propaga effetti negativi sui risparmiatori e sulle imprese concorrenti, al contrario,
il fallimento di una banca produce immediati effetti negativi sulle altre banche, a
causa dei rapporti esistenti sul piano dei finanziamenti interbancari, e può
intaccare la fiducia dei risparmiatori e la fiducia degli utilizzatori.
A questo riguardo Basilea 2 rappresenta principalmente, ma non esclusivamente,
la revisione delle modalità di calcolo del “coefficiente di solvibilità” che è uno
degli strumenti della vigilanza prudenziale.
A differenza della precedente normativa, denominata in breve “Basilea 1988”, la
nuova formulazione ha avuto una vastissima eco sia nella ristretta cerchia delle
direzioni delle banche sia negli interessi di numerosi e diversi attori
dell’economia.
Basilea 2 focalizza in particolare l’attenzione sul rischio di credito, da sempre
l’elemento critico nella gestione delle banche, l’oggetto principale dell’azione di
vigilanza ed il fattore originario tipico delle crisi delle banche.
Nel corso degli ultimi dieci anni, profonde innovazioni metodologiche nel campo
del risk management hanno stimolato un’ampia riconsiderazione delle tecniche di
gestione, dei meccanismi operativi, dei sistemi informativi e degli aspetti
organizzativi delle banche. Il Nuovo Accordo avvicina il piano regolamentare a
quello gestionale interno delle banche più avanzate e stimola le altre a non
tralasciare le opportunità che provengono dall’innovazione delle tecniche
gestionali.
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1 BASILEA 2: il Nuovo Accordo sul Capitale
1.1 INTRODUZIONE
Nel Giugno del 2004 il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha
pubblicato il nuovo Accordo sul capitale delle banche (Basilea 2),
successivamente completato nel Luglio del 2005 con l’introduzione di norme
specifiche in materia di portafoglio di negoziazione (trading book). Tale
disciplina è entrata in vigore il 1° gennaio del 2007 in sostituzione della vecchia
regolamentazione, basata sul precedente Accordo del 1988; per le banche che
adotteranno i metodi più avanzati di calcolo dei rischi di credito e operativi
l’entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio del 2008, al fine di consentire agli
intermediari di prepararsi adeguatamente al nuovo scenario.
“Basilea 2” è un accordo internazionale sui requisiti patrimoniali degli istituti di
credito, a seguito del quale le banche dei paesi aderenti devono accantonare
quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito
assunti; tale rischio è valutato attraverso lo strumento tecnico del rating. Il Nuovo
Accordo prevede l’assegnazione alla clientela di un rating corrispondente al
merito creditizio (grado di solvibilità), ovvero, il costo del credito erogato alle
aziende dipende dal merito creditizio. Se i rapporti comportano maggiori rischi,
dovranno essere effettuati maggiori accantonamenti, con la conseguenza che la
banca dovrà sostenere maggiori costi. Le banche saranno costrette a classificare i
propri clienti in base alla loro rischiosità, attraverso procedure di rating sempre
più sofisticate. Il timore scontato è che l’applicazione dell’accordo possa tradursi
in minor credito alle imprese più rischiose ed a tassi più elevati.
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E’ quindi evidente la necessità che le aziende, ed in particolare le PMI (piccole e
medie imprese), pongano in essere politiche gestionali e di bilancio atte a
rafforzare la propria struttura e la propria immagine per affrontare nel modo più
sereno possibile “l’esame” dei rating bancari.
Questo capitolo focalizza l’attenzione sugli aspetti generali del così detto Nuovo
Accordo sul Capitale (Basilea 2). In particolare si analizzeranno brevemente:
- le cause che hanno portato a definire un Nuovo Accordo di Basilea sul
Capitale, rispetto a quello del 1988 (passaggio da Basilea 1 a Basilea 2 );
- i Pilastri su cui si fonda il Nuovo Accordo, dando particolare rilievo al
concetto di rischio di credito contenuto nell’ambito del Primo Pilastro e ai
cambiamenti che si sono susseguiti nell’ambito della sua valutazione;
- i metodi che le banche hanno a disposizione per la determinazione dei
requisiti minimi di capitale: metodo standard e metodo IRB (Internal
Rating Based) a sua volta suddiviso in approccio di base (Foundation) e
approccio avanzato (Advanced);
- infine, si focalizzerà l’attenzione su come le garanzie possano mitigare
tale rischio di credito e quindi essere un utile strumento che le imprese
hanno a disposizione per ottenere rating più favorevoli da parte delle
banche.
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1.2 CENNI STORICI
Gli accordi di Basilea sui requisiti patrimoniali delle banche sono il frutto del
lavoro del Comitato di Basilea, istituito dai governatori delle Banche Centrali dei
dieci paesi più industrializzati (G10) alla fine del 1974.
Gli obiettivi che tale Comitato si prefigge di raggiungere si possono brevemente
riassumere in tre punti sostanziali:
- elaborare principi comuni per l’esercizio della funzione di controllo delle
banche;
- promuovere la cooperazione tra le Banche Centrali;
- incoraggiare la convergenza verso approcci e standard comuni.
Nell’intento di realizzare ciò, nel 1988 il Comitato di Basilea introduce il
sistema di misurazione del capitale comunemente chiamato Accordo di Basilea
sul Capitale (è il primo Accordo di Basilea). L’accordo, però, nonostante il
raggiungimento di importanti traguardi (ad esempio assicurare stabilità al sistema
creditizio, assicurare regole prudenziali uniformi per le banche, ecc…), presenta
una serie di limiti che lo rendono progressivamente meno adeguato, tanto da
spingere il Comitato a manifestare, in sede internazionale, le prime riflessioni
sulla necessità di integrare il quadro regolamentare già all’inizio degli anni ’90:
in particolare, nel 1996 è stata introdotta la disciplina sui requisiti patrimoniali
minimi a fronte dei rischi di mercato sul portafoglio di trading, il cui principale
elemento di novità è rappresentato dalla possibilità offerta alle banche di
utilizzare a fini prudenziali i modelli interni di misurazione dei rischi.
Nel gennaio del 2001 il Comitato di Basilea pubblica un documento di
consultazione (“The New Basel Capital Accord”) per definire la nuova
regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche.
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Nel giugno del 2004 si è avuta la pubblicazione della versione definitiva del
Nuovo Accordo sul Capitale, il quale completa il processo di riforma
regolamentare avviato nel 1996. Con tale testo definitivo il Comitato mira
principalmente a migliorare la stabilità del sistema finanziario ed a definire i
requisiti patrimoniali delle banche, basandosi su una misurazione più accurata e
completa dei rischi.
1.3 I TRE PILASTRI DI BASILEA 2
Il nuovo schema di adeguatezza patrimoniale si articola in tre pilastri:
1) requisiti minimi patrimoniali;
2) processo di controllo prudenziale (Banche Centrali);
3) disciplina di mercato e trasparenza.
Nell’ambito del primo pilastro (requisiti minimi patrimoniali), sul quale si
concentra l’attenzione della nuova normativa, sono previsti requisiti di capitale a
fronte di tre tipi di rischio da coprire: il rischio di credito, il rischio di mercato e
un insieme di altri rischi raggruppati sotto la dizione di “operativi”.
In questo caso, si fa riferimento a regole per la quantificazione del capitale
minimo che le banche sono tenute a detenere a fronte di queste tre tipologie di
rischi.
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Il rischio di credito fa riferimento all’incapacità di una controparte di rispettare i
propri impegni contrattuali, in particolare in relazione al fallimento della
controparte (o counterparty default risk).
Tale rischio è calcolato assegnando ad ogni cliente un coefficiente di rischio
(rating) secondo i metodi a disposizione. L’obiettivo è quello di determinare il
credito ponderato al rischio, ossia a quanto ammonta il rischio al quale l’istituto
di credito è esposto, che deve essere coperto cautelativamente (questo perché
tecnicamente il rischio determina l’assorbimento del patrimonio di vigilanza).
Il Comitato individua, per la determinazione del requisito patrimoniale per il
rischio di credito, due alternative per superare l’attuale sistema di requisiti
patrimoniali minimi obbligatori:
- Approccio standard, che riconosce i rating esterni e le tecniche di
mitigazione dei rischi (risk mitigation) attraverso una più articolata
struttura di ponderazioni;
- Approccio IRB (Internal Rating Based), basato sulle valutazioni
quantitative e qualitative del rischio sviluppate internamente alle singole
banche, in cui è possibile distinguere una versione base (FIRBA –
Foudation Internal Rating Based Approach) e una avanzata (AIRBA –
Advanced Internal Rating Based Approach).
Il nuovo Approccio Standard, in particolare, rispetto all’Accordo del 1988,
presenta due principali novità:
- l’utilizzo di rating esterni;
- la considerazione più estesa delle tecniche di risk mitigation.
Per il resto è simile al vecchio schema; la vera innovazione riguardante il primo
pilastro è, dunque, rappresentata dalle opzioni FIRBA e AIRBA.
Il rischio di credito consiste, quindi, nella valutazione della rischiosità delle
controparti e dunque nella perdita in caso di insolvenza del debitore sulla base di:
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- ponderazioni prestabilite dalla normativa (metodo standardizzato);
- ponderazioni prestabilite sulla base di sistemi elaborati al proprio interno e
approvati dall’autorità di vigilanza ( metodo dei rating interni di tipo base
oppure avanzato);
- riconoscimento di strumenti che consentono di diminuire la rischiosità
delle esposizioni come le garanzie, gli strumenti derivati creditizi e le
cartolarizzazioni.
E’ possibile, pertanto, valutare la rischiosità delle controparti sulla base dei
giudizi assegnati dalle agenzie di rating (metodo standardizzato), oppure, con
l’approvazione dell’autorità di vigilanza, sulla base dei criteri elaborati al proprio
interno (metodo dei rating interni o internal rating based, IRB). Nella versione
base dell’IRB le banche devono disporre della sola stima delle probabilità di
insolvenza delle controparti; invece, nella versione avanzata (destinata alle
banche che soddisfano criteri quantitativi e organizzativi più rigorosi) la
definizione di tutti i parametri di rischio è rimessa agli intermediari.
Il rischio di mercato consiste nella possibilità che variazioni dei fattori di
mercato o la liquidità del mercato determinino una variazione del valore di
un’attività finanziaria o dell’intero portafoglio; quindi, è il rischio che deriva
dalla fluttuazione dei valori di mercato di crediti e debiti sensibili all’andamento
dei tassi d’interesse, tassi di cambio, prezzi azionari, prezzi delle merci e
volatilità del valore delle attività detenute (Basilea 1 non prevedeva questo tipo
di rischio, il quale è stato introdotto nel 1996).
Riguardo a tale rischio, Basilea 2 norma brevemente le sole problematiche del
trading book (portafoglio di negoziazione) che hanno attinenza con il rischio di
credito.
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