St. Eugènie”. L’Hopital
des enfants malades di Parigi divenne presto un centro di studi pediatrici e di diffusione
della cultura pediatrica che permeò di sé tutto il XIX secolo, divenendo la culla della
pediatria francese ed europea, cui diedero lustro numerosi grandi medici.
La scuola di Parigi
La Scuola pediatrica francese, che possiamo far nascere con la fondazione dell’Hopital
des enfants malades, ha le sue radici nella seconda metà del XVIII secolo, e si richiama
ai grandi nomi di Bichat, Corvisart, Laennec, che non furono pediatri, ma che gettarono
le basi anche per l’avanzamento della pediatria. Francois Marie Xavier Bichat (1771-
1802), allievo del grande chirurgo francese Desault, fu il fondatore dell’istologia,
creando il concetto di “tessuto” e gettando le basi di una sistematizzazione della
medicina su nuove basi anatomiche. Bichat, degno continuatore di Morgani, divise il
corpo umano in tessuti, considerati nei loro vari aspetti: anatomico, fisiologico e
patologico. Jean Nicolas Corvisart (1755-1821), primo professore di medicina clinica
dell’Ecole de Santè e medico personale di Napoleone. Il suo merito sta nell’aver
rivalutato il metodo diagnostico della percussione, poco accettato nel suo tempo per il
prevalere della medicina olistica di stampo ippocratico. Egli si fece propugnatore di un
nuovo metodo di indagine clinica insegnandolo ai suoi allievi. René Theophile Laennec
(1781-1826), allievo del Corvisart, creò lo strumento e il metodo dell’auscultazione
mediata, inventando lo stetoscopio e introducendo per primo la nozione di “soffio
cardiaco”. Ma per passare a coloro che si interessarono in particolar modo dei problemi
pediatrici, si può annoverare tra i primi Charles Michel Billard (1800-1832), fondatore
dell’anatomia patologica pediatrica. Egli ebbe la ventura di poter disporre di una grande
quantità di cadaveri di bambini e neonati del brefotrofio parigino, dove i trovatelli che
vi morivano, essendo figli di nessuno, non venivano reclamati da quei genitori che
altrimenti non avrebbero consentito lo scempio del loro corpo. Di questo si era
lamentato G. Battista Morgagni, maestro spirituale del Billard, che non aveva potuto
trovare, nella sua pratica di anatomo-patologo, sufficiente numero di cadaverini per
svolgere le sue ricerche. Fu così, che prima di morire in giovane età, nel 1828, Billard