12
chiusura, agendo in settori diversi – seguendo seminari sul Festival
all’Université d’Avignon, lavorando prima come assistente alla
regia, poi come addetta alla comunicazione in una compagnia, ed
infine come critico teatrale per il quotidiano “La Provence” -
riuscendo quindi ad avere una panoramica piuttosto ampia sulla
manifestazione.
Ho avuto modo, così, di interloquire con i protagonisti del
Festival, di farmi raccontare la loro esperienza e di porre alcune
domande; la mia tesi è frutto di tutto questo e di settimane passate
per le strade della città a captare emozioni, lamentele e consigli.
Il mio anno ad Avignone ha corrisposto esattamente al ciclo
vitale del Festival 2007, che sembra essere cresciuto con me,
giorno dopo giorno, conferenza dopo conferenza, nella ricerca
della giusta procedura da seguire per presentare uno spettacolo,
nel destreggiarmi tra le pile di documenti e moduli, nelle piccole-
grandi battaglie con la complessa burocrazia francese, nelle
nottate trascorse ai piedi del palcoscenico a correggere il copione,
nelle corse da un teatro all’altro…
Ho dovuto resistere alla tentazione di scrivere di getto il
flusso di impressioni e commenti in una sorta di diario di viaggio e
ho preferito incanalare le mie piccole conquiste, le mie esperienze
e le mie conoscenze sul teatro e sul Festival in un progetto più
organico, che possa essere una sorta di guida per le giovani
compagnie e per coloro che intendono avvicinarsi al Festival con
13
una maggiore consapevolezza e uno sguardo più ampio sui diversi
aspetti che lo compongono.
Ho voluto in primo luogo fornire una breve panoramica sul
sistema teatrale francese e sul cosiddetto ‘decentramento
culturale’, che rende l’idea di quanto sia stata importante per la
Francia la creazione di un evento teatrale nella provincia
dell’immediato dopoguerra.
Nel primo capitolo si analizza la natura del Festival e delle
due sezioni di cui si compone, IN e OFF, diverse ma
complementari, oggi indissolubili l’una dall’altra tanto da poter
parlare di un solo Festival, nonostante esse siano nate come
manifestazioni autonome.
Il lavoro è incentrato principalmente sull’edizione 2007, ma
sarebbe impossibile comprenderne appieno l’organizzazione e le
implicazioni senza avere almeno accennato alla storia del Festival.
Nel secondo capitolo si rivisitano quindi i 61 anni di vita dell’IN
attraverso le gesta dei direttori che si sono succeduti, da Jean
Vilar agli attuali Hortence Archambault e Vincent Baudriller. Per il
Festival OFF la ricerca è stata più complessa, date le continue lotte
interne a colpi di comunicati stampa e ai continui e repentini
cambiamenti istituzionali delle associazioni che lo compongono; se
ne ripercorrono le tappe dal 1967 fino ai nostri giorni.
Si arriva così al cuore della ricerca: nel capitolo dedicato agli
aspetti tecnici sono presentati gli assetti istituzionali delle due
14
sezioni della manifestazione e si illustra la prassi per la
partecipazione al Festival OFF.
Poiché il teatro esiste solo entro uno spazio comune e un
tempo condiviso tra attori e spettatori, si analizzano queste due
figure dialettiche nei capitoli dedicati rispettivamente agli aspetti
artistici e al pubblico, le cui aspettative determinano il valore
estetico dell’opera stessa.
1
Sia per l’IN che per l’OFF, si
presentano quindi le scelte artistiche, le tematiche, i singoli artisti
o le compagnie che vi hanno partecipato e si prende spunto da
alcune recensioni per ricavare delle linee guida della
programmazione e dei modelli di comportamento legati al Festival
OFF. Il pubblico invece è analizzato soprattutto dal punto di vista
sociologico. In seguito si analizza il rapporto tra il Festival e i
media, in particolare con la stampa, e si considera la
manifestazione come medium, applicandovi alcune teorie della
comunicazione di massa.
Si seguirà così il Festival dal suo inizio – 6 luglio 2007 - fino
alla sua conclsione – 28 luglio – riportando i bilanci ufficiali e non
della manifestazione.
Infine, nell’ultimo capitolo, dedicato alle esperienze dirette
degli organizzatori, delle compagnie e del pubblico, si cerca di
chiarire cosa hanno significato per i diretti interessati queste tre
settimane di full immersion nel teatro.
1
Cfr. concetto di orizzonte d’attesa in Hans Robert Jauss, Perché la storia della letteratura?,
Napoli, Guida, 1969.
15
L’obiettivo di questa tesi è quello di trarre delle indicazioni e
dei suggerimenti da un’esperienza vissuta in prima persona,
all’insegna di una condivisione della conoscenza che è stata alla
base del Festival fin dalle sue origini e di cui il poeta René Char,
cui questa edizione è dedicata, sottolinea l’importanza in alcuni
versi:
On n’est jamais inique et seul!
Il faut taoujours partager.
Partager avec un avare, avec un prodigue,
Avec un imbécile qui dort,
Avec une abeille, avec un nuage, même
Avec quelqu’un qui n’a rien.
2
Le mie ricerche si basano sulla vasta bibliografia di cui si può
disporre nelle biblioteche dell’Université d’Avignon et des Pays de
Vaucluse e della Maison Jean Vilar, oltre che su documenti
audiovisivi, articoli, recensioni, conferenze stampa, incontri con gli
artisti, forum di discussione su internet e tutto quanto potesse
fornirmi maggiori informazioni sul Festival.
Il mio lavoro è corredato, inoltre, da una ricca appendice, in
cui si propongono le cartine dei luoghi dei Festival IN e OFF, i
formulari di iscrizione al programma di “Avignon Festival et
Compagnies”, le schede tecniche di alcuni teatri e una rassegna
fotografica da me realizzata nel corso della manifestazione.
2
René Char, “Claire”, in Fureur et Mistère , Parigi, Gallimard, 1948.
16
17
PREFAZIONE
IL CONTESTO
a. Il decentramento culturale
Prima di analizzare il Festival d’Avignon e la sua evoluzione
dalla nascita fino all’edizione del 2007, credo sia necessario
introdurlo nel contesto in cui è nato, per comprendere appieno
l’importanza che esso ha rivestito nel panorama artistico francese
sia a livello artistico che storico.
La geografia teatrale francese è molto diversa da quella
italiana: mentre nel nostro paese, seppure nei capoluoghi, i teatri
stabili sono distribuiti su tutto il territorio, in Francia,
probabilmente anche a causa della sua precoce unità nazionale,
fino alla seconda guerra mondiale la produzione teatrale è
esclusivamente concentrata a Parigi.
Tale situazione inquieta gli intellettuali e gli artisti dell’epoca,
e li impegna in continue discussioni circa il significato stesso di
‘democrazia culturale’ e su come essa si traduca in realtà sul
territorio.
Tale inquietudine riflette anche la crisi di valori che
caratterizza il teatro borghese, in risposta del quale prende avvio
18
in Francia, all’inizio del ventesimo secolo, un fenomeno artistico
chiamato teatro ‘citoyen’ o ‘populaire’.
I due aggettivi hanno un significato simile e fanno entrambi
riferimento all’antica Grecia, nella quale il teatro era strettamente
legato alla vita della città e in cui tutto ciò che riguardava gli affari
della società era considerato ‘politico’. Il teatro popolare si ispira
infatti a questo modello, ma anche alla concezione, derivata dalla
rivoluzione, delle feste come mezzo di educazione politica e al
proposito ottocentesco di condividere la conoscenza con il maggior
numero di persone
3
. Per dare una più precisa definizione del
Théâtre Populaire, si può fare riferimento a Roland Barthes, che
nel 1954 scrive:
Le théâtre populaire est celui qui obéit à trois obligations
concurrentes, dont chacune prise à part n’est certes pas
nouvelle, mais dont la seule réunion peut être parfaitement
révolutionnaire: un public de masse, un répertoire de haute
culture, une dramaturgie d’avant-garde.
4
All’inizio del secolo, come si può leggere su “Le Journal” del
9 febbraio 1902, si comincia a parlare molto spesso di questo
fenomeno artistico:
L’idée d’un théâtre populaire rencontre partout, dans les milieux
plus différents, d’ardent suffrages et de très vives sympathies…il
3
Cfr. André Degaine, Histoire du théâtre dessinée, de la préhistoire à nos jours, Nizet,
Londraine, 1994.
4
Roland Barthes, Pour une définition de Théâtre Populaire, in “Publi 54” , Avignone, N°23,
giugno 1954.
19
semble donc qu’un tel théâtre, dont chacun proclame la
nécessité, dont tout le monde souhaite chaleureusement la
prompte création, soit facile à créer…
In effetti, anche se Maurice Pottecher
5
pubblica il saggio
Théâtre du peuple, nel quale afferma che bisogna “élever le
théâtre par et pour le peuple” nel 1903, è solo nel 1920, quando
Firmin Gémier
6
(1869/1933) fonda il Théâtre National Populaire,
che il progetto si concretizza. Animato da sempre da questa idea,
egli scrive:
Depuis le XVIIIe siècle, le théâtre ne s’adresse qu’à une seule
classe, c’est un théâtre essentiellement bourgeois. […] Le
propre de l’auteur forte, c’est de s’adresser à l’humanité entière.
[…] C’est que le théâtre populaire ne soit pas réservé à la classe
dite populaire car il ne saurait y avoir du théâtre de classe.
7
Nel 1920 egli vede il suo progetto concretizzarsi: sotto
l’impulso di Pierre Rameil
8
che era attore prima di dedicarsi alla
carriera politica, la Chambre des Députés vota la fondazione della
quinta scena nazionale, il Théâtre National Populaire, e nomina
Gémier direttore.
Altri tentativi sono poi effettuati da Jacques Copeau, con la
fondazione nel 1913 del Théâtre du Vieux Colombier e con la
5
Maurice Pottecher (Bussang-Vosges, 1867/ Fontenay-sous-Bois, 1960) scrittore e poeta,
autore di lavori a carattere scociale per il Théâtre du Peuple da lui stesso fondato a
Bussang nel 1895 e tuttora esistente.
6
Firmin Gémier (Aubervilliers, 1869/ Parigi, 1933) attore, regista e direttore di teatro.
7
Citazione menzionata in André Degaine, op. cit., p. 302.
8
Pierre Rameil (18 aprile 1878/ 4 febbraio 1936) avvocato e uomo politico.
20
pubblicazione del saggio Théâtre Populaire nel quale propone il
decentramento dell’attività teatrale in provincia grazie a compagnie
itineranti sovvenzionate dallo Stato.
Il loro esempio è seguito anche da altri artisti grazie ai quali
si realizza un grosso processo di rinnovamento delle scene teatrali
francesi, confermato dal giornalista Morvan Lebesque (1911/1970)
in un articolo del 1953:
Grâce à quelques grands hommes de ce siècle (Copeau, Dullin,
Jouvet, Pitoëff, aujourd’hui Vilar), le théâtre devient ou redevient
ce qu’il n’aurait jamais dû cesser d’être: non pas je ne sais quel
jeu futile, mais un miroir de l’univers, une recréation exhaustive.
9
In quest’atmosfera già brulicante di rinnovamenti, un nuovo
impulso è dato dalla seconda guerra mondiale, alla fine della quale i
problemi e le tensioni del periodo sembrano portare i registi e gli
intellettuali ad agire per la società. L’uomo di teatro comprende di
avere delle responsabilità verso il suo pubblico e verso la
comunità.
Si sente inoltre l’urgenza di creare dei poli culturali regionali,
secondo quell’idea, già nell’aria da molti anni, di un decentramento
che possa avvicinare la cultura e il teatro ad un pubblico più vasto.
Nel 1945 si creano finalmente le condizioni adatte affinché
esso possa compiere i primi passi e sorgono alcune organizzazioni
e iniziative come “Jeune France” e le associazioni “Travail et
9
Morvan Lebesque, Une révolution de l’intelligence, in “Carrefour”, 29 luglio 1953.
21
Culture”, “Tourisme et travail” o i “Foyers Ruraux”, che incitano la
nascente IV Repubblica ad attuare dei regolari sovvenzionamenti
ai piccoli teatri e alle compagnie.
Le iniziative più consistenti sono poi realizzate da Jeanne
Laurent
10
, nominata subito dopo la Liberazione alla Direzione
Generale delle Arti e delle Lettere sous-directrice des Spectacles
et de la musique
11
. In un primo momento ella crea “ l’Aide à la
Première Pièce” e il “Concours des Jeunes Compagnies”, poi,
grazie ad un lavoro costante e tenace, impianta in ogni regione,
delle vere e proprie ambasciate della cultura e dell’arte, i Centres
Dramatiques Nationaux.
Lo scopo è rimediare alla mancanza di iniziative culturali della
provincia, democratizzando la cultura e creando strumenti idonei
ad avvicinare quele fasce dela popolazione che non
assisterebbero mai ad uno spettacolo teatrale, considerandolo un
divertimento elitario.
È in questo contesto e sotto l’impulso della stessa Jeanne
Laurent, i cui propositi si sposano pienamente con le idee del
10
Jeanne Laurent (1902/1989) è uno dei fondatori del servizio pubblico per la cultura e un
personaggio chiave nel decentramento teatrale. Questa politica iniziata negli anni
Cinquanta si realizza progressivamente con lo Stato, le collettività territoriali, gli artisti e il
pubblico in assonanza con le trasformazioni della società. Nel 2005, si contano più
cinquanta Centri Drammatici regionali o nazionali e più di settanta Compagnie nazionali su
tutto il territorio francese. Nonostante oggi il teatro sia in cerca di una nuova definizione di
servizio pubblico, si può ritenere che la vitalità del movimento teatrale attuale debba molto
all’apporto e alla determinazione di Jeanne Laurent.
11
Marion Dezinot, Une fondatrice du service public pour la culture. 1946-1952- Travaux et
documents, Paris, Comitato di Storia del Ministero della Cultura, 2005.
22
regista Jean Vilar
12
, che, come si vedrà, ha l’ambizione di
trasformare il teatro in un vero ‘servizio pubblico’
13
, che nasce il
Festival d’Avignon, una delle più antiche manifestazioni artistiche
francesi, divenuto a giusto titolo il simbolo del ‘decentramento
teatrale’ e del Théâtre Populaire, in quanto, come afferma Bernard
Dort nel 1991, Vilar vi realizza
[…] sa volonté de constituer un répertoire qui parle directement
à son public ; non dans une éternité fallacieuse, mais dans les
problèmes du moment. […] Il a vécu pleinement tous les
problèmes de la société et du théâtre, et les a transformés, d’une
certaine manière.
14
b. La cultura nella Regione e nel Dipartimento
Il decentramento culturale è solo un aspetto di un’azione
politica più vasta che, dal punto di vista amministrativo, mira a
trasferire alcune cariche e imposte nazionali verso la periferia,
attribuendo maggiore potere agli Enti Locali.
Numerose collettività adottano tale soluzione per avviare dei
processi culturali e artistici nei loro territori e si calcola che le
comunità con più di 100.000 abitanti investano nella cultura quasi il
14% del loro budget.
15
12
Per una biografia di Jean Vilar, si veda capitolo II, pag.37.
13
Cfr. Jean Vilar, Le théâtre, service public, Paris, Gallimard, 1975.
14
Bernard Dort, dai colloqui a Beaubourg, 1991.
15
François Campana, Déplacer le centre, in “ Cahier reflex(e)” n. 1 estratto dai
Racconti L’art est politique,/constat, débat, combat , organizzati alla Parole Errante il 24,
25 e 26 maggio 2002. Supplemento al numero 52 della rivista “Cassandre”, marzo-aprile
2003.
23
Lo Stato francese ha proceduto a questo trasferimento di
competenze accompagnandolo con finanziamenti alle Regioni e ai
Dipartimenti. Le competenze dei Dipartimenti sono state fissate
dalla legge del 13 agosto 2004, tuttavia il legislatore non ha
attribuito agli stessi alcuna competenza legale in materia di Azione
Culturale.
Il Consiglio Generale del Dipartimento di Vaucluse, al quale
Avignone fa riferimento, dispone di una commissione Culture et
Tourisme e di una direzione Culture, che ha il compito di
sviluppare la politica culturale del Dipartimento favorendo
l’accessibilità alla cultura a tutti gli abitanti, sviluppando azioni
sull’insieme del territorio e valorizzando il patrimonio
vauclusiano.
16
c. Lo spettacolo dal vivo ad Avignone
Nel suo testo Avignon ou les utopies nécessaires, Paul Puaux
parlando del capoluogo vauclusiano, lo indica come
[…] une ville qui, depuis des siècles, de par ses monuments et
son histoire, sait ce qu’est une œuvre d’art, le sacrifice qu’elle
exige, les inquiétudes et les épreuves qu’elle impose.
17
16
Mélanie Lasry, Rapport de stage sur le Conseil Général de Vaucluse, maggio 2007.
17
Paul Puaux, Avignon en Festivals ou les utopies nécessaires, Paris, L’Échappée belle,
Hachette, 1983, p.47.
24
Effettivamente Avignone ha da sempre uno stretto legame
con l’arte e, nota principalmente per il suo Festival di teatro, ha
una vita artistica e culturale piuttosto attiva e accoglie durante
l’anno numerose manifestazioni come Les Hivernales d'Avignon,
festival di danza contemporanea, che ha luogo nel mese di
febbraio; Avignon film festival, festival dei cinema indipendenti
europei e americani, nel mese di giugno; il Festival Provençal,
teatro e musica in lingua provenzale e il Festival de Musiques
Anciennes.
18
Stando ai dati e ai programmi offerti dall’Office du Turisme,
Avignone appare dinamica tutto l’anno grazie alle sue gallerie
d’arte, ai cinema, alle associazioni di musica, danza e letteratura e
alla fitta rete di associazioni teatrali - come Alfa, gli “Amis du
Théâtre Populaire” - compagnie e teatri permanenti nate in
seguito al Festival: il Théâtre des Carmes, il Théâtre du Chêne
Noir, il Théâtre des Halles, il Théâtre du Balcon, il Théâtre du
Chien qui Fume, Fraction, il Théâtrographe, le compagnie Mise en
Scènes, Salieri-Pagès, Tremplin, il Festival Théâtre' enfants e la
chiatta-spettacolo Dolphin Blues per il pubblico giovane.
La pregnanza del teatro nella città è confermata anche
dall’esistenza dell’École d'art dramatique, dipendente dal
Conservatoire National de Musique, e della Maison Jean Vilar
19
,
18
Cfr. Sito web http://www.avignon-et-provence.com/ .
19
Con sede all’Hôtel de Crochans, magnifico edificio del XVII secolo, la Maison Jean Vilar
offre al pubblico i servizi di documentazione e una videoteca e organizza durante tutto
25
che perpetua l’opera del creatore del Festival e testimonia
l’importanza del suo apporto al teatro contemporaneo.
Dal 1987, Avignone ha rinforzato ancora di più la sua
posizione nel settore dello spettacolo dal vivo con la creazione
dell’Institut Supérieur des Techniques du Spectacle, che dispensa
una formazione considerata unica a livello europeo.
Città con meno di 100.000 abitanti, Avignone dispone di circa
30 sale teatrali, un rapporto molto alto se si pensa che Milano,
capitale italiana dello spettacolo, conta una quarantina di sale per
1.256.211 abitanti
20
. Tuttavia la programmazione è
quantitativamente limitata e, eccetto il Théâtre Municipal, i teatri
presentano quasi esclusivamente produzioni e spettacoli di
compagnie regionali, con un’offerta artistica non molto ampia.
La situazione era diversa fino a qualche anno fa e gli
Avignonesi lamentavano una scarsa presenza del tearo sulla città.
In effetti, anche oggi, nonostante il numero di teatri e di
manifestazioni, si ha l’impressione che Avignone viva un lungo
letargo artistico in inverno e si risvegli solo in primavera quando
la città comincia a vivere in funzione del Festival.
l’anno mostre, incontri, proiezioni concernenti lo spettacolo dal vivo. Essa è depositaria del
fondo Jean Vilar, che comprende i suoi archivi personali e possiede un fondo generale con
opere letterarie, documenti iconografici e audiovisivi.
20
Dati relativi al 14° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni italiane
effettuato nel 2001. Dati definitivi pubblicati dall’Istat il 16 giugno 2004. Fonte: http:
//www.censimenti.istat.it.