6
CAPITOLO 1
IL CINETURISMO
1.1 Definizioni di cineturismo
“Film is a successful medium for tourism if the storyline and site are closely interrelated and film
involves the audience in the story giving them an emotional experience which they link with the
location” (Tooke e Baker, 1996).
Da quando il fenomeno è cominciato ad apparire in Inghilterra e negli Stati Uniti, a oggi, sono state
date numerose definizioni di quello che in Italia chiamiamo attualmente (secondo la definizione di
Messina e Paulillo, 2005) Cineturismo. I vari approcci possono essere riassunti nei concetti che
seguono.
Il Movie Induced Tourism è l’ influenza che le produzioni audiovisive esercitano sui
comportamenti di scelta, acquisto e consumo di prodotti turistici. Le immagini dei luoghi che
raggiungono lo spettatore durante la visione del film possono catturarlo, incuriosirlo, spingerlo al
desidero di conoscere o visitare quei luoghi. Si è in presenza di un fenomeno di Film Induced
Tourism, non quando si è attratti dai luoghi del film, ma quando il fascino indotto dal film, da
effimero e circoscritto al momento della visione, si trasforma in desiderio concreto di maggiore
conoscenza del luogo, con la conseguente volontà di intraprendere un viaggio, atto a soddisfare
questo bisogno. In questo caso, il film potrebbe divenire il punto di partenza, nonché il momento
focale dell’acquisto di un prodotto turistico. Bisogna distinguere inoltre tra nascita del desiderio
attraverso il film, quindi il film come molla, e conferma del desiderio attraverso il film, nel caso in
cui lo spettatore sia affascinato dalla visione di un luogo di un film, che comunque aveva già deciso
di visitare. In entrambi i casi il film è, in misura diversa, un movente. Ma mentre nel secondo caso
l’influenza del film fa parte di un set più ampio di motivazioni, nel primo caso la visione del film
costituisce l’unico fattore decisivo per la scelta all’acquisto di un prodotto turistico. Ciò che bisogna
definire quindi, non è l’insieme delle relazioni tra cinema e turismo, poiché è già chiaro che il
cinema, e il prodotto audiovisivo in generale, generino una certa influenza, ma la natura di queste
relazioni. Quindi è “cineturista” soltanto chi, spinto essenzialmente dalla visione di un film,
acquista un prodotto turistico (Di Cesare, 2006).
Beeton (2005) lo definisce come “what is it of interest is the tourist activity associated with the film
industry”. Questa relazione deve avvenire in un momento specifico del processo di consumo
turistico non una generica influenza.
La definizione propriamente italiana di “Cineturismo”, differisce in parte da quella anglosassone di
“Movie Induced Tourism”, (dalla quale parte anche la definizione precedente di Di Cesare); pur
ispirandosi ad essa, fa esclusivamente riferimento alle relazioni tra prodotto cinematografico e
prodotto turistico; essa si riferisce all’influenza della visione del film sul processo turistico in
generale e non su una specifica tappa di esso. Quindi l’influenza può indifferentemente manifestarsi
nella fase del desiderio, durante la ricerca di informazioni, durante la visione del film o nella fase di
acquisto di un prodotto turistico.
“Film Tourism”(Hudson e Ritchie, 2006) è un’altra definizione, che inserisce il processo di
influenza del film nella fase motivazionale, di percezione del desiderio.
“Cinema Sightseeing”(Jones, 2004) mette in relazione cinema e turismo al momento della fruizione
del prodotto turistico, quindi non dà per scontato che chi si rechi su un luogo del cinema, sia stato
per forza spinto dalla visione del film.
“Set-jetters”(Hogg, 2005) si inserisce nel contesto tipicamente anglosassone di “celebrity culture”,
facendo riferimento a quel segmento specifico che si reca sui luoghi del cinema per ripercorrere le
location dove le star del cinema hanno recitato.
7
“Cinematic Tourist”(Tzanelli, 2004) fa riferimento invece, con accezione sociologica, all’influenza
di uno o più film girati in un luogo, sui comportamenti del turista.
Definire il fenomeno è importante per inquadrarlo nella giusta accezione e sfruttarne le potenzialità,
coerentemente al proprio contesto culturale.
L’Italia ha cominciato ad elaborare un concetto proprio di cineturismo, quando quello che fino a
poco tempo prima veniva declassato a flusso occasionale e di nicchia, si stava trasformando in
un’offerta turistica interessante dal punto di vista della domanda, a giudicare dalle cifre, ma anche
dal punto di vista dell’offerta, vista la necessità di trovare delle soluzioni idonee a sorpassare la crisi
commerciale del turismo organizzato. La collaborazione tra settori diversi, secondo l’ottica di
integrazione orizzontale, è la reazione del mercato attuale ai cambiamenti improvvisi e inaspettati di
trend di mercato. La capacità di fare network, in questo caso tra attori del turismo e attori della
produzione cinematografica, garantisce la sopravvivenza del mercato. L’obbiettivo del cineturismo
è riuscire a individuare un segmento chiaro, in modo tale da costruire e promuovere un prodotto
cineturistico, mirando al grande pubblico. I tour operator italiani stanno cominciando soltanto ora,
sulla scia delle esperienze straniere, soprattutto anglosassone (che grazie al cineturismo non ha
subito il calo drastico degli altri paesi europei, con l’arrivo dell’euro, ma anzi, ha superato del 13% i
valori degli anni precedenti, secondo i dati Enit 2005) a capire l’importanza e la specificità di
questo segmento economico,erroneamente inserito fino a poco fa nel generico campo dei prodotti
culturali. A guardare dai dati (Rivista Turismo e Attualità, 28/11/2005), il cineturismo muove
attualmente queste cifre:
- 1700 percorsi in Italia
- 10 milioni di visitatori italiani sui luoghi dei film (stima)
- 100 milioni di visitatori nel mondo
- 80 miliardi di euro di fatturato
- 41.622.000 di turisti stranieri in Italia sui luoghi del cinema.
I dati sono indicativi di un fenomeno non occasionale, sul quale l’industria del turismo deve
cimentarsi, sfruttando il potenziale di attrazione del territorio e del paesaggio, che costituiscono il
set cinematografico.
Un territorio può divenire una destinazione attraverso l’applicazione di politiche di marketing
territoriale coerenti alla destinazione, atte ad esaltarne l’identità e qualificarla al giusto segmento di
domanda, attraverso un approccio strategico di tipo sistemico, con linee guida chiare e con modalità
collabborative interaziendali. Solo in questo modo si potrà avere un cineturismo evoluto ed efficace,
in termini di benefici economici duraturi e per tutti gli stakeholders, che contenga cioè un prodotto
turistico concreto, non effimero, che duri nel tempo, oltre l’onda di successo del film.
La collaborazione tra cinema e turismo non muove però solo dalle necessità di rinnovamento del
prodotto turistico, ma anche il cinema italiano potrebbe giovare attualmente della collaborazione
con il turismo. Quella del cinema (che muove in Italia un mercato di 100 milioni di spettatori
l’anno, dai dati della Rivista Turismo e Attualità), come nel caso del turismo, non è una crisi di
contenuti, bensì una crisi strutturale, dovuta ad una situazione legale e finanziaria controversa.
1.2 Finanziamento statale delle produzioni cinematografiche
Aspetti normativi
Il cinema italiano vive attualmente una crisi di mercato, dovuta al forte divario tra la quota degli
investimenti americani concorrenti, rispetto a quella degli investimenti italiani. Il cinema americano
occupa attualmente il 70% del mercato europeo.
La legislazione che disciplina il finanziamento statale e privato delle produzioni cinematografiche,
prevede quote che di certo non bastano a fronteggiare la concorrenza americana.
L’attuale legge 43/2005 è il risultato di un iter legislativo complesso: inizia nel Marzo del 2004,
quando il decreto legge n°72 del 22 marzo 2004 viene modificato e convertito due mesi dopo nella
8
legge 128/2004, cosiddetta legge Urbani, dal nome del ministro proponente, ministro dei beni
culturali nella legislazione del 2004. Il 31 gennaio 2005 si aggiunge un nuovo decreto legge n°7,
modificato e convertito in legge 43/2005 che da Marzo 2005 vige.
La necessità dell’ intervento legislativo era riordinare con urgenza il rifinanziamento pubblico
straordinario dei 90 milioni di euro, destinati alle produzioni cinematografiche a alle fondazioni
lirico-sinfoniche e sportive, che insieme superavano un deficit di 150 milioni di euro. Questi 90
milioni venivano (come anche adesso) assegnati come contributi all’industria cinematografica.
Attraverso un esame tecnico-economico sui singoli film, riconosciuta la nazionalità italiana
esclusiva della produzione e della regia, la direzione generale del cinema e il ministero dei beni e le
attività culturali, premiano l’interesse culturale nazionale erogando il finanziamento alla singola
produzione, per non più di 10 lungometraggi l’anno, premiando quindi i film che abbiano particolari
qualità artistiche e culturali. Per il riconoscimento dell’interesse culturale dell’opera filmica, esiste
un decreto (d.m 27.9.2004) che definisce in tabelle gli indicatori del criterio per il riconoscimento e
organizza la commissione per la cinematografia che se ne occupa.
La direzione generale per il cinema è un ente che collabora con il dipartimento di sport e spettacolo
istituito nel 2004 dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, con la funzione di promuovere lo
sviluppo e la diffusione dell’industria cinematografica nazionale. Dispone di interventi finanziari di
sostegno e promozione della cultura cinematografica, gestisce le sale cinematografiche, provvede
alla revisione delle opere, svolge operazioni di controllo sulla contabilità degli enti e sui beneficiari
del contributo erogato dal Ministero. Per lo svolgimento di questi compiti, utilizza le somme
stanziate per le attività cinematografiche dal Fondo Unico dello spettacolo (FUS), istituito il
30/4/1985 dalla legge 163, e si avvale del lavoro di apposite commissioni.
1.3 Evoluzione del F.U.S, fondo unico per lo spettacolo
La politica per lo spettacolo attuale è il frutto di un evoluzione normativa che parte dal 1979,
quando la legge finanziaria n°589 interviene a disciplinare musica e cinema, attraverso un fondo
speciale, modificando la legge precedente risalente al 1967. Fino al 1982/83, anni in cui vengono
emanate le leggi n°43 e n°182 per “Interventi straordinari a favore delle attività di spettacolo”, gli
interventi sono per lo più provvisori e non attuano il riordino organico della normativa, di cui il
settore necessitava. Finché nel 1985 la legge n°163 istituisce un Fondo Unico per lo spettacolo e
disciplina organicamente il settore. Nascono il Consiglio Nazionale dello Spettacolo, l’Osservatorio
dello Spettacolo e una serie di contributi e agevolazioni fiscali, attraverso la defiscalizzazione degli
investimenti in cultura. Negli anni successivi la normativa viene snellita e le competenze
istituzionali in materia di spettacolo subiscono una profonda riorganizzazione.
Nel 1992, conseguentemente all’abrogazione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, il
dipartimento dello spettacolo viene inglobato nel nuovo Ministero per i beni e le attività culturali.
Attualmente il dipartimento è così composto (vedi grafico):
9
L’ultimo riordino normativo del settore cinematografico risale al 2005, anno in cui sono stati
emanati i provvedimenti ministeriali per stabilire i criteri di assegnazione dei contributi per tutti i
settori dello spettacolo. Questi provvedimenti, per l’entrata in vigore, risentono del riordino
normativo del settore del turismo, circa la definizione delle competenze concorrenti tra Stato e
10
Regioni in materia di turismo (artt. 117 e 118 della Costituzione), e quindi avranno efficacia da ora,
nel 2007, quando verrà delegata definitivamente la competenza in materia di spettacolo e del settore
cinematografico agli Enti Locali. Una situazione così frammentata, la sempre decrescente quota di
risorse che le leggi finanziarie hanno destinato al settore dello spettacolo (basti pensare che, nel
2005 i contributi pubblici ammontavano a 465.582.137 euro per 3.541 progetti; nel 2006 sono scese
a 427.329.410, vedi appendice), peggiora la situazione e giustifica lo squilibrio tra l’attività
cinematografica italiana e quella dell’estero, soprattutto Usa, la quale è più agevolata sia a livello
governativo che a livello di finanziamento privato. La legge di riordino per l’assegnazione dei
contributi, utilizza dei criteri qualitativi di valutazione sia per le imprese produttrici sia per il
progetto filmico1
Riassumendo quanto analizzato, il mercato cinematografico italiano vive in questa situazione:
- Lo Stato non avvalora il cinema mediante misure di finanziamento adeguate all’indotto
economico generato da questo settore. Il finanziamento statale annuo ( pari a 90 milioni di
euro) equivale al costo di un film medio statunitense2. Quindi la legislazione dello spettacolo
è incoerente alle necessità del mercato cinematografico.
- La legge 43/2005 (art. 3) penalizza chiunque voglia investire sulle nuove tecnologie
dell’informazione, abbattendo le libertà personali e di impresa alla connettività, sanzionando
la diffusione e condivisione on line (file sharing) delle opere protette e tutelate dal diritto
d’autore. Quindi la legislazione dello spettacolo è culturalmente obsoleta rispetto alla
legislazione del resto d’Europa.3
- Lo Stato non coglie nel cinema alcuna opportunità di indotto economico, estraniandosi dalla
realtà delle dinamiche di sviluppo intraprese dagli altri Paesi europei, penalizzando così una
fonte certa di crescita economica del nostro Paese.
A guardare dalle motivazioni date dalla commissione per l’attribuzione dell’interesse culturale
(appendice), non si individua infatti nessun riferimento all’idea di interazione tra cinema e territorio
come volano di sviluppo economico Vengono messe in risalto, in maniera enfatica e obsoletamente
autoreferenziale, soltanto le caratteristiche culturali tradizionalmente (ed elitariamente) intese.
Si denota un divario tra le necessità economiche e culturali del nostro Paese e quanto disposto dallo
Stato, che promuove una cultura elitaria, nell’ambito dello spettacolo, né integrata (dal punto di
vista culturale) né intraprendente (dal punto di vista economico).
1.4 I finanziamenti privati e lo Stato
I finanziamenti possono avere anche una natura privata, sottoforma di defiscalizzazione delle tasse
del contribuente da parte dello Stato .Le risorse private in Italia, per tutto il settore dello spettacolo,
ammontano a circa 152 milioni di euro, 63 milioni (il 41,5%) soltanto per il cinema4, costituendo
una fonte di reddito per il cinema di valore fondamentale, che potrebbe significativamente integrare
il fabbisogno finanziario delle organizzazioni culturali. Nel caso dei finanziamenti privati, lo Stato
esercita un intervento indiretto, agevolando il contribuente con particolari benefici fiscali, in
maniera diversa in base al tipo di contributo effettuato a favore della cultura. Esistono le spese di
sponsorizzazione culturale, le spese di rappresentanza e le erogazioni liberali (donazioni). Le prime
sono costituite da un rapporto sinallagmatico tra lo sponsor ed il soggetto sponsorizzato, legati da
1
Alcune motivazioni date dalla commissione nella delibera per “sezione interesse culturale” lungometraggi approvati, seduta del
25/09/2006, in appendice (citazioni).
2
Dati 2002 Motion Pictures Associations of Usa.
3
Esiste una proposta del Consiglio dell’Unione Europea relativa all’attuazione di un programma di sostegno (2001-
2005) e di sviluppo per la promozione delle opere audiovisive europee che nel punto 19 dice: “è opportuno facilitare
l’accesso del pubblico al patrimonio audiovisivo europeo, in particolare attraverso la sua digitalizzazione e messa in
rete.
4
Dati 2005 del Dipartimento per lo Spettacolo e lo Sport.
11
un contratto. Le spese di sponsorizzazione possono essere detratte interamente dalle tasse del
contribuente. Sono entrati a far parte di questo tipo di spese, gli accordi di caused related marketing
(marketing legato ad una causa sociale); sono un tipo di accordo contrattuale novo e complesso atto
a promuovere l’immagine dell’impresa e non un solo prodotto. Le spese di rappresentanza invece
possono essere dedotte in misura di un terzo del loro ammontare e non sono soggette ad una
controprestazione da parte dei destinatari (quindi non c’è un contratto). Le donazioni sono invece
legate al concetto filantropico di mecenatismo, non prevedono nessun contratto né benefici specifici
per il contribuente, che in questo caso è piuttosto un soggetto donante. Le agevolazioni, in ogni caso
sono erogate fino ad un massimo di 139 milioni di euro. La situazione attuale italiana evidenzia un
intervento dell’impresa privata a favore della cultura e dello spettacolo in crescita, ma siamo ancora
lontani dalle potenzialità di un dispositivo fiscale evoluto come quello straniero. Infatti lo stato
italiano cede per legge il beneficio esclusivamente alle imprese, e non ai cittadini privati. La legge
2005 ha previsto un tetto del 10% del reddito complessivo del cittadino privato contribuente, e un
massimo di 70.000 euro annui, da effettuarsi in promozione sociale, e per associazioni che
valorizzano l’interesse storico-paesaggistico. L’obiettivo quindi è incentivare, laddove non sia
possibile erogare direttamente somme di denaro, la defiscalizzazione dei privati e creare nuove
forma di finanziamento indiretto, sottoforma di originali incentivi alle produzioni audiovisive, come
fanno già molti paesi quali Usa, Canada, Australia, Irlanda, Inghilterra, Isole Fiji e Sud Africa.
1.5 Il Fund Raising nel resto del mondo
Vista la controversa nonché esigua partecipazione dello Stato al finanziamento delle produzioni, e
l’ormai farraginosa impostazione del F.U.S., il Turismo potrebbe divenire una fonte alternativa di
finanziamento del cinema e per superare i limiti legislativi del settore dello spettacolo, che stanno
causando un forte calo del numero e della qualità delle produzioni italiane, che preferiscono girare
film all’estero. Questo meccanismo crea una perdita in generale per tutta la nazione, che non
riguarda quindi solo il settore del cinema, ma investe fortemente tutta l’economia del territorio, che
dalla presenza di produzioni cinematografiche, potrebbe ricavare un ritorno di immagine, notorietà
al grande pubblico, sfruttandone il potere di divulgazione, la professionalizzazione della forza
lavoro impiegata, nonché l’ immediato ritorno economico. La fuga delle produzioni italiane
all’estero e la scelta di produzioni straniere di non girare in Italia, è motivata dal fatto che le
produzioni in Italia non trovano né risparmi né incentivi. Numerosi invece sono i meccanismi
congeniati da molti paesi in proposito, primo fra tutti il tax shelter, meccanismo consistente in
risparmi fiscali concessi dallo Stato ai privati, che invece di pagare le tasse, decidono di versare
quelle somme in alcuni fondi che si occupano dello sviluppo di progetti filmici. Non solo un
meccanismo finanziario quindi, ma un fattore di attrazione, in quanto può condizionare, all’interno
del vasto set di motivazioni, la scelta della produzione sul dove girare.
Di seguito, le forme più utilizzate di incentivazione alle produzioni dei paesi stranieri:
USA
INCOME TAX CREDIT Credito di imposta sul reddito Arizona, Georgia
FILM PRODUCTION TAX
CREDIT
Credito di imposta New York
SALES & USE TAX Imposta sulla vendita ed uso Oregon
FILM INDUSTRY REBATE
PROGRAM
Programma di rimborso
all’industria
Florida
EMPLOYMENT LABOR
TAX CREDIT
Credito sulle imposte salariali Louisiana
12
CANADA
CANADIAN
PODUCTION
TAX CREDIT
Incentivo federale canadese Canada
FILM INCENIIVE TAX
CREDIT
Addizionali al credito di
imposta federale
Ontario, Manitoba, Saskatchewan,
British C.
ALTRI
REFUNDABLE TAX OFFSET Rimborso spese idonee Australia
PRODUCTION TAX RELIEF Facilitazioni sulle imposte Irlanda
TAX CREDITS Credito e deduzioni di imposta Fiji
PRODUCTION EXPENDITURE Credito di imposta Sud Africa
SALE AND LEASEBACK Leasing finanziario Regno Unito
( Fonte: Di Cesare, in “Le Produzioni cinematografiche, il Turismo e i Territori, 2006)
In Italia si riscontra un sostanziale ritardo rispetto al quadro internazionale, molto più competitivo.
L’obiettivo dell’Italia inoltre sta nell’unificare la legislazione di tutto l’audiovisivo, poiché la
frammentazione normativa tra cinema e televisione, sta portando all’abbassamento della qualità in
generale, quindi al mancato investimento sui supporti audiovisivi, alla stagnazione dei meccanismi
normativi e finanziari, alla crescita del mercato nero incontrollata, e alla fuga di occasioni propizie
per il territorio, come quella di attirare le produzioni cinematografiche.
1.6 Il Film Fund
L’unica strada attualmente operativa in Italia, è il Film Fund, il fondo regionale del Friuli Venezia
Giulia, che consiste in una corresponsione diretta di una somma di denaro, da utilizzare per le
esigenze di produzione. Nel 2005 la somma ammontava a 360.000 euro di disponibilità e prevedeva
fino a 100.000 euro di contributo per ogni produzione che avesse garantito la presenza sul territorio
regionale di almeno sette settimane e con l’ulteriore condizione che il 70% del totale delle immagini
esterne fossero girate in Friuli, e a coprire il 50% della durata totale della pellicola.