collegato. Per la prossimità temporale degli eventi non è stata ancora prodotta
una bibliografia specifica sull’argomento da me trattato. La bibliografia
consultata è quindi servita principalmente ad introdurre storicamente le due
città, anche in tema di immigrazione, o a parlare di temi ad esse riconducibili.
Per la cronaca degli eventi ed una loro analisi critica, mi sono invece basato
principalmente sugli articoli pubblicati da due grandi testate europee: El País e
Le Monde, nel periodo 1 settembre 2005 – 31 ottobre 2005, il ricorso al giornale
francese si giustifica con l’importante influenza sia storica che attuale della
Francia in area maghrebina. Inoltre di grande importanza sono stati alcuni
articoli e comunicati di ONG per le preziose testimonianze in esse raccolte a
seguito degli attacchi di ottobre, gli attivisti incaricati di diffonderle mi hanno
spesso fatto riflettere per le proposte, le denunce e a volte le ideologie di cui
erano portatori.
Infine, un soggiorno erasmus di otto mesi a Siviglia mi ha permesso di essere
particolarmente vicino alla zona in questione, facilitando la ricerca di materiali e
soprattutto permettendomi di visitare le due città. Per quanto l’effettivo
contributo di questi viaggi ai fini della redazione dell’elaborato sia stato limitato,
fermarmi nei luoghi che sono stati teatro di quei tragici eventi mi ha dato
maggiore consapevolezza della realtà trattata.
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Ceuta e Melilla, una panoramica storica sugli scambi con le regioni
confinanti
Ceuta e Melilla, per la loro posizione sulla linea di congiunzione tra due
continenti, si trovano in un crocevia che ha avuto storicamente una
fondamentale importanza per il passaggio di popoli, lo scambio mercantile,
assalti e guerre di conquista. La peculiarità della loro posizione geografica, di
una storia travagliata e della drammatica attualità, rendono queste città,
apparentemente periferiche, estremamente interessanti sotto vari aspetti. Sono
infatti al centro di continui dibattiti su temi che spaziano dalla legittima
sovranità dei territori alla gestione della delicata questione dell’immigrazione
sub-sahariana che ha raggiunto nell’ultimo decennio dimensioni preoccupanti.
Nel corso della loro storia e per molti secoli Ceuta e Melilla sono state nello
stesso tempo roccaforti, baluardi contro l’espansione islamica e vie di accesso
per la conquista musulmana, due porti di fondamentale importanza per il
controllo dello stretto di Gibilterra e per i commerci, basi dell’espansione
coloniale spagnola nel Maghreb ed infine “enclaves” multietniche, tutt’ora
contese tra Spagna e Marocco. Per questa loro poliedricità è difficile persino
definirle, per comodità mi riferirò a Ceuta e Melilla come enclaves, pur essendo
cosciente della problematicità di questa espressione.
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Oltre che per l’aspetto geo-politico e strategico, in campo sociologico ed
antropologico le due città hanno catturato molto interesse per la loro
marginalità e per la duplice attitudine di alterne aperture e chiusure con il
mondo circostante. La presenza di porti importanti, qui come altrove, ha dato
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Alcune definizioni commentate da Dionisio García Flórez. «-“Presidio” hace referencia a las antigas
guarniciones de frontiera, y puede ser sinónimo de fortaleza, sin que tal término tenga nada que ver con la
existencia o no de una prisón en ellos. La palabra es antiquísima (proviene del latín Praesidium) y la usa
Marruecos para hacer referencia a su antiguo uso. –“Enclave” hace referencia a su situación geográfica.
Un enclave es un territorio de un Estado rodeado completamente por el territorio de otro. Ceuta y Melilla
no son enclaves, puesto que tienen fachada marítima, aguas territoriales, y como reconoce el Derecho
Internacional, salida al mar internacional. Se les podría calificar como enclaves imperfectos o enclaves
marítimos. La referencia marroquí a “enclave” se hace para hacer ver una situación que atenta contra su
pretendida integridad territorial pero que es del todo inexacta. –“Ciudades militarizadas” hace referencia
la existencia de una guarnición militar importante en ellas en relación con la población total; claro que
este calificativo se le podría dar a cualquier ciudad de cualquier país que cuente con una guarnición
importante. Marruecos trata con ello de destacar la eventual agresión que España ejerce sobre él.» (Florez
1999:110)
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luogo a scambi culturali di grande rilievo rintracciabili ancora oggi. Così, per
esempio, un antropologo come l’olandese Henk Driessen giustifica il suo
interesse per una investigazione scientifica sulla società melillense:
«A well-known feature of the Mediterranean world is the existence of
cultural enclaves of dispersed minorities. This is particularly true of port
cities which have been populated successively and often simultaneously by
distinct ethnic groups. This condition makes them privileged places for
studying processes of cultural confrontation and accommodation.»
(Driessen 1992: 6)
Entrambi i gruppi ed altre minoranze etniche sviluppano un forte senso di
appartenenza alla loro comunità in risposta a questa convivenza forzata.
Nonostante la grande coesione interna, la comunità musulmana di Ceuta e
Melilla è un insieme fortemente variegato di persone di distinta provenienza
arrivate in città a distanza di diverse generazioni le une dalle altre, appartenenti
a etnie differenti e spinte a migrare per motivi diversi. Tuttavia, per quanto
riguarda le relazioni interetniche, “l’alterità” si discrimina il più delle volte
superficialmente alla sola appartenenza religiosa dei diversi gruppi.
«Although Catholics, Jews, Muslims and Hindus are in constant contact
with one another, such interaction is largely centred on economic matters.
In the areas of kinship, politics, religion, and regular social contact there is
a high degree of ethnic apartheid.[…] Melilla is in many respects a schizoid
society: European and Oriental, cosmopolitan and parochial, liberal and
intolerant, affluent and poor.» (Driessen 1992: 15)
A partire dall’occupazione spagnola di Melilla, avvenuta nel 1497, e la cessione
di Ceuta alla Spagna da parte del regno del Portogallo nel 1668; la percezione
occidentale e cristiana delle due linee frontaliere cominciò a essere quella di
separazione tra civiltà e barbarie.
L’importanza commerciale
Dal momento stesso della fondazione di un presidio a Melilla era chiaro che, per
le sue dimensioni e per la sua lontananza dalla madrepatria che non permette
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agili collegamenti, la città avrebbe avuto bisogno di intrattenere rapporti
commerciali di dipendenza con l’ostile regione circostante. I saccheggi sono stati
per molto tempo nel corso della sua storia un mezzo di sussistenza ampiamente
utilizzato soprattutto nei momenti di isolamento dalla Spagna continentale. Nel
corso di questi attacchi degli abitanti locali venivano spesso presi come schiavi.
Ovviamente gli assalti non erano a senso unico, ma dal punto di vista spagnolo
queste invasioni avevano la forza e la virulenza di piccole crociate.
Sul rapporto di scambio che entrambe le città intrattennero storicamente
con le regioni confinanti, è utile ricordare quanto la sopravvivenza stessa dei
loro abitanti dipendesse in buona misura dai commerci con diverse regioni
d’Africa. Riporto, a titolo di esempio, quanto segnala F.Zaïm:
«Ceuta estaba imbricata con su espacio terrestre en, al menos, tres niveles.
El primero de ellos estaba constituido por su entorno más próximo, el
territorio de Belyunech, que abastecía a la ciudad de los productos de
alimentación, agua y materia prima para su artesanía, así como por el resto
de la región hasta Tánger. El segundo nivel implicaba hasta la ciudad de Fez
y el resto del territorio marroquí, al que abastecía de todo tipo de productos
procedentes del otro lado del Mediterráneo, sirviendo de punto de contacto
con otros pueblos y sus mercancías. Pese a la capacidad de almacenaje de
la ciudad, los problemas en el territorio del interior afectaban en ocasiones
a la ciudad que se quedaba desprovista de mercancías con las que
comerciar. El tercer nivel era el que unía la ciudad con las rutas del oro,
procedentes de la zona de Senegal, Níger y Guinea.» (Contreras 1998: 70-
71)
«El rápido crecimiento de población producido en las primeras décadas del
siglo XX, colocaron a la ciudad [Melilla] en una posición de dependencia en
el abastecimiento de agua, por estar situadas gran número de estas fuentes
en territorio marroquí, a los pies del monte Gurugú.» (Contreras 1998: 71)
A questo flusso di merci nel corso della loro storia è sempre seguito un
importante flusso di persone, variabile in intensità a seconda delle condizioni
politiche ma sempre presente. Si ebbero ciclicamente veri e propri esodi,
migrazioni dettate da crisi economiche o diserzioni, è quindi evidente che in
nessun momento le due frontiere rappresentarono guarnizioni ermetiche, né le
due sponde mondi incomunicanti.
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Un fenomeno interessante in questo senso fu quello dei cittadini spagnoli disertori, specie soldati, che si
rimettevano agli ordini dei regni musulmani scappando dalle enclavi. Attraversare la frontiera veniva
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Per gran parte della storia delle due città gli scambi con l’esterno sono stati
piuttosto floridi, seppur mal visti da entrambi i paesi regnanti.
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Perfino
perentori divieti di qualsiasi forma di contatto tra i due lati della frontiera, come
avvenne agli inizi del ‘700 per volontà del sultano Isma’il, venivano
quotidianamente aggirati da una fitta rete di mercanti musulmani che avevano
l’accesso al recinto esterno per vendere cibo e bestiame, i cosiddetti “moros de
paz”.
Da sempre le due città hanno una tradizione di accoglienza di persone
fuggite da conflitti e richiedenti asilo politico. Alla fine della guerra civile
marocchina nel 1908, ad esempio, vennero aperte le porte a migliaia di rifugiati,
sia musulmani che ebrei. Questi ultimi decisero in gran parte di stanziarsi entro
le mura anche dopo che la situazione politica si stabilizzò in Marocco, dando
luogo ad una comunità che, seppur ridotta, è ancora estremamente vivace
nell’economia cittadina.
Per via della sua posizione fulcro dei commerci tra nord Africa ed Europa,
Melilla ha conosciuto il suo culmine di importanza alla fine del 1800 quando
radunava mercanzie e materie prime da ogni provenienza dando luogo a floridi
commerci. Distando centinaia di chilometri dai porti concorrenti di Ceuta ed
Oran, la sua importanza commerciale ha potuto svilupparsi enormemente.
Entrambe le città godono inoltre dal 1865 dello statuto di porti franchi. Nel 1955
si decise di confermarne la specificità concedendo grande autonomia tributaria
e libertà di movimento delle mercanzie non solo ai porti, ma all’intero territorio
delle due città. L’inaugurazione di una dogana a Melilla nel 1867 permise infine
visto allora allo stesso tempo come tradimento di una religione ed di una società ed automatica
sottomissione all’altra.
Tra le motivazioni degli emigranti risaltano la ricerca di condizioni di vita migliori in territori nuovi e
potenzialmente promettenti, o per alcuni la fuga dalla prigionia in territorio spagnolo. Inizialmente gli
abitanti delle due città erano infatti principalmente militari o delinquenti allontanati dalla madrepatria per
scontare la loro pena. «In the course of four centuries more than 20.000 men fled from Melilla only to be
captured from Rifians. Many of them apostatised, settled down among the tribes and married Berber
women. Desertions were mainly motivated by hardship, the tyranny of presidio governors, low pay, poor
rations, prolonged military service, and penal servitude. The runaways believed that life among the
Muslims could not be worse than presidio life.» (Driessen 1992: 190)
«Desertion and apostasy were important mechanisms of cultural transfer of ideas, information, values,
technical skills, and vocabulary across the frontier.» (Driessen 1992: 190)
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Sono noti addirittura casi di cittadini del Rif che chiesero ed ottennero, dietro pagamento, di ricevere
assistenza medica a Melilla perché al corrente dei progressi della medicina occidentale.
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di ufficializzare i rapporti commerciali con l’esterno dando un grande slancio
alle esportazioni di prodotti spagnoli.
Questi ed altri vantaggi hanno rappresentato a più riprese uno strumento che il
governo di Madrid utilizzò per incentivare la presenza di uomini ed investimenti
dalla madrepatria in questi territori periferici poco attrattivi per la loro
potenziale instabilità.
La fine del protettorato e le paure di un’invasione
Con la campagna d’Africa che permise alla Spagna nel 1912 di imporre un
protettorato sul Rif si assegnò a Melilla il ruolo di capitale orientale dei
territori. Già dalla la fine del protettorato spagnolo nel 1956 (ad esclusione della
zona meridionale del Rio de Oro) e la conseguente indipendenza del Marocco, si
cominciò ad assistere ad ingenti flussi migratori da e per le enclaves. Non fu un
fenomeno nuovo, come vedremo più avanti storicamente le due città hanno
sempre conosciuto movimenti migratori, ma le proporzioni di questi esodi
furono assolutamente inedite. Dalle enclaves gli spagnoli partivano per la madre
patria (più di 25.000 nei successivi 25 anni secondo Henk Driessen) venendo
presto sostituiti da un numero crescente di abitanti del Rif, una fonte di
manodopera a buon mercato spinta a migliorare le proprie condizioni di vita
trasferendosi all’altro lato della frontiera.
Nell’opinione comune si fece largo l’idea che la fine del protettorato
spagnolo avrebbe potuto mettere in pericolo la “ispanicità” delle stesse enclaves,
rendendo il futuro dei loro abitanti piuttosto incerto.
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Con la Marcia Verde avvenuta nel 1975 per la cessione del Rio de Oro (ora Sahara Occidentale) a
Marocco e Mauritania da parte della Spagna, crebbe una psicosi tra i cittadini spagnoli delle due enclavi
che temevano che i loro territori potessero subire la stessa fine. La disputa sulla sovranità dei territori
liberati degenerò infatti in un conflitto tra i due paesi africani che terminò con una occupazione militare
ed un dominio de facto marocchino. L’apprensione per ciò che avveniva nei confini meridionali del
Marocco si amplificò a Ceuta e Melilla dove crebbero l’insicurezza ed il senso di abbandono e con esse i
rimpatri all’altra sponda del canale.
«En octobre 1975, la Mauritanie et le Maroc, faisant cause commune, se partagent le territoire et
prennent progressivement la relève de l’armée et de l’administration espagnoles. Le contentieux se
transforme en guerre avec l’intervention du Polisario. Il a fait l’objet de décisions de la CIJ, de l’ONU et
de l’OUA qu’il divise profondément. » (Chenntouf, Cissé 2003: 92-93)
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Sebbene gli accordi segreti sottoscritti dal Marocco al momento dell’acquisto
della sovranità sui territori del Sahara Occidentale garantissero
temporaneamente alla Spagna il mantenimento dello status quo in entrambe le
città costiere, le paure di un’eventuale cessione delle due città erano comunque
plausibili viste le rivendicazioni del vicino stato arabo.
Lo spauracchio di un’invasione rientrò presto rivelandosi infondato, escludendo
un episodio minore di attraversamento in gruppo della frontiera nell’ottobre
1975 ed alcuni attentati terroristici attuati con probabilità da piccoli gruppi
isolati.
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Da questo momento in avanti l’ipotesi di un’invasione con la forza divenne
sempre meno contemplabile e all’immagine della Marcia Blu (nell’immaginario
collettivo l’equivalente della Marcia Verde) si sostituì la paura di un’invasione
più subdola e meno clamorosa, quella di un costante aumento della popolazione
di origine maghrebina residente nelle due enclavi che avrebbe portato
(porterà?) di generazione in generazione ad avere la maggioranza demografica e
politica, e con esse il sostanziale controllo sulle città. Venne popolarmente
battezzata “Marcia delle tartarughe” e la sua paternità fu da più parti attribuita
al monarca marocchino Hassan II.
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Nonostante una storia di plurisecolare “ispanicità” delle due città, il
Marocco ha sempre esercitato pressioni su più fronti affinché venissero
internazionalmente riconosciute come territori espropriati, sostanzialmente per
motivi geografici e per il sogno di un “Grande Marocco” che avrebbe dovuto
estendersi dal Senegal al Mediterraneo. In quest’ottica quindi, il regno
Marocchino continua a chiedere dal momento della sua indipendenza (ma
fin’ora senza successo) il riconoscimento da parte delle Nazioni Unite delle due
città come territori da decolonizzare alla stregua di Gibilterra.
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Florez 1999: 60,167
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Si noti il ritmo esponenziale di crescita della popolazione musulmana residente nelle due città registrato
dalle anagrafi comunali, ad un flusso migratorio di intensità variabile, ma sempre presente, va aggiunto
un tasso di fertilità ed un’età media della popolazione che, nei quartieri a maggioranza musulmana,
raggiunge i livelli tipici di un paese economicamente sottosviluppato. Per dati statistici si veda Soddu
2002: 24
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Molto è stato discusso e scritto in merito alla questione di sovranità delle due enclavi, ma l’appellativo
di colonie sembra inaccettabile secondo la definizione di territorio coloniale che si ricava dalle risoluzioni
l’ONU: «Según los principios de la resolución 1541, la presunción inicial para clasificar a un territorio de
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