5
L’animo e l’intelletto di chi, da oltre vent’anni, lavora in
prima linea con le miserie umane, trovano ristoro all’idea
che la politica sociale nel nostro Paese ha finalmente un
organico quadro normativo di riferimento, ispirato alla
massima democraticità, disponendo altresì di un congruo e
finalizzato fondo finanziario.
La legge viene recepita dalla Regione Puglia con la legge
n. 17 del 25 agosto 2003; bisognerà, poi, attendere il mese
di agosto del 2004 per l’approvazione del Piano Regionale
delle Politiche Sociali che consente l’avvio concreto
dell’applicazione dei principi contenuti nella l. r. 17/03. Sia
pure con un certo ritardo, finalmente si dà avvio al processo
di riforma; ma ecco affacciarsi una molteplicità di questioni
relative al presidio ed alla gestione di ogni sua fase
realizzativa.
Il coinvolgimento della cittadinanza, come si vedrà, nella
grande maggioranza dei casi, è ridotto a mero aspetto
formale: quella che doveva essere una programmazione
partecipata e condivisa diventa una programmazione
preordinata e rispondente a determinati e consolidati
interessi. I Principi della 328/00 e della 17/03 subiscono una
6
progressiva coartazione e deviazione man mano che si
scende sul piano applicativo. L’Ente di Formazione Formez,
consulente della Regione Puglia per l’accompagnamento in
tutte le fasi del processo relativo alla realizzazione del
“Sistema Integrato degli Interventi e Servizi Sociali in
Puglia”, propone, quali strumenti di supporto per
l’implementazione della l. r. 17/03, una serie di schemi,
regolamenti, protocolli d’intesa, accordi di programma
nonché specifici disciplinari utili e necessari all’avvio del
« Sistema Integrato degli Interventi e Servizi Sociali in
Puglia ».
Tali tipi di supporti offrono altrettanti strumenti di
suddivisione, ripartizione, categorizzazione e collocazione,
propedeutici all’iterazione delle forme di potere.
La grande importanza riservata alla costruzione di un
sistema integrato a rete in materia di politiche sociali,
nonché quella riservata alla elaborazione e predisposizione
di specifici disciplinari per la sua implementazione
costituiscono lo spunto principale che ha dato luogo alla
realizzazione di questo lavoro. In particolare, i disciplinari
che integrano il Piano Regionale per le Politiche Sociali
7
hanno richiamato alla mente la disciplina che Michel
Foucault ha rappresentato e analizzato in Sorvegliare e
Punire.
È sulla suggestione delle sue profonde riflessioni, che si
cercherà di dimostrare, anche attraverso la ricostruzione
storica della nascita ed evoluzione delle politiche sociali e
della loro relazione con i meccanismi di potere,
l’immanente esistenza e capillarità del foucaultiano
diagramma disciplinare.
8
Capitolo primo
Il potere
1.1 Potere
Foucault definisce il potere come un rapporto di forze,
ed ogni rapporto di forze come un rapporto di potere. Egli
esclude la passività come polo interagente nelle relazioni di
potere; obiettivo prioritario non è l’esercizio della violenza
che rende l’altro inerme, anche se a volte il potere vi ricorre,
ma quello di governare le forze in gioco attraverso
l’eliminazione o la riduzione delle resistenze che solo una
soggettività attiva può opporre.
L’unico oggetto della forza è costituito da altre forze: la
forza non è mai al singolare, « la sua caratteristica
essenziale è di essere in rapporto con le altre forze, di modo
che ogni forza è già rapporto, e cioè potere: la forza non ha
un oggetto o un soggetto diverso dalla forza stessa. […]
l’unico oggetto della forza è costituito da altre forze e il suo
unico essere è il rapporto: è un’azione sull’azione, su azioni
eventuali o attuali, future o presenti, è “ un insieme di azioni
9
su azioni possibili ”: incitare, indurre, distogliere, rendere
facile o difficile, ampliare o limitare, rendere più o meno
probabile […] . Sono le categorie del potere ».
1
Con la sua anatomia politica, Foucault introduce una
concezione del potere che si differenzia da quella
tradizionale, nella misura in cui non cerca tanto di spiegarlo
quanto di descriverlo. Il potere non è più ridotto ad altro da
sé ( ad esempio la lotta di classe ).
Senza identificarlo con forme definite, egli concepisce il
potere come esercizio, supera l’idea di un potere grande e
unitario e promuove quella dei micropoteri diffusi. Al
potere oppone le reazioni di potere e la pluralità dei
« micropoteri » costituita da quest’ultime.
La concezione di potere, basata sull’idea di micropoteri
diffusi, è in netto contrasto con una concezione
prevalentemente politica del potere, basata sull’idea di
sovranità. Foucault sostituisce l’analisi discendente del
potere con un’analisi ascendente, a partire dal basso, dalle
tecniche di sorveglianza, dalle pratiche disciplinari e di
1
G. DELEUZE, Foucault, (1986), tr. it., Feltrinelli, Milano, 1986, p. 75.
10
esclusione, cioè dai micropoteri diffusi. Il potere, secondo
questo approccio, è essenzialmente un insieme di relazioni e
strategie dentro cui ci si colloca e si è collocati. Non si può
parlare di un individuo, di un soggetto precedente a queste
relazioni e strategie, ma solo di individui o soggetti in
quanto risultati di queste relazioni e strategie. Relazioni e
strategie che affondano le loro radici nella storia dell’uomo.
Lungo il corso della storia, così come in ogni leggenda
che si rispetti, il potere è stato sempre collocato in una
posizione apicale, circoscrivibile e difficile da rovesciare.
In realtà il potere, anche quando rivoluzioni o guerre
sanguinarie ne hanno sancito l’abbattimento, di fatto non è
mai stato rovesciato, ma ha semplicemente indossato
maschere diverse.
A seguito delle rivoluzioni, più o meno pacifiche, si sono
avvicendate diverse rappresentazioni e identificazioni del
potere senza che nessuna di esse producesse lo
smantellamento o la riconversione della sua meccanica
interna. In maniera più semplice, potremmo dire che le
cosiddette stanze dei bottoni sono state sempre preservate
11
nella loro originaria meccanica e funzionalità: sono solo
cambiati i piloti.
L’analisi, sottile e dettagliata del potere e dei suoi
ingranaggi si è resa possibile solo a partire dai movimenti
di lotta e di ribellione condotti quotidianamente che hanno
caratterizzato la fine degli anni sessanta. Le diverse e più
nascoste maschere del potere diventano più manifeste e ne
evidenziano le sua intrinseca ambiguità e reticolarità. « Se
non fosse altro che repressivo, se non facesse mai nient’altro
che dire no, credete veramente che si arriverebbe ad
obbedirgli? Quel che fa sì che il potere regga, che lo si
accetti, ebbene, è semplicemente che non pesa solo come
una potenza che dica no, ma che nei fatti attraversa i corpi,
produce delle cose, induce nel piacere, forma del sapere,
produce discorsi, bisogna considerarlo come una rete
produttiva che passa attraverso tutto il corpo sociale, molto
più che come un’istanza negativa che avrebbe per funzione
di reprimere ».
2
2
M. FOUCAULT, Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977, p. 13.
12
Il potere, dunque, non è paragonabile ad una sorta di torre
d’avorio inattaccabile e dalla quale domina e sottomette;
appartiene, invece, all’ordine della relazione, penetra ed
attraversa tutto il corpo sociale. Non è solo repressivo
poiché affascina, suscita, incita e produce, permea. Non lo si
può possedere se non dopo averlo esercitato. « Viene
esercitato prima di essere posseduto (poiché lo si possiede
solo sotto una forma determinabile, la classe, e determinata,
lo Stato); passa attraverso i dominati e anche attraverso i
dominanti poiché passa attraverso tutte le forze che sono in
rapporto ».
3
3
G. DELEUZE, Op. cit., p. 76.
13
1.2 Potere – sapere …. sapere – potere
Foucault dedica molto del suo lavoro allo studio del
sapere ed alle sue reciprocità con il potere. Nella sua opera
Archeologia del Sapere porta a compimento lo studio delle
relazioni stratificate di sapere, mentre in Sorvegliare e
Punire quello dei rapporti strategici di potere. Sapere e
potere rivestono una diversa e differenziata natura. L’uno, il
potere, si pone come produttore dell’altro. Il sapere, invece,
è funzionale al rafforzamento e alla rigenerazione del primo.
Il potere passa attraverso le forze, fluendo continuamente
in queste, in quanto interagisce e si rapporta di volta in volta
all’intensità del loro rapporto; per far ciò necessita di una
fluidità (intesa come capacità di adattamento, cambiamento
e penetrazione) che a sua volta implica quell’instabilità e
precarietà proprie di una relazione mai statica e definita.
Tale rappresentazione del potere è definita da Foucault
come diagrammatica, cioè per singoli punti, che indicano di
volta in volta l’applicazione di una forza. Tra potere e
sapere sussiste, dunque, un primato dell’uno sull’altro, una
differenza strutturale, una irriducibile diversità, ma anche
14
una presupposizione reciproca così come una mutua
cattura.
Deleuze mostra di aver ben compreso questo aspetto
quando afferma che il potere non passa attraverso le forme,
ma solo attraverso le forze. « Il sapere concerne materie
formate (sostanze) e funzioni formalizzate, distribuite
segmento per segmento al di sotto delle due principali
condizioni formali, vedere e parlare, luce e linguaggio: è
quindi stratificato, archiviato, dotato di una segmentarietà
relativamente fissa. Il potere, al contrario, è diagrammatico,
mette in moto materie e funzioni non stratificate e procede
per mezzo di una segmentarietà molto fluida. Infatti non
passa attraverso forme ma punti, punti singolari che
indicano, ogni volta, l’applicazione di una forza, l’azione o
la reazione di una forza rispetto alle altre, cioè un’affezione
come “ stato di potere ” sempre locale e instabile ».
4
I rapporti di potere non emanano da un punto centrale o
da un unico fuoco di sovranità; essi, infatti, si presentano al
4
G. DELEUZE, Op. cit., p. 78.
.
15
contempo locali, instabili e diffusi; si spostano
continuamente, all’interno di un campo di forze, segnando
svolte, inversioni, capovolgimenti, cambiamenti di
direzione, resistenze, dando luogo ad uno scenario in
perenne e permanente trasformazione. I rapporti di forze
non sono perciò localizzabili in questa o quella istanza.
L’instabilità dei rapporti di potere delinea un ambito
strategico o non stratificato che sfugge alle forme del
visibile e dell’enunciabile. Tali rapporti costituiscono la
strategia in quanto esercizio del non stratificato e le
strategie, in quanto non codificabili e anonime, risultano
essere mute e cieche. I rapporti di potere, allora, non sono
conosciuti.
Le strategie si distinguono dalle stratificazioni come i
diagrammi si distinguono dagli archivi. Per Foucault la
pratica di potere resta irriducibile a qualsiasi pratica di
sapere. Per indicare questa differenza di natura, dirà che il
potere rinvia a una microfisica, dove micro non va inteso
nell’accezione di miniaturizzazione delle forme visibili o
enunciabili, ma come un altro dominio, un nuovo tipo di
relazioni, una dimensione di pensiero irriducibile al sapere.