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interpretazioni sociologiche, permettendo di osservare le permanenze rituali
e le influenze culturali nel formare famiglia tra la gente del patriarcato
veneziano.
Credo che il titolo di questa tesi: “ Permanenze rituali, e influenze culturali
nel fare famiglia a nord est. Il caso veneziano”sia la migliore sintesi delle
mie intenzioni nel redigere questo lavoro.
Una delle prime questioni che ho dovuto affrontare è stata quella di
comprendere come decifrare la massa di dati che la demografia ci fornisce,
e soprattutto c’era l’esigenza di capire se i dati potevano aiutarmi a
comprendere le influenze culturali e storiche nei confronti del “fare
famiglia”.
Non bastavano ovviamente solamente dei dati statistici, ma bisognava
introdurre una serie di interpretazioni sociologiche e in certi casi
antropologiche in grado di sostenere oltre ai dati anche alcune ipotesi
rispetto all’oggetto della ricerca.
Nel primo capitolo si sono affrontati oltre ai dati statistici, ed anche alcuni
importanti modelli del “fare famiglia”. Il modello del demografo David S.
Reher
1
coglie le differenze dei sistemi famigliari in Europa, esprimendo e
descrivendo tali diversità attraverso un approccio culturale e geografico.
Diversità queste, che hanno radici ancora non del tutto chiare, ma che
sicuramente si estendono molto lontano nel passato, verso l’epoca del tardo
Romano Impero e dell’alto Medioevo. Secondo David S. Reher tuttavia le
tipologie complesse proposte finora dagli studiosi, finiscono per risultare
poco utili, perché continuamente smentite dalla complessità che emerge dai
dati empirici. Ciò che a suo avviso emerge, in definitiva, da un quadro
storico di lunga prospettiva, è l’utilità di tenere conto di una linea di
demarcazione più grossolana, relativa all’individuo e alla famiglia. Vi sono
sistemi familiari, geograficamente collocati soprattutto nell’area
mediterranea, intrecciati in mille modi, saldamente e profondamente,
all’interno del complessivo tessuto culturale delle diverse società locali, e
perciò offrono una straordinaria resistenza al cambiamento. Sembra che i
modi differenti di “fare famiglia” non possano solo essere ricondotti a
1
Cfr. D.S.Reher (1998), Family Ties in Western Europe: Persistent Contrasts, Population
and Development Review, vol.3, 2, pp.203-234.
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categorie analitiche di tipo economico istituzionale. I sistemi di credenze
che in qualche modo hanno forgiato le azioni del “ fare famiglia”, si
formano in un lungo periodo di tempo, e non mutano rapidamente, inoltre
riguardano intere comunità di persone e tendono così ad attenuare gli effetti
che pressioni economiche esterne hanno su strati diversi della popolazione.
Inoltre in questo primo capitolo si è cercato di intrecciare la propensione al
matrimonio con il “fare famiglia” partendo da una visione più generale fino
ad arrivare ai dati che incorniciano la realtà veneziana.Conoscere la realtà
sociale in cui ci muoviamo ci permette di affrontare con maggior
consapevolezza alcuni aspetti specifici di questa realtà, come il matrimonio
e il battesimo.
Nel secondo capitolo si è voluto descrivere il rito di passaggio più
caratterizzante, nella costruzione di una famiglia e cioè il matrimonio,
affrontandolo come aspetto istituzionalizzato, come rito sacro e, infine,
anche come rito civile. Nel descrivere il rito matrimoniale nelle sue diverse
interpretazioni e simbolizzazioni sono stati riportati una serie di dati che
hanno descritto brevemente la situazione italiana e le città capoluogo di
provincia. Dati che hanno permesso di evidenziare alcuni confronti proprio
con la città di Venezia , oggetto della ricerca.
Il terzo capitolo è stato dedicato al “Battesimo” il rito per eccellenza del
Cristianesimo ed in modo particolare, del mondo cattolico, intendendo per
mondo cattolico anche tutta quella parte di popolazione che pur non
praticante viene comunque considerata appartenente, grazie al rito
battesimale, compiuto “obbligatoriamente “ in tenera età.
Logicamente si è cercato di porre particolare attenzione sull’aspetto
sacramentale di questo rito, ripercorrendo alcuni percorsi storici grazie ai
quali è stato possibile descrivere l’elemento fondamentale nel processo di
costruzione dell’identità delle culture cristiane. L’introduzione di dati
riguardanti il rito battesimale nel territorio della diocesi veneziana ha
permesso una maggiore comprensione della pratica religiosa effettiva,
differente da quella dichiarata. Inoltre già in questo capitolo è stato
introdotto brevemente il processo di secolarizzazione, assieme ad una
riflessione sulla possibile lettura in chiave culturale dei temi descritti nei
capitoli precedenti.
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Nel secondo e terzo capitolo si sono utilizzati alcuni articoli della stampa
locale, che hanno permesso di delineare la situazione del patriarcato
veneziano in modo più preciso, alla luce del processo di secolarizzazione in
atto nel territorio, e della sua percezione da parte del clero cattolico delle
parrocchie.
Ecco che allora la secolarizzazione diviene l’argomento centrale del quarto
capitolo inizialmente considerato come un processo irreversibile, e
successivamente contestato da alcuni sociologi, i quali hanno parlato
esplicitamente addirittura di de-secolarizzazione e ri-sacralizzazione
dell’Occidente.
Il termine “secolarizzazione” evocava, nel suo apparire, una situazione di
trasformazione radicale, che avrebbe interessato progressivamente la
società, la cultura, la politica, la religione, la ricerca scientifica, la vita
quotidiana. Mentre le riflessioni contenute in questo capitolo pur
tratteggiando tutta una serie di processi in atto nella nostra società che
hanno come fulcro la secolarizzazione, evidenziano anche un suo
andamento contrario, o almeno un suo rallentamento. Nei paragrafi finali
del capitolo è stato affrontato il processo secolarizzante, riferendosi alla
realtà italiana attraverso quattro ricerche dell’Istituto Eurisko, e infine a
quella Veneziana utilizzando l’indagine dell’Orset curata da A.Castegnaro
2
.
Il quinto capitolo è dedicato ad alcune teorie classiche della sociologia e ad
alcuni approcci antropologici, riferiti ai riti di passaggio e alla ritualità come
elemento fondamentale per comprendere la formazione sociale e il suo
mutamento.
La dimensione religiosa è stata affrontata brevemente attraverso gli studi sul
rito degli antropologi Van Gennep e Victor Turner continuando con la teoria
evoluzionista e razionalista di A.Comte, Spencer, E.B.Tylor e G.J.Fraser.
Una sintetica trattazione sul “fatto sociale” ci introduce all’oggetto proprio
della sociologia durkheimiana evidenziando il potere coercitivo che questi
“fatti sociali” hanno rispetto agli individui. Secondo Durkheim la comunità
ha ceduto il passo alla società evidenziando un certo indebolimento della
solidarietà sociale con atteggiamenti di crescente alienazione e anomia. Il
2
Cfr. Castegnaro A. (2006), Fede e liberta : indagini sulla religiosità nel Patriarcato di
Venezia, a cura di Marcianum press, Venezia.
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rituale quindi diventa elemento essenziale per ripristinare la fiducia e la
coesione nella società.
In opposizione a Durkheim, Max Weber muoverà dai singoli individui per
spiegare la società, approfondendo il problema religioso in un’ottica storico-
comparata. Nell’ultimo paragrafo del capitolo viene affrontata
sinteticamente la fenomenologia di A. Schutz e la sua simbologia
apresentativa, per arrivare infine ai suoi due seguaci più illustri P.L. Berger
e T.Luckmann.
Nel sesto e ultimo capitolo sono state elaborate le conclusioni cercando di
confrontare le interviste effettuate (vedasi appendice) con le interpretazioni
sociologiche riportate in tutta la ricerca e, in modo particolare, con quelle
del quinto capitolo.
In una società caratterizzata da termini come: secolarizzazione,
razionalizzazione, globalizzazione, ecc. riuscire a scoprire elementi
contraddittori, dissonanti, rispetto alle categorie sopra elencate potrebbe
aiutarci ad osservare la società con occhi diversi e a scoprire che esistono
pratiche rituali sacre, ancora molto diffuse, tanto da poter ricollocare alcuni
processi “modernizzanti” in un alveo meno scontato.
Note metodologiche
Tra i vari tipi di intervista, si è scelto di utilizzare l’intervista narrativa,
intendendo per intervista narrativa una tipologia di intervista qualitativa non
standardizzata e che per definizione va considerata flessibile, un tipo di
intervista nella quale il ruolo dell’intervistatore risulti limitato.
Nell’appendice di questa tesi si trovano le 8 interviste fatte rispettivamente a
4 coppie sposate con rito cattolico che hanno battezzato il propri/o figlio/i
con rito cattolico e 4 coppie sposate con rito civile che hanno battezzato i
propri/o figlio/i con rito cattolico. La sbobinatura delle interviste è stata
effettuata in modo letterale, il parlato anche se non grammaticalmente
corretto è stato riportato tale e quale, ciò per permettere al lettore di poter
eventualmente percepire quelle sfumature nascoste dietro le incertezze del
linguaggio usato.
8
Attraverso la metodologia dell’intervista narrativa utilizzata, per condurre
le interviste, credo di aver facilitato le coppie nell’esprimersi il più
liberamente possibile in merito alla loro storia di fidanzati, di coniugi e
infine di genitori.
Questo approccio mi ha permesso di influire poco durante l’intervista,
tutelando così l’immissione di eventuali mie aspettative o idee preconcette.
All’inizio dell’appendice è stata riportata la traccia utilizzata per fare
l’intervista, questa lista di domande suddivisa in due colonne, è stata
soprattutto un brogliaccio che è servito come semplice promemoria nel
procedere durante gli incontri con le coppie.
Riuscire, con poche domande ad ottenere il più alto numero di descrizioni
relativamente all’oggetto di questa tesi, è sicuramente il miglior risultato che
si potesse sperare.
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1 La Famiglia
1.1 L’Europa dei modelli famigliari
Nel 1965 John Hajnal pubblicò un articolo che negli anni a venire lo
avrebbe reso famoso. Si intitolava “European marriage patterns in
perspective”, e faceva parte della raccolta Population in history. Essays in
historical demography curata da D.V. Glass e D.E.C. Eversley.
In questo articolo Hajnal sosteneva che in Europa sarebbero esistiti due tipi
di matrimonio, uno “occidentale” e l’altro “orientale”. La linea di confine
fra le due aree geografiche, secondo Hajnal era una retta congiungente San
Pietroburgo e Trieste.
Secondo Hajnal ad occidente di questa linea vi erano famiglie
tendenzialmente nucleari, costituite da coppie di sposi che si sposavano
relativamente tardi, e dopo il matrimonio vivevano in una casa loro, diversa
da quella dei genitori di lui o di lei. Invece ad oriente di questa linea vi
erano famiglie estese, che incorporavano i figli sposati, e li facevano sposare
presto.
Nel saggio del 1983 - oramai considerato un classico – John Hajnal descrive
in modo più ampio i due sistemi di formazione della famiglia prevalenti
nell’Europa preindustriale.
Per definire il modello “occidentale” Hajnal individua tre regole:
• sia gli uomini che le donne si sposano abbastanza tardi, alcuni non si
sposano mai;
• il marito, una volta sposato, diventa capo della nuova famiglia, in due
modi possibili: o creando una nuova famiglia nucleare o andando a
vivere nella casa del padre, il quale però si ritira (famiglia-ceppo);
• prima delle nozze un’alta percentuale di giovani passa diversi anni
fuori casa, a servizio.
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Quanto alla famiglia “orientale”, si ottiene “invertendo” la precedente
definizione:
• gli uomini, ma soprattutto le donne, si sposano presto, e si sposano
praticamente tutti;
• gli sposi vanno a vivere in una famiglia in cui c’è già un capo famiglia;
• non vi è la consuetudine del servizio domestico.
Questa distribuzione geografica dei due modelli proposta da Hajnal non ha
ricevuto sempre conferma. Tuttavia, trattandosi di una ipotesi “forte” ha
stimolato una serie di dibattiti, sicché si è rivelata utile anche e soprattutto
per i vari apporti più o meno riusciti, nel tentativo di confutarla.
Comunque grazie al lavoro di Hajnal divenne evidente che esiste un nesso
fra l’età degli sposi, la struttura della famiglia e le regole di residenza.
Quale fosse la effettiva distribuzione dei tipi familiari in Europa divenne più
chiaro solo attraverso una mole enorme di ricerche che furono portate avanti
nel corso degli anni sessanta (principalmente, all’inizio, da parte del Gruppo
di Cambridge, stimolate anche da ipotesi come quella di Hajnal), e poi
soprattutto negli anni settanta, giungendo ad una fase più matura solo
all’inizio degli anni ottanta.
Quando nel 1983 Laslett, assieme a Wall e Robin cura la citata raccolta di
articoli Family forms in historic Europe, dove pubblica un l’articolo
“Family and household as work group and kin group: areas of traditional
Europe compared “, nel quale tenta di fondere gli aspetti sintetici della
classificazione di Hajnal con gli approfonditi aspetti analitici da lui ed altri
raccolti negli anni precedenti. Si giunge così ad una ripartizione dei tipi
familiari in quattro categorie:
• tipo “occidentale” nel senso di Hajnal, ovvero una famiglia nucleare
neolocale con circolazione dei figli, diffusa lungo il perimetro nord-
occidentale d’Europa;
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• tipo “medio occidentale”, che differisce dalla precedente per la
presenza della famiglia-ceppo, ed è diffusa principalmente nell’area
germanica e baltica;
• tipo “mediterraneo”, caratterizzato dall’età precoce delle ragazze, una
notevole differenza d’età ed un numero maggiore di famiglie
complesse;
• tipo “orientale”, nel senso di Hajnal.
Da questo punto di vista appare più articolata la classificazione di Laslett, la
quale tuttavia sembra presentare ancora diverse incongruenze dovute al fatto
che in realtà le tipologie familiari sono distribuite in modo uniforme in
alcune aree geografiche, ma in modo irregolare o discontinuo in altre.
Numerose ricerche condotte negli anni successivi hanno messo in luce che il
modello Hajnal-Laslett se riesce, tutto sommato a cogliere le differenze fra
l’Europa nord occidentale e quella orientale, è invece inadeguato a
descrivere ed a spiegare il sistema di formazione della famiglia dei paesi
mediterranei.
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Nell’Europa mediterranea non vi era quella stretta connessione fra regole di
residenza dopo le nozze ed età al matrimonio prevista dal modello Hajnal-
Laslett . Sia nella penisola iberica che in Italia, laddove si seguiva la regola
di residenza neolocale ci si sposava presto, mentre dove dominava quella
patrilocale il matrimonio era spesso tardivo.
Un’ulteriore modello interpretativo è quello di David S. Reher sostenitore
del fatto che le differenze di oggi dipendono da quelle che sono esistite in
Europa per secoli. David S. Reher cercando le radici storiche delle forme
familiari contemporanee nell’area dell’Europa meridionale si ritroverà a
scomporle in tre diverse stratificazioni di influenza.
4
Al Nord (sopra il 47° parallelo) le forme cristianizzate di organizzazione
familiare si mescolano gradualmente con le preesistenti tradizioni legali e
sociali germaniche.
3
Cfr. Viazzo P., What's so special about the Mediterranean? Thirty years of research on
household and family in Italy, Cambridge University Press, 2003.
4
Cfr.Cavalli A., De Lillo A. (1993),Giovani anni ’90. Terzo rapporto Iard sulla
condizione giovanile in Italia, Bologna: Il Mulino.