Naturalmente, quando si parla di libertà di informazione, occorre
ricordare che essa “non corrisponde ad un diritto unitario, nè ad un
insieme di diritti tra loro coerenti, ma si traduce, piuttosto, in una formula
che congiuntamente allude ad esigenze diverse" (1) .
Con tale espressione, infatti, si vuole identificare un triplice ordine
di situazioni giuridiche connesse all'attività informativa e consistenti:
1) nel diritto o nella libertà di comunicare e diffondere
informazioni (componente attiva dell'informazione);
2) nella libertà di ricevere informazioni, ovvero nel diritto alla
rimozione degli ostacoli ingiustificati alla ricezione delle
informazioni (componente passiva dell'informazione);
3) nel diritto o nella libertà di informarsi o di ricercare le
informazioni(2)
Per quanto riguarda la componente attiva dell'informazione,
occorre precisare che, secondo l'orientamento prevalente, essa
ricomprende anche il diritto di cronaca.
Considerandosi ormai superata la concezione secondo cui la
cronaca, in quanto diversa dal puro pensiero (inteso nel senso di
opinione) non sarebbe tutelata dalla Costituzione, si ritiene
generalmente che il diritto di informare sia direttamente riconosciuto e
tutelato dal lo comma dell'articolo 21 della Costituzione, data
l'impossibilità pratica e forse anche concettuale, di distinguere tra la
comunicazione di notizie e la manifestazione di opinioni.
Senza dubbio più complessa risulta la problematica relativa alla
componente passiva della libertà di informazione, dal momento che ne
risultano incerti tutti gli aspetti, dal contenuto ai destinatari, dal
fondamento costituzionale alla stessa possibilità di riconoscere
l'esistenza di un diritto soggettivo all'informazione.
In una prima accezione, il diritto all'informazione può essere
inteso come diritto di ricevere le notizie da altri diffuse e in tal senso
anche esso godrebbe della garanzia costituzionale offerta dall'art. 21
della Costituzione, poiche l'eventuale limitazione della facoltà di ricevere
informazioni, darebbe vita, a fortiori, ad una corrispondente limitazione
del diritto di diffondere le notizie stesse.
Si discute, tuttavia, in dottrina circa la portata di tale garanzia: da
un lato vi è chi ritiene che essa comporti solo il divieto di leggi o di altre
misure che possono ostacolare I'utilizzazione delle fonti informative (3);
dall'altro, vi è chi afferma che essa implichi una pretesa alla ricezione
delle notizie, da far valere, eventualmente, nei confronti di chi abbia
esercitato il diritto di informare (4).
In una seconda accezione, il diritto all'informazione viene
identificato nel diritto ad ottenere notizie determinate dagli organi di
informazione.
AI riguardo va sottolineato che l'esistenza di un simile diritto viene
generalmente esclusa, perchè nettamente in contrasto con la libertà di
informare, tutelata dall'art. 21 Cost., l comma, e comprendente sia la
facoltà di tacere, che la scelta delle notizie da diffondere.
In tale ottica, la necessità che l'informazione sia la più ampia e
completa possibile, viene assicurata attraverso una maggiore tutela
della libertà-diritto di informare.
D'altro canto, anche la Corte Costituzionale, pur ammettendo
l'esistenza di un interesse generale ali' informazione, indirettamente
garantito dall'art. 21 Cost. (5) e di un diritto all'informazione azionabile
nei confronti dello Stato (6), ha però precisato che tale diritto è
"assicurato attraverso una pluralità di fonti concorrenti" (7) , ed implica"
libero accesso alle fonti d'informazione e assenza di ingiustificati
ostacoli legali alla circolazione delle notizie e delle idee" (8).
Ciò non esclude che il legislatore possa, in determinati casi,
stabilire a carico di particolari soggetti privati, specifici obblighi
informativi (ad esempio per motivi di sicurezza sociale, si potrebbero
imporre certi obblighi notizia li previsti in materia sanitaria) .
La formula "libertà di informazione" viene, infine, impiegata per
indicare un comportamento attivo consistente nella ricerca e
nell'acquisizione di notizie.
Circa la natura e la sussistenza di una libertà di informarsi, non vi
è concordanza di opinioni.
Parte della dottrina, ritiene che siffatta libertà rappresenti un mero
valore costituzionale e non una situazione giuridica soggettiva tutelata
quale diritto inviolabile e, in quanto tale, sarebbe esercitabile solo nel
rispetto degli altrui diritti e dei limiti posti dal legislatore a tutela di altri
valori costituzionalmente rilevanti (9).
Altra parte della dottrina sostiene, invece, che l'attività diretta
all'utilizzazione delle fonti informative, costituisce l'essenza stessa della
libertà di informazione, e rinviene il suo fondamento costituzionale in
tutte quelle disposizioni che, comportando una scelta in campo civile,
scientifico, economico, politico (artt. 14, 16, 18, 33, 41, 49), implicano la
necessità dell'informazione sulle varie alternative, nonchè in tutti quei
principi (di democrazia, di uguaglianza, di sviluppo della persona) "per
la realizzazione dei quali la libertà di informarsi risulta strumentalmente
necessaria" (10).
L'eccessiva vaghezza della formula "libertà d'informazione" dà
vita, come è emerso finora, ad una molteplicità di interpretazioni
corrispondenti alle diverse angolazioni dalle quali il fenomeno
informativo può essere analizzato.
2. L.informazione nei lavori dell'Assemblea Costituente.
Mancata previsione di una disciplina specifica per
I’informazione.
La libertà d'informazione trova un suo riconoscimento, diretto o
indiretto, in alcune Costituzioni occidentali ed orientali del secondo
dopoguerra, prima fra tutte la Legge Fondamentale di Bonn, che, all'art.
5, dopo aver sancito il diritto di ognuno di esprimere e di diffondere
liberamente opinioni con parole, scritti e immagini, garantisce la libertà
di stampa e di -informazione, sottraendole a qualsiasi forma di censura.
Ma è soprattutto sul piano internazionale che tale libertà ha avuto
maggior risalto, basti citare l'art. 19 della Dichiarazione Universale dei
diritti dell'uomo (adottata dall'Assemblea Generale dell'O.N.U., nel
1948), che ricomprende nella libertà di opinione e di espressione, il
diritto di ricercare, ricevere e diffondere notizie, e I'art. 10 della
Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali, in cui, analogamente si afferma che "ogni persona
ha diritto alla libertà di espressione" e che tale diritto comprende la
libertà di opinione e quella di ricevere e di comunicare informazioni o
idee.
Simili disposizioni non trovano riscontro nell'ordinamento italiano
dove il problema dell'informazione continua, ancora oggi, ad essere
largamente sottovalutato: nella stessa Costituzione non si rinviene un
fondamento positivo della libertà di informazione.
Tale lacuna non è dovuta al fatto che la tematica
dell'informazione fosse completamente sconosciuta nel momento in cui
operava la nostra Assemblea Costituente.
Nei lavori preparatori è infatti possibile scorgere i primi sintomi di
insorgenza di un interesse in tal senso.
Sin dalla fase iniziale della discussione relativa alla
configurazione della libertà di pensiero, mediante la stampa e qualsiasi
altro mezzo di comunicazione, venne rilevata l'esistenza di un differente
potenziale, nel rapporto con i destinatari, del tradizionale mezzo della
stampa rispetto agli altri mezzi di comunicazione: mentre la stampa
aveva come destinatario chi consapevolmente avesse deciso di Il
assoggettarsi a ricevere l'espressione del pensiero altrui", gli altri mezzi,
invece, sarebbero stati tali da "costringere l'individuo a trovarsi soggetto
passivo di comunicazione, indipendentemente da una scelta
specifica"(11).
Il successivo dibattito in Sottocommissione evidenziò come le
preoccupazioni dei costituenti nei confronti dei nuovi mezzi di diffusione
del pensiero, pur essendo motivate essenzialmente da ragioni di ordine
morale e "a protezione della gioventù" (12), trovassero un fondamento
anche nella necessità di garantire la libertà di informazione dei
potenziali utenti, attraverso un controllo sui contenuti e sulle modalità di
diffusione.
Dai lavori preparatori emerge inoltre che, in riferimento alla
stessa disciplina della stampa, si cercò di bilanciare l'interesse dei
destinatari con l'interesse di chi avesse il compito di divulgare le notizie
stesse.
Venne al riguardo avanzata la proposta che, a fronte delle
"funzioni speciali" della stampa periodica, fosse demandato alla legge di
"disporre cautele amministrative idonee a garantire la fede pubblica"
(13).
L'interesse alla ricezione delle notizie sembrò assumere
maggiore importanza allorchè, comparando i beni tutelati dalla libertà
personale e quelli tutelati dalla libertà di stampa, venne sottolineata la
maggiore gravità delle conseguenze deriva bili da una possibile
privazione della seconda.
Fu sostenuto, infatti, che mentre una possibile limitazione della
libertà personale, riguardando un singolo individuo, avrebbe avuto
ripercussioni più limitate, il sequestro di un giornale, invece, avrebbe
avuto riflessi "su tutta la collettività, su un intero partito, sulla vita stessa
della Nazione" (14).
Il dibattito successivamente svoltosi nel plenum dell'Assemblea,
registrò in merito ai controlli proposti in sede di Commissione, oltre alle
critiche degli oppositori, anche forti perplessità in seno alla stessa
maggioranza, dalla quale venne l'invito ad una maggiore chiarezza al
riguardo: era necessario specificare ulteriormente che, con il disposto
già approvato, si voleva soltanto stabilire" il potere del Governo di
assodare le fonti finanziarie e di informazione degli organi di stampa,
ma non legittimare, come conseguenza di questa attività informativa, un
qualsiasi provvedimento del potere esecutivo atto a reprimere o a
comprimere la libertà di stampa" (15).
Vi fu anche chi propose addirittura di eliminare ogni tipo di
controllo sulle fonti, sia informative, che finanziarie, per evitare che, in
futuro, esso potesse vincolare la vita di un giornale o dar luogo ad
arbitrarie intromissioni (16).
Dalla lettura dei lavori preparatori sembrerebbe possibile
affermare che l'intenzione dei costituenti fosse quella di impedire un uso
improprio dei mezzi di comunicazione, avuto riguardo ai possibili effetti
distorsivi dell'informazione sulle coscienze e sull'opinione pubblica,
tuttavia, occorre rilevare che gli strumenti di controllo previsti furono
spesso insufficienti e inidonei, e che i costituenti rivolsero una maggiore
attenzione al cosiddetto "Iato attivo" dell'informazione, che non alla
tutela dei destinatari dell' informazione stessa .
Alla luce delle considerazioni esposte in precedenza, deve
desumersi che la totale assenza di un esplicito riferimento alla libertà di
informazione nel dettato costituzionale sia dovuto, più che alle
condizioni di relativo sviluppo, nella Italia del tempo, degli strumenti di
informazione, al fatto che i costituenti diedero maggior peso alle
esperienze del passato, che alle prospettive future.
Mediante la garanzia della libertà di espressione, in generale, e
della libertà di stampa, in particolare, e la loro sottrazione a determinati
vincoli, si è dato maggior risalto alla tematica, tipica dell'epoca fascista,
dei sequestri, delle autorizzazioni e delle censure del potere esecutivo,
omettendo così un qualunque riferimento specifico alle implicazioni
sociali connesse a tali libertà.
3. Tentativo della dottrina di individuare un fondamento
costituzionale della libertà di informazione.
3.1. Teoria che ricollega la libertà di informazione alla libertà di
manifestazione del pensiero
Il disinteresse della nostra Carta Costituzionale verso i problemi
dell'informazione, non ha però impedito che essi fossero oggetto di
studio da parte della dottrina.
Ed è soprattutto la "componente attiva" della libertà di
informazione a dar vita ad un dibattito, tutt'ora aperto, tra quanti
sostengono che essa rientri nell'ambito della libertà di manifestazione
del pensiero e quanti asseriscono, invece, che essa costituisca una
fattispecie autonoma.
I fautori della prima tesi rinvengono la garanzia costituzionale
della situazione giuridica del soggetto autore della attività informativa,
nel 1° comma dell'art. 21, laddove si proclama che: "tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e
ogni altro mezzo di diffusione". Sulla scorta di tale disposizione, si è
sostenuto che l'attività informativa, intesa come comunicazione di
notizie ed opinioni, sarebbe tutelata dalla Costituzione sotto un duplice
profilo, in quanto essa rappresenta, da un lato, una autonoma posizione
di libertà, dall'altro, costituisce uno specifico diritto soggettivo.
In questo quadro, la libertà di informazione viene ad identificarsi
con la libertà di manifestazione del -pensiero, per l'impossibilità di
distinguere l'attività di riproduzione delle notizie dalle altre
manifestazioni del pensiero.
Sulla base di tali premesse, il problema viene impostato in
maniera diversa, a seconda che si ponga l'accento sulla natura
funzionale o individuale della libertà di manifestazione del pensiero.
Sotto il profilo funzionale, il pensiero, rivolgendosi alla collettività
allo scopo di diffondere informazioni, rappresenta uno strumento per il
conseguimento di finalità collettive, sociali o pubbliche; di conseguenza,
l'esercizio della relativa libertà implica "esercizio di una funzione
sociale" (17).
Da un punto di vista individuale, invece, la libertà di espressione
viene riconosciuta al singolo individuo, indipendentemente dai vantaggi
o degli svantaggi che possono derivare alla generalità dei cittadini e
affinchè "l'uomo possa unirsi all'altro uomo, nel pensiero e col pensiero,
ed eventualmente insieme operare" (18).
L'orientamento prevalente è nel senso di riconoscere natura
individuale alla libertà in esame, in considerazione della collocazione
dell'art. 21 Cost. nel titolo relativo ai rapporti civili, e della mancanza,
nell'ambito della disposizione stessa, di ogni riferimento ad una
funzione sociale del diritto.