raccolta del capitale di rischio, tramite investitori istituzionali o i
mercati azionari.
Lo sviluppo del mercato del capitale di rischio diventa, quindi,
necessario per consentire alle imprese di utilizzare strumenti idonei
a finanziare la crescita attraverso un contributo esterno di capitale
proprio alternativo al credito bancario che oggi deve confrontarsi
con le nuove regole di accesso al credito imposte dall’accordo di
Basilea 2.
Nella ricerca di una risposta a questi problemi, Borsa Italiana, dopo
il crollo dei titoli della new economy e la trasformazione in società
per azioni, si è ristrutturata, dando maggiore identità ai diversi rami
del listino. In che modo? Privilegiando le piccole e medie imprese
con una capitalizzazione
1
inferiore ai 100 milioni di Euro
che,attualmente, rappresentano solo il 30% delle aziende quotate
in Borsa contro il 63% della Borsa Francese (Euronext) e il 67%
della Borsa Tedesca (Deusche Boerse). Mediamente tali mercati
hanno 500 Pmi in più quotate rispetto alla Borsa Italiana.
In questo contesto nasce l’iniziativa di creare, nel Dicembre 2003, il
mercato Expandi (dalla ristrutturazione di un mercato già
esistente,il Mercato Ristretto) con la finalità di dotare anche l’Italia
di un modello organizzativo simile a quello adottato negli altri
mercati europei rivolti alle small cap.
Il mercato Expandi è, infatti, un mercato caratterizzato da requisiti
di ammissione più semplici, perché calibrati specificatamente sulle
imprese di minori dimensioni, e da un processo di quotazione più
1
La capitalizzazione si ottiene moltiplicando il valore di un titolo per il numero delle azioni che compongono il
capitale sociale. Sommando la capitalizzazione di tutti i titoli del listino si ottiene la capitalizzazione dell’intera
borsa.
agile anche in termini di costi di gestione e di quotazione. Le finalità
che Borsa Italiana ha inteso perseguire con l’istituzione del mercato
Expandi sono state:
ξ Dare impulso alla quotazione delle piccole e medie aziende
grazie alla presenza di requisiti di ammissione più semplici
rispetto ad altri segmenti o mercati.
ξ Agevolare le imprese di dimensioni non troppo piccole che
intendono avvicinarsi in modo graduale al mercato finanziario.
Perché una Piccola Impresa dovrebbe quotarsi invece di ricorrere al
credito bancario? In proposito appare interessante la risposta
dell’Amministratore Delegato di Borsa Italiana, l’Ing. Massimo
Capuano, ”Il rapporto con la banca prevede ovviamente l’obbligo di
contrarre un debito da rimborsare con il vantaggio di detrarne i
costi. Ma spesso le Pmi sono poco patrimonializzate e fanno fatica
ad ottenere credito. La quotazione, invece, fornisce una flessibilità
finanziaria ben diversa: si fa cassa subito, e si può in futuro
ricorrere ad aumenti di capitale o a fonti finanziarie diverse come le
obbligazioni. Infine, le aziende acquisiscono valore perché
migliorano il controllo della loro struttura. Gli imprenditori lo
sanno”.
Questo lavoro di tesi intende valutare le nuove opportunità, offerte
dal Mercato Expandi, al finanziamento dei progetti di crescita delle
piccole e medie delle piccole e medie imprese alternative ai canali di
finanziamento più utilizzati quali, in primis, il credito bancario.
Premessa.
Il sistema industriale italiano e le piccole e medie
imprese.
Le piccole e medie imprese, costituiscono la base portante del
sistema economico del nostro paese. Le imprese minori hanno un
ruolo importante in tutte le nazioni maggiormente industrializzate,
ma sono particolarmente rilevanti per il nostro paese in quanto
rappresentano l’ossatura dell’intero sistema produttivo italiano.
Tuttavia, nell’ambito dei paesi industrializzati, il sistema economico
italiano si distingue per alcune peculiarità che ne fanno un sistema
pressoché unico e di non immediata comprensione agli occhi di chi
si appresta ad analizzarlo e a classificarlo. Come è noto il sistema
Italia si caratterizza per la presenza di una moltitudine di piccole e
medie imprese, spesso operanti in settori tradizionali, che
rappresentano una porzione del totale più significativa di quella
riscontrabile negli altri paesi industrializzati. E’ altrettanto noto che
in molti casi le Pmi hanno potuto competere nei propri settori di
riferimento grazie all’adozione di modelli fortemente flessibili,
incentrati su fitte interrelazioni e sul frazionamento tra più soggetti
delle fasi produttive che compongono una determinata filiera,
caratteristica distintiva dei distretti industriali che rivestono da
sempre un ruolo cruciale nell’economia del paese.
La rilevanza del fenomeno in questione rende necessario un
approfondimento sulla loro esatta definizione. Si tratta di un
problema di non facile risoluzione dal momento che a tal fine
sarebbe opportuno prendere in considerazione numerosi elementi.
Tuttavia, la necessità di sintesi, cui spesso si deve far fronte quando
si classifica un intero sistema economico nazionale e la mancanza di
numerose informazioni statistiche, inducono ad avvalersi di un
parametro quantitativo che ormai viene diffusamente percepito
come indicatore della dimensione:il numero di addetti impiegati
nelle singole realtà.
Dal grafico 1, emerge chiaramente la composizione del sistema
industriale italiano, che si caratterizza per una netta prevalenza di
imprese di ridotte dimensioni che hanno, tra l’altro, un ruolo molto
rilevante in termini di livelli occupazionali forniti. Utilizzando le
classi del numero di addetti individuate, nell’ambito della definizione
di Pmi, dall’Unione Europea e recepita dal Ministero delle Attività
Produttive, risulta che le microimprese (quelle con meno di 10
occupati) e le piccole imprese (meno di 50 occupati) rappresentano
ben il 99% delle imprese italiane. Se a queste aggiungiamo le
medie imprese (meno di 250 occupati) il quadro è pressoché
completo in quanto le grandi imprese (quelle con oltre 250
occupati) non arrivano neanche a un punto percentuale.
L’analisi in questione risulta ulteriormente avvalorata anche dai dati
relativi all’occupazione nelle varie categorie d’imprese: il 79%
dell’occupazione italiana proviene infatti da imprese che hanno
meno di 250 occupati.
Grafico 1: Distribuzione per classi di addetti delle imprese
italiane e degli addetti complessivi
94%
44%
5%
22%
1%
13%
0%
21%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
meno di 10 meno di 50 meno di 250 oltre 250
imprese addetti
Fonte:nostra elaborazione su dati Istat (censimento 2001).
All’interno delle aree geografiche del paese, emerge una certa
differenziazione: l’economia del Sud e delle Isole denota una
accentuazione ancora più marcata del predominio delle piccole
imprese. Due sono i motivi che possono spiegare tale fenomeno: il
primo è da ricondurre al ritardato sviluppo dell’Italia meridionale e
insulare; il secondo alle specializzazioni delle imprese di tali aree
geografiche che si caratterizzano per l’assenza dell’elemento
dimensionale come fattore critico nel contesto competitivo.
Grafico n. 2: Distribuzione percentuale delle imprese per
classe dimensionale e per area geografica.
94,28%
4,94%
0,66%
0,12%
93,76%
5,52%
0,63%
0,09%
95,30%
4,21%
0,42%
0,07%
96,21%
3,43%
0,32%
0,04%
96,81%
2,90%
0,26%
0,03%
90%
92%
94%
96%
98%
100%
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
meno di 10 meno di 50 meno di 250 oltre 250
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat (censimento 2001).
A livello di distribuzione dell’occupazione per classe dimensionale ed
area geografica, emergono indicazioni analoghe per il Sud e per le
isole, mentre spicca un dato in controtendenza relativamente al
centro. Per tale area geografica, infatti, risulta una più larga
occupazione nelle grandi imprese riconducibile anche alla presenza
nel Lazio di sedi legali relative ad imprese che in realtà sono
operative in altre zone territoriali.
Grafico n. 3: Distribuzione percentuale del numero di adetti
per classe dimensionale e per area geografica
39,75%
19 ,61%
14 ,09%
26,56%
45,20%
24,35%
14,57%
15,87%
45,51%
18,94%
10,15%
25,40%
59,38%
21,52%
10,39%
8,70%
65,14%
19,18%
8,99%
6,70%
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
meno di 10 meno di 50 meno di 250 oltre 250
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat (censimento 2001).
Allargando la visione geografica all’interno del quadro europeo
(seppur con riferimento alle sole imprese manifatturiere) si ottiene
una conferma della specificità della realtà Italiana. Il
sottodimensionamento delle imprese è, infatti, un tratto distintivo
che emerge non solo in termini assoluti, analizzando la ripartizione
interna per classi di addetti, ma anche in termini relativi dal
momento che la comparazione con realtà industriali di altri stati
conferma che siamo di fronte a una peculiarità del tutto italiana.
In particolare, si rileva che, mentre la percentuale di microimprese
non si discosta molto da quella che si osserva con riferimento a
paesi quali Francia, Svezia e Finlandia, la differenza sostanziale
emerge quando si prende in considerazione il tessuto
imprenditoriale rimanente in termini di ripartizione tra piccole,
medie e grandi imprese. L’Italia, infatti, possiede la porzione minore
di medie e grandi imprese in confronto a tutti gli altri paesi inclusi
nella comparazione, anche rispetto a nazioni che non possiedono
globalmente un livello di industrializzazione e di avanzamento
equiparabile.