sopporta più di essere ingiustamente escluso dalla società. Per questo motivo, e
non solo per la morte dei figli uccisi per vendetta, la tragedia euripidea, nel
mondo classico, rappresenta un momento di estrema modernità.
In età romantica, Franz Grillparzer coglie il monito euripideo e col suo
dramma ci mostra come sia difficile, per uno straniero, cessare di esserlo
veramente per gli altri. Si accosta, quindi, alla tragedia greca per poi staccarsene
ed interpretare in chiave psicologica e personale la figura di Medea.
Scopo della presente tesi è esaminare il tema di Medea donna straniera in
Euripide e in Grillparzer, lo sviluppo del mito nel momento classico e in quello
romantico, evidenziando le analogie e le differenze ; quest’ultime, come ovvio, di
notevole rilievo. La ricerca sarà suddivisa in due parti, una dedicata alla Medea
euripidea, l’altra a quella grillparzeriana.
Nella prima parte mi propongo di analizzare, in primo luogo, gli aspetti
più antichi del mito di Medea, per poi mettere in luce, particolarmente, le
innovazioni di Euripide.
Euripide, infatti, innova i suoi drammi con i problemi che la vita e la
società del suo tempo gli presentano; la sua riflessione muove sempre dal tessuto
storico, il suo approccio al mito è più personale di quello di Eschilo e di Sofocle.
Egli attua una continua sovrapposizione fra il mondo della mitologia e del
quotidiano, si serve del mito tradizionale per trasportarlo anacronisticamente nel
presente e per procedere ad una sua attualizzazione: i personaggi sono uomini del
suo tempo, agitati da problemi del suo tempo.
5
La tragedia di Medea diviene pertanto quella di una donna straniera del V
secolo, ripudiata dal marito. Vorrei, quindi, considerare come il dramma euripideo
abbia un suo riferimento storico, nasca cioè da una precisa situazione contingente.
Grillparzer, invece, muove dalla oggettività del mito classico per
procedere ad una rilettura di Medea in chiave psicologica. Nella prima parte è mio
desiderio soffermarmi sullo specifico quadro storico - culturale in cui la Medea
euripidea è stata composta, nella seconda parte, in particolare, sui dati biografici e
sulle vicende private che hanno portato Grillparzer a dar vita alla sua Medea.
Ampio spazio vorrei dedicare, poi, all’analisi dei passi relativi alla figura della
donna straniera nella tragedia euripidea e in quella grillparzeriana. Particolare
interesse, infine, è mia intenzione rivolgere alle differenze sostanziali e formali
messe in atto da Grillparzer nel suo dramma, nel processo di rivoluzione teatrale
perseguito e attuato dai romantici.
6
Capitolo I
Gli aspetti più antichi del mito di Medea
Il mito è una fabula che può avere tante varianti quante le zone in cui si
diffonde. E’ un linguaggio complesso, articolato, costituito da un amalgama di
fatti noti in tempi e luoghi diversi. “Nessun mito ha perciò una struttura definitiva,
ma in quanto linguaggio storico e nello stesso tempo astorico è possesso di tutti i
popoli e di tutti i tempi”
1
. Tra i miti più fortunati della cultura occidentale e della
storia dello spettacolo trasmessi dall’antichità fino ad oggi, da una grande varietà
di fonti letterarie e artistiche, vi è quello di Medea. La figura della maga della
Colchide e della donna dal cuore pieno di passioni che giunge ad uccidere i figli
ha sempre attirato l’attenzione dei poeti. Prima di assumere forma letteraria, come
tutti i miti, quello di Medea si è diffuso oralmente sulle rive del Mediterraneo,
dove nacque. La leggenda degli Argonauti, dall’antefatto di Frisso e Ino alla
spedizione di Giasone in Colchide, il cui scopo era recuperare il vello d’oro,
faceva parte di un’antica poesia epica andata perduta, ma già nota al tempo dei
poemi omerici. L’Iliade conosce il passaggio degli Argonauti a Lemno, sa di
Euneo, figlio di
16
Giasone e della regina di Lemno Isifile (Il. VII 468-69; XXI 41; XXIII 747), ma
non nomina Medea.
2
L’Odissea indica con precisione le genealogie di Pelia e
Esone, quando Odisseo, nell’Ade, tra le donne famose incontra per prima Tiro,
figlia di Salmoneo, che da Poseidone ebbe i figli Neleo e Pelia e dallo sposo
Creteo tre figli tra cui Esone, padre di Giasone (Od. XI 235-59). Circe, dando
istruzioni a Odisseo per il viaggio, gli parla di 'Argë pasimšlousa la sola nave
che, ritornando dal regno di Eeta, passò tra le Simplegadi (Od. XII 69-72).
L’espressione è di grande rilievo all’interno dell’Odissea perché ci dimostra
come l’epos preomerico avesse sviluppato sulla spedizione della nave Argo un
filone molto noto e trattato. I viaggi di Giasone e di Odisseo sono simili tra loro e
molti studiosi accettano che Omero si sia ispirato alla saga degli Argonauti per gli
episodi dei Lestrigoni, delle Sirene, delle vacche del Sole e di Circe, anche se
discutono sulla modalità dell’imitazione
3
. Il problema è di difficile soluzione,
poiché non possediamo l’epos degli Argonauti, ma possiamo solo raccogliere le
tracce del mito nell’antica poesia greca e latina
4
. Per meglio comprendere
l’evoluzione del mito di Medea e le innovazioni apportate da Euripide, è
opportuno
1
A. CAIAZZA, Medea: fortuna di un mito, Dioniso LIX (1989), 9-84.
2
Il nome di Medea appare per la prima volta nella Teogonia di Esiodo (v. 961) dove viene
ricordato il suo amore per Giasone e il successivo matrimonio avvenuto a Iolco.
3
Commento ad Od. XII 55-72, in Odissea, di cura di A. HEUBECK e G. A. PRIVITERA, Milano
1981, III, 315-16.
4
I principali autori antichi a cui si fa riferimento per la costituzione del mito sono: Pindaro,
Euripide, Apollonio Rodio, Diodoro Siculo, Pausania, Ennio, Pacuvio, Ovidio, Seneca, Valerio
Flacco, Apollodoro, Strabone.
17
riassumere ciò che doveva costituire il soggetto originario della saga
argonautica.
Antefatto
Atamante, re della Beozia, figlio di Eolo, sposa Nefele da cui ha i figli
Frisso e Elle. In seconde nozze sposa Ino, figlia di Cadmo, che, gelosa dei figli di
primo letto, complotta per ucciderli. Fa seminare di nascosto del grano tostato che
non produrrà germogli e corrompe il messo inviato da Atamante a Delfi per avere
dall’oracolo suggerimenti contro la sterilità dei campi. Il messo riferisce che per
porre rimedio alla carestia Atamante dovrà sacrificare i due figli a Zeus. Il re,
anche se riluttante dinanzi al disumano sacrificio, si piega alla volontà del falso
vaticinio, ma Frisso e Elle si salvano su un ariete alato dal vello d’oro inviato da
Ermes per ordine di Era o di Zeus stesso
5
. Secondo un’altra versione, che risale
senza dubbio al Frisso di Euripide (oggi perduto), è la stessa Nefele che,
librandosi nell’aria proprio in quel luogo, vede i figli sull’altare e, accompagnata
dai nembi, li rapisce. Dona poi loro un ariete dal vello d’oro che, alzatosi in volo,
si dirige verso l’Oriente. Lungo il tragitto Elle, caduta in mare, dà nome
all’Ellesponto, Frisso, invece, giunge in Colchide presso il re Eeta, figlio del Sole
e fratello di Circe, che regna sulla regione attraversata dal Fasi. Frisso sacrifica
l’ariete a Zeus e ne appende il vello ad un albero, in un bosco sacro ad Ares, sotto
la custodia di un drago. Il vello d’oro diventa possesso di Eeta, che fa uccidere il
5
Questa è la versione più celebre tramandata da Apollodoro, Bibl. 1, 9, 1
18
giovane greco. Secondo un’altra versione, seguita da Apollonio Rodio, Frisso
sposa Calciope, figlia di Eeta e sorella di Medea, da cui ha quattro figli
6
.
Gli Argonauti a Iolco
Il fratello di Atamante, Creteo, fondatore di Iolco, sposa la nipote Tiro,
figlia di Salmoneo, e ne ha tre figli, tra cui Esone, padre di Giasone. Tiro, sedotta
da Poseidone, concepisce anche Neleo e Pelia; quest’ultimo usurpa il trono a
Esone. Il piccolo Giasone viene consegnato dai genitori al centauro Chirone e da
questi allevato. Divenuto giovinetto, si presenta a Pelia per rivendicare il trono
legittimo, ma lo zio, sentendosi minacciato, trama un inganno. Avendo Pelia visto
che Giasone porta un solo sandalo ( l’altro l’aveva perso attraversando il fiume
Anauro in piena) ed essendo stato avvertito dall’oracolo di guardarsi da un
“monosandalos”, si dice disposto a soddisfare le richieste del nipote a patto che
conquisti e riporti a Iolco il vello d’oro. Giasone su suggerimento di Era, che già
nell’Odissea appare sua protettrice (Od. XII 72: “ma Era spinse <Argo> oltre,
perché le era caro Giasone”), raccoglie uno stuolo di eroi e uomini coraggiosi
della generazione prima della guerra di Troia e parte con la nave Argo.
Il viaggio di Giasone verso la Colchide
Giasone, dopo una lunga serie di avventure, raggiunge la Colchide e per
conquistare il vello è costretto ad una serie di prove impostegli da Eeta. Deve
aggiogare, in un sol giorno, due buoi dagli zoccoli di bronzo, spiranti fiamme
dalle froge di ferro. Con i due buoi deve dissodare quattro iugeri di terra per
6
L’accoglienza di Frisso da parte di Eeta si trovava già menzionata nell’Egimio, poema attribuito
a Esiodo o a Cercope di Mileto. Frisso e i suoi figli erano poi menzionati nelle Grandi Eee.
19
seminarvi i denti di un drago, dai quali nasceranno molti guerrieri che dovrà
uccidere. Solo con l’aiuto di Medea, la giovinetta maga, figlia di Eeta, Giasone
riesce ad impadronirsi del vello. Medea, per impulso di Eros e di Afrodite, si
innamora dell’eroe greco e lo soccorre nelle prove con i suoi consigli e i suoi
filtri. Alla fine, scappa con Giasone e, per proteggere gli Argonauti nella fuga,
provoca la morte del fratello Absirto. In Apollonio Rodio
7
, Absirto cade in
un’imboscata ordita dalla sorella e viene ucciso da Giasone. In numerose altre
fonti
8
, Absirto giovinetto è ucciso da Medea stessa che lo fa a pezzi e ne getta un
brano dopo l’altro in mare per ritardare l’inseguimento del padre che si ferma
disperato a raccogliere le membra del figlioletto. Medea poi sposa Giasone e lo
segue nelle numerose peripezie del ritorno.
Il ritorno a Iolco
Tornato Giasone a Iolco, Pelia non è disposto a cedergli il trono, pur
essendosi preso il vello. L’eroe vive a Iolco con Medea e il padre Esone,
ringiovanito dalle arti magiche della maga
9
. Medea riesce a persuadere le figlie di
Pelia a fare a pezzi il padre e a farlo bollire in una caldaia, promettendo un rito per
7
Arg. IV 452-81. Le varianti più rilevanti del mito sono contenute nelle Argonautiche di
Apollonio Rodio che si riallaccia alla tradizione più antica.
Le fonti che concordano sull’uccisione di Absirto da parte di Medea sono: Apollodoro,
Bibliotheca I 9,24; Ovidio, Tristia III 9, 26-34; Heroides VI 129 sgg.; XII 133 sgg.; Seneca,
Medea 131-33. Euripide sembra accogliere la variante del mito secondo cui Medea non avrebbe
ucciso il fratello dopo averlo portato con sé sulla nave, ma prima di partire nella casa del padre
(vv. 166 ; 1339).
9
Il ringiovanimento di Esone è testimoniato dai Nostoi (fr. 7 BERNABÉ).
20
8
ringiovanirlo. Ma Pelia, tagliato a pezzi, non ritorna in vita
10
. Acasto, figlio di
Pelia, bandisce Giasone e Medea da Iolco, essi per evitare la vendetta fuggono.
Questa storia appartiene con ogni probabilità al nucleo più antico del mito
e si è soliti suddividerla in tre sequenze - chiave collegate ai luoghi geografici: 1)
Gli Argonauti a Iolco, 2) Il viaggio di Giasone verso la Colchide, 3) Il ritorno a
Iolco. Una quarta sequenza, che possiamo intitolare “Corinto”, è costituita
dall’episodio divenuto famoso con la Medea di Euripide
11
. La versione della
tragedia euripidea, infatti, ha avuto il sopravvento sulla tradizione più antica del
mito corinzio. Dopo Euripide, che ritaglia un episodio dall’epos argonautico e lo
innova coi problemi legati al suo tempo e alla sua sensibilità, portando sulla scena
il dramma della moglie tradita e della madre, Medea, nell’immaginario collettivo,
diviene la donna dal cuore pieno di passioni, l’assassina dei propri figli e la figura
della maga conosce tinte più fosche. Se il pubblico ateniese dimostrò di non
gradire le innovazioni apportate da Euripide al mito, assegnando a Medea solo il
10
La vendetta di Medea su Pelia fa parte del nucleo più antico del mito. Pindaro (Pyth. IV 251) vi
fa allusione come ad una vicenda nota, ma sono i tragici a darle un ampio sviluppo. Sofocle ne fa
il soggetto dei Rhizotomoi, dramma la cui data è sconosciuta, forse appartenente alla giovinezza
del poeta. Euripide ne tratta nelle Peliadi del 455, di cui possiamo leggere la trama in Mosè di
Corene.
11
Dopo l’episodio di Euripide, il mito ha un’ulteriore evoluzione e si può suddividere in altre
due sequenze che ebbero meno fortuna nella trattazione degli autori: 5) Medea ad Atene e 6) Il
ritorno in Colchide. 5) Medea ad Atene: nella parte centrale della Medea di Euripide vi è
raccontato l’episodio di Egeo, re di Atene, che promette a Medea ospitalità. Dopo l’uccisione dei
figli, Medea è accolta ad Atene, sposa Egeo e gli partorisce il figlio Medo (Diodoro IV 55;
Pausania II 3,8). Quando Teseo ritorna da Trezene, Medea cerca invano di farlo morire o
avvelenandolo o, secondo un’altra versione, facendogli affrontare il toro di Maratona (Plutarco,
Teseo 12,35 ; Apollodoro I 5). Una volta diventato re, Teseo caccia Medea dalla città. Questo è il
nucleo di due tragedie dallo stesso titolo: l’Egeo di Sofocle e Euripide. 6)Il ritorno in Colchide:
Medea si rifugia in Colchide col figlio Medo che aiuta il nonno Eeta a riconquistare il trono,
scacciando lo zio Perse. Espande poi il suo regno fino alle regioni che diventeranno l’impero dei
21
terzo posto (hypothesis di Aristofane di Bisanzio), in seguito tutte le scelte
letterarie furono condizionate dalla Medea euripidea, che fece prevalere la figura
della donna su quella della maga.
Per indagare quindi il complesso ruolo di Medea, nel mito maga e nipote
del Sole, si devono analizzare le fonti pre-euripidee e quegli autori che si
riallacciano alla tradizione più antica, dalla quale si era fortemente distaccato il
tragico ateniese.
Nel mito pre- euripideo e in genere in quello corinzio, Medea è maestra di
magia, ma a parte il crudele episodio di Pelia è una maga benefica: guarisce gli
eroi (Diod. IV 48), la follia di Eracle (Diod. V 55), ringiovanisce Giasone, Esone
e le nutrici di Dioniso (hypothesis Eur. Med.), libera i corinzi da una carestia
(schol. Eur. Med. 11; schol. Pind. Ol. XIII 74), predice l’avvenire (Pind. Pyth.
IV).
In Euripide, Medea è maga solo quando invia a Glauce il peplo e la
corona incantati che la uccideranno insieme con il padre Creonte ( vv. 946 sgg).
La sua magia è un’azione distruttiva che permette alla moglie tradita di realizzare
la vendetta. L’immagine della maga ricompare nel finale della tragedia, dove la
madre subisce una sorta di trasfigurazione e parla con autorità inattesa. E’
rappresentata, infatti, sul carro del Sole, come qeÒj, istigatrice più che vittima del
dramma, fiera e invitta proprio come la vorrà Orazio: “Sit Medea ferox
invictaque” (Ars Poet. 123).
Medi (numerosi autori danno Medo come eponimo dei Medi: Tacito, Annales, VI 34; Erodoto VII
62; Strabone, XI 13,10).
22
Questi elementi della tragedia euripidea si ricollegano al carattere stesso
del personaggio, alla sua natura originariamente divina. Il ricordo di questa antica
natura è in un frammento di Alcmane (fr. 236 CALAME), nella Teogonia di Esiodo
(v. 965) e nella IV Pitica di Pindaro (Pyth. IV 9). Medea è descritta come
immortale anche da Museo (schol. Eur. Med. 10). Il mito, infatti, non conosce la
morte di Medea ed Ibico e Simonide ci testimoniano il suo legame in matrimonio
con Achille nell’Eliso o nell’isola dei Beati ( frr. 29; 558 PAGE; questa versione è
accolta anche da Apollodoro, Bibliotheca IV 814). Non vi è dubbio che bisogna
riconoscere nella maga un’antica divinità di cui è difficile indagare il carattere
iniziale. U. von Wilamowitz e C. Robert
12
riconoscono in Medea una dea ctonia,
offrendo due ipotesi divergenti sulla sua origine: il primo la fa venire dalla
Tessaglia a Corinto, l’altro riconosce in lei una divinità autoctona di Corinto,
messa poi in relazione con la leggenda tessala del vello d’oro. Secondo il
Wilamowitz, nella primitiva leggenda tessala Giasone doveva trarre il vello d’oro
dalle profondità della terra Aia, il cui sovrano Eeta, re delle ombre, equivaleva ad
Ade. L’eroe era aiutato, nella sua impresa, dalla figlia del re, che, dopo aver
contribuito al glorioso bottino, lo seguiva. Infine quando gli Inferi, dalle
profondità terrestri, furono localizzati ai confini del mondo, e quando le
popolazioni tessale diressero la loro attenzione verso il mare, Aia (il cui termine
indica propriamente terra) divenne un’isola situata nel più lontano Oriente.
Nell’isola il Sole possiede un palazzo (Mimn. fr.11 WEST ), Eeta, il suo re, ne è il
figlio, Medea, la nipote. Il mito poi fu introdotto in Ionia, e gli abitanti di Mileto,
12
U. VON WILAMOWITZ MOELLENDORFF, Griechische Tragödien, Medea, Berlin 1910, 9 sgg. C.
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